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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Writer Officina
Autore: Maurizio Vicini
Titolo: Tutte quelle storie
Genere Fantasy
Lettori 2142 8 4
Tutte quelle storie
JERA, 1944.

Gli echi della Grande Guerra avevano raggiunto anche le remote vette delle montagne di Jera. Il giovane pastore Beppo, conduceva le sue capre ai pascoli in alto, saliva la valle il mattino presto, mungeva, preparava la ricotta nella capanna comune di legno e pietra, poi scendeva al paese, puliva l'ovile, si occupava dei suoi genitori malati e poi nel tardo pomeriggio ripartiva per la valle a prendere il gregge e portarlo nella stalla. Al tramonto la sua giornata si concludeva con la preparazione della legna per cucinare con i testi e pastorizzare un po' di latte per fare il formaggio. Questo suo continuo andare e venire tra il paese e la valle faceva comodo a chi in quelle montagne trovava rifugio dalle persecuzioni degli invasori tedeschi. Dopo il “proclama Alexander”, con il quale il generale inglese invitava tutti i partigiani a sospendere le operazioni per tutta la durata dell'inverno, i tedeschi ne approfittarono per organizzare un imponente rastrellamento lungo la “Linea Gotica” con il quale decimarono la maggior parte delle brigate partigiane fino all'arrivo degli alleati in primavera. Un gruppo di partigiani guidati dal comandante Fermo Ognibene, che era conosciuto come il battaglione Picelli, braccato dalla X divisione MAS del feldmaresciallo Kesselring si era rifugiato sui monti di Jera. Quando era in paese Beppo era solito tener buoni gli invasori tedeschi fornendo loro qualche formetta di formaggio di capra durante la settimana, e la cosa sembrava funzionare visto che per ben due volte un ufficiale medico tedesco aveva visitato i genitori di Beppo. In quella fredda primavera però Beppo si ritrovò a dover ricoprire il ruolo di fornitore sia di informazioni sia di materiali vari ai partigiani nascosti tra le capanne dei pastori. Alcuni documenti contenenti informazioni sugli spostamenti dei tedeschi e sugli ordini che provenivano dai capi della Resistenza gli erano stati affidati la sera prima da una donna misteriosa che era salita da Bagnone. Mise i documenti sul fondo della sua gerla di vimini e la nascose coprendola con vecchi stracci e il sacchetto del pane per la sua colazione, abbondante, che ovviamente avrebbe diviso con gli ospiti della capanna della ricotta. Ai primi accenni dell'alba, uscì dall'ovile con le sue capre e prese la mulattiera che risaliva il torrente Bagnone fino alle capannne di Garbia. Meno di un'ora dopo era già in vista delle capanne. Una grande poiana volteggiava sulla sua testa, sembrava seguirlo, ma poi si nascose deviando verso le rocce del Monte Debbia. Un uomo, armato, in piedi su di un grosso sasso ai margini della radura in cui erano costruite le capanne era di vedetta. Oltrepassò il piccolo pianoro spingendo le capre con il suo bastone e le disperse nei prati. Si avvicinò alla capanna e posò la gerla su una pietra lunga che sembrava una panchina. Si guardò attorno, non voleva che gli altri pastori sapessero della sua funzione di intermediario. Tirò fuori dalla grossa cesta un bel pezzo di pane, vi piegò sotto i fogli che doveva consegnare in modo che non si vedessero e poi allungò la mano davanti alla porticina della capanna. Dopo qualche secondo qualcuno affrerrò la pagnotta e anche il resto. Raccolte le sue cose Beppo prese il secchio per la mungitura e si avviò verso le sue capre.
« Comandante! Arrivano! Scappate! », gridò l'uomo di vedetta. Tre uomini uscirono correndo dalla capanna e scapparono verso il bosco.
Mentre la vedetta saltava giù dal grosso masso si udì un colpo di fucile rimbombare nella valle. L'uomo non si rialzò più.
Dapprima rimase immobile pensando che i tedeschi capisero che lui era solo un pastore e non c'entravaa nulla, ma poi uno di loro urlò verso di lui,
« fermo! Mani in alto! »
Non sarebbe finita bene.
