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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Marika Orazi
Titolo: Bagliori nel cielo. Uno sguardo oltre noi
Genere Narrativa Fantascienza
Lettori 3237 16 17
Bagliori nel cielo. Uno sguardo oltre noi
Correva Laetitia. Non aveva fatto altro negli ultimi dieci anni. Correva. Lontano, da tutto e da tutti. Con l'Ipod nelle orecchie, le sue adorate scarpe da tennis, i corti leggings neri e la canotta oversize a righe blu e bianche. Il suo fisico asciutto e scolpito, le gambe toniche ed affusolate, i suoi lunghi capelli biondi, legati con una coda di cavallo, non la facevano certo passare inosservata. Per scongiurare il pericolo che qualcuno, incontrandola, potesse riconoscerla, aveva indossato un cappellino da baseball che le nascondeva quasi totalmente il volto. Precauzione eccessiva, perché in quella stagione dell'anno era assai insolito trovare all'alba altri instancabili stakanovisti della corsa come lei. Era già da qualche settimana che aveva preso l'abitudine di fare jogging la mattina presto. L'insonnia, con la quale combatteva ormai da diversi mesi, e l'insolita calda primavera di quell'anno l'avevano trascinata fuori dal letto.
Si nascondeva Laetitia, dalla gallerista e dall'assistente che da qualche tempo la seguiva nel suo lavoro. “Lasciate un messaggio, richiamerò non appena possibile”, diceva sempre la sua segreteria telefonica ma lei non richiamava mai, anche perché quei messaggi rimanevano inascoltati. Aveva preso in affitto una nuova casa e non aveva informato nessuno del cambio di domicilio, per non essere trovata. Era perfettamente consapevole che quella fuga dal mondo non poteva durare in eterno. Anche se lei lo avrebbe disperatamente voluto.
Improvvisamente, sentì sopraggiungere alle sue spalle una voce che la chiamava: “Laetitia!!!!”.
Era Fabio, il ragazzo che lavorava nell'ufficio stampa della galleria dove, tra meno di una settimana, si sarebbe dovuta tenere la sua mostra. Anche lui impegnato in una salutare corsetta mattutina.

