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Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Autore: Giovanni Greco
Titolo: Una mezza vittoria
Genere Romanzo Ambientalista
Lettori 3196 16 18
Una mezza vittoria
Amèlie.

Non in maniera saltuaria, ma certo con non poca frequenza faccio incontri che oserei definire eccezionali. Non perché siano persone importanti, famose o che abbiano chissà quali meravigliose storie da condividere, sono semplici persone con dei valori che le rendono uniche, pregevoli, encomiabili; speciali.
Un giorno della settimana scorsa sono uscito per gironzolare per il paese, passare un po' di tempo, vedere qualche amico con cui chiacchierare. Già che ero fuori mi sono detto: perché non fare anche una breve passeggiata in riva al mare? Il tempo lo avevo, e di conseguenza ho pensato bene di andare a trovare dapprima Puntarenas. Ma nelle immediate vicinanze della sua baracca non lo vedevo. Ho chiesto a Pedro e ha detto che forse era andato a trovare un amico da poco uscito dall'ospedale.
Ho deciso quindi di sedermi per alcuni minuti sulla mia solita panchina, posta tra il parcheggio di Oscar, che non c'era essendo mattina, e l'inizio della spiaggia. È bello sedersi lì e contemplare il mare. Quella panchina è piuttosto artigianale, ricavata da delle semplici assi inchiodate tra loro. Non ha la spalliera ed è lunga pressappoco due metri e mezzo.
Solo che era già occupata da una ragazza.
La giovane, che avevo già notato in paese nei giorni precedenti, era seduta in un angolo. Mi sono avvicinato e le ho gentilmente chiesto se potessi sedermi dall'altra parte.
- Of course you can - ha risposto cordiale.
Mi sono accomodato sull'altro lato della panchina voltandole le spalle, per evidenziare così che non intendevo affatto disturbarla. La ragazza era molto bella. Aveva al suo fianco una bottiglia d'acqua da due litri.
- È il terzo giorno di fila che ci incontriamo, una ragione ci dovrà pur essere - le dico, perché è vero.
Lei mi ha guardato pensierosa aggrottando le sopracciglia come per cercare di rammentare dove ci fossimo già visti. Apparentemente non si ricordava di me.
- Ieri mattina fuori dal market e il giorno prima nel pomeriggio all'incrocio tra l'Argentina (un ristorante) e il Jardín Tamarindo - le spiego.
Lei ha annuito, e quel gesto voleva indicare che era possibile. “È plausibile”, avrà pensato. “Sono posti in cui sono effettivamente stata, e per di più gli orari coincidono”.
Le ho chiesto il nome.
- Amélie - .
- Come quella del film Il favoloso mondo di Amélie? - .
- Sì - asserisce meravigliata, poi aggiunge: - I miei genitori mi hanno chiamata Amélie proprio per via del film - .
- Mi piacque tantissimo, davvero un gran bel film - affermo.
Le ho domandato inoltre se fosse in vacanza o se vivesse a Tamarindo, e così ha iniziato a narrarmi aneddoti del suo viaggio. Io ho cercato soltanto di sapere, tanto per curiosità, se fosse qui in villeggiatura e nient'altro, ma il fatto che avessi abbinato il suo nome a quella pellicola, e che avessi detto altresì di averla apprezzata, è stata la chiave che ha aperto la porta della nostra amicizia.
Amélie ha diciotto anni e sta viaggiando insieme alla sua amica Julia. Sono austriache, di un paese vicino a Innsbruck. Finite le superiori hanno deciso di prendersi un anno sabbatico per intraprendere questo lungo viaggio. Sono state prima due mesi alle Hawaii, poi quattro in Costa Rica. Tamarindo è la loro ultima tappa e tra poco più di una settimana torneranno in Europa. Hanno vissuto un mese in montagna, in mezzo alla giungla, in un abitato di una decina case a ore di distanza dalla civiltà.
