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Autore: Simonetta Locci
La morte violata
Giallo classico
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La morte violata

L'abitazione è modesta ma ampia, a un solo piano. Copre l'intera superficie sopra la cantina e il garage.
Il maresciallo è accompagnato dal carabiniere semplice Piccioni, o Maccioni, non ricorda il nome. È appena arrivato alla locale stazione e di lui Giannetti sa solo che è troppo giovane e troppo inesperto per rendergli la situazione meno gravosa.
«Buongiorno signor Gelmini, condoglianze per la sua perdita. Posso farle qualche domanda?»
L'uomo, anche se in piedi, sembra accartocciato su sé stesso. Deve avere almeno sessantacinque anni, forse ha addirittura superato i settanta, o magari è la sofferenza che inganna, unendosi ai segni del tempo e della fatica che gli rigano il volto. Deve essere diventato padre in tarda età. Stringe le mani l'una all'altra come se non avesse idea di dove metterle, lo sguardo basso, i capelli bianchi ancora folti e l'aria composta.
«Non ho niente da dire.»
La risposta è come un muro sul quale Giannetti va a sbattere.
«Mi rendo conto del suo stato d'animo, ma ci serve qualche informazione e anche vedere la camera di suo figlio.»
Il braccio del Pedretti scatta all'improvviso e gli indica il corridoio.
«La prima stanza a sinistra. Per il resto, niente di lui mi riguarda. Se il Signore ha messo alla prova la nostra fede, noi la affronteremo, come ha fatto Abramo con Isacco.»
Dietro di lui si leva un singhiozzo e solo allora il maresciallo si accorge della donna che piange seduta in un angolo. Nella penombra delle tapparelle abbassate a lutto e con quel vestito marroncino su una stazza minuscola, non l'aveva notata.
Deve essere molto più giovane di suo marito, a meno che Dio non abbia fatto qualche miracolo anche con loro. Dubita che il ragazzo sia stato adottato, l'appuntato glielo avrebbe detto di sicuro e non gli sembra il caso di porre quesiti in merito.
Giannetti scambia uno sguardo con il carabiniere Piccioni o Maccioni. Persino lui, con la sua aria smarrita, è rassicurante davanti ai due anacronistici genitori, anche se funge da semplice palliativo.
Non capisce il riferimento all'evento biblico di Abramo e Isacco, ma si ripromette di chiedere lumi proprio al suo giovanissimo sottoposto; forse lui, che è ancora fresco di catechismo, sa cosa significhi.
«Perché? Perché ci ha fatto questo?»
La donna ha un tono monotono e sommesso. Una cantilena, un lamento e una preghiera insieme.
«Loretta, mi dispiace... sono venuto appena finita la messa.»
Il maresciallo accoglie l'improvvisa apparizione del parroco, don Vittorio, con aria di rimprovero: aveva chiesto ai suoi uomini di non lasciar passare nessuno e qualcuno deve avere pensato che tutto sommato era solo un prete, disattendendo la consegna.
Allo stesso tempo, però, ammette con sé stesso di provare sollievo: almeno il sacerdote può fungere da intermediario tra lui e i due poveretti, dai quali non riesce a cavare mezza frase di senso compiuto e utilità.
«Don Vittorio, i signori Gelmini sono molto provati. Dia loro il suo sostegno e conforto e ci aiuti a comprendere cosa possa essere successo.»
Esorta il religioso senza mezzi termini. Giannetti è un asso nell'arte di svicolare quando gli fa comodo, ma quando, di rado, ha bisogno di andare dritto al cuore delle questioni, diventa inflessibile.
«Certo, maresciallo.»
Don Vittorio si avvicina una sedia e si accomoda accanto alla sua parrocchiana.
Il maresciallo se ne sta rigido e immobile e la sovrasta con la sua altezza tanto lei è minuta.
Il carabiniere Piccioni, o Maccioni, è rimasto immobile proprio dove lo ha lasciato. Non muove un muscolo senza l'avallo e l'ordine del suo superiore. Anche il signor Gelmini è ancora sulla stessa piastrella e nella stessa postura rassegnata di chi porta la propria croce, ma Giannetti teme che il pensiero possa essere blasfemo e riporta l'attenzione sulla donna.
«Signora, lei sa cosa possa avere spinto suo figlio a un gesto tanto disperato? Avete avuto una discussione per qualche motivo? Tra genitori e figli può succedere.»
Parla con cognizione di causa, anche lui ha prole e le occasioni di conflitto generazionale non mancano.
Lei non toglie le mani che le coprono il viso. Scuote la testa in segno di diniego e tace.
«C'è stato qualche disagio psicologico in passato?» Insiste Giannetti.
«Andava tutto bene... aveva il suo lavoro... i suoi amici... Glielo dica anche lei, don Vittorio. La prego, glielo dica lei.»
Il pianto si fa disperato eppure più soffocato. La signora ha delegato il sacerdote al ruolo di portavoce per sé e per il marito.
Più comodo, anche per Giannetti, ma non proprio corretto. In tal modo si rischia di compromettere la spontaneità e verità di ciascuno dei presenti.
Di nuovo uno sguardo d'intesa tra il maresciallo e l'altro carabiniere. Se davvero andava tutto bene, certo non si sarebbe arrivati a un simile epilogo.
Don Vittorio prende la parola.
«Giorgio era un bravo ragazzo. Frequentava la parrocchia fin da piccolo, ha fatto il chierichetto e anche in oratorio si trovava bene. Sì, era molto riservato, legava con pochi, però era sempre disponibile ad aiutare chiunque. Non aveva grilli per la testa ed era molto ligio ai precetti cristiani; quindi, siamo davvero stupiti di un'azione così estrema. Nessuno se lo sarebbe aspettato.»
