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I malori della regina.
Ormai la reggia è un insieme di locali desolati e disadorni ché quasi tutto il trasportabile è stato inviato sulla stazione, dove Ela ha deciso di trasferire la corte. La regina passeggia pensosa per le stanze deserte in compagnia delle guardie, presto le abbandonerà per lungo tempo e forse le vuole salutare. I saloni dell'infanzia, in cui giocava col treno di legno oppure a palla, i saloni dell'adolescenza spensierata, in cui correva felice e soddisfatta, ignara della guerra e dei doveri di sovrana, adesso si mostrano stuprati dai fori di proiettile e dalle tracce dai mezzi corazzati. Il commando zoniano ha fatto un vero disastro e Larin non è stato certo da meno. A guardare bene si scorgono ancora le macchie di sangue. In certi punti, si sa, i ciambellani non puliscono proprio mai.
Suona un'allarme nella sala di controllo della guardia regia. «La regina si sente male!» «Dov'è!?» «In un bagno della reggia! Si è chiusa a chiave! La scorta non riesce ad aprire.» «Che sparino alla serratura!» «Non si apre lo stesso!» «Dove sono i manutentori!? Devono smontare la porta!» «Sono di turno alla stazione, qui c'è solo il personale indispensabile!» «Non abbiamo i manutentori!?» «Li stiamo chiamando!» «C'è la visuale!?» «In un bagno!? Abbiamo solo le guardie invisibili!» «Che cosa dicono!?» «È caduta per terra! Sembra svenuta!» «La squadra medica! Dov'è!?» «La stiamo chiamando!» «Veloci, veloci!... La scorta ha provato a chiamarla!?» «Non risponde!» «Le guardie vedono del sangue!?» «No!» «Possiamo entrare dalle finestre!?» «Il locale non ha finestre!» «Ma perché è andata a cacciarsi in un bagno della servitù che non usa nessuno!?... Allora, questi manutentori! Se non riescono a smontare la serratura, devono avere il laser per tagliare la porta!» «Stanno arrivando!»
La porta viene aperta e la regina è tratta in salvo. Quando i medici tentano di rianimarla, Ela apre gli occhi e sorride. «Sto benissimo!» «Maestà, ne siete sicura!» «Certo! Volevo sapere quanto ci mettete ad arrivate se mi sento male.» Guarda l'orologio e imposta l'espressione seccata. «Ci avete messo trenta minuti. Un tempo certamente migliorabile.» «Maestà, siamo costernati. La porta è un po' vecchia e non si apriva...» «Lo so.» «E non ci sono le finestre...» «Lo so.» «Il personale è ridotto al minimo, sono tutti alla stazione...» «Lo so.» «Oltre tutto oggi è festa e molti sono a casa...» «Lo so.» «Siamo veramente...»
L'illuminata sovrana d'un tempo si ritrova ora, vecchia e stanca, distesa sul letto d'un ospedale. Al suo fianco sta la giovane regina a cui lasciare il testimone, piena di forza e di progetti. «Ciao, nonna, come stai?» «Starei meglio se vedessi che sai scegliere con giudizio il tuo futuro marito. Venendo a patti con gli zoniani hai fatto il meglio per il regno, non lo nego, ma con gli uomini non riesci a fare il meglio per te stessa.» «Oh, senti, a me piace lui e non ci si può far nulla. E se riuscirò a mantenere il regno in pace, non correrà il rischio di morire combattendo.» «Questo rischio, se è per quello, l'ha già corso affrontando la corazzata zoniana. Hai visto che cosa ha fatto alle nostre navi più robuste? Nadine è salva per un caso.» «Ha scelto lei di speronare la corazzata, Zalac è stato più cauto.» «E poi stiamo andando verso mondi alieni popolati da gente ostile. Non t'illudere di mantenere il regno in pace a lungo.» «Ci ho già pensato ed è importante che incontri questa gente per potermi regolare in anticipo. Andrò con