- Un'esperienza incredibile, straordinaria, inimmaginabile che non si può raccontare nella sua interezza: eravamo noi esseri umani a sentirci estranei - mi spiega.
Dopodiché, girando per la Costa Rica, hanno conosciuto un signore di Liberia che ha prestato loro un van con dentro letto e cucina, ed è con questo che stanno viaggiando, anche se a Tamarindo alloggiano in un ostello.
Ho voluto sapere come fosse andata alle Hawaii.
Mi ha risposto: - Sono carissime, ma noi siamo riuscite a barcamenarci. È stata comunque ugualmente dura, i prezzi sono insostenibili anche perché lì devono importare quasi tutto e il posto più vicino dista ore di volo - .
Amélie è gentile e garbata, e più parlava del suo viaggio più mi dava la sensazione di essere una ragazza a modo, facevo quasi fatica a credere che avesse solo diciotto anni.
Si è rammaricata per le vacanze che stavano per finire. Dovevano passare prima da Liberia, in seguito si sarebbero fermate qualche giorno a San José in attesa del volo per Francoforte. Sono state a Playa Langosta ma non a Playa Grande; le ho detto che dopo quest'ultima ci sono Playa Ventanas e Playa Carbón, per un totale di una decina di chilometri di spiagge tra nord e sud. Le ho spiegato che questo fa di Tamarindo un posto più che singolare, per non dire unico.
Amélie mi ha chiesto se risiedessi qui e anch'io le ho raccontato la mia storia, senza però approfondire le questioni amorose.
Tutt'a un tratto mi domanda: - Scusa, ma tu quanti anni hai? - .
- Sessantuno - .
- Sessantuno? - ripete stupita. - Complimenti, te ne davo non più di cinquanta, e poi sei ancora un tipo giovanile - .
Ha pronunciato proprio queste precise ed esatte parole: “Un tipo giovanile”.
- E che genere di poesie scrivi? - .
- Prevalentemente poesie sull'amore e sull'anima, se vuoi posso darti una copia del mio ultimo libretto, è uscito poche settimane fa - .
- Oh, certo, mi farebbe piacere. Scusami, Giovanni, ma cosa intendi per poesie che trattano l'anima? - .
- Tutto quello che è attinente alla nostra vera essenza, la parte più sconosciuta di noi stessi, la sede del nostro inconscio e dei nostri sentimenti. Ciò che dà origine al pensiero e alle nostre azioni. Chi realmente siamo, l'ideale umano - .
- Ah, ho capito - .
Le ho chiesto se potessi scattarle una foto col cellulare e lei ha acconsentito. Poi ha cominciato a parlarmi della Costa Rica e di quanto fosse rimasta affascinata dalle bellezze della sua natura, che va assolutamente preservata. Mi ha parlato del fabbisogno energetico di questa nazione, che è prodotto unicamente da fonti rinnovabili e non è di nessun peso al pianeta; dell'abolizione dell'esercito nel 1948, dopo svariate guerre sia civili che con i Paesi vicini; disarmo che ha portato alla nazione nient'altro che pace e prosperità. I soldi che prima si spendevano in armamenti sono stati reinvestiti nell'educazione, nella sanità e nelle energie rinnovabili, così da raggiungere la piena sostenibilità ambientale e ottenere, da un po', la più alta scolarizzazione e aspettativa di vita dell'America Latina. E fantasticava su come sia meraviglioso il nostro pianeta, ma anche della sua attuale fragilità e sofferenza; del problema del riscaldamento