Writer Officina - Biblioteca

Autore: SuperRB88
Rewind
Romance fantasy
Lettori 829 1 12
Rewind

Quasi tutto torna indietro, come le stagioni.
Una cosa però una volta persa non potrai più riaverla, una volta trascorso non ritornerà più sui suoi passi.
Abbi cura del tempo, lui non ti aspetta.

Odiavo essere sempre un passo indietro rispetto al mondo, ma dietro di te in fondo non era così male, potevo proteggerti guardandoti le spalle. Questo era quello che importava, successivamente capii che avevo sempre protetto ma non avevo mai capito cosa significasse essere protetti.
Nel dolore non si è mai soli, distanti ma mai soli.
Troverai tanti guerrieri stanchi, ma nonostante tutto continueranno ad innalzare la loro spada.

Siamo tutti uguali.
Un groviglio di bugie ed illusioni.
Attori della nostra stessa vita amara.
Non abbiamo sogni, preferiamo credere alle nostre stesse menzogne.

O Forse no?

Le farfalle nello stomaco,amore nell'aria.
Le mie farfalle erano morte ancora prima di nascere, forse il loro processo non era mai avvenuto, rimasti bruchi perché non ci avevano creduto affondo.
Sono così stanca di questa maschera, inizia a farsi pesante, si accumulano i sensi di colpa e i rimpianti, indossarla tutti i giorni sta diventando estenuante.
La indosso da così tanto tempo che sto pian piano dimenticando chi sia io in realtà, la maschera si sta insinuando sotto pelle e non riesco a fermarla per paura di distruggermi, gli sto lasciando campo libero.
Ogni giorno prende un centimetro della mia pelle, del mio cuore, della mia anima, sta rivestendo il mio corpo ormai troppo fragile per ribellarsi, ormai troppo stanco per lottare.
Ha assorbito i miei sentimenti, le mie emozioni sono state accantonate, sono un automa che svolge i suoi compiti meccanicamente senza provare nulla, riesco a sentire solo il vuoto.
All'inizio la portavo per proteggermi, per evitare di frantumarmi, ma ora che ha preso il sopravvento la cosa che doveva difendermi era quella che mi sta lacerando.
Mi chiedo quando avrà il pieno potere cosa rimarrà di me?