Si liberò di ciò che lo impediva nella corsa e si gettò su per il sentiero che continuando a risalire un ramo del torrente portava verso il crinale. Sentiva i fucili sparare e le pallottole rimbalzare sulle rocce vicino a lui. Salì in fretta sui torrioni che sovrastavano la valle e cominciò una corsa folle lungo il crinale per raggiungere il valico per scendere nella valle di Treschietto. Improvvisamente sentì un dolore lancinante al polpaccio sinistro e subito dopo gli arrivo il rumore dello sparo. La gamba cedette e tentando di cercare un rifugio Beppo perse l'appoggio. Sentì il vuoto sotto il piedi, poi tutto cominciò a girare. Stava cadendo nel burrone, poi perse conoscenza.
La poiana, dai rami di un piccolo pino montano cresciuto a strapiombo su una delle grandi rocce del Debbia vide tutta la scena. Una ventina di uomini armati e in uniforme scacciò i pastori ed altri uomini dalle capanne di Garbia. Un gruppo più numeroso seguì altri uomini armati nel bosco a Est, mentre un paio di loro seguirono un pastore che scappando verso Est cadde nel burrone. Probabilmente i due lo diedero per morto perché tornarono indietro anche loro nel bosco a Est. Si sentirono numerosi spari, solo gli uomini in uniforme tornarono dal bosco.
Tornato il silenzio nella valle la poiana planò sul corpo del giovane pastore caduto, era svenuto e perdeva sangue dalla gamba. Bisognava aiutarlo!
« Buffardello! Risvegliati! », gridò la poiana rivolto verso un enorme faggio che cresceva accanto ad una roccia, « un uomo ha bisogno di aiuto! ».
La piccola figura uscì da una piega della grossa radice dell'albero.
« portami da lui », disse.
La poiana dalla piuma rossa spicccò il volo mentre il folletto si tramutò in un vento turbinante.
« eccolo! », disse la Poiana.
« non può rimanere qui », sentenziò il Buffardello.
« come lo portiamo vià? », chiese il rapace.
Il folletto, pensieroso, chiuse gli occhi, come se dovesse prendere una importante decisione. “E' giunto il momento della verità” , pensò. L'unico modo che aveva per salvare il ragazzo era quello di riprendere le sue vere sembianze e trasportare il ragazzo in volo nel suo rifugio dove la sua amica lo avrebbe sicuramente curato. Svelando il suo vero aspetto così, all'aperto, sicuramente avrebbe reso nota la sua presenza e la sua posizione ai suoi fratelli che si era ripromesso di non contattare mai più.
Guardò di nuovo il giovane sofferente, mise una mano sulla sua fronte e vide tutti i sacrifici che l'uomo faceva per la sua famiglia, l'amore che nutriva per la montagna e per i suoi animali. Non meritava una morte ingiusta e due genitori malati non potevano sopravvivere alla morte del loro unico figlio.
« Allontanati Piumarossa! », disse serio.
Fece un passo indietro e con le mani si coprì il volto. Improvvisamente si liberò da lui una potente luce bianca che abbagliò la poiana. Quando gli occhi del rapace ripresero a vedere un'alta figura, di almeno due metri e mezzo di altezza, vestito con una corazza dorata e un mantello d'argento, aveva in braccio il giovane pastore. Due grandi ali bianche oscurarono il Sole e poco dopo l'Arcangelo si librò in volo. Rapidamente raggiunsero il grande faggio. Portato il ferito all'interno il bagliore cessò e il Buffardello si ripresentò.
Quando Beppo tentò di aprire gli occhi vide una figura femminile, una vecchia signora, entrare da una porticina di legno, ma poi gli occhi si richiusero dal dolore.
« fermo, non ti agitare, sei ferito! », sentì dire da una voce di donna. Quando riaprì gli occhi vide una bella donna dai capelli rossi e la pelle chiarissima accanto al proprio giaciglio.
« presto tornerai a casa », sentì ancora dire prima di riaddormentarsi.
« E' stata un'imprudenza quella che hai commesso, cosa succederà adesso? », disse Maffa all'Arcangelo Buffardello.