globale con il conseguente scioglimento dei ghiacci che porta all'innalzamento dei mari; del buco dell'ozono generato dai clorofluorocarburi, dell'effetto serra provocato dalle emissioni di anidride carbonica; dello sfruttamento incontrollato delle risorse naturali, dell'impatto ambientale dei fertilizzanti chimici; della contaminazione del sottosuolo prodotta dai rifiuti tossici smaltiti abusivamente; della sempre maggior frequenza di eventi meteorologici estremi come gli uragani che causano devastazioni e inondazioni e di come un terzo della popolazione mondiale soffra per la carenza d'acqua; degli incendi provocati dalla siccità, dell'irrisolvibile fame nel mondo. E poi ancora della deforestazione in Amazzonia come in altre parti del pianeta, della distruzione di habitat naturali che portano all'estinzione di numerose specie di animali, dell'inquinamento marino dovuto dalla plastica e via dicendo.
Da qualsiasi punto un discorso partisse, Amélie andava sempre a finire lì, e terminava affermando che l'uomo era colpevole di distruggere la natura e che bisognava fare qualcosa in fretta per salvaguardarla. E continuava, continuava ad argomentare, sempre in maniera accurata e dettagliata. È inarrestabile nel difendere la natura. Seguivo con molta attenzione le sue parole che trovavo coinvolgenti, appassionanti, avvincenti: ero come stregato dal suo narrare.
A un certo momento le dico: - Vedo che tu hai una missione da compiere su questa terra - .
Lei ha sorriso compiaciuta e ha fatto cenno di sì.
Ho voluto conoscere il suo parere sul lavoro che stava svolgendo Greta Thunberg.
Lei ha risposto semplicemente: - È una grande donna - .
Mi piaceva ascoltarla, sentire la sua opinione, la sua visione del mondo, i suoi ideali, la sua stupenda gioventù. Non so per quanto tempo siamo stati a parlare, forse più di due ore. Stavamo bene insieme nonostante la nostra età; lei è del 2001, praticamente non apparteniamo nemmeno allo stesso millennio.
Ho incontrato tanti sognatori lungo il mio cammino, ma ora posso certificare che Amélie è la numero uno.
Ed è diversa da Fanny.
Fanny, quando la vedi camminare, non puoi non fermarti ad ammirarla: che bell'andare, che bel portamento, sembra che stia sfilando, una Venere con quei capelli lunghi, biondi, quel suo incedere eretto, i movimenti aggraziati, il suo essere gentile, l'inconfondibile eleganza. Come la vedi ti viene subito da pensare: “Ah, è oggi che le Dee hanno la libera uscita?”.
Amélie, invece, è la classica ragazza che tutti i bambini di questo mondo vorrebbero come baby-sitter: buona, dolce, premurosa, piena di attenzioni.
Ci siamo dati appuntamento per il giorno seguente alle dieci, sulla stessa panchina. Per sicurezza le ho chiesto il numero di telefono per mandarci un WhatsApp qualora uno dei due avesse avuto dei problemi e la necessità di rimandare. Amélie ha annuito e mi ha dettato il suo numero.
Sono tornato a casa felice.
Le parole di Amélie, il suo modo di concepire la vita, la sua innata positività, quel suo voler impegnarsi per la salvezza del pianeta mi hanno riempito di gioia.
Sospinto dal suo entusiasmo più che contagioso, giunto a casa ho scritto una poesia ispiratami dai suoi sogni, dai suoi desideri, dalle sue aspirazioni. Una poesia piuttosto lunga che però ho scritto volentieri. L'ho ultimata nel tardo pomeriggio.
Il titolo è: Se i giovani sapessero sognare.
Come Amélie sa, meravigliosamente, fare.

