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Autore: Ilario Giannini
Sono qui per te
Thriller Noir Psicologico
Lettori 185
Sono qui per te

L'uomo delle scatole

L'ispettore Matteo Viani era al riparo dietro l'auto della polizia, con la pistola puntata verso la saracinesca del magazzino in cui si nascondeva la banda dei criminali. L'occasione era perfetta, per prendere finalmente tutta la banda a cui davano la caccia da tempo.
Aveva aspettato che i due agenti che erano con lui si fossero messi in posizione di copertura, con le pistole in pugno, prima di intimare a quei bastardi di arrendersi, rendendo così nota la loro presenza. Vincenzo era alla sua sinistra subito dietro l'angolo. Luca a destra al riparo nel vano di ingresso dell'edificio a fianco.
Viani si preparò a dare il via all'incursione. Era teso e concentrato. Sentiva il sudore che gli colava lungo la schiena. Ma aveva tutto sotto scontrollo.
All'improvviso fu sorpreso da un gran trambusto che proveniva dall'interno.
Dalla ricetrasmittente, la voce metallica del suo vice appostato sul davanti dell'edificio accerchiato, lo informava che erano stati scoperti.
«Stanno scappando dal retro! Tenteranno di uscire dalla vostra parte!»
Viani si preparò a fronteggiare la fuga imprevista dei bastardi che avevano ormai circondato. Dette una voce per avvisare i due agenti che erano sul retro con lui.
«State pronti! Escono da qui!...»
La saracinesca dell'uscita tergale si spalancò, sferragliando verso l'alto. Due persone armate si stavano per fiondare all'esterno. Appena videro la volante della polizia si fermarono e tornarono dentro, al riparo.
«Fermi, siete circondati!»
Viani si sporse appena da dietro l'auto per controllare i movimenti nel locale. Uno dei due criminali si azzardò a uscire con la pistola puntata. Il bastardo era sotto tiro di tutti loro e loro erano tutti al riparo.
Si preparò a gestire la situazione. Poi il bastardo lo individuò, si spostò a destra per cercare di avere una traiettoria di fuoco verso di lui. Viani si ritirò indietro, al riparo. Con la coda dell'occhio però, vide Luca che si spostava in avanti per puntare la pistola contro il bastardo.
«Stai indietro!» gli gridò Viani, mentre realizzava che così facendo Luca si sarebbe trovato allo scoperto.
Tornò a sporgersi dall'auto pronto a sparare per coprire Luca, se lui non fosse rientrato subito al riparo. Dalla finestra del piano di sopra vide che un altro di quei banditi si era sporto con la pistola puntata verso Luca.
«No!» gridò Viani e scattò in piedi per sparargli prima che quel bastardo sparasse a Luca.
Bum. Bum. Bum.
L'ispettore Viani registrò nella memoria tre spari.
Poi fu il buio.