« non lo so, manderanno qualcuno, forse, spero almeno che il giovane non si sia accorto di nulla »
« sarebbe meno pericoloso lui dei tuoi fratelli »
« non è per questo che sono rimasto quì, il mio ruolo è cambiato, il mio fallimento è chiaro, il pianeta sta soffrendo, non c'è equilibrio! »
« non è certo colpa tua! »
« e perché no? Era mio compito vegliare sull'integrità della natura di questo mondo, invece è stato quasi tutto distrutto! »
« il progetto “essere umano” che i tuoi fratelli hanno messo in piedi ha avuto interessanti sviluppi, mi sembra. Ti ricordo che non hai potere sull'evoluzione della razza umana. Ora l'essere umano conosce la lusinga del potere sul creato, e ciò lo rende ingovernabile. Non è per questo che avete mandato Gesù e gli altri profeti per cambiare le cose? C'è ancora speranza, lascia che la sorte dell'umanità sia nelle mani del Destino »
« c'è ancora molto da fare, il concetto va ribadito più volte. Adesso sento che posso solo tentare di salvare il salvabile, a cominciare da lui! », disse il Buffardello indicando il pastore.
« non accadrà nulla se un pastore racconterà in giro di essere stato salvato dal Buffardello, tranquillo »
Un fresco alito di vento colpì il viso di Beppo e lo destò dal suo sonno. Si ritrovò nella sua capanna in Garbia, la ricotta era pronta nel secchiello e il fuoco era già spento.
« Bentornato! », disse la donna dai capelli rossi seduta accanto a lui.
« chi sei?, cosa è successo? »
« non chiedere, è stato deciso che ora devi tornare a casa »
Risvegliandosi del tutto Beppo realizzò la sua situazione, ricordava la caduta, poi poco altro.
« che ne è stato dei partigiani? »
« non so di preciso, sembra che non siano tornati, mi dispiace»
« devo tornare a casa, per quanto tempo sono mancato? »
« sei qui da qualche giorno, i tuoi stanno bene, qualcuno si è occupato dei loro bisogni »
« le mie capre? Poverine si saranno perse! »
« tranquillo! è tutto a posto, stanno brucando nel loro solito posto. è quasi il tramonto, ora le devi radunare e portare a valle. Sono state sfamate e munte dagli altri pastori di Jera. Non le hanno minacciate neanche i lupi »
« bene, allora io vado! », non gli restò nient'altro da dire, « come posso ringraziare? », aggiunse.
Uscirono all'aperto, la donna lo seguiva. Quando Beppo si voltò per sentire la risposta alla sua domanda era tornata la vecchina, con un vestito verde e un bastone di ginepro in mano.
« ricordati solo che al Buffardello piace trovare ogni tanto un bicchiere di latte di capra caldo e fumante! », disse questa prima di avviarsi per il sentiero verso il Debbia.
« lo ricorderò », disse Beppo incredulo, poi prese la sua gerla con la ricotta e tornò a casa.
Quando giunse in paese vide che qualcosa era cambiato. La gente chiacchierava festante davanti alla chiesa e le donne vangavano gli orti nei Tongadi, come se non ci fosse più niente da temere.
Aprendo la porta di casa trovò i suoi due vecchi genitori davanti al focolare.
« Beppo! Sei tornato! Grazie a Dio! Credevamo di non rivederti più! », disse la mamma scoppiando in lacrime.
« sono tornato! », disse, « ma cosa è successo in mia assenza, quanto tempo sono stato via? »
« Beppo! Sono due settimane che sei sparito! Sono successe tante cose, i tedeschi sono scappati, sono venuti a liberarci gli americani! La guerra pare sia finita! Beppo ma dove sei stato? », chiese il padre eccitato.
« ho avuto un incidente, non ho capito bene chi mi ha curato. Facciamo finta che mi ha salvato il Buffardello? », disse Beppo piangendo dalla felicità.
« ORIFIEL! ESCI DAL TUO NASCONDIGLIO” », tuonò una voce nel bosco del Debbia.
Il Buffardello si alzò dalla sua comoda sedia su cui passava il tempo ad ascoltare il mondo e a pensare, si rivolse alla sua amica che, spaventata da quella voce, aveva interrotto le sue faccende.
« rimani qui, torno presto », le disse.
Quando la porticina nascosta tra le radici del grande faggio si aprì una grandiosa luce invase il bosco.
« Eccomi, fratelli »
« esigiamo una spegazione! », disse uno dei giganti alati che indossava una pessante corazza aurea ed aveva al fianco una spada fiammeggiante.