“Lo sai che ti stiamo cercando tutti come dei pazzi?!. Si può sapere dove sei finita?. La mostra è tra qualche giorno e tu non hai consegnato nemmeno un quadro!”.
Affondata e colpita. L'esilio dorato era finito. Laetitia si voltò verso il ragazzo e si asciugò con la mano il viso perlato di leggero sudore.
“Buongiorno Fabio. Oh si, sto bene ed è una magnifica giornata”.
Il ragazzo la guardò con fare riprovevole. “Siamo stati in pensiero... Elisa, soprattutto. Ma ci vuoi far venire un infarto a tutti quanti?. Guarda che questa mostra è importante per la tua carriera, è la tua prima personale, segnerà la tua decisiva affermazione. Se le recensioni saranno buone potresti diventare una pittrice affermata nella scena artistica romana”.
“Si, si, va bene”, rispose lei, in maniera distratta e sfuggente. “Mercoledì consegno le opere, giovedì allestiamo e venerdì è in scena il redde rationem, contento?”.
“Cosa?. Stai scherzando spero... Vuoi allestire la mostra un giorno prima senza prima ascoltare il nostro giudizio sui quadri che verranno esposti?. Ed i cataloghi?. Chi li ha curati, se abbiamo visto solo due quadri sei mesi fa?”.
“Quelli sono già pronti e stampati. Me ne sono occupata io, li ho fatti preparare da un amico. Sono carini”.
“Carini?!”, fece sbalordito Fabio.
Laetitia sorrise. “Ti offrirei la colazione, ma purtroppo devo andare. Dì ad Elisa di stare tranquilla e che la mostra la porterà agli altari della gloria. Ti saluto”.
Rimettendosi il cappellino in testa, Laetitia riprese la sua corsa. Fabio, nel vederla allontanarsi sempre di più, fu colto da un improvviso trasalimento. Era veramente Laetitia quella che aveva incontrato qualche attimo prima o una leggiadra e bellissima ninfa sbucata dal nulla nei campi Elisi di Villa Borghese?.
Se fosse dipeso da lei, si sarebbe presentata con le infradito ai piedi ed i pantaloncini corti. Laetitia odiava tutto ciò che aveva anche solo la minima parvenza di formalità. Ma il vernissage imponeva un abbigliamento adeguato alla circostanza, soprattutto a lei che ne era la protagonista principale, e quindi, con suo grande disappunto, fu costretta a spendere la bellezza di quasi cinquecento euro per un abito ed un paio di scarpe nuove. E questa cosa l'aveva innervosita parecchio. Mentre percorreva le stradine secondarie del centro per tornare a casa, la sua attenzione fu improvvisamente catturata dall'espressione del viso di una bambina che scrutava meravigliata il cielo, mentre la madre era intenta ad osservare la vetrina di un negozio.
Incuriosita, guardò anche lei nella stessa direzione. E la visione che le si presentò davanti la lasciò senza fiato. Una sfera rossa, di media grandezza, stava sorvolando sopra di loro, a bassa quota, visto che era perfettamente visibile ad occhio nudo. Di scatto prese il telefonino e con la videocamera la riprese. La bambina si voltò verso di lei ed avvicinò il dito medio alla bocca, intimandole il silenzio, visto che la madre era totalmente ignara di quanto stava accadendo. Laetitia si guardò intorno, alla ricerca di qualche altro testimone che potesse confermare l'evento. Ma non c'era nessuno. Alzò di nuovo gli occhi al cielo ma la sfera era ormai scomparsa. Volatilizzata nel nulla.
La signora prese per mano la figlia ed entrambe si incamminarono nella direzione di Laetitia, rimasta nel frattempo pietrificata ed immobile al centro del marciapiede a causa di quella sorprendente visione. Nel passarle accanto, la bambina le sfiorò la mano e le disse sorridendo: ”Ti salutano e mi hanno detto che torneranno a trovarti”. Laetitia si voltò.
“Silvia, che fai?. Quante volte ti ho detto che non devi parlare con gli sconosciuti, dicendo cose senza senso?”, la rimproverò la donna, strattonandola e tirandola via con la forza. Ma la bimba di quelle parole non si curava proprio. Mentre la madre la costringeva a camminare, fissava Laetitia con lo sguardo sicuro e fiero di chi sa che sta dicendo la verità.

Tornata a casa, Laetitia si sentì come svuotata. Si sedette in cucina. Erano le tre del pomeriggio e tutta la casa risplendeva di un'intensa e calda luce che donava un riverbero dorato a tutte le cose, mutandone quasi la forma ed i contorni. Sembrava che l'intera stanza fluttuasse in un'atmosfera liquida. La ragazza si alzò di scatto e corse a prendere un bicchiere d'acqua. Aveva un nodo alla gola, come se qualcosa le impedisse di respirare. Era stata colta da un attacco di panico. Cominciò a tremare ed a sentire freddo. Fece appena in tempo ad arrivare al sofà ed a distendersi. Si mise sulla fronte il fazzoletto che era riuscita a bagnare e respirò profondamente. La realtà era che Laetitia quelle strane sfere che sorvolavano il cielo non era la prima volta che le vedeva. E le filmava. Ormai aveva una discreta documentazione video di quasi sei mesi. E tutto questo cominciava a spaventarla fortemente.
Girò la testa verso la cassapanca di vimini che si trovava all'ingresso e la osservò per alcuni minuti. Sospirò. Provò ad alzarsi ma le forti vertigini che aveva glielo impedirono.
“Con calma, Laetitia”. Riprovò e questa volta, appoggiandosi al muro, riuscì, seppur barcollando e con fatica, a raggiungere l'oggetto del suo interesse.
Si sedette per terra ed aprì il mobile. Da una nuvola di polvere riemersero vecchi ricordi di Parigi: regali, fotografie ingiallite, stampe, libri dell'Accademia e poi... eccola, in fondo, quasi nel dimenticatoio della memoria. La sua vecchia agenda.
La prese e, nell'aprirla, dalle pagine caddero una serie infinita di articoli e di fotografie sugli UFO, sulle civiltà extraterrestri, sul fenomeno delle abductions ma anche suoi appunti e studi personali sui pianeti, le galassie e le stelle.
Appoggiò entrambe le braccia sul mobile e si mise le mani nei capelli, scoppiando in un pianto irrefrenabile e disperato. Perché comprese che questo passato, con tutta la sua forza dirompente e violenta, stava prepotentemente rientrando nella sua vita. Che lei fosse pronta oppure no.