Se i giovani sapessero sognare
capire come il presente conquistare
senza aspettar che forse accadano le cose
che il mondo, se si vuole, può cambiare.

Se i giovani sapessero sognare
non delegare a chiunque il proprio futuro
perché è la vita dolce la pillola amara
che il segreto sta nel viaggio, non è arrivare.

Se i giovani sapessero sognare
comprender la ricchezza dei pochi anni
che il tempo quando passa non ritorna
e i desideri sono sogni, da realizzare.

Se i giovani sapessero sognare
se soltanto imparassero a osare
scoprire il coraggio che possiedono
che la realtà è ciò che si riesce a immaginare.

Se i giovani sapessero sognare
se potessero da soli determinare
che tradisce chi dice che è impossibile
e un mondo nuovo sì, si può ideare.

Se i giovani sapessero sognare
per non sprecare invano i giorni migliori
che l'esistenza fin che scorre va vissuta
e c'è sempre la vittoria, nel lottare.

Se i giovani sapessero sognare
per non restare ad altri assoggettati
ribellandosi in primis con se stessi
che su se stessi, ci si può contare.

Se i giovani sapessero sognare
perché se ci si crede si può avverare
convincersi del bene che han davanti
che il bello della vita, è che si può fare.

Il giorno dopo alle dieci in punto ero seduto sulla panchina con il libretto in tasca, in attesa di Amélie. È arrivata dopo pochi minuti, si è scusata per il breve ritardo e mi ha chiesto se potesse mangiare in mia presenza.
- Figurati, non c'è nessun problema - .
Aveva in una mano un bicchiere di carta con coperchio e cannuccia e nell'altra una scodella tipo quelle usate per il cibo da portar via, con dentro un miscuglio di cereali, pezzi di frutta e altre squisitezze irriconoscibili, il tutto in un liquido color cioccolato ma che cioccolato non era (l'ho interrogata a tal riguardo e mi ha risposto con un nome che non ho mai sentito né ricordo). Col cucchiaio di plastica ha cominciato a degustare la sua colazione. Sì, degustare è il termine esatto: sembrava avesse il timore che quella prelibatezza potesse finire in fretta. A volte raccoglieva solo il cibo solido, inclinando il cucchiaio verso il bordo per far scivolare la sostanza liquida dentro la scodella, altre riempiva il cucchiaio con il liquido, ma soltanto a metà, come se volesse farlo durare il più possibile. Doveva essere una delizia per lei.
Mi ha ringraziato per la buonanotte che le ho inviato la sera prima via WhatsApp, e dopo un po' che parlavamo mi ha chiesto delle poesie. Ho perciò infilato la mano nella tasca laterale destra dei pantaloncini e ho tirato fuori il libretto da dentro una piccola busta di plastica trasparente, che uso affinché non si stropiccino gli angoli quando lo infilo nelle tasche dei pantaloni. Di fattura il libretto non è grande, per chi se ne intende di carta da stampare direi che è un formato A6 ricavato dal formato A4 tagliato a metà e poi ripiegato.
Come gliel'ho porto, Amélie ha appoggiato la scodella sulla panchina, lo ha preso e ha esclamato: - Che bello! - . Lo ha aperto, ha letto la dedica (“Ad Amélie e il suo favoloso mondo”), poi ha alzato lo sguardo verso di me e ha sorriso. Ha fatto scorrere il pollice destro sul bordo delle pagine. - E quante poesie! - .
- Sono cento - ho detto.
- Cento! - ha ripetuto ammirata. - Non poche, me le leggerò tutte con la necessaria calma - .
Ha rimesso il libretto dentro la busta di plastica e l'ha infilato nella borsa che aveva con sé.
Le ho domandato quali fossero i suoi programmi una volta tornata in patria e mi ha risposto che era intenzionata a studiare Biologia. Le ho chiesto il perché di questa scelta.