« Michele! mi avete dimenticato qui! Sono io che dovrei esigere spiegazioni! », ribattè Orifiel.
« dimenticato? è questo che credi? è per questo che abbiamo sentito tutto quel risentimento crescere nel tuo cuore? »
« cosa dovrei credere? Finita la nostra guerra siete ripartiti lasciandomi da solo in un pianeta in rovina! Tutto ciò che nostro Padre aveva creato era da ricostruire quasi da zero, ed ero da solo! Ho riportato la vita su questo pianeta mendicando semi in mezzo universo. Ho vegliato che nessuno interferisse. Ho accompagnato gli uomini nella loro evoluzione rimanendo nell'ombra »
« ecco! Vedi? Non sei stato dimenticato, soltanto non avevi ancora finito la tua missione. Hai fatto un gran bel lavoro! Ci sono luoghi di questo pianeta che assomigliano molto al nostro mondo! »
« però gli uomini ancora non ci somigliano affatto! », ammise Orifiel.
« In questo ho fallito io! », disse un Arcangelo con in mano una lunga spada dorata su cui era attorcigliato un nastro fatto di stelle.
« Raffaele, abbiamo cacciato nell'oscurità gli angeli ribelli, ma il loro capo Lucifero ha ancora troppo potere sugli uomini! »
« Michele, mi stai forse dicendo che è stata una scelta lasciarmi qui? », chiese Orifiel.
« il Padre lo ha voluto! Ti ha affidato il compito di vegliare che la sua visione della realtà non andasse persa, e stai facendo bene, mi sembra »
« se mi fosse stato chiaro il mio compito, mi ci sarei dedicato con più impegno, invece di limitarmi sopratutto ad osservare »
« non ti scusare con noi, la natura di questo pianeta ad esempio esprime bene il volere del Padre. Il progetto sull'essere umano non è che all'inizio, è in divenire. Ci sono stati momenti in cui sembrava essere riuscito, è vero, altri, come in quest'era, che il progetto è meno chiaro, ma la storia dell'uomo va avanti! Ma questo è compito nostro », disse Raffaele.
« e ora? Ora che mi avete ritrovato che farete? Mi porterete via? »
« abbiamo ottenuto la spiegazione che cercavamo del motivo del tuo astio nei nostri confronti, non è stato facile trovarti fino a che non ti sei rivelato. Era solo per questo che siamo qui, abbiamo appurato che fu solo un malinteso! Ti è chiaro? », chiese il capo dell'esercito celeste, « il tuo lavoro non è finito, e non lo sarà finchè il genere umano non passerà a dimorare negli altri cieli. Certo, però, potevi scegliere una sembianza più rappresentativo del tuo rango! », disse Raffaele sarcastico, riferendosi al Buffardello.
« per ora, devo rimanere qui, in questo angolo del mondo, sento che ci saranno questioni molto importanti da risolvere qui»
« certo! è una tua decisione. Sappi che la nostra fratellanza rimane, in eterno »
« vi ringrazio, ci rivedremo quando il tempo dell'uomo finirà su questo mondo! »
« così sia! »
La notte ripiombò sul bosco, solo due occhi rossi brillavano nel buio, finchè scomparvero tra gli alberi.
« Sei tornato per restare? è stato chiarito tutto? », chiese Maffa.
« Resto, senza nascondermi, da oggi in poi »

LUCCA, IV SEC. D.C.

Non si fermò neanche un giorno di più del necessario a Lucca, ma ripartì all'alba di un piovoso giorno di Primavera. Risalì il fiume Serchio per un paio di giorni addentrandosi nel cuore della Garfagnana. Decise questa strada piuttosto che seguire la costa tirrenica perché il clima politico della zona si stava riscaldando troppo in quegli anni. I Longobardi avanzavano dal Nord mentre i romani cercavano di controllare il più possibile le comunità delle Valli della Luna per assicurarsi collaborazione negli scontri militari. Dopo aver attraversato imponenti foreste risalì le montagne giungendo al Passo di Pradarena e da qui decise di rimanere in quota e dirigersi verso Nord-Ovest percorrendo il crinale. A parte il forte vento sempre presente le belle giornate di Sole che seguirono le consentirono di raggiungere in pochi giorni la valle del Taro. Durante il viaggio, specialmente quando passò appena sotto la vetta del Monte Marmagna si ricordò dei suoi amici Bagienni, che sapeva si fossero fermati nella valle sottostante. Si chiedeva se le comunità di Apuani rimasti li avrebbero accolti, se li avrebbe mai rivisti, se sarebbero stati in grado di rispondere al suo richiamo, se il Passo del Faggio avrebbe ancora visto il loro incontro.