-Nessuno è veramente bravo, immacolato, in qualche storia siamo stati gli antagonisti. I cattivi da sconfiggere-.
"Mi sento in apnea. Trattengo il fiato per non disturbare, ingoio parole per non farmi del male, rigetto le urla per non cadere nel baratro. Nemmeno ricordo il giorno in cui ho smesso di vivere".
Troppo spesso mi sentivo una vagabonda, anche tuttora, nessun luogo sembrava per me, tutto mi stava e mi sta stretto.
Mi dispiaceva per lui, che sciocca, ero io quella da compatire, quella che era stata ferita e poi tradita.
Nessuno aveva avuto pietà di me a quel tempo, nemmeno io stessa.
Ed era quasi assurdo, a tratti ironico che l'inferno nel quale vivevo l'avessi desiderato io stessa.
Le scelte sbagliate torneranno come un boomerang, ma il loro impatto farà male maggiormente.
"Non c'è cosa peggiore che essere costretti a rimanere in un luogo che non ti appartiene più, dal quale vorresti solo scappare".
Avevo paura perfino di respirare, temevo di far rumore, di disturbare chi
amavo ma che infondo non mi aveva mai amato.
Camminavo in punta di piedi in una casa che mia non avevo mai sentito, ospite di mura che avevano assorbito i miei pianti, trattenuto le mie grida, le risate? Chissà in che antro erano rimaste intrappolate.
Mi avevano definito coraggiosa, forse avevano ragione, avevo trovato il coraggio di pugnalarmi pur sapendo che forse non sarei sopravvissuta.
I grazie mancati, il freddo di un abbraccio mai dato, i baci obbligati, tanti piccoli gesti che avevano scavato così affondo da avermi svuotato.
Tra di noi un muro invisibile ma fin troppo solido ci divideva, nessuno dei due era riuscito a scalfirlo, per timore o per orgoglio avevamo accettato che ormai fosse parte di noi.
Ma giorno per giorno quella barriera stava iniziando a spostarsi verso di me, a schiacciarmi per inginocchiarmi.
In un momento di debolezza il mio coraggio era svanito.
Ma com'eravamo un tempo? Ero io che non lo vedevo o gli anni ci avevano raffreddato?
Era diventato pesante perfino ossigenare il mio corpo nonostante fosse una cosa naturale, autonoma.
Ero stanca di svegliarmi, dover indossare un sorriso di circostanza pregando che arrivasse sera per spegnere il cervello sotto le lenzuola, tra le braccia di Morfeo.
Fu quel pensiero costante a condurmi in cima a quella cascata, se doveva finire tutto almeno lo avrei fatto godendomi un panorama che amavo, la natura.
sarei dovuto nascere fiore, sarei stata sicuramente più rilevante di quanto fossi ora.
Sarei dovuta scappare ma non avevo rifugio, l'unica scelta era dissolversi, avrei voluto essere assorbita dalla terra per sperare di riemergere come un bocciolo, libera dai pensieri che mi avevano lacerato, consumato fino ad allora.
Mi ero adeguata alla vita, ai vari ritmi ed anche a te che non avevi mai notato i miei sforzi, avevi sempre pensato che ti fossero dovuti, chissà per quale motivo.
Sei sbagliato? Sono sbagliata? Non lo so nemmeno io, forse un tempo la connessione era diversa, ora si era sgretolata rendendo impossibile ricomporla.
Se potessi riscriverei la mia storia, come si faceva per i messaggi scomodi prima di inviare quello superficiale, quello che andava ad evitare domande alle quali non si voleva rispondere.
Prima della fine.
"Quanti dettagli oscurati da occhi avvelenati da quel sentimento distruttivo. L'amore, non c'è nulla che possa lacerarti così affondo come esso".
Quante volte avrei voluto schiaffeggiarmi, urlare tutta la rabbia che stavo facendo macerare da anni dentro di me, aveva intaccato la mia anima fino a fondersi con essa.
Questa? Una patetica storia, una trentenne che si sentiva addosso il doppio della sua età.
Sciocca, mi ero illusa così tante volte, sbagliare era umano ma perseverare era diabolico, io ero masochista, avrei potuto ambire al podio per quanto fossi brava a distruggermi con le mie stesse mani.
Giovane donna anagraficamente parlando, di me apprezzavo i lunghi capelli ramati e il viso tempestato di graziose lentiggini, risaltavano i miei occhi azzurri, un po' nascosti dagli occhiali che portavo spesso, a volte li utilizzavo proprio per celare la mia immagine, come se potessero veramente fungere da mantello dell'invisibilità.
Era il mio trentesimo compleanno e lo stavo passando in solitudine, girovagavo per la città alla ricerca di un bar dove poter annegare le mie delusioni.
L'alcool non era una salvezza ma potevo fingere che lo fosse, tanto era solo l'ennesima menzogna che raccontavo a me stessa, che differenza poteva mai fare?
Il 13 Novembre, una gelida notte, indossavo un giubbotto pesante verde scuro, che scelta di merda di colore che avevo fatto quella volta lì.
Sotto di esso una felpa nera con il cappuccio alzato per proteggermi dall'aria pungente, un paio di jeans neri e i miei amati anfibi, anche quelli immancabilmente neri.
L'unica cosa che rendeva un po' colorato il mio outfit era la sciarpa rossa che mi copriva metà volto, poco più sotto dei miei occhiali.
Potevo uscire in compagnia, adoravo le mie amiche, ma quella sera l'unica cosa che desideravo era un fiume di alcool in completa solitudine.
Ero stata sincera con loro, avremmo festeggiato il mio compleanno un'altra sera, non si erano fatte convincere molto facilmente ma le avevo supplicate, avevo veramente bisogno di quella serata per poter segnare un punto di svolta, l'ultima serata da sottona disperata.
Avevo promesso che sarei tornata quella di una volta, quella sorridente, quella pazza scatenata di qualche settimana prima.
Settimana? Ahahhaha altra bugia, erano anni che fingevo di stare bene, che coprivo il dolore con le risate.
Ci credevo a quelle parole, volevo ritornare quella di un tempo, lo desideravo più di ogni altra cosa, non le avevo dette solo per compiacere loro.