la stazione e starò via diversi mesi. Spero di rivederti al ritorno.» «No, no, a me non resta molto tempo, lo so bene.» «Dài, su, non dire così.» «Ascolta, una sovrana appena incoronata sta a corte e si occupa di organizzare il regno, non abbandona la nazione con la prospettiva di tornare dopo mesi. Se hai deciso, vai, non posso impedirtelo, ma sappi che nell'immediato questa cosa verrà accolta molto male.» «Me ne rendo conto, ma sarebbe un errore pensare all'immediato. Io sto pensando in prospettiva.» «Sì, ho capito, ma non riesco a...» «A cosa!? A fidarti di me!? Tu non pensi che io possa essere una buona regina! Non lo pensi e non l'hai mai pensato!» «Sei giovane, dovresti farti consigliare da qualcuno che ha vissuto più di te. Mi spiace molto di non poterlo fare.» «Certo! Infatti vorrei tanto che qualche volta qualcuno mi aiutasse! Ma adesso non è come quando hai regnato tu! Adesso siamo ad un punto che ci vuole una visione ampia! E non mi pare che tu ce l'abbia!» «Ascoltami bene, ché sono stanca e non mi resta molto fiato, le donne comuni possono anteporre i propri interessi alle altre cose, ma tu non sei una donna comune.» «Non ho chiesto io di essere quello che sono. L'ho soltanto accettato come un dato di fatto.» «Una regina deve anteporre a qualunque interesse personale il bene del regno. Anche alla propria felicità, se serve. Finché non capirai questo concetto, non sarai mai una buona sovrana.» La giovane regina si allontana dal letto sbuffando e fa per lasciare la stanza, ma la regina d'un tempo, la fulmina sulla porta. «Ela, considera solo il bene del regno! Il bene del regno sempre e comunque!»
Il medico attende nel corridoio. «Potrà vivere per un anno?» «Non credo proprio, maestà, le sue condizioni sono molto critiche. Francamente dovreste prepararvi al peggio...»
Qualche giorno dopo, Ela e Zalac fanno merenda in una sala della reggia. «...Mi hanno detto che ti sei sentita male e sono venuto appena ho potuto.» «No, no. Ho fatto solo finta! I soccorsi mi sembrano troppo lenti!» «Sei pazza, mi hai fatto preoccupare, sai?» «Bene!» «Sei stata da tua nonna?» «È un disastro. Presto se ne andrà e non riusciamo a fare pace. Non si convincerà mai che potrò essere una buona sovrana.» «E tu lo pensi?» «Io non devo pensarlo, devo esserlo!» «Lo sarai senz'altro.» «Quando lei non ci sarà più, non mi resterà nessuno dei Voring che possa aiutarmi.» «Hai ancora gli zii.» «Puah!» «Poi ci sarò io.» «Appunto!» «E i miei generali ti seguiranno ad occhi chiusi.» «Tolta Miriam.» «Beh, ha fatto quel che le hai detto...» «Sì, per adesso.» Una guardia regia risponde al comunicatore. «Intrusi in arrivo! Via! Via!» Ela è colta di sorpresa, le altre guardie le sono addosso, la mettono in piedi e la spingono avanti senza tanti complimenti. Bisogna correre e correre, si sentono gli spari e la voce concitata dell'ufficiale alla trasmittente. «...Sì, ci stiamo muovendo!... Quattro minuti! State pronti!...» Il drappello procede compatto con la regina al centro. Una guardia si volta. «Eccoli!» Gli assalitori arrivano da dietro e partono le raffiche. Ela è attonita. «Ma sono armati!» Zalac di rimando: «Quelli ci vogliono morti!» E ha già la mano sull'arma. «Non capisco! Ma c'è la rivoluzione!? I repubblicani non sono mai arrivati a tanto!» Cadono gli inseguitori e cadono le guardie regie, e i colpi sfrecciano da ogni parte. Ad un certo punto Ela si vede già morta, ma l'assassino non riesce a sparare, ché le guardie invisibili non lo perdonano. Quello che sembra il comandante dei rivoltosi prende a