Attraversò il fiume Taro nella piana di Gotra si avventurò nella grande foresta della Bedonia. Anche i crinali delle mille valli che attraversò erano fittamente boscati. I sentieri dei viandanti e dei mercanti tagliavano nettamente la foresta anche se piccoli sentieri usati dai boscaioli della zona potevano indurre a perdersi nel bosco. La forte connessione che Maffa aveva imparato a mantenere con la natura la aiutò a mantenere la giusta direzione verso Bobbio. Grazie agli insegnamenti del libro aveva da tempo imparato a procurarsi facilmente il pane quotidiano, nutrendosi della forza vitale di qualunque cosa decidesse di tramutare in cibo conosciuto. Finalmente giunta sulla vetta del Monte Bue, scese il versante a Nord-Ovest imboccanto la valle dell'Aveto la quale la avrebbe condotta fino a Bobbio. Il suo viaggio durò venti giorni durante i quali la Primavera era esplosa nei suoi mille colori. Era la prima volta che assisteva allo spettacolo della Primavera sui Monti della Luna e ne rimase profondamente colpita. Decise che se mai avesse risolto la questione del libro sarebbe rimasta sicuramente in quelle valli per tutta la vita, anche se questa dovesse durare diversi secoli.
Quando il torrente Aveto incontrò il fiume Trebbia accelerò il passo arrivando a camminare anche dieci ore in un giorno. Nella tarda mattinata del terzo giorno raggiunse l'abitato di Bobbio. Sembrava una giornata molto tranquilla, gli invasori Longobardi avevano già esteso la loro egemonia sulle valli circostanti in modo abbastanza stabile e non c'erano molte milizie nelle vicinanze, fatto salvo per le guardie che presidiavano il ponte sul Trebbia. Attraversò la piazza nella quale alcuni mercanti contrattavano piccole botti di olio di oliva. Raggiunto il porticato sul sagrato della Abbazia bussò al grande portone. Aprì la porta lo stesso frate che la aveva accolta quando un mese prima aveva cercato notizie di frate Tac. Riconoscendola, invece di esprimersi in latino usò la lingua natale, familiare ad entrambi.
« Bentornata... perdonate non ricordo bene il vostro nome...», disse lui.
« Ben ritrovato! Mi fa piacere vi ricordiate almeno il mio viso, mi chiamo Maffa »
« il mio nome è Comgall, ma qui usano chiamarmi Congello, come posso esservi utile? »
« gradirei essere ricevuta dall'abate, vorrei informarlo delle condizioni di un nostro fratello, modificate dal loro ultimo incontro. Frate Taircheallach, ve lo ricordate? »
« ah... certo! Passò con noi qualche freddo giorno dell'inverno. Entrate, aspettate nel chiostro, c'è una bella fontana, rinfrescatevi se vi occorre »
« bene, grazie, aspetto lì », convenne e si diresse in una zona laterale rispetto alla chiesa, dove un lungo porticato circondava un bel chiostro al centro del quale zampillava una fontanella. Il refettorio dei monaci si affacciava al porticato e dalle cucine proveniva un profumo di erba salvia e pane abbrustolito. Dalla balconata che sovrastava il porticato dopo alcuni minuti si affacciò frate Comgall.
« sorella Maffa! », la chiamò, « l'abate vi riceverà subito, salite pure le scale! »
« grazie, arrivo subito », disse asciugandosi con un lembo del suo abito il volto appena lavato.
Frate Congello la attendeva davanti ad una porta di legno che introduceva agli uffici dell'abate. Oltrepassarono insieme la biblioteca, piena di centinaia di volumi riposti in modo ordinatissimo, poi il frate la invitò ad entrare n una stanzetta attigua alla biblioteca e la lascò da sola con l'abate.