Matteo Viani riapre gli occhi in una stanza semibuia. É sdraiato su un letto e una luce bianca soffusa da dietro la sua testa gli permette di vedere che si trova in ospedale.
Ancora? Pensa.
La sacca di una flebo pende alla sua destra, appesa al suo supporto metallico. Segue il percorso del tubicino che porta il liquido al suo braccio. Sbatte gli occhi per mettere a fuoco le immagini di ciò che ha davanti. La finestra, oltre il supporto della flebo, si affaccia nel buio della notte.
Prova a alzare la testa, ma non ci riesce. Per un attimo si fa prendere dal terrore di essere paralizzato. Poi si accorge che riesce a muovere il braccio destro, anche se di poco, facendolo scivolare sul materasso. E un po' anche il piede sinistro. Ha dolore ovunque.
Quel bastardo che gli aveva sparato! Ricorda l'operazione andata in malora. In malora alla grande!
Quindi, pensa, sono ancora in ospedale, ferito da un colpo di pistola. Si ricordava di quando era stato colpito.
Ma c'è qualcosa che non gli torna.
Poi i ricordi si fanno più chiari. Non può essere in ospedale per quella ferita. C'era già stato!
Colpito tra il petto e la spalla destra. Il proiettile era entrato proprio dove finiva il giubbino antiproiettile e aveva seguito una traiettoria verso l'interno. Era stato fortunato che non avesse raggiunto il polmone. Era fortunato a essere ancora vivo.
Ma era già successo quasi un anno prima! E era già tornato in servizio...
Allora? Che cazzo è successo? Pensa.
Prova a ruotare leggermente la testa verso destra, senza alzarla dal cuscino. Oltre la finestra non vede nulla. Una notte buia, senza luna e senza stelle.
Si gira molto lentamente alla sua sinistra. Da quel lato il dolore che dal collo si irradia alle spalle e alla schiena era molto più forte. Si accorge solo adesso che c'è un ragazzo girato di spalle che traffica con qualcosa appoggiato al mobile basso accanto alla porta. Sente il suono di involucri di plastica che frusciano e di boccette di vetro che il ragazzo appoggia sul ripiano del mobile uno dopo l'altro.
Il primo pensiero che gli viene in mente è che quel ragazzo sia Luca, l'agente giovane che si era portato dietro insieme a Vincenzo in quella operazione disgraziata. Ma poi realizza che non poteva essere lui.
Il ragazzo di spalle è moro e sembra molto giovane. Indossa pantaloni bianchi e una t-shirt bianca. Deve trattarsi di un infermiere, pensa. Troppo giovane per essere un medico. E poi non ha il camice...
Matteo si sente debole e confuso. Sente che sta per scivolare di nuovo nel sonno e cerca di resistere.
All'improvviso il giovane parla, senza nemmeno girarsi.
«Bene! Finalmente ci siamo svegliati!»
Matteo non risponde. Continua a fissarlo. Quella voce gli sembra di conoscerla, ma non riesce a collegarla a nessuno in particolare.
«Ti è andata bene sai?» prosegue il giovane, sempre di spalle «Ti sei frantumato un bel po' di ossa, ma tutto sommato poteva andare molto peggio...»
Matteo resta in silenzio. Non ricorda assolutamente niente.
Il ragazzo si gira all'improvviso. Gli sorride. A Matteo il suo volto sembra familiare, ma non riesce a ricordare chi possa essere.
«Lo sai perché sei in ospedale?» prosegue il ragazzo, vedendolo confuso «Ti ricordi cosa ti è successo, vero?»
«No.» risponde Matteo. Sa che non può essere lì per la sparatoria. Quella era storia passata. Ora era sicuro. Si era risvegliato in ospedale anche quella volta. Ma era già guarito e tornato in servizio.
Continua a guardare il ragazzo davanti a lui sforzandosi di ricordare. Il ragazzo lo guarda con aria divertita. Troppo divertita per essere di fronte a uno appena risvegliatosi in ospedale.
«Non ricordi nulla dell'incidente?» gli chiede alla fine, con aria sempre più allegra «Sei stato fortunato tu, sai? Oppure, se davvero lassù c'è qualcuno, ti ha voluto dare una seconda possibilità.»
Matteo non riesce proprio a capire di che cazzo sta parlando quel tipo. Si vuole alzare. Non vuole scivolare di nuovo nel sonno. Deve sapere che cosa gli è successo.
Prova a muoversi da solo, ma viene bloccato da una scarica di dolore che gli parte da collo e spalle e si irradia per tutta la schiena, lasciandolo senza fiato.
«Aiutami...» riesce a dire.
Il ragazzo smette di sorridere, gli si avvicina di scatto alla faccia e gli sibila con aria risentita «Hai un bel coraggio a chiedermi aiuto!»
Ora la faccia del ragazzo è vicinissima alla sua. Matteo ne approfitta per guardarlo meglio. Quegli occhi verdi... Matteo li conosceva bene. Ne era sicuro. Ma non riusciva a ricordare chi fosse.
«Io... Non ricordo.»
«Oh! Ricorderai...» gli dice il ragazzo raddrizzandosi. Poi, piano piano torna a sorridere, come se nulla fosse successo «A volte succedono strane cose quando si sbatte forte la testa. Ma tu sei fortunato, perché mi stai simpatico. E in fondo, hai avuto solo un piccolo incidente con la tua auto, Matteo. Ricordi?»
E Matteo comincia a ricordare qualcosa. Sì... Ha avuto un incidente in auto. Correva come un pazzo alla guida della sua auto...
Qualche flash di ricordi si accende nella sua mente: lui che insegue a notte fonda un'altra auto alla guida della sua Nissan; gli pneumatici che stridono, mentre imbocca curve a tutta velocità; lui che finisce fuori strada...
Sbam!
Poi il rumore della lamiera che si accartoccia e dei cristalli che esplodono...
E di nuovo è tutto buio.