gridare: «Merda, i cecchini! Dove cazzo sono!?» Spara a raffica contro le pareti, ma i suoi compagni continuano a cadere. Ela è frastornata, ha il cuore in gola e le gira la testa. Il colpo di grazia arriva quando sente gridare. «Generale! Intruso invisibile! Puntamento! Quattro passi indietro, uno a sinistra!» Zalac reagisce d'istinto, si volta e spara al nulla. «Mancato! Puntamento! Tre passi indietro, due a sinistra!» Zalac spara ancora. Un uomo alto senza capelli con addosso una tunica bianca, un uomo che prima non si vedeva, giace riverso al suolo crivellato dai colpi. Ela gli lancia uno sguardo, non ha tempo di soffermarsi deve correre via. Entrati in una sala dietro alla sovrana, gli attentatori sono accolti da una mitragliatrice telecomandata che è sbucata dal soffitto. Raggiunto un cortile, Ela e Zalac vengono imbarcati su un trasporto che decolla rapidamente e sparisce scortato da sei caccia. «Dove andiamo?» «Alla stazione orbitale, maestà. È il posto più sicuro.» «Ne siete certi?» «Sì, maestà. Nessuno può entrarvi senza autorizzazione.» «Neanche un intruso invisibile?» «I controlli sono severissimi, maestà.» «Devo parlare con Miriam, fatela chiamare.» «È sulla stazione. Arriveremo fra poco.» «Devo parlarle adesso!» «Sì, maestà.» «La regina ha un malore! Fatela sdraiare! Presto, i dispositivi di primo soccorso!» Miriam armeggia sul visore del proprio studio per rispondere alla videochiamata in arrivo ed ecco Ela distesa su tre sedili affiancati che le si rivolge con un fil di voce. «Ah, Miriam, allora è vera sta cosa degli esseri invisibili di cui mi parlavate...» «Sì, maestà, non vi sentite bene?» «Ho preso una tale paura, cara voi, che mi è andata giù la pressione.» «Sono desolata.» «Ma chi sono? E come facciamo a liberarcene se non li vediamo? Potrebbero avvicinarmi indisturbati e colpirmi in ogni momento. È questo che mi spaventa più di ogni altra cosa. Quindi, come intendete proteggermi?» «Dunque, come vi dicevo, siamo di fronte a persone non comuni mandate qui per diffondere la religione zoniana.» «Miriam, non direi che quel tale avesse voglia di predicare.» «Maestà, sono costernata. Ammetto che gli avvisi dei candalesi sulla pericolosità di questi individui sono stati sottovalutati. Evidentemente essi associano la predicazione al combattimento.» «Appunto. Quello era un sicario di Keya Ordel, che a parole accetta la resa, ma poi nei fatti mi vuole assassinare... Ora mi manca il fiato, ma appena starò meglio, le farò io un bel discorso...» «Maestà, prima di dire cose di cui poi potreste pentirvi, vi suggerisco di fare un respiro profondo e di contare fino a sedici.» «Mm. Come faceva quel tale a non essere visto?» «Ancora non lo sappiamo. Supponiamo comunque che fosse un potenziato. Però sui visori delle telecamere di sorveglianza si vedeva.» «Ah.» «Quindi, per la vostra sicurezza stiamo aumentando il numero di telecamere e anche quello degli addetti ai visori.» «Era quello che stavo per dire...» «Sì, maestà.» «Sentite, i predicatori cercano visibilità. Quindi perché questi, invece, cercano di non farsi vedere? Ve lo siete domandato?» «Mah, sì, in effetti ci stavamo pensando, però...» «Siete proprio una delusione...»
Sbarcata sulla stazione orbitale, Ela viene trasportata nell'infermeria di un lussuoso palazzo per alcuni controlli. «Questa, maestà, è la nuova reggia che vi abbiamo preparato. Una casa accogliente e provvista di ogni comodità. Qui gli zoniani non arriveranno mai.» «Quelli che si vedono.» «Anche gli altri, maestà. Le telecamere sono dappertutto...»