Villa Mirafiori, in quel periodo, era semplicemente un incanto. Ubicata nel quartiere Nomentano, immersa nel verde tra piante esotiche e lussureggianti alberi secolari, spiccava, insieme alla vicina Villa Torlonia, per la raffinatezza e l'eleganza della sua architettura neoclassica.
In quella stagione dell'anno, incorniciata dagli intensi e profumati colori che iniziavano a dischiudersi sotto il primo tiepido sole primaverile, sarebbe stata una perfetta ed incantevole oasi dove ritemprare il corpo e lo spirito se, in realtà, dietro quell'apparenza di posto incantevole e fatato, non si fosse ben presto rivelatala sua reale funzione: essere, cioè, la sede della Facoltà di Filosofia e di Lingue dell'Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
Il chiosco del bar, data l'ora, era pieno di ragazzi. Alcuni erano intenti a ripassare per gli esami imminenti, altri, invece, si rilassavano e scherzavano allegramente mangiando un gelato o un panino al volo.
Laura era davanti la finestra del secondo piano. Amava particolarmente quel luogo perché da lì si poteva godere di una splendida vista sul giardino sottostante.
Appoggiata al muro, con in mano il caffè bollente appena preso dal distributore, girava lentamente il cucchiaino dello zucchero, completamente assorta nei suoi pensieri e nella visione del rilassante paesaggio animato, nella sua placida e ieratica quiete, soltanto dal continuo via vai di studenti che entravano e uscivano dalla facoltà.
I suoi occhi, improvvisamente, si alzarono verso il cielo: un blu terso e profondo, sul quale si stagliavano, imponenti e grandiose, candide nuvole che sembravano fatte di gustoso zucchero filato. Le vennero in mente i meravigliosi studi di nuvole di John Constable visti qualche giorno prima ad una mostra. Chiuse gli occhi e si lasciò accarezzare dolcemente il viso dal riflesso del sole. Finalmente era arrivata la primavera, dopo un inverno particolarmente rigido che aveva visto il ritorno della neve persino nella Capitale.
“Fra un po' sarà tutto finito. A pensarci, sembra quasi impossibile...”, disse fra sé. Fu l'arrivo di un sms a distoglierla dai suoi pensieri e a riportarla alla realtà. La ragazza guardò l'orologio e senza neanche prendere il cellulare dallo zaino, finì velocemente il caffè e si avviò verso l'uscita.
Seduto su una panchina vicino al laghetto, Tiziano, pazientemente, la aspettava.

