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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP, ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo già formattato che per la copertina.
Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Laura Piermarini
Titolo: L'altra parte della maschera
Genere Romance Fantasy
Lettori 748 4
L'altra parte della maschera
I giorni passarono veloci, tra le lezioni da seguire, la preparazione per il test e il lavoro. Nonostante tutto, non riuscii a smettere di pensare al simbolo e alle foto scovate nel computer dell'Alpha.
La notte mi rigirai così tante volte nel letto che finii per svegliare le ragazze.
«Luna, ma non hai sonno?» chiese Vittoria mentre sbadigliava.
Carolina indossò gli occhiali e controllò l'orario sul telefono.
«Non riesco a dormire» confessai.
Mi confidai con loro su ciò che avevo scoperto tra i file dell'Alpha. Iniziavo a pensare di star giocando a un gioco ben più pericoloso di ciò che immaginassi, ma non potevo lasciar perdere. Sia Vittoria che Carolina ascoltarono sempre più sgomente. Se c'era un posto in cui trovare qualche risposta, mi suggerirono, quello poteva essere la biblioteca.
Così, un pomeriggio della settimana successiva, dopo la solita lezione con Marco, mi recai a lavoro e approfittando della poca affluenza, andai al computer e cercai delle associazioni con il simbolo.
Memorizzai alcuni titoli che parlavano del simbolismo. Primo corridoio, scaffale sinistro, quarta fila in basso; ultimo corridoio, scaffale destro, fila centrale. Li avevo trovati. Il mio dito iniziò a scorrere tra i tomi accomunati dalla voce Alchimia.
Presi il primo e iniziai a scorrere le pagine; c'erano una quantità infiniti di simboli alchemici che non conoscevo. Chiunque poteva interrompermi da un momento all'altro, quindi decisi di sfogliare velocemente i libri e portare con me quelli che mi sembravano più promettenti.
Quanto tornai in camera, trovai Carolina a studiare sdraiata sul suo letto.
«Sei riuscita a trovare qualche indizio?» mi chiese.
«Ancora niente, anche se ci sono molti libri che portano informazioni su questo simbolo».
«Se vuoi possiamo darti una mano con le ricerche».
Per tutta la settimana le ragazze mi aiutarono prendendo in prestito i libri e durante i miei giorni di lavoro si fermavano a consultarli.
Inevitabilmente, la loro presenza costante in biblioteca attirò l'attenzione di Francesco.
«Non vi ho mai visto qui così spesso» commentò un giorno, prendendoci alla sprovvista. «Si può sapere su cos'è che siete così concentrate?».
«Sei sicuro che vuoi saperlo?» fece Carolina, le dita sulla tastiera del suo pc.
Francesco annuì.
Carolina girò lo schermo e gli mostrò la foto di un attore a petto nudo.
«Almeno Luna ha qualcosa di interessante da vedere durante il lavoro».
«Ah, però!» esclamò Vittoria.
Ebbi la tentazione di coprirmi il viso con le mani, ma resistetti all'imbarazzo.
«Non mi sembra molto attraente» ribatté Francesco dopo qualche secondo. «E comunque non potete venire a disturbare Luna mentre lavora».
Mi lanciò uno sguardo eloquente, ma io rimasi incollata alla sedia. In effetti la foto mostrata da Carolina non era niente male.
«Luna».
«Sì».
«Luna».
«Sì, capo. Vado, capo».
Era quasi l'ora di chiusura, quindi portai alcuni tomi in camera. Fino a quel momento, tutti i libri che avevamo sfogliato erano stati pressoché inutili.
Le ricerche ci avevano sfinito; dovevamo sciogliere un enigma con un unico indizio: un cerchio con un puntino al centro.
Improvvisamente mi ricordai dei libri scritti dai predecessori dell'Alpha; me ne aveva parlato Francesco, il primo giorno di lavoro.
Andai al computer e iniziai a cercare. Mi segnai alcuni titoli su un foglio, che passai anche alle ragazze. Riuscii a trovare online alcune delle pubblicazioni degli Alpha. Erano approfondimenti di storia, e le parole della professoressa Dionisi mi vennero subito in mente: “Non bisogna mai abbassare la guardia perché la storia passata si potrebbe ripetere e noi dobbiamo essere pronti al cambiamento”.
Vittoria lanciò un'esclamazione.
«Che c'è?».
«Guardate qui».
Eccolo, non c'erano dubbi: era il simbolo. Accanto all'immagine, una didascalia associava la sua origine alla religione cristiana. Scoprimmo che era stato usato nel Medioevo da un gruppo di cristiani estremisti che si facevano chiamare i Cacciatori.
L'euforia per aver finalmente risolto il mistero si spense quando alla fine della pagina l'autore specificava che non si avevano prove sull'esistenza di questi Cacciatori, soltanto storie, leggende, qualche scritto privato di alcuni abitanti dell'epoca che però non era mai stato verificato.
