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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP, ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo già formattato che per la copertina.
Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Gianmarco Lamberti
Titolo: Risvegliarsi a centonove anni
Genere Avventura Azione
Lettori 1613 128 603
Risvegliarsi a centonove anni
La certezza del futuro.

Quella mattina il mare era in tempesta. Appena sceso in spiaggia rimasi di stucco: sulla riva un delfino spiaggiato. Era lungo più di tre metri. A differenza di altri casi che avevo visto nel passato sulle coste argentine, non era immobile e non sembrava malato, si contorceva come se avesse voglia di ritornare al largo.
Le onde erano forti, avevo imparato che il fondale in corrispondenza della nostra spiaggia era basso, solo dopo qualche decina di metri dalla battigia, cominciava a scendere. Jonathan quel giorno era fuori zona, sarebbe rientrato tardi pomeriggio.
Lo chiamai dal bracciale, mi rispose che da qualche anno in quei luoghi i casi erano frequenti ma non era il momento di chiamare i soccorsi e di lasciar perdere, se il tursiope fosse stato forte ce l'avrebbe fatta da solo a riprendere il largo. Mi disse che spesso proprio le differenze di temperatura anomale dell'oceano creavano questi problemi. Forse conoscendo il mio carattere irruento, mi proibì di avvicinarmi: l'animale spiaggiato poteva essere malato e magari avere qualche virus che avrebbe potuto essermi letale. Ci salutammo e chiusi la conversazione. Non potevo lasciarlo così.
Altri ricordi si accavallarono. Da ragazzo, su una spiaggia, un giorno avevo assistito a un salvataggio di esperti pescatori, anche quella volta il delfino guizzava...
Mi avvicinai all'animale in difficoltà, evitando movimenti bruschi mi distesi accanto al suo lungo corpo. Girato su un fianco lo guardavo sussurrandogli con tono calmo quello che mi veniva in mente. Lo abituavo alla mia voce ma soprattutto alla mia presenza. Ricordai che all'epoca, uno di quei pescatori, dopo aver salvato il delfino, mi aveva spiegato quel sistema. Bisognava parlare con loro, come se si stesse cercando di domare un cavallo per la prima volta. Proseguii così per diversi minuti. Il delfino si abituò davvero alla mia voce, cominciò a dimenarsi di meno, accettò anche le mie carezze senza agitarsi. Avevo stabilito un contatto. Mi alzai di nuovo, mi allontanai per diverse decine di metri, poi mi riavvicinai parlandogli con voce calma e pacata. Quando lo facevo smetteva di agitarsi, sentii che forse aveva capito che potevo aiutarlo. Scartai subito l'ipotesi di prenderlo per la coda e trascinarlo nell'acqua, era di sicuro pesantissimo. Non sapevo come procedere, anch'io ero agitato. Pensavo e riflettevo per trovare una soluzione. Mentre mi concentravo guardando l'orizzonte, mi focalizzai sulla vecchia colonna in cemento armato che emergeva dall'acqua quasi sulla nostra perpendicolare a riva. Ebbi un'idea.
Mi allontanai di nuovo e corsi al mio albero degli allenamenti, presi un coltello che tenevo riposto in una cavità, tagliai dai rami alcune lunghe funi pendenti che usavo per allenarmi e ritornai al delfino. Con calma lo accarezzai per diversi minuti sulla coda. Riuscii ad avvolgergli saldamente la corda alla base della pinna caudale con un nodo.
Mi tuffai nonostante le onde. Nuotai controcorrente e raggiunsi la vecchia colonna di cemento, le girai intorno con la corda che scivolava sul muschio marino di cui era ricoperta e ritornai a riva di nuovo.
Mi avvolsi la corda intorno alla vita, mi spostai di diversi metri dall'animale e cominciai a tirare. Avevo pensato alla colonna per creare un effetto argano e ridurre lo sforzo del trascinamento. Solo così potevo avere una speranza di smuoverlo. Volevo approfittare dell'onda di risacca: quando il pesantissimo corpo si staccava appena dalla sabbia, tiravo la corda cercando di trascinarlo per la coda verso l'acqua più alta.