“Finalmente, stavo ormai perdendo ogni speranza...”. “Scusami, Tiziano, hai ragione. Si è fatto tardi... Come al solito, assorta nelle mie riflessioni, non mi sono resa conto del tempo che passava”.
“Non ti preoccupare. Sei riuscita a studiare un po' ?”.
“Si... Ma comincio a non poterne veramente più. Non vedo l'ora di farlo questo benedetto esame di Stato e di chiudere per sempre con questi libri.”
“Quando avrai ottenuto l'abilitazione e sarai diventata a tutti gli effetti una psicologa, che farai?”.
“Mah... Il mio futuro è avvolto nel più oscuro ed insondabile mistero. Potrei tornare definitivamente a casa, continuare a stare qui a Roma o, perché, no, tirare fuori dal cassetto il vecchio progetto di aprire insieme a te un bar in qualche atollo sperduto e lontano. Te lo ricordi?. Ne parlavamo sempre al liceo... Ma tu adesso sei un medico, perfettamente inserito nel sistema, i sogni di fuga ormai non ti riguardano più”. Una cristallina risata illuminò il suo volto. “E poi la divisa verde da internista ti dona da morire...”.
“Ma finiscila.. Se non fosse per questo monolocale che sono finalmente riuscito a trovare a buon prezzo, fuggirei subito. Non sai che inferno sia lavorare in ospedale, al pronto soccorso poi...”.
“Eh, immagino... Te l'ho detto, ti sei inserito nel sistema, in uno dei peggiori poi...”.
“Per il resto come va?”.
“Nessuna novità, la solita vita di sempre. E' tutto una corsa, un andare di qua, di là... Mi chiedo spesso quale sia il senso di tutto questo frenetico girovagare”. Il suo tono era pacato, freddo, profondamente rassegnato. Laura incrociò gli occhi del suo giovane interlocutore.
“E' la fine di un percorso, di un ciclo di vita. E' normale avere dei dubbi, avvertire il peso della stanchezza... Non riuscire a vedere la luce in fondo al tunnel”.
“Dici?”. “Assolutamente si. Ci passano tutti, prima o poi”.
“Perdonami, ma adesso ti devo lasciare... Devo andare in facoltà per restituire un libro. Prendiamo la metro insieme?”.
“Ho ancora trenta minuti di pausa. Rimango qui ancora un po' a godermi questo bel sole”.
“Ok, dott. Sebastiani. Allora, ci salutiamo qua”.
“Aspetta, ti volevo dire che la gita fuori porta domenica salta. Saremo in pochi e così abbiamo concordato di rimandare di un paio di settimane. Sei lo stesso dei nostri, si?”.
“Fra un paio di settimane hai detto?. Aspetta che vedo...” “Ah, ancora non hai aperto il tuo studio e hai già l'agenda fitta di impegni da donna in carriera che non riesce a liberarsi neanche per trascorrere un fine settimana con gli amici?. Andiamo bene!”.
“Ma no, figurati... E' che ho l'impressione di avere già un impegno in quel periodo... Eh, infatti. Mi dispiace, stavolta non posso venire. Il tredici fanno una conferenza al Circo Massimo, sugli alieni e sui cropcircles. Non la posso perdere, c'è un ricercatore molto importante!”.
“Laura, ancora con questa storia degli alieni... E' da quando eri bambina che ti sento fare questo discorsi. E' un'ossessione la tua!”.
“Una passione, Tiziano. Fortissima. Che va oltre qualsiasi altra cosa.”
“E vabbè, vorrà dire che alla prossima verrò anch'io, che ne dici?”.
“Sarebbe bellissimo se mi accompagnassi una volta. Ti farebbe solo bene. Studiare medicina e stare chiuso quasi tutto il giorno in quell'ospedale, ti sta consumando e facendo perdere il contatto con la realtà, quella vera. Bisogna guardare oltre questa sterile e vuota materia, mio caro, altrimenti siamo niente, semplice polvere che cammina”.
“Mi raccomando, non sparire, e per qualsiasi cosa, chiama”.
“Grazie, cosa farei senza di te... E' proprio vero, l'amicizia è la mia linfa vitale!”. I due ragazzi si abbracciarono. “Ascolta... Ma perché nel fine settimana non andiamo a mangiarci una pizza, solo noi due e al diavolo tutti gli altri?”, suggerì Laura.
“E magari facciamo l'alba alla cornetteria vicino al Colosseo?. “Aggiudicato”. “Qua la gente mormora, però....” .
“E tu falla mormorare!. Altrimenti, dove sta il divertimento?”, rispose Laura, facendogli l'occhiolino.
“Fatti sentire, allora.” I due ragazzi si salutarono.
Con lo zaino sulle spalle e le cuffie dell'Ipod nelle orecchie, Laura si avviava sicura verso il cancello di uscita. L'elaborato chignon, in cui i suoi lunghi capelli castani erano raccolti, e la generosa scollatura della maglietta sulla schiena svelavano il bellissimo tatuaggio che la ragazza aveva dietro la nuca: una graziosa fatina seduta su una mezzaluna con un piccolo cuore in mano e una stella blu tra i capelli.
Gli alieni, l'imminente esame di Stato per l'abilitazione alla professione di psicologa ed il progetto di aprire un bar dall'altra parte del mondo. Tiziano era confuso, senza parole. Come del resto gli accadeva sempre quando parlava con Laura. Il telefonino suonò. Era Francesca.