L'ispettore Viani riapre gli occhi di nuovo e è giorno. Nella stanza non c'è più il ragazzo della volta prima. Ma seduta sulla poltroncina tra il letto e la finestra c'è Serena, che gli sorride.
«Buongiorno Matteo. Finalmente riusciamo a rivederti sveglio!»
Matteo è confuso, non riesce a dire niente. Ma era felice che ci sia Serena al posto dell'infermiere.
Serena Doria è la psicologa che aveva iniziato a seguirlo dopo il casino successo con l'operazione più disgraziata della sua vita. Si era deciso a affidarsi a lei, più per accontentare i suoi superiori che per convinzione che potesse servire davvero a qualcosa. Ma presto si era convinto che era stata una delle decisioni più sagge che avesse mai preso.
La terapia non cambiava il succo delle cose. L'operazione era stata una merda e avevano combinato un casino memorabile. Ma la dottoressa Doria aveva saputo dargli sollievo. Un po' alla volta, lo aveva messo sulla buona strada per rielaborare e accettare quello che era successo.
E poi era un bellissima donna. E questo non guastava.
Adesso, solo a guardarla mentre gli sorrideva con quell'espressione sempre sicura e confortante, lo tranquillizza. Il suo è un bel sorriso. Niente a che vedere con il sorriso inquietante da disturbato mentale del tizio in bianco della volta prima.
«Mi hanno avvertito che avevi ripreso conoscenza, così sono tornata a salutarti.» gli dice.
Matteo realizza che, quindi, era già stata a trovarlo in precedenza, mentre lui era ancora nel mondo dei sogni. Si chiede da quanto tempo si trovava in ospedale.
«Ho visto andare via tua figlia e la tua ex moglie mentre salivo su da te.» continua Serena «Mi spiace che siano andate via prima di poterti rivedere sveglio. Torneranno stasera, hanno detto... Tua figlia sembra una ragazza in gamba, sai?»
«Lo so. Tutta suo padre...»
Serena sorride di nuovo. Poi si alza, gli si avvicina e gli posa una mano sul braccio destro. Lui tenta di alzare il braccio per stringerle la mano, ma una fitta di dolore lo blocca appena prova a muoversi.
«Pensa a rimetterti in piedi!» gli raccomanda la dottoressa «Non abbiamo ancora finito con la nostra terapia! Quando starai meglio, se vuoi posso venire anche qui per fare una seduta. E quando sarai a casa, possiamo continuare i nostri colloqui da te, finché non ti rimetti.»
«Grazie Serena.»
«Di nulla, ispettore! Te lo meriti! E se hai bisogno di qualcosa, nel frattempo... Lo sai. Io ci sono. Sono qui per te.»