« Sorella Maffa! Bentornata! Sono Padre Cumiano, accomodatevi », si presentò.
« Vi ringrazio per avermi ricevuta, salendo ho visto che state avviando dei lavori di ristrutturazione del convento, sarete impegnato! », disse lei.
« il convento è sito in un posto di molto passaggio, molti dei pellegrini che ospitiamo hanno famiglie importanti alle loro spalle, le quali ci tengono a ricambiare l'ospitalità con le loro donazioni. Per evitare che ci accusino di accumulare ricchezza preferisco investire subito nell'ampliamento del convento, in modo da poter accogliere ancora più fedeli e magari aprire anche un seminario », spiegò.
« lodevole! Scelta intelligente », commentò.
« mi hanno informato che avete aggiornamenti su un nostro comune amico, dite! »
« purtroppo non ho buone notizie, si tratta di fratello Taircheallach, pochi giorni fa ho dovuto assistere ai suoi ultimi attimi di vita, a Lucca, stroncato da un malore al cuore provocato dalla fatica eccessiva »
« sono molto addolorato, abbiamo pregato molto isieme, lo ricorderò nelle mie preghiere »
« vedete, ho fatto di tutto per ritrovare fratello Tac, come lo chiamavo amichevolmente, perché sapevo che gli era stato affidato un oggetto che doveva essere consegnato proprio a voi, perché lo custodiate in questo monastero accessibile soltanto ai possessori di una mente aperta e sincera, perché se ne faccia un buon uso senza che le tentazione di abusarne prendano il sopravvento »
« ebbene? Bramate quell'oggetto? », chiese Cumiano un po' indispettito.
« al contrario! », si affrettò lei a chiarire, « fratello Tac, in punto di morte, mi ha assicurato di aver eseguito la sua missione come era stato ordinato dalla Badessa Samantha, mentre l'ultima volta che sono stata qui mi avete mandato a dire che Tac non ha lasciato nulla. Mi preme assicurarmi che quella risposta faccia parte della vostra strategia per custodire l'oggetto nel modo che vi è stato chiesto », spiegò,
« è chiaro che conoscete bene l'importanza e qualche dettaglio della missione di Fratello Taircheallach, posso quindi rassicurarvi, l'impressione che vi siete fatta della mia strategia per custodire quell'oggetto è corretta. Il fatto di negare l'avvenuta consegna dell'oggetto in questione fa parte del “gioco”»
Subito il volto di Maffa si distese e un lungo sospiro rivelò la sua sincera soddisfazione nel ricevere quella notizia.
« Fratello Tac mi ha detto che ha dovuto aprire la scatola... quindi avrete avuto subito idea della natura dell'oggetto in questione... », disse Maffa usando lunghe pause per lasciare intendere le allusioni.
« una pagliuzza in un pagliaio, una pecora tra le pecore, una goccia in un bicchiere... »
« un libro tra altri centinaia di libri... », continuò Maffa le parole di Padre Cumiano.
Il monaco la guardò fissa negli occhi, Maffa si alzò e rimise a posto la sua sedia.
« posso ritenermi soddisfatta dall'esito del mio viaggio, ora so che la Santa Madre Samantha sarà serena per il successo della missione affidata al suo amico fidato Fratello Taircheallach »
Padre Cumiano la accompagnò alla porta e dopo averla aperta chiese a Fratello Congello di accompagnare Sorella Maffa alla porta, o al refettorio, se gradiva.
Maffa accettò l'offerta di un pasto caldo, partecipò alla preghiera collettiva, pranzò in compagnia dei monaci e poi a metà pomeriggio lasciò il convento.
Poco prima che varcasse il portone del monastero, Padre Cumiano la raggiunse.
« volevo salutarla, ancora una volta, sorella Maffa, ma ho pensato che forse sarebbe meglio salutare Madre Samantha, beata sulla terra? Mi sbaglio? », disse Padre Cumiano.
« non sbagliate, ma vi sarei molto riconoscente se mi salutaste ancora come Sorella Maffa »
« come volete, Sorella, che vi sia lieto il viaggio che vi aspetta, ovunque vi porterà! »
« grazie Padre Cumiano, mi fido di voi, a Dio piacendo... arrivederci! »
« Dominus Tecum! », le augurò Padre Cumiano congedandola.
Maurizio Vicini
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