“Ciao Tiziano, come va?”.
“Tutto bene cara, che piacere sentirti!. Quanto tempo... Come stai?”.
“Bene. Sono rientrata qualche settimana fa da uno scavo archeologico in Libia”.
“Bellissimo!. Poi quando ci vediamo mi farai vedere le foto. Ho
appena visto Laura, è andata via due minuti fa”.
“Veramente?. Più tardi chiamerò anche lei”.
“Mi ha fatto un discorso un po' strano... Forse sarà dovuto alla stanchezza. Sta studiando molto perché a breve ha l'esame per diventare psicologa”.
“Discorsi strani?. Tipo?”.
“Mah... Gli alieni, il progetto di espatriare ed aprire un bar dall'altra parte del mondo...”.
“Discorsi strani?. Bè, sinceramente, non mi sembra... Da quello che mi dici è' sempre la nostra Laura!”.
“Già, deve essere stata una mia impressione... Comunque, appena posso, la accompagno ad un convegno ufologico. Questo suo interesse mi incuriosisce sempre più!”.
“Fatemi sapere... Se ci sono, mi unisco volentieri a voi!!!”. “Franci, scusami, ma ti devo lasciare... Devo rientrare in ospedale, la pausa è finita”.
“Ok, ci sentiamo allora. Se tornate a casa, fatemi sapere. Non vedo l'ora di rivedervi, ho tante di quelle cose da raccontarvi!”. “D'accordo. A presto”.
Tiziano si alzò dalla panchina e fischiettando un motivetto allegro si diresse verso il cancello di uscita. L'aria profumava di vita, di sole e della suggestiva primavera romana.
Aveva ragione Laura. Era davvero un immane peccato rinchiudersi a lavorare in ospedale con una giornata così splendida davanti agli occhi.











Laetitia aprì la sua casella di posta elettronica e notò, con immensa sorpresa, che il ricercatore a cui aveva scritto qualche giorno prima le aveva risposto. Questo era il contenuto dell'email:

Gentilissima Laetitia,
innanzitutto la ringrazio per avermi contattato e dato la possibilità di visionare e studiare il suo materiale, che ho trovato veramente molto interessante.
Fra un paio di settimane sarò a Roma per tenere una conferenza al Circo Massimo. Nell'allegato potrà trovare tutte le informazioni a riguardo. Mi farebbe molto piacere se avesse l'opportunità di venire. Sarebbe un'ottima occasione per incontrarci di persona e parlare. Spero di risentirla presto.

Cordiali saluti
Carlo Galandris



Alla ragazza quell'incontro sembrò deciso dal destino. Il dott. Galandris, uno dei massimi esperti in Italia nel campo ufologico, non solo le aveva risposto, ma l'aveva addirittura invitata ad un suo convegno, manifestando il desiderio di conoscerla personalmente. Non poteva certo mancare. Segnò la data sul calendario, con l'evidenziatore viola, il suo colore preferito. 13 Maggio: conferenza al Circo Massimo





Il mercatino di Porta Portese a Trastevere regalava sempre, spulciando qua e là, grandi occasioni. Valeria e Michele vi si recavano quasi ogni settimana, alla ricerca di qualche disco d'annata o libro ormai introvabile.
A volte, girando tra le varie bancarelle, avevano entrambi la netta impressione di trovarsi davanti ad un caratteristico souk di qualche città medio-orientale piuttosto che ad uno degli angoli più caratteristici e pittoreschi della città di Roma, luogo che aveva fatto da cornice a momenti indimenticabili della loro ormai lontana giovinezza da figli dei fiori degli anni ‘60. L'inarrestabile ed ineluttabile forza fagocitante del tempo che tutto muta e tutto divora. Ad una velocità sempre più vorticosa ed inafferrabile.

