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Writer Officina Blog
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Background
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l mio nome è Izabel Nevsky. Sono nata a Kaliningrad il 21 marzo del 1990. Mio padre era un ufficiale russo di Marina e mia madre un'insegnante e traduttrice italiana, originaria di un piccolo paese della Sicilia. Ho vissuto molte vite, probabilmente più di quante ne abbia fatte vivere agli altri e sono arrivata alla conclusione che per sentirmi davvero libera è necessario stare da sola. Però a volte il destino decide diversamente e, dopo molti anni, uno dei principali artefici della mia crescita come donna e come scrittrice torna prepotentemente nella mia vita.
Premessa
Quando ho iniziato a scrivere questo romanzo non avrei mai immaginato che mi sarei fatta trascinare così a fondo dentro la parte più oscura della mia sessualità. E non avrei mai creduto che ritrovarmi in uno studio fotografico, come oggetto del desiderio, potesse riaccendere le sensazioni di molti anni prima, quando nello stesso luogo ho posato per la copertina di “Fragole”. Non è il mostrarmi nuda davanti agli altri a sconvolgere la mia intimità, ma sapere che possano guardarmi e immaginarmi come gli stessi lettori che, nel leggere le mie storie, mi trascinano nel loro desiderio erotico e mi “usano” per le loro fantasie più perverse. Se il proposito del nuovo romanzo era quello di un viaggio psicologico nell'inconscio e nel mio passato, ciò che è davvero scaturito è una forma esibizionistica di confessione, forse la più genuina del mio essere donna. E chi, se non il medesimo protagonista di quei tempi, poteva riportarmi nella parte più buia dei miei desideri?
.:.
Quando lo incontrai per la prima volta ero soltanto una ragazzina alle prese con i problemi quotidiani, divisi tra l'università e la sopravvivenza di ogni giorno col poco denaro che mi elargiva mia madre. Lei non pativa certo difficoltà finanziarie, ma usava questo metodo subdolo per costringermi a tornare nel contesto medioevale di un piccolo paese della Sicilia, esattamente da dove ero fuggita per trovare una collocazione diversa al mio futuro. Per pagarmi l'affitto del monolocale di Milano e permettermi qualche spicciolo per vivere decentemente, avevo trovato lavoro presso uno studio privato, dove posavo con pochi abiti addosso in fantomatici workshop fotografici, affittati a guardoni incalliti che a volte non sapevano nemmeno togliere il tappo dall'obiettivo. In quel contesto ricevetti qualche proposta più piccante di altre, ma nessuna che pretendesse più di quanto intendevo dare. Il massimo che mi sentivo di concedere era di posare nuda a debita distanza di sicurezza per scatti artistici. E fu proprio lì che conobbi Mark. Non era uno dei soliti clienti dello studio, bensì un amico del proprietario a cui chiese informazioni sul mio conto. Dopo una chiacchierata al termine di un workshop, che sicuramente controllava di nascosto, mi propose di cenare con lui in un lussuoso ristorante del centro. Aveva l'età di mio padre e, diversamente da lui, manteneva un atteggiamento sempre rassicurante, senza rinunciare a quell'aria sorniona che mi lasciava comunque presagire un pericolo imminente. Quella cena fu la prima di tante altre e col tempo mi ritrovai a raccontargli tutta la mia vita. Gli parlai anche dei miei diari di ragazza, ma erano scritti in russo e gli sarebbe stato impossibile leggerli. Fu così che nacque l'idea di tradurli e, una volta visionati, mi propose di pubblicarli con la piattaforma KDP di Amazon. Fu l'inizio della fortunata serie “Fragole” e anche quello di un morboso rapporto tra noi, che racconto con minuzia di particolari dentro quelle stesse pagine, almeno finché non decise di “lasciarmi andare”. Sì, fu proprio quella la sensazione che avvertii quando partì per un lungo viaggio e più avanti mi confidò la sua reale intenzione di non voler intralciare il prosieguo della mia vita. Pur a distanze siderali, mi è sempre stato vicino nei momenti complicati, aiutandomi ad affrontare le difficoltà di un trasferimento in Svizzera e persino a trovarmi un lavoro presso uno studio fotografico pubblicitario. Tutto questo finché, in un piovoso weekend di ottobre, decisi di chiamarlo per realizzare il book fotografico da cui trarre la copertina del mio nuovo romanzo.