Il globo è molto bello visto dall'alto, azzurro con le nuvole bianche, e lo sguardo ne domina una grande parte. Le vastità del regno scorrono senza confini sul visore a parete. Ela si scuote, sulla scrivania c'è un pacco di documenti da firmare. Pare impossibile che un povero sovrano debba passare le prime settimane di regno vistando pile di scartoffie, eppure i segretari ne portano a non finire. Poi ci sono gli impegni pubblici a cui si partecipa in videoconferenza. Bisogna mostrare che sua maestà è in buona salute nonostante gli eventi avversi che l'hanno colpita. E poi dev'essere chiaro che sua maestà non è fuggita sulla stazione in preda alla paura, ma vi si è recata per dominare il regno dell'alto. Eppure quel che veramente s'attende con angoscia è il bollettino medico giornaliero.
Passa qualche giorno e Zalac si presenta nello studio. «Buon giorno, maestà.» La regina continua a leggere i documenti che ha sul tavolo senza guardarlo. Quando il generale arriva di persona e attacca con l'atteggiamento formale, non porta mai buone nuove. Quindi imposta il tono rassegnato. «Buon giorno, Zalac. Che notizie mi portate?» «Non buone, maestà. Son qui a dirvi che abbiamo un problema serio...» Lei agita i fogli che tiene in mano senza alzare lo sguardo. «Ce ne sono tantissimi, se è per quello. Siete proprio sicuro che in questo momento un sicario invisibile non mi stia osservando?» «Sì, maestà, ne sono certo. Gli addetti non staccano gli occhi dai visori.» «Bene.» «Maestà, quel bischero è evaso.» Ela alza lo sguardo e lo squadra a bocca aperta. «Clin? È evaso dal carcere?» «Probabilmente ieri sera.» «Ah, per Cruk!... Avanti, non state là impalato. Ditemi. Ditemi come ha potuto fuggire da una prigione di massima sicurezza.» «Heh, sapete, gli uomini si scaldano a star tanto senza donne. Quindi, quando la situazione è proprio insostenibile, mandiamo delle prostitute candalesi a calmare i detenuti.» «Perché candalesi?» «Perché loro ci vanno. Le nostre, invece, si lamentano che i detenuti sono bestie.» «Ho capito.» «Beh, dopo che se ne sono andate, Clin non c'era più.» A queste parole, la regina scoppia in una risata isterica. «È passato davanti alle guardie con l'abito da donna e quelli non l'hanno neanche visto! Li avrà anche salutati in falsetto!» «Ma no, non può essere andata così. Se ne sarebbero accorti.» «Ma va'! Quelli non sanno neanche contare quanti entrano e quanti escono!» «Hanno contato. Una candalese in stato confusionale si trova ora nella cella al posto di Clin. Dice che Clin è lei.» «Ah, sì? E cosa ce ne facciamo!?» «Clin è sparito. Il suo braccialetto elettronico sta addosso alla candalese. Potrebbe essersi imbarcato con le altre che stanno tornando a Candal. Le stiamo inseguendo, ma la loro nave ha molto vantaggio e armi migliori delle nostre. Per sparare occorre una vostra decisione.» «Ah, Dio! Non possiamo sparare. Mica vogliamo un altro conflitto.» Al segretario: «Voi, venite qui. Comunicazione urgente per madonna Belany, presidente della repubblica di Candal. Scrivete...»
Verso sera il segretario le porta il comunicatore. «È l'ospedale in linea, maestà.» La mano paralizzata resta in aria per alcuni secondi. «Pronto... No, non penso di poter venire, cioè, non so... Sì, va bene, grazie.» Il comunicatore cade sul tavolo. «Arriverà una trasmissione dall'ospedale. Passatemela qui.» Poco dopo il visore mostra la sovrana d'un tempo immobile sul letto. Sembra che dorma, ma in realtà... «Le mie più sincere condoglianze, maestà.» Le parole del segretario cadono nel vuoto. «Presto! La regina si sente male!»
Ferruccio Guidi
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