“Ti va di prendere qualcosa al bar?. Tanto qui oggi non si compra nulla...”, propose Michele alla moglie.
“Si, volentieri”, rispose Valeria.
I due lasciarono il mercatino e dopo aver imboccato una via laterale e camminato per qualche metro, giunsero al bar del loro vecchio amico Gianni.
“Oh, ecco la coppia più bella del mondo”, pronunciò l'uomo appena li vide arrivare, andando loro incontro festoso. “Finalmente vi si vede da queste parti... Stavo quasi per chiamare Chi l'ha visto?”, disse in tono scherzoso.
“Gianni carissimo, hai ragione. Abbiamo latitato un po'...
Veniamo sempre di fretta, e non c'è stata più occasione di venirti a trovare”.
“Tutto bene, si?”.
“Non c'è male. Ascolta, ti dispiace se ci accomodiamo fuori?.
Con questa bellissima giornata, sarebbe un peccato non approfittarne”.
“Fate pure come se foste a casa vostra. Scusate un attimo, torno subito”.
“D'accordo”. La primavera romana era esplosa in tutto il suo magico splendore. L'intero vialetto era illuminato da un sole mite mentre una piacevole brezza rinfrescava l'aria, muovendo leggermente le verdi fronde degli alberi che costeggiavano, su entrambi i lati, la strada. Tutt'intorno, l'aria era impregnata di un'avvolgente e frizzante profumo di fiori e di rinascita. Una variopinta farfalla, con il suo volo aggraziato, si posò leggiadra su un'aiuola di un giallo sgargiante. E Valeria catturò la scena con la sua nuova macchina fotografica.
“Ragazzi, che vi porto?”, fece Gianni, sporgendosi dal bancone del bar.
“Il solito. Un cappuccino d'orzo per mia moglie ed un caffè al ginseng per me”.
“Arrivano subito. Ah dimenticavo, ho una cosa per voi”. L'uomo prese dei volantini appoggiati sul bancone del bar, uscì dal locale e li consegnò a Valeria e Michele.
“Ho pensato che potessero interessarvi. Si parla di UFO, di cerchi nel grano... Mi sembra che siano gli argomenti di cui vi state occupando ora”.
“Oh si, grazie infinite. E' una conferenza su queste tematiche.
Ci era sfuggita... Che dici Michele, andiamo?”.
“Certo!. La tiene il dottor Galandris, lo abbiamo visto tante volte in televisione, ricordi?”.
“E' passato un ragazzo l'altro giorno, chiedendomi se poteva mettere una locandina in vetrina e lasciare alcuni volantini. Appena ho letto di cosa si trattava, ho pensato subito a voi!”.
“Hai fatto benissimo Gianni. Ci andremo di sicuro, grazie per averci informato. Anzi, se vuoi unirti a noi, sei il benvenuto”.
“Grazie mille, ma io la domenica la passo a lavorare o nella casa di campagna, insieme alla mia famiglia. Gli UFI o come si chiamano li lascio volentieri a voi eletti”.
Il gruppo scoppiò in una fragorosa risata. Le vibrazioni benefiche dell'amore hanno il potere, spesso, di essere positivamente contagiose.


















La mostra aveva ottenuto un grandissimo successo. Numerose e cospicue erano state le offerte dei compratori per acquistare i quadri, le recensioni dei critici erano state ottime e ad ottobre alcune delle fotografie esposte avrebbero partecipato ad un'esposizione al Vittoriano dedicata ai giovani artisti emergenti italiani. Ormai il nome di Laetitia si stava affermando presso i salotti bene della nobiltà e dell'alta borghesia romana e negli ambienti artistici ufficiali della Capitale. Eppure, la ragazza non riusciva a placare quel malessere e quell'insoddisfazione in lei sempre più crescenti. Ed immotivati. Perché di strada ne aveva fatta da quel piovoso e freddo pomeriggio di novembre, quando, sorprendendo tutti, prese la decisione di lasciare definitivamente Parigi, con tutte le sue certezze, per seguire un sogno che secondo molti l'avrebbe condannata, irrimediabilmente, al fallimento. Ed invece, a dispetto di quelle previsioni nefaste, animata dalla segreta ed incrollabile certezza che quello sarebbe stato il suo destino, era riuscita a centrare un obiettivo dietro l'altro, dimostrando una caparbietà, una tenacia ed un coraggio fino a quel momento sconosciuti anche a lei. Affidandosi solo al suo innato senso del dovere ed al suo grande spirito di sacrificio. Ma la sua mente ora era catturata da altri pensieri che le impedivano di godersi quel momento positivo della sua carriera ed il meritato riposo.
Distesa sul pavimento del soggiorno, con i piedi scalzi appoggiati sul parquet, vestita con un leggero caftano verde acqua che le lasciava scoperte le spalle, si sentiva finalmente libera di ritrovare se stessa. Sullo sfondo, da una grandiosa ed ampia vetrata finemente decorata in stile liberty, si poteva ammirare uno spettacolo naturale di incantevole e rara bellezza: un tramonto romano dalle avvolgenti e vivide sfumature rossastre, ravvivato dall'allegro ed ovattato sottofondo dei passanti che camminavano nelle vicine, affollate, strade del centro. La ragazza era intenta a fare degli esercizi di respirazione e di rilassamento per cercare di combattere la terribile insonnia che la affliggeva in quel periodo e che ancora non era riuscita a risolvere.
Il campanello della porta inaspettatamente suonò. Aprì, sorpresa, gli occhi. Aveva dato precise disposizioni al portiere di non essere disturbata da nessuno. Chi poteva essere?. Il campanello suonò nuovamente, e questa volta più a lungo. L'interlocutore era particolarmente insistente.
Decise, seppur controvoglia, di alzarsi e di andare a vedere chi fosse. Guardò attraverso lo spioncino. Ebbe un trasalimento misto a stupore, constatando che si trattava di una figura maschile che le ricordava molto una sua vecchia conoscenza, ma era assolutamente impossibile che si trattasse della persona che Laetitia aveva immaginato.
Aprì e con immensa sorpresa dovette costatare che la sua iniziale impressione non era stata affatto errata. “Luca..”, pronunciò con un filo di voce.