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Ora siamo qui, silenziosi, in un bar che si affaccia sul lago di Ginevra e che nasconde nella nebbia i nostri mille ricordi. «Non mi aspettavo la tua telefonata.» sorride in modo enigmatico «E nemmeno l'occasione di poterti ritrarre di nuovo dopo la copertina di “Fragole”.» Sembra davvero sorpreso dalla mia proposta, ma conosco bene la sua sottile arte di persuasione occulta e non mi lascio incantare. «Chi, se non tu, potrebbe realizzare uno scatto magico come quello?» «Sono passati molti anni.» «Nel guardarti non sembrerebbe.» ammicco. «Tu invece sei cresciuta, ti sei fatta donna pur senza perdere quella malizia adolescenziale che ti ha distinta da molte altre coetanee.» Allungo lo sguardo attraverso i vetri della finestra e mi riappaiono nella mente quei giorni così frenetici. Ricordo perfettamente lo studio fotografico di Locarno, i preparativi, la truccatrice che ispezionava ogni millimetro del mio corpo e l'addetto alle luci che non perdeva occasione per sbirciarmi tra le cosce. Mark invece parlottava allegramente col proprietario dello studio, disquisendo di luci, colori, obiettivi e macchine fotografiche. Poi, una volta preparato il set, invitò tutti ad andarsene e restammo soli su quel fondale illuminato di uno strano rosa carico. «Non sarebbe meglio il nero?» avevo domandato con un filo di voce. Per tutta risposta venne da me e mi offrì la sua Hasselblad: «Se non ti fidi, puoi prendere il mio posto!» esclamò con voce determinata. Quando provai a scusarmi, mi afferrò per i capelli sulla nuca e mi rifilò un bacio all'improvviso. Prima che potessi reagire, si allontanò di qualche passo e cominciò a scattare. Tutto avvenne in modo istintivo, senza premeditazione e ogni volta che avrei dovuto cambiare posa, veniva da me e ripeteva il medesimo gesto. Quella stessa sera, dopo l'abituale cena con tutti gli addetti dello studio fotografico, mi riportò a Milano senza dire una parola. Fermò l'auto davanti a un motel e mi domandò semplicemente: «Ti va?» Niente manfrine, non un gesto romantico, neppure un complimento; Mark non è mai stato il tipo da perdersi in azioni che non reputava essenziali. Ciò che davvero gli importava in quell'istante è che fossi consenziente. E io, che ancora brillavo delle luci di scena, sorrisi e annuii. Adesso che è qui davanti a me, mi chiedo quali sensazioni ha ancora di quei momenti e lo trascino all'istante nei miei ricordi, scrutando la sua reazione. «Ero sicuro che non mi avresti mai chiesto di portarti a casa.» sorride. «Come potevi esserne così convinto?» «Eri molto eccitata davanti all'obiettivo.» Ha ragione! Pensavo di poterglielo nascondere, ma era ed è impossibile negargli l'evidenza. «Ti ricordi anche cos'è accaduto appena entrati nella stanza?» mi domanda, con fare sornione. Sa benissimo che non potrei mai scordarlo, ma dopo tanti anni continua ancora a stuzzicarmi senza concedermi tregua. «Non tutti i particolari.» provo a bluffare e mentre lo dico mi rivedo in quel grande specchio sulla parete mentre lui mi scopa da dietro come un animale. «Io invece rammento ogni dettaglio.» annuisce, senza concedermi la soddisfazione di coglierlo in fallo «Ho ancora negli occhi il tuo sesso fradicio che si schiude come un frutto maturo. Tracimava così tanti umori da non opporre alcuna resistenza alla penetrazione.» Arrossisco, non ne conosco il motivo ma arrossisco e lui se ne accorge immediatamente. «Accade anche adesso?» mi chiede con fare sornione. Lo sa che è così, inutile negarlo: «Mi succede spesso.» faccio una smorfia imbarazzata «Non posso controllare l'abbondanza dei miei umori.» «Non seguono l'eccitazione?» mi provoca. «Credi davvero che se non fossi stata eccitata oltre ogni limite, quella sera sarei entrata con te in quel motel?» Sorride, mi guarda e sorride. La sua consapevolezza è il risultato del potere assoluto che quella notte ottenne su di me e che probabilmente non si è mai spento del tutto. Ha ragione come sempre, sono terribilmente eccitata dai ricordi e dalla sua presenza qui, ben sapendo che potrebbe accadere ogni cosa. «Durante il servizio fotografico ti ho desiderata dal primo istante.» lo ammette candidamente. Mentre parla mi rivedo su quel letto a gambe larghe, mentre