- Perché l'uomo sta pregiudicando la sopravvivenza del pianeta e questo non deve in alcun modo accadere. La natura è il bene più prezioso che abbiamo, se non la proteggiamo nulla in futuro potrà più esistere. Ognuno dovrebbe fare la propria parte prima che sia troppo tardi - .
Le ho proposto di fare due passi in riva al mare ma ha replicato che non poteva perché alle undici doveva vedersi con la sua amica all'ostello.
- Quindi anche tu vorresti salvare il mondo? - le chiedo.
- Certo. Non so di cos'altro dovrei occuparmi, potrei sì studiare una materia che potrebbe dimostrarsi più remunerativa, ma io voglio dedicarmi interamente alla salvezza del pianeta. Non riesco a concepire niente di più importante, e poi a me piace pensare più agli altri che a me stessa - .
Amélie parla bene inglese, di certo meglio di me. Le ho domandato come mai.
- I miei mi hanno mandato a scuola di inglese fin da quando avevo dieci anni - .
- Ora capisco - .
Le ho chiesto se parlasse spagnolo ma dispiaciuta ha fatto segno di no con la testa. Le ho inoltre domandato la sua opinione su Tamarindo.
- Purtroppo era la nostra ultima tappa - ha risposto triste.
Non ho compreso se quel “purtroppo” sottolineasse una vacanza che stava per finire o se invece avesse voluto rimarcare di aver scoperto Tamarindo solo gli ultimi giorni.
Nonostante la giovane età Amélie è una ragazza che sa già il fatto suo; è molto intelligente, è un'idealista e nei discorsi è più che convincente. Mi ha parlato della natura, gli animali, gli uccelli, le piante... e di una scena inverosimile a cui ha assistito in una zona della Costa Rica alcuni mesi prima.
Durante un tramonto in cui camminava tra gli scogli, ha notato nell'acqua come delle lucciole marine, in realtà l'effetto della bioluminescenza prodotto dal plancton. Mettendo la mano in acqua si erano come moltiplicate e questo era stato uno spettacolo che non avrebbe mai più dimenticato.
Ha dato un'occhiata al suo smartphone e scusandosi si è alzata, adducendo che doveva andare a fare la spesa con la sua amica. Ci siamo incamminati verso il Jardín Tamarindo, lì le nostre strade si sono divise.
Le mie ultime parole sono state: - Amélie, ti auguro una vita meravigliosa - .
Lei ha sorriso e accennato un inchino con la testa.
Le nostre strade si sono divise, sì, ma per poco: intorno alle due mi sono arrivati tre o quattro messaggi WhatsApp in rapida successione in cui si complimentava per le mie poesie, dicendomi che raramente ne aveva lette di così belle e che esprimevo dei concetti molto profondi con parole semplici, poi mi ha domandato se le scrivessi soltanto in inglese o anche in italiano, e se avessi una versione del libretto in italiano. Nei messaggi successivi mi chiedeva altre due copie, una per la sua cara amica Julia, perché anche a lei erano piaciute, e l'altra per i genitori, copie che era disposta a pagare. Ha terminato proponendoci di vederci il giorno seguente.
Innanzitutto l'ho ringraziata per il commento, poi ho sostenuto che le avrei regalato le altre due copie, aggiungendo che sarei stato più che felice di conoscere la sua amica e che mi andava bene vederci il giorno dopo alla stessa ora e sulla solita panchina. Lei ha risposto che tuttavia voleva pagarle e che mi avrebbe atteso insieme all'amica l'indomani alle dieci. Per non smentirmi, ho concluso in maniera poetica: “Amélie, la tua presenza ha più valore di qualsiasi somma di denaro”. Lei mi ha inviato uno smile, facendomi intendere che aveva gradito la mia frase.
Quando voglio essere sentimentale so esserlo, anche se ormai il romanticismo non ha più alcun valore.
Oggi tutto ha un prezzo.