«Perché? Perché un atto così contrario all'insegnamento di nostro Signore?»
La Gelmini si attacca all'improvviso al braccio del parroco, quasi a chiederne la grazia. Il grave peccato commesso dal figlio sembra affliggerla persino più della sua perdita.
Giannetti ha un moto improvviso d'imbarazzo davanti alla pena religiosa della signora, che unita al caldo gli causa una vampata di rossore da collegiale.
Non ha il coraggio neppure di cercare conforto nel muto Piccioni o Maccioni, stavolta.
Ammira per un attimo la capacità consolatoria del prete, che con un semplice abbraccio silenzioso è riuscito a calmare la crisi isterica della donna. Il fatto che rappresenti l'intercessione divina in terra, d'altronde, ha il suo peso e il maresciallo è consapevole di non poter competere su tale campo.
«Ha detto che suo figlio lavorava. Dove?»
Insiste con il rivolgersi alla signora, anche se le risposte ormai vengono fornite in maniera sistematica da don Vittorio.
«Ha fatto l'apprendista con Domenico Rinaldi, il capomastro, ma non era ragazzo da fatica, nonostante la sua prestanza fisica. E non era adatto neanche al ruolo di cameriere, al ristorante in centro, anche se volle provarci. La confusione lo innervosiva.»
Il prete riassume una sorta di curriculum della vittima.
«Così, Dante Capelli, dell'agenzia funebre Aeternitas, che frequenta la parrocchia, gli ha proposto di lavorare con loro. Lo hanno assunto per sei mesi, con la possibilità di trasformare il rapporto lavorativo a tempo indeterminato se tutto fosse andato per il verso giusto. Aveva iniziato a giugno e si prospettava una conferma, da quanto sosteneva Dante.»
Più che una lampadina, un vero e proprio impianto elettrico illumina la mente del maresciallo, folgorandolo.
L'Aeternitas, l'agenzia di pompe funebri di Ruggero Del Giudice! La stessa a cui hanno trafugato la salma di Letizia Brunelli. Non può certo essere una coincidenza!
«E Giorgio si trovava bene nel suo nuovo ruolo?» Continua a indagare.
«Sì. La presenza di Dante lo tranquillizzava e i suoi colleghi, poco più grandi di lui, lo trattavano con rispetto. Anche il tipo di attività non gli dispiaceva, non temeva la morte e svolgere un servizio per chi soffriva lo rendeva orgoglioso. Aveva soltanto un po' di soggezione davanti a Ruggero, il titolare, ma è normale: chi non ha timore reverenziale per il proprio capo?»
Giannetti lancia di riflesso uno sguardo a Piccioni o Maccioni, deve assolutamente accertarsi del nome. Il giovane militare viene colto nell'atto involontario di assentire.
«E non avete notato alcun cambiamento, un segno di disagio, qualcosa di insolito nell'ultimo periodo?»
Impossibile che un ventunenne meditasse di togliersi la vita senza la minima avvisaglia, anche se per Giannetti vivere in casa con quei due inflessibili fanatici era un motivo più che sufficiente, ma in tal caso sarebbe accaduto prima di arrivare alla maggiore età.
Un barlume di indecisione attraversa il viso di don Vittorio. A Giannetti non sfugge.
«Sia sincero,» incalza, sperando che Giorgio non abbia svelato qualche presunto peccato in confessionale, per cui il sacerdote si avvalga dell'impossibilità a svelarlo, in quanto segreto.
L'idea che un sacramento possa intralciare la legge lo fa imprecare tra sé e sé.
Il parroco sospira e si fissa le scarpe come se cercasse lì l'ispirazione, o forse si rammarica di non avere indossato la tonaca. Non lo preoccupa essere considerato un uomo incline alla tentazione dei piaceri della tavola, come tradisce la pancia che trasborda dal giro vita dei pantaloni, ma l'abito talare gli avrebbe conferito maggiore autorità per bilanciare la divisa del maresciallo.
«Nell'ultima settimana, in effetti, si estraniava spesso. Sembrava perso nei suoi pensieri e tendeva a isolarsi.»
«Ha provato a chiedergliene la ragione?»
Insomma, se una pecorella si sta smarrendo il pastore deve pur cercare di ricomporre il gregge.
Il maresciallo, abituato a gestire la stazione, considera la parrocchia una sorta di caserma ma con regolamento religioso anziché militare.
«Sì, certo, ma mi ha risposto che andava tutto bene.»
«Andava davvero tutto bene! Perché questo fulmine a ciel sereno?» La signora ritrova la voce per un urlo accorato. Giannetti considera superfluo porle la stessa domanda rivolta al sacerdote.
«Signor Gelmini, lei vuole aggiungere qualcosa? Ha notato un comportamento anomalo in suo figlio, o avete avuto qualche discussione?»
Mentre pronuncia le parole, il maresciallo si domanda se il loro rapporto non fosse piuttosto alla stregua di nonno e nipote, anche se i nonni sono molto più indulgenti.
«No.»
Nell'ermetismo di quell'unica sillaba l'uomo concentra tutto il dolore e la rabbia stipati nel suo corpo ancora immobile.
«Mi perdoni, maresciallo, è richiesta la sua presenza.»
L'irruzione dell'appuntato Loris Rossi viene accolta come una liberazione da Giannetti.
«Scusatemi.»
Si affretta a seguire il suo sottoposto, mentre Piccioni o Maccioni lancia uno sguardo con una tacita richiesta: deve andare con loro o restare ancora lì?
«Abbiamo trovato un messaggio scritto. Gli spuntava dalla tasca della giacca,» bisbiglia Loris.
Entrambi si dimenticano del loro collega imberbe e si precipitano fuori.

Simonetta Locci

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