mi fotteva con impeto e si spingeva dentro di me con tutta la sua possanza. Mi sembra di sentire ancora con quanta forza mi sollevava il bacino e mi stringeva per le cosce per fottermi meglio. Non si fermò nemmeno quando capì che stavo venendo e in quell'attimo fuggente che precede l'orgasmo mi premette l'indice sullo sfintere, trascinandomi in un susseguirsi di contrazioni esasperanti. «Con tante ragazze che frequentavano quello studio, perché proprio io?» lo interrogo. «Istinto, passione, lungimiranza, oppure soltanto la voglia di sentirmi di nuovo giovane con te accanto.» «Non ero l'unica con la faccia da bambolina.» «Eri l'unica con una voglia matta di scopare!» Non so se offendermi o cullarmi nell'idea di essere ancora la migliore ai suoi occhi, ma so per certo che a cambiare le carte in tavola furono i miei diari. Gli avevo raccontato qualche storia, ma una volta tradotti passò giorni e giorni a leggerli, rileggerli e correggerli. Mi propose di pubblicarli mentre eravamo nella sua mansarda di Milano, io ero affacciata alla finestra, piegata in avanti, e lui si infilava dentro le mie viscere col suo cazzo duro. A ogni colpo mi ricordava le scene che più lo avevano mandato in bestia, lasciandomi intravedere una genuina forma di gelosia. «Grida...» mi ripeteva «quando stai per godere grida!» Quella sera le mie urla echeggiarono in tutta la piazza e per la prima volta mi premiò con una lunga carezza sulla schiena. «Sei fatta per essere scopata.» mi sussurrò, stringendomi con forza per i fianchi prima di uscire dalle mie viscere «Hai la capacità di esaudire i sogni più perversi e di viverli in prima persona.» Gli ricordo la frase e annuisce. «Lo sai quanto diventi irresistibile in certi momenti.» ammette. «Però mi hai lasciata ugualmente.» «Mi ero reso conto di essere diventato un pesante fardello nella tua vita e cercai di estraniarmi dal tuo futuro.» «Dopo dieci anni sono al punto di partenza.» lo ammetto con rammarico «Avevo un rapporto stabile con l'unica donna che accettava i miei tradimenti e ho rovinato tutto. C'era un patto tra noi e consisteva nel non mentirci mai; per una stupida verginella non l'ho mantenuto.» «Però avete ricominciato a vedervi.» «Abbiamo ricominciato a fare sesso, perché è qualcosa a cui non sappiamo rinunciare. Forse è meglio che continuiamo a vivere separate per incontrarci soltanto quando gli ormoni fanno faville.» «Non dovevi trascinarla a Mosca!» lo dice con cognizione di causa «E nemmeno introdurla in quegli ambienti.» «Certi errori non si possono cambiare, meglio parlare del futuro. Posso contare su di te per un book fotografico di classe?» «Ti serve soltanto per la nuova copertina?» «Non sono più legata a nessun contratto che mi impedisce di usare la mia immagine e sinceramente sono stanca di mostrarmi sui social e nelle interviste girata di spalle. Considerato che non sono proprio una cozza, la scelta di apparire di persona potrebbe essere un grande vantaggio.» «È quello che ti ho sempre detto: una bambolina con la faccia d'angelo fa più notizia se scrive romanzi profondamente erotici come i tuoi.» «Quindi mi fotografi?» «Solo se mi concedi carta bianca!» scoppia a ridere. «Non voglio foto di nudo, sono passati quei tempi.» glielo ribadisco con convinzione «Preferisco immagini sensuali, ma eleganti, non certo come molti di quegli scatti che si vedono in giro, dove le protagoniste fanno a gara a essere la più battona!» «Allora ti raccomanderò a qualche amico fotografo.» lo dice con falso disinteresse. «Tu vuoi vedermi nuda!» lo provoco «Dopo tutti questi anni vuoi ancora vedermi nuda?» «Facciamo un patto: gli scatti che reputerai disdicevoli resteranno nel mio archivio come ricordo.» «Sii sincero, vuoi vedermi nuda?» insisto. Mark sogghigna, prende dalla tasca un oggetto avvolto in un panno rosso e me lo porge. Non mi aspettavo un regalo e muoio dalla voglia di scoprire cosa si nasconde dentro la confezione. Lo apro di nascosto degli altri clienti del bar, perché non mi fido delle sue sorprese e, appena mi accorgo del contenuto, arrossisco di nuovo come una ragazzina. «Lo hai lasciato a casa mia quando sei partita.» sussurra «ho pensato che ti avrebbe fatto piacere riaverlo.» |
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