«Ma che cazzo» imprecò Vittoria.
Io scossi la testa. «E se invece non fosse una leggenda? Anche noi per gli umani siamo esseri leggendari, eppure siamo più che reali».
Carolina mi scrutò. «Vuoi dire... Credi siano stati questi Cacciatori a...».
Scrollai le spalle. «Non lo so, ma questo simbolo... è come una firma».
Il silenzio ci avvolse. Ciò che avevo scoperto non poteva rimanere segreto, che fosse una leggenda oppure no. L'intera comunità poteva essere in pericolo, e l'Alpha avrebbe dovuto esserne messo al corrente.
Vittoria allungò una mano per chiudere di scatto il computer.
«È il momento di fare una pausa, ragazze, altrimenti non ne usciremo vive».
Annuii con un sospiro. «Pizza?».
«Pizza».
Nel giro di qualche minuto, eravamo sedute al solito posto. Ci scambiammo poche parole, ognuna immersa nei propri pensieri. Sulla strada del ritorno, con le mani affondate nelle tasche, ricordai la prima volta che avevo visto il simbolo. Non ci avevo fatto molto caso, sconvolta com'ero dall'aggressione, dal corpo esanime della nonna. Ma era il suo sangue. L'avevano tracciato con il suo sangue. Rabbrividii visibilmente.
«Luna, tutto ok?».
Mi fermai. No, non era tutto ok.
«Ci stanno seguendo».
Vittoria e Carolina sussultarono.
«Fate finta di niente» sussurrai. «Ricominciamo a camminare».
La sensazione di qualcuno dietro di me aumentò a ogni passo. Sbirciai alle mie spalle, ma non riuscii a distinguere bene ogni ombra che ci tallonava. Come se mi avesse letto nel pensiero, Vittoria sibilò: «Quattro».
Annuii. Deviammo per allontanarci dall'Istituto. Se davvero erano i Cacciatori, se davvero ci odiavano per il solo fatto di essere licantropi, dovevamo portarli il più lontano possibile da lì. A ogni stradina isolata però, a ogni nuovo angolo, la paura aumentava. Non volevo trasformarmi, ma stentavo a mantenere il controllo.
E poi, come fantasmi, altre due figure ci vennero incontro. Ci avevano accerchiate. Carolina imprecò. Rimanemmo immobili, mentre alle nostre spalle qualcuno rideva.
«Cosa volete?» gridò Vittoria. «Lasciateci in pace».
«Oppure?» biascicò uno dei due che erano sopraggiunti a braccarci.
Iniziai a tremare. E questa volta non riuscii a trattenere un ringhio profondo. Allarmati, alcuni di loro tirarono fuori delle catene che fecero scoccare. Indietreggiai. Anche Carolina e Vittoria avevano iniziato a tremare. Non era paura, lo capii. Era furia.
Una catena, all'improvviso, scattò nel mio campo visivo. D'istinto la respinsi violentemente con il braccio, solo che non era un braccio umano, non più.
La trasformazione fu repentina, e assieme al mio, squarciò i corpi delle ragazze. Con un ringhio, Vittoria diventò un lupo dal pelo folto e nero, quasi indistinguibile dalla notte che era scesa. Le spalle di Carolina presero volume, le sue pupille divennero bianche, quasi vitree. Rimase umana, un'umana come non ne avevo mai viste.
A uno a uno, le figure incappucciate iniziarono a venirci contro. Cercai di padroneggiare ogni mia abilità mettendo in atto quello che Marco mi aveva insegnato. Prima di tutto, mi impegnai a controllare il lupo e la sua forza. Non volevo uccidere né ferire, nonostante tutto.
Schivai le catene con movimenti rapidi e misurati. Attorno a me, anche le ragazze continuarono a difendersi senza mai attaccare.
Gli uomini però non sembravano voler demordere. Sentii un guaito. Vittoria era stata colpita. I miei occhi si riempirono del sangue che sgorgava dalla ferita che aveva su un fianco. Carolina fece per andare in suo soccorso, ma una catena d'argento la colpii in pieno petto. Ringhiai e mi lanciai su di loro. Sentii una morsa bollente incatenarmi il polso e caddi a terra, ululando. Mi dimenai, tirando giù l'aggressore con me, ma altre catene mi bloccarono sull'asfalto. Non mi arresi, ma non riuscii a rialzarmi. Facevo fatica a respirare, il mio corpo bruciava e si restringeva. Stavo tornando umana.
Poi, così com'era arrivato, il bruciore sparì. Attorno a me solo il silenzio, e poi un viso sfocato che si chinava sul mio.
«Luna? Luna, respira».
Laura Piermarini
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