L'ispettore Viani era pronto a dare il via all'incursione. Quei criminali non avevano altre via di fuga. Li avrebbero presi. Vincenzo era in posizione, gli fece un cenno di assenso. Fece arretrare Luca, perché era troppo scoperto, aspettò che il giovane fosse al riparo dell'arcata del portone e poi...
Troppa confusione da dentro il locale. La voce metallica dalla ricetrasmittente «Escono dalla vostra parte!»
La saracinesca che si apre sferragliando. Il bastardo che esce puntandogli la pistola. Luca che viene avanti, mentre un altro bastardo, dalla finestra del primo piano, gli punta la pistola contro. Lui grida, si alza di scatto, ma...
Bum. Bum. Bum.

Matteo si sveglia di colpo. Ha il cuore che gli batte all'impazzata. É ancora all'ospedale. Lo scatto cha ha fatto svegliandosi da quel maledetto incubo gli ha fatto partire stilettate di dolore in ogni muscolo lesionato nell'incidente.
Si chiede se può considerarlo un incubo, anche se è un ricordo di ciò che è successo davvero. Poi pensa che non gliene frega un cazzo di come dovrebbe chiamarlo. Vorrebbe solo che smettesse di riviverlo quasi tutte le notti.
Ha la gamba destra e l'avambraccio sinistro fratturati e ingessati. Quattro costole rotte. Trauma cranico e trauma cervicale. Dove non ha fratture ha comunque i muscoli a pezzi e i tendini danneggiati.
Dopo la rimozione del collare e dei gessi, avrà da fare fisioterapia per chissà quanto tempo.
«Buongiorno carissimo ispettore!»
Matteo si gira alla sua sinistra. C'è di nuovo l'infermiere psicopatico che lo guarda ridacchiando.
«Cos'è che ti rende tanto allegro, amico? Dimmelo perché io proprio non ci trovo nulla da ridere» gli chiede Matteo.
«Beh, sei vivo no? Credimi, già questo, dal mio punto di vista, mi sembra una cosa enorme per cui essere felice!»
«Sì, certo. Sono un uomo fortunato...»
«Puoi dirlo forte!» risponde il ragazzo «Molto più di quello che meriti!»
«Che cazzo vuoi dire?» gli dice Matteo sorpreso da quel commento.
«Hai delle visite! Sta arrivando tua figlia. Contento?» si avvia alla porta e la apre «Continuo il mio giro. Ci vediamo presto Matteo!»
Il ragazzo si chiude la porta alle spalle, lasciando Matteo solo e indispettito per il suo strano comportamento. Dopo qualche secondo la porta si riapre. Matteo stava per dirgli di togliersi di torno, pensando che fosse di nuovo lui. Invece vede sbucare la testa di sua figlia Chiara.
Appena lei lo vede sveglio, si precipita di corsa verso di lui.
«Papà! Finalmente!» gli dice, arrivando di corsa fino al letto e fermandosi all'ultimo per paura di fargli male «Come stai?»
«Sono stato meglio! Ma... Ho la pelle dura, lo sai, no? E ora che sei qui, sto benissimo! Vieni qua, non mi dai un abbraccio?»
«Non vorrei farti male...»
«Non ti preoccupare! Non mi fa male.»
Chiara lo abbraccia con cautela. Ma poi, per l'emozione, lo stringe più di quanto avrebbe voluto. E così lo tiene per un po'.
Matteo ha dolore ovunque. Ma per godersi quell'abbraccio lo sopporta senza fare una smorfia.
Quando si staccano, hanno entrambi gli occhi lucidi.
«C'è anche mamma. Sta parlando con il medico, poi arriva.»
«Bene. Non vedo l'ora di tornare a casa, così puoi passare da me quando ne hai voglia e possiamo stare un po' insieme.»
«Sì. Speriamo ti rimandino presto.»
«Come va a scuola? Tutto a posto?»
«Sì, tutto bene.»
«Brava, la mia ragazza...»
Chiara avvicina la poltrona al letto e si sistema comoda. Stranamente, adesso ha molta voglia di parlare con il suo babbo. E Matteo approfitta dell'occasione per godersi la conversazione con la figlia adolescente. Prima che arrivi la sua ex moglie.

Ilario Giannini

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