Il ragazzo, nel vederla, provò un'emozione intensa che trapelò anche sul suo volto.
“Bè, dopo sette anni che non ci vediamo avrei preferito un'accoglienza un po' più calorosa. Sembra che hai visto un fantasma. Posso entrare?”.
“Si certo, accomodati. Scusami, ma... sono un po' frastornata”.
Luca prese il borsone nero che aveva posato a terra ed entrò. Laetitia non aveva ancora ben realizzato che il suo ex fidanzato si era, dal nulla, materializzato davanti a lei, dopo sette anni dalla fine della loro storia. In quel momento le venne in mente il concetto di stargate di cui era venuta a conoscenza qualche giorno prima leggendo un articolo su internet ma si rese subito conto che, rapportata a quella situazione, era un'idea priva di qualsiasi fondamento.
“Non riesco ancora a credere che tu sia qui...”
“A dirti la verità, neanch'io. Però, vedo che ti sei sistemata bene. E' molto carino ed accogliente qui”.
“Già... E' una mansarda di una mia amica che adesso si trova all'estero per lavoro e me l'ha affittata. Come puoi vedere dalla terrazza si vede tutto il centro. Sembra di stare dentro ad un film”. La ragazza aprì la vetrata ed i due ragazzi si sistemarono in veranda. L'incantevole bellezza della Città Eterna apparve all'improvviso davanti ai loro occhi estasiati. Luca rimase senza parole.
“Wow...”.
“Eh si, il panorama toglie il fiato ogni volta anche a me. Ma toglimi una curiosità... Come hai fatto a sapere dove abitavo?”.
“Ho fatto delle ricerche. Trovarti non è stato affatto semplice. Ti sei nascosta bene, neanche la tua famiglia sa con precisione dove sei”.
“E' vero.. Da quando sono andata via non sono più tornata a casa ed i miei li sento raramente.”
“Abiti qui da molto?”.
“Da qualche settimana”.
”Ah, ma vedo che le novità non sono finite... Da quand'è che ti piace camminare scalza?”.
“Da un po'.. E' conquistare un senso di libertà assoluto. C'è voluto del tempo, ma alla fine...”. Sorrise. Un sorriso calmo, disteso. “E questo non lo hai notato?”. Si scoprì la spalla sinistra ancora un po'.
“Un tatuaggio... Non ci posso credere!. Ma quando l'hai fatto?”.
“Qualche giorno dopo che sono arrivata qui a Roma. E' una colonia di farfalle. Belle, vero?”.
“Una colonia?”.
“Eh si, non vedi quante sono?”, disse divertita.
In quel momento, guardandola, Luca ebbe un colpo al cu
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