Alle dieci meno dieci, come in un déjà-vu, sono uscito dal resort e mi sono diretto in spiaggia. Quando sono giunto alla panchina, Amélie e l'amica erano già lì, e nel vedermi si sono alzate e mi hanno salutato. Amélie mi ha presentato Julia, che era parecchio emozionata di conoscermi (l'ho intuito dall'imbarazzo e dalle guance rosse). Julia è bionda, occhi chiari, un bel sorriso. Due belle ragazze, socievoli ed espansive.
Dopo i convenevoli ho tirato fuori i libretti, il primo l'ho dato a Julia e l'altro ad Amélie. Mi hanno ringraziato. Chiacchierando, ho chiesto loro di raccontarmi episodi della loro vacanza, e più di una volta ho avuto modo di complimentarmi sottolineando tra le altre cose che non era stata per nulla facile, specialmente se si considerava la loro giovane età.
Sembrava che in quei giorni il mio compito fosse quello di certificare la grandiosità della loro avventura e di congratularmi per l'esperienza accumulata in quei sei mesi; esperienza, ho precisato, che servirà loro in futuro. Avevo il presentimento che il destino mi avesse assegnato un incarico: premiare queste due ragazze per la riuscita della loro fantastica impresa, attestandone il merito, e promuoverle a pieni voti a completamento della loro preziosa vacanza. Era come se fossi stato delegato dal fato alla mansione di Re dei Viaggiatori e che dovessi incoronare regine Amélie e Julia. Erano contente di vivere quei momenti insieme a me, come d'altronde lo ero anch'io, soprattutto perché avevo gradito i loro giudizi sulle mie poesie, che avevo apprezzato particolarmente perché erano autentici: non solo avevano letto il libretto, ma avevano anche visitato il mio sito. L'ho capito perché Amélie mi ha chiesto quali fossero i miei compositori di musica classica preferiti (sul mio sito c'è l'elenco delle cento composizioni musicali che adoro). Ho risposto che Vienna è stata la capitale della musica classica e che Schubert e Mozart sono tra i compositori che più apprezzo. - Sessantasei anni in due e guarda cos'hanno lasciato all'umanità - ho aggiunto.
Lei mi ha guardato negli occhi con uno sguardo che non ho compreso, Julia ha confermato la mia asserzione con la testa.
Dopo, la conversazione ha ripreso a scorrere normalmente. Ho domandato a Julia se anche lei fosse intenzionata a studiare Biologia come Amélie, ma ha risposto di aver scelto un'altra facoltà. Non ho compreso bene di cosa si trattasse, ma sicuramente anche questo indirizzo ha a che fare con l'ambiente, in quanto l'unica parola che sono riuscito a capire è stata environment.
- Julia, vuoi anche tu contribuire alla salvezza del pianeta? - .
Loro si sono prima guardate negli occhi, poi mi hanno sorriso. Entrambe hanno una predisposizione naturale: emanare gioia, fiducia, allegria.
Incuriosito, ho voluto sapere se in questi sei mesi avessero avuto problemi di convivenza o un qualche altro tipo di contrasto. Julia stava per rispondere, ma Amélie l'ha interrotta: - Tra di noi? Ma figuriamoci! Siamo una persona sola, ci conosciamo da cinque anni e non abbiamo mai avuto un problema; non dico un litigio, ma neanche una piccola incomprensione - .
In effetti, anche nei due giorni precedenti, ogni volta che Amélie parlava della sua compagna si riferiva a lei sempre come a “my best friend”. Sono affiatatissime: i loro occhi diffondono luce.
Ho confidato loro che in questi sei mesi avevano speso sì tanti soldi, ma che ora di certo possono considerarsi più ricche. Si sono guardate e poi sorridendomi mi hanno osservato con una certa sufficienza, come a voler dire: “Ma proprio a noi viene a fare questi giochetti di parole?”. Eravamo ormai entrati in un livello di confidenza più che avanzato e le stuzzicavo in continuazione, nel senso buono del termine, beninteso: le avevo in pugno, potevo dire qualsiasi cosa avessi desiderato che loro sarebbero state al gioco. Eravamo tutt'e tre in un brodo di giuggiole, come si diceva una volta.
Mentre parlavo con Julia, Amélie ha tirato fuori dalla borsa un frutto. L'ho visto una volta soltanto in vita mia, l'anno scorso. Diego lo stava mangiando e gli avevo domandato cosa fosse. Aveva risposto che si trattava di un pitaya, o “frutto del drago”, e che era originario del Messico. Discorrevo con Julia ma guardavo Amélie sbucciare questo frutto che potrebbe richiamare alla mente un fico d'India leggermente più grande, ma senza quelle fastidiose spine e una pelle più sottile e morbida, tipo quella del fico normale, tanto da poterlo pelare anche con le mani. È magenta, sia l'esterno che la polpa. La cura con cui Amélie toglieva la buccia a questo pitaya poteva solo far presagire la bontà a cui stava per andare incontro. Educatamente ci chiese prima se potesse mangiare in nostra presenza e una volta terminato di sbucciarlo ci propose se volevamo assaggiarlo, ringraziammo ma rifiutammo entrambi. Nei suoi movimenti Amélie è amore e grazia, e Julia non è da meno.
S'incontrano spesso tante persone interessanti in giro per il mondo, e non di rado le persone più sorprendenti sono quelle, come sostenevo prima, più semplici.
Dopo circa un'ora ci siamo lasciati perché avevano un rendez-vous con alcune amiche conosciute in spiaggia il pomeriggio precedente. Le ho salutate consapevole che non le avrei mai più riviste.
Quelli sono stati giorni particolari: un po' di considerazione non fa mai male; in più quelle ragazze talmente giovani e con le idee tanto chiare sul futuro dell'umanità, e così volenterose nel volersi impegnare per la sua salvezza, mi avevano tirato su di morale. Era come se ci fossimo promossi a vicenda. Io avevo certificato ad Amélie e Julia che dopo questo viaggio potevano considerarsi in tutto e per tutto adulte, mentre loro, con quegli splendidi complimenti, mi avevano fatto sentire importante come poeta. Che momenti grandiosi! Quelle preziose, intense, piacevolissime emozioni sono rimaste dentro di me ancora per qualche giorno, prima che piano piano si affievolissero.
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