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Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
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Writer Officina
Autore: Martina Tognon
Titolo: La Fata del Faro
Genere Romance Fantasy
Lettori 2504 5
La Fata del Faro
Naufragio.

“Sean! Lo vedi oppure no quell'accidente di faro?”

Le onde sbattevano sullo scafo del loro piccolo natante e lo sballottavano in alto e in basso, cresta dopo cresta. Il terrore si era pian piano insinuato sotto la pelle di Aaron e lo aveva stravolto, al punto che nemmeno sentiva più la nausea invalidante provata fino a poche ore prima.

“No. Ancora niente. Dov'è James?”
“Impegnato con la pompa di sentina. Stiamo imbarcando più acqua di quanta riusciamo a gestirne.”
“Dannazione a Llŷr e a Niamh!”
“Non imprecare contro gli Dèi della mitologia!!! Non sai mai quanto possano arrabbiarsi.”
“Più di così? Aaron, penso sia impossibile.”
“Smettila di parlare, pensa a individuare il faro! Non può essere sparito.”
“Vuoi provare tu, mister so tutto io? Facciamo cambio, lascia il timone a me e datti da fare con il binocolo!”

Aaron lo avrebbe fatto volentieri, se non fosse stato per quella paura gelida che l'aveva bloccato al suo posto. In quel momento niente avrebbe potuto schiodarlo da lì.
Forse solo la comparsa di un kraken. (N.d.A. Kraken: mostro marino leggendario dalle dimensioni abnormi, rappresentato come un gigantesco cefalopode somigliante a una piovra o calamaro, con tentacoli abbastanza grandi e lunghi da avvolgere un'intera nave)
Il colpo violento sotto lo scafo lo sbalzò in aria proprio mentre formulava quel pensiero.

No! Non può essere vero! Sono leggenda!

Le dita furono strappate via dal timone e gli sembrò, per un infinito momento, che quella sarebbe stata la fine. Divorato da una creatura leggendaria.
Se fosse stato tutto vero, e fosse riuscito a sopravvivere, ci avrebbe fatto i soldi su quella storia.
Il legno umido della tolda gli colpì la schiena con tale violenza da ottenebrargli per un attimo la percezione del mondo. Forse avrebbe dovuto vederla al contrario, in fondo era andato lui a sbattere contro quell'accidente di pavimento.
Certo non di proposito, ma alla resa dei conti era finito lui a gambe levate.

“Aaron, alza il sedere e torna qui a darmi una mano. Credo di aver visto una luce!”
“Purché non sia quella di un treno che ci sta per investire, tutto il resto mi va bene.”
“Un treno? Sicuro che la tua testa sia a posto?”

Con uno sforzo che gli parve sovraumano il giovane uomo si rialzò. Il ginocchio destro cedette per un momento, a causa di una fitta di puro dolore che si irradiò verso l'alto a partire dal muscolo della coscia.
Abbassò gli occhi per scoprire che i pantaloni gli si erano strappati. Nonostante la scarsa luce un rivolo di sangue si intravedeva tra i lembi slabbrati della stoffa.

Almeno non zampilla. Sangue venoso, parecchio, ma non mortale.

Con un grugnito accantonò il medico che si agitava in lui e si arrampicò ancora una volta al timone.

“Da che parte, Sean?”
“Trenta gradi a dritta.”
“Hai ragione. Sembra esserci qualcosa.”
“Aaron, è il caso che ci sia quel faro. Non so quanto reggeremo noi qui sopra, figuriamoci James sotto coperta. La nostra linea di galleggiamento al momento è un po' troppo alta! Portaci in salvo!”
“Sean! Non spaventarmi, dannazione a te. Cerchiamo di restare positivi.”
“Tutto quello che vuoi, amico. Io la dico come la vedo.”
“Vedila in altro modo.”
“Non cambia molto se ti dico che la riserva di galleggiabilità è praticamente nulla!”
“Dannazione, Sean!”

In quel momento l'ennesima valanga d'acqua si riversò sul ponte e li spinse ancora più in basso.
Un colpo secco proveniente da sotto di loro allarmò i due uomini sul ponte.
Pochi istanti e James comparve, intento a trascinarsi a fatica. Le mani come artigli che passavano da un appiglio al successivo per evitare di finire fuori bordo.

“La barca è andata. Non so cosa ci abbia colpito, ma cerca di portarci vicino a riva prima che sia finita.”
“Dannazione! Sean, quel faro?”
“Confermo! È il faro, preghiamo qualunque Dio e andiamo dritti in quella direzione.”