Al momento opportuno tiravo, tiravo con tutte le mie forze, spostandomi quanto più potevo indietro sulla battigia. Il delfino galleggiando parzialmente sull'onda di risucchio si muoveva ma purtroppo l'onda di ritorno lo riportava a riva, e trascinava anche me verso il punto iniziale da cui mi ero spostato. Ci provai e riprovai. Inutile.
Ero disperato, in quel delfino forse mi stavo immedesimando troppo. Un povero animale spiaggiato: in quel momento rivedevo me stesso smarrito, con l'incertezza di sapere se fossi stato in grado di nuotare di nuovo nel mare agitato del tempo, in quell'epoca ancora del tutto sconosciuta. Dovevo farcela. A tutti i costi. Quel delfino era il simbolo della mia rinascita. Guardai il bracciale, era passata più di mezz'ora. Purtroppo, gli sforzi erano stati vani, anche il povero animale cominciava a dimenarsi di meno. Sembrava rassegnato.
Ero solo, cercavo di nascondere a me stesso la disperazione. Non mi arresi, dovevo salvarlo a tutti i costi. Mi aggrappai a tutte le mie forze, continuai a tirare per cercare di disincagliarlo tentando un colpo fortunato sul continuo alternarsi della risacca.
Passò altro tempo, ero stremato ma non me la sentivo di mollare. Arrivò un'onda di risucchio più forte delle altre, tirai, e ancora tirai con rabbia e con quanta forza mi era rimasta, senza sosta, disperato, spostandomi all'indietro sulla battigia con le gambe ben salde per far guadagnare qualche altro metro nell'acqua al povero animale.
Forse fu il destino o la mia caparbietà oppure l'inizio dell'alta marea, il delfino con un guizzo torcendosi, riuscì a portarsi in una zona del fondale più profonda recuperando la sicurezza del galleggiamento. Lasciai andare subito la corda, il delfino si allontanò rapidamente al largo. Vedevo la sua pinna dorsale sempre più piccola mentre saltava sulle onde increspate. Purtroppo, stava portandosi dietro con sé anche la lunga corda, sembrava la coda di un aquilone. Meglio che niente. Non mi arresi però. Speravo di liberarlo anche da quella fastidiosa situazione. Ero consapevole della sua intelligenza.
I delfini: animali stupendi anche per questo. Ebbi un'altra un'idea, forse poteva funzionare.
Mi rituffai, nuotando controcorrente caparbio verso la colonna di cemento, portai con me il coltello e qualche metro di cordame rimasto. Il mare era agitato, mi legai con la corda alla colonna ancorandomi a qualche metro distante e attesi paziente nell'acqua. Non passò molto tempo. Eccolo! Ci avevo sperato. Rividi il delfino tornare verso di me, come per cercare un contatto. Lo accarezzai sul muso, lentamente sfilai dietro verso la coda mentre le onde passavano sotto di noi sollevandoci e abbassandoci con ritmo cadenzato prima di infrangersi a riva.
Finalmente tagliai la corda annodata alla coda. Forse aveva capito, non la mosse. Avevo paura di movimenti bruschi della pinna. Sarebbero stati pericolosi e letali per me. Gli passai di nuovo la mano sul muso. Si girò: un lungo fischio si trasformò in un ultrasuono, poi si avviò di nuovo al largo per allontanarsi sull'orizzonte diventando sempre più piccolo. Ogni tanto tra le pieghe dell'oceano, vedevo la sua sagoma schizzare dall'acqua con grossi balzi.
Ero felice, veramente felice. Il mio lato scaramantico partenopeo, chissà perché, aveva da quel momento in poi infuso più sicurezza in me stesso. Soprattutto ebbi più fiducia nel futuro di lì a venire.
Quando Jonathan rincasò, mi disse che era andato a vedere sulla spiaggia. Soddisfatto tenne a precisare:
«Hai visto? Te l'avevo detto, il delfino forse era sano e ce l'ha fatta da solo a riprendere il largo!»
Accennai un sorriso, continuando ad accarezzare Cicerone.
Dopo cena, ci sedemmo davanti allo schermo olografico.
«Sei pronto?»
«Puoi iniziare» replicai senza indugio.
«Ok, procediamo! Leggo un grafo-testo e faccio scorrere le pagine, sono scritte in inglese composito, adottato dalla maggioranza dei paesi sulla Terra.»