"Ero stanca di interpretare i silenzi, di captare parole che non avevano mai trovato la forza di uscire allo scoperto. Di sforzarmi per due, di amare per due. La mia distruzione, ero stanca di coltivarla".
Se solo avessi provato ad amare me stessa, forse la mia vita sarebbe stata diversa, ci avevo provato, ma mi ero sempre scontrata con qualcosa di radicato più affondo, l'odio per chi ero.
L'unico amore che percepivo intensamente era legato all'arte, di quella ero perdutamente innamorata, per me era la comunicazione più profonda che l'essere umano avesse creato, rendeva le parole vane, quasi insignificanti al suo cospetto.
La mia vita non era stata così lunga, ma avevo deciso io la mia fermata, una delle poche scelte che avevo fatto individualmente.
Ultima fermata.
Se dovevo lasciare questo mondo una traccia di me sarebbe rimasta indelebile, non me ne sarei andata in silenzio.
Sarei stata io ad avere l'ultima parola, non avrebbe potuto ribattere e questo avrebbe lasciato una traccia in lui.
Non so per quanto ma speravo per molto, che potesse percepire un quarto di quanto avesse fatto provare a me.
Io avevo le mie colpe ma al contrario di suo ne ero consapevole.
Presi un foglio bianco, avevo un nodo alla gola, anni e anni sarebbero finiti racchiusi in poche parole che non possedevano nessuna traccia di amore, erano impregnate di risentimento.
Scrissi quel biglietto rimarcando più volte ogni singola lettera, stavo quasi bucando il foglio.
"Sono all'inferno, è proprio lì che ci ritroveremo. Se non mi trovi cerca il trono, sarò lì ad aspettarti".
Ora non rimaneva che andarmene, quando chiusi la porta alle spalle mi chiesi quanto tempo ci avrebbe impiegato a dissolversi nel nulla l'ultimo ricordo di me, forse meno di quanto in realtà mi aspettassi.
Il viaggio in macchina era stato lungo, infinito, le lacrime erano state le mie uniche compagne, il dolore che stavo provando sarebbe stato impossibile descriverlo.
Se proprio dovessi farlo penso che lo raffigurerei come infinite schegge di vetro dentro di me, ogni movimento impercettibile era un taglio.
Esternamente l'involucro rimaneva intatto, un sorriso stampato e falso, all'interno la devastazione.
Finalmente ero giunta a destinazione, quel panorama fu come un piccolo cerotto sulle mie ferite, non poteva guarirle ma rendeva il dolore più sopportabile.
Il vento mi accarezzava come nessun altro faceva da tempo, presto avrei trovato la pace di cui questo mondo mi aveva privato.
Soffrivo di vertigini, ero in cima ad una cascata, avrei dovuto tremare di paura, ma temevo di più quel dolore lacerante, desideravo porre fine a quello, volevo essere libera.
Feci un respiro profondo, guardai la vastità della natura che mi circondava, in quel momento mi sentivo parte di essa, non più insignificante come mi ero sempre sentita.
Mi gettai e il dolore faceva meno male, non sentii più nulla.
Finalmente ero libera.

SuperRB88

Biblioteca
Acquista
Preferenze
Recensione
Contatto
Votazione per
WriterGoldOfficina
Magazine
Articoli
Scrittori si nasce Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP, ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo già formattato che per la copertina.
Self Publishing Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
Lettori OnLine