James dietro di loro si lasciò andare a una preghiera, che nonostante il rumore assordante Aaron percepì con chiarezza. Il peso di quelle vite gli gravava sulle spalle, in più di un senso.
Era stato lui a proporre quella gita e nelle ultime tre ore se n'era pentito più di una volta. Non c'era niente che potesse fare se non cercare con tutte le sue forze di portarli a terra.
Si ritrovò a pregare anche lui, con ogni grammo di fede che riuscì a trovare in sé, senza proferire alcun suono.

Perché le cose andassero per il meglio.
Per tutti loro.

I minuti erano diventati eoni. Tutta l'attenzione di Aaron era focalizzata solo sulla luce che diventava sempre più grande e visibile, anche se procedevano con lentezza esasperante.
Il timone sembrava una bestia impazzita, preda di una sofferenza senza spiegazioni.
La sensibilità delle dita, delle mani e delle braccia oramai era nulla, sia per il freddo insopportabile, sia per la violenza della presa. Dubitava sarebbe stato in grado di aprire quella morsa di ossa e carne quando sarebbe stato necessario.
La voce di Sean era una cantilena di imprecazioni, oramai una colonna sonora di sottofondo che non aveva più alcun significato.
La presenza di James era sempre forte alle sue spalle. La voce dell'amico era un raschio continuo, come carta vetrata che grattasse su una superficie senza poterla mai lisciare.
Perché si fosse scatenato l'inferno su di loro era una domanda che non aveva il lusso di potersi fare in quegli istanti frenetici.
Doveva lasciar andare tutto e pensare solo alla luce.

Il faro.
La loro destinazione.

L'acqua sembrava saltare sul ponte sommerso. A ogni onda Aaron percepiva il salire fin troppo veloce del livello attorno alle caviglie.
Per quale oscuro mistero non fossero ancora andati sotto non lo sapeva, né voleva scoprirlo prima di aver raggiunto la riva frastagliata che iniziava a intravedere.
A capire ci avrebbe pensato dopo.
Molto dopo.

Sentiva un dannato freddo prendere possesso del cervello, tutto sembrava rallentare. Non osava voltarsi per vedere come stavano i suoi amici per non cedere all'ipotermia incalzante.
Si era reso ben conto che la litania costante di Jason era rallentata molto e che i grugniti di Sean erano quasi scomparsi del tutto. Dovevano essere preda dello stesso gelo che attanagliava lui.
L'ennesimo brivido lo avvolse da capo a piedi e fece fatica a tenere salda la presa.

“Terra! Terra! Terra!”
“Che accidente urli, Sean! Non siamo un dannato aereo che sta per schiantarsi al suolo. Noi VOGLIAMO arrivare alla terraferma!”
“Sì, ma ci stai per sbattere contro!!!”

Cristo in bicicletta! (N.d.A Christ on a bike! espressione dialettale irlandese comparabile all'inglese Oh my God!)

Fu l'unico pensiero coerente di Aaron quando si rese conto che, per l'ennesima volta, quel diavolo di Sean aveva ragione!
Il colpo sordo lo prese alla sprovvista, per quanto oramai la luce del faro quasi incombesse su di loro.
Non credeva di essere così vicino alla costa.
Nonostante tutti i timori di poco prima, riuscì a staccarsi dal timone.
Cercò con lo sguardo gli amici di sempre, ma era troppo buio. Perfino la luce del faro pareva essere scomparsa all'improvviso. Tutto era sfocato attorno a lui e i suoni che voleva sentire coperti dal rumore della tempesta.
Una sola cosa gli fu chiara.

Al di là di tutto il resto quella che lo aveva colpito come un maglio era acqua. Ora lo ricopriva del tutto, e Aaron iniziò a percepire solo un freddo immenso.
Gli penetrava nelle ossa e spegneva ogni altra sensazione.
Avrebbe desiderato lottare contro quel gelo che lo invadeva e sommergeva, ondata dopo ondata, ma non ne aveva più la forza.

All'improvviso fu il buio.

Le labbra gli bruciavano.
Fu quello a riportarlo alla realtà. Il dolore sordo e pulsante venne dopo, quando cercò di aprire gli occhi.
Il sole era alto e sembrava impossibile pensare a quanto il tempo fosse stato diverso la notte precedente. Sempre che fossero passate davvero poche ore.
Non ne era del tutto certo.
La testa era sul punto di esplodergli, ne poteva percepire il pulsare ritmico. Doveva aver preso un colpo con i controfiocchi, anche se sperava davvero di no perché ci mancava solo una commozione cerebrale.
Non era di certo in grado di alzarsi. Decise che l'approccio migliore fosse rotolare su sé stesso, se non altro per mettere a riparo il viso che sentiva in fiamme, per poi provare a strisciare come un verme. Con un po' di fortuna forse si sarebbe potuto permettere una gattonata.
Martina Tognon
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