Sullo schermo comparve il testo di una pagina. Le parole erano inframezzate da altri vocaboli di diverse lingue, ogni sei, sette parole c'erano icone o ideogrammi. Cominciò a scorrere le pagine sullo schermo con una cadenza tra l'una e l'altra di una manciata di secondi.
«In questo momento sto leggendo il libro.»
«Dici sul serio?»
«Certo, se mi concentro potrei andare più veloce.»
«Ma come fai a capire tutto?»
«Il segreto è nei simboli inframezzati che vedi. Ne esistono a centinaia e racchiudono una semantica completa. Una pagina standard ha oggi molti più significati. Assimilandoli evitiamo durante la lettura di decodificare tutte le parole.»
«Stupefacente! Le vecchie emoticon si sono evolute! Ricordo comunque che in passato già esistevano tecniche per la lettura rapida... Questa è tutta un'altra storia!»
«Già, bisogna imparare il senso recondito e profondo di tutta la simbologia. Per esempio, esistono ideogrammi simili, ma il concetto che esprimono può essere differente e specifico per ogni contesto.»
«Un libro in poche manciate di minuti!»
«Sì, è così. Con l'esercizio costante si può aumentare ancora di più lo scorrimento.»
Rimasi per qualche istante in silenzio, affascinato da quello scorrere rapido e continuo delle pagine, poi ripresi:
«Ma... si riesce a comprendere tutto, a questa velocità?»
«Ti sembra strano vero? Pensa che oggi i bambini iniziano con questo metodo sin dai primi anni di scuola.»
«Che significa per voi assimilare? E la memoria?»
«Hai colto un nostro punto debole. Purtroppo, come ti ho già spiegato, i sottili bracciali sono un archivio itinerante e ci accompagnano per tutta la vita. Soprattutto per le nuove generazioni, i bracciali oltre alla creazione di ologrammi, sono utili per memorizzare tutto: date, nomi, eventi. Quando i ragazzi assorbono i significati di un testo, tralasciano purtroppo di ricordare molti dati salienti, affidandone la memorizzazione ai dispositivi. Quando parlano, ogni tanto si collegano al bracciale per una data o un nome legato a un luogo o a un evento.
«L'unica cosa che ricordano bene sono i simboli dei grafo-testi, proprio perché li hanno sempre sotto gli occhi. Se ti formi dall'inizio, non avrai di questi problemi, proprio perché la tua generazione era più abituata a memorizzare dati.»
«Avrò bisogno di tempo, per imparare a leggere in questo modo!»
«Non preoccuparti, ho già pensato a tutto. In mia assenza, Pier ti aiuterà. Se inizi a memorizzare bene il significato intrinseco dei simboli e degli ideogrammi base, ci riuscirai.»
«Sono perplesso,» dissi, «mi ricordano la scrittura orientale, i vecchi geroglifici egizi...»
«Per l'apprendimento e l'uso dei sistemi olografici avanzati, ti anticipo che ti ci vorrà molto più tempo. Sappi che l'informatica, come la intendevi nella tua epoca, non esiste più. Oggi è tutto cambiato. Operiamo col sistema quantico di secondo livello che genera matrici complesse di calcolo. La misura dei dati da gestire è inimmaginabile. Al momento potrebbe essere un muro insuperabile per te. A questo penseremo in futuro.»
«Come faremo?»
«Inizierò a insegnarti i rudimenti, saltando molti passaggi, per il momento. Dovresti comunque avere la predisposizione innata verso la tecnologia, mi hai detto che eri bravo con software anche complessi nella tua epoca. Per l'apporto che potrai darci, ti insegnerò il funzionamento di alcune parti agganciate ai macchinari che useremo prossimamente.»
Mi spiegò altri concetti in parole semplici. Poco dopo, si girò e aprì un cassetto al lato della scrivania, estrasse una scatola e l'aprì:
«A proposito, stavo dimenticando, il professore mi ha incaricato di darti questo».
Un bracciale sottile, era caldo al tatto e leggero. Notai che la circonferenza di avvolgimento era più ampia e non adatta al polso.
«Cos'è?» chiesi incuriosito.
«Devi indossarlo sopra l'avambraccio, nascosto al di sotto dei vestiti. Ti proteggerà meglio.»
«In che senso?» replicai. «E da che cosa?»
Gianmarco Lamberti
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