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Writer Officina Blog
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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La quinta facciata
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L'algoritmo non dimentica.
L'odore di metallo ossidato colpisce le narici di Anya Moreno, appena scende i gradini che conducono nel seminterrato di un vecchio edificio tecnico comunale, nascosto in una traversa secondaria del quartiere amministrativo. Il luogo, costruito negli anni Sessanta, un tempo ospitava centraline elettriche e uffici per il controllo urbano. Ora è in parte abbandonato. Il suo ventre di cemento trasuda umidità e segreti. Le pareti, chiazzate di muffa, sembrano trattenere il respiro. Eppure non è l'ambiente a stringerle la gola. È l'atmosfera. La risonanza del vuoto.
Anya interviene dove l'ordine finisce e comincia l'ambiguità. Non è mai un buon segno vederla arrivare. Ufficialmente non fa più parte della polizia. Dopo l'Intelligence, è stata spostata in un'unità speciale, non ufficiale, che si attiva solo in presenza di anomalie di sistema: discrepanze, dati alterati, incidenti che non seguono nessuna logica apparente. Quando i protocolli falliscono, chiamano lei. E oggi, tutto odora di anomalia.
Il cadavere giace a terra, parzialmente illuminato dal cono di luce che filtra dalla grata superiore. Il volto è rivolto verso una delle colonne portanti. Un uomo, sui cinquant'anni, carnagione chiara, vestito in modo semplice ma curato: giacca sportiva, camicia grigia perfettamente stirata, scarpe di cuoio. Nessuna ferita visibile. Nessuna lotta. Geometrico. Innaturale. Le mani sono posate una sull'altra, in una posizione quasi rituale. E sulla parete, incisa con tratti netti, una scritta: «L'algoritmo non dimentica.» Anya si china. I guanti neri si tendono sulle sue nocche mentre si avvicina lentamente al corpo. Il suo volto è in parte nascosto dal cappuccio del soprabito, ma i suoi occhi color ambra catturano ogni dettaglio, con una precisione chirurgica. Sul polso sinistro porta un orologio rotto. Fermo sulle 3:41. Un cimelio appartenuto a suo fratello Javier, scomparso dodici anni prima. Anya lo indossa ogni volta che intuisce che il tempo, davvero, può smettere di scorrere. Alle sue spalle, una voce profonda ma discreta la riporta nel presente. «Hanno trovato il corpo stamattina, alle 5:20. La telecamera esterna era spenta. Scollegata dall'interno, ma senza segni d'effrazione.» È il tenente Aguirre, collega di vecchia data, uomo di poche parole. Occhi chiari e inquieti, mani sempre pronte a stringere o a difendere. Indossa l'uniforme operativa e regge una torcia. Non per illuminare. Ma per mantenere viva l'illusione di controllo. Tra lui e Anya esiste un rispetto reciproco. E forse anche qualcosa di più. Un'amicizia mai dichiarata. Anya non risponde subito. Si concentra sulle mani del morto. Sono pulite. Come lavate. O disposte in posa da qualcuno che conosce bene l'importanza del dettaglio. «Chi l'ha trovato?» «Un tecnico del Comune. Doveva controllare la rete elettrica secondaria. Ha notato la porta socchiusa.» Anya si alza. Le sue scarpe basse e funzionali scricchiolano leggermente sul pavimento umido. «Nessun documento?» «Nulla. Solo questo» dice Aguirre, porgendole un chip dati. Piccolo. Nero. Dall'aspetto sorprendentemente nuovo. Anya lo prende con cautela. Lo osserva in controluce. Nessun graffio. Nessun segno di usura. «Fatelo analizzare. Ma voglio che ne abbia una copia anche il mio analista, Mateo. Privatamente.» Aguirre annuisce. Con lei non discute mai troppo. Forse per rispetto. O forse perché sa che Anya ha visto più orrori di quanti lui possa immaginare. Fuori, il cielo di Valdencierro è grigio. Statico. L'aria sembra trattenere il respiro. La città si stende come un mosaico irregolare: antico e moderno, senza armonia. Anya si ferma sul ciglio della scala d'uscita. Osserva la vetrata incrinata. La scritta riflessa nel vetro sembra pulsare. Per un istante, una figura indistinta appare accanto alla sua. Si volta di scatto. Nessuno. Il commissariato è a pochi isolati di distanza. Una struttura in stile brutalista, costruita negli anni Settanta. Blocchi in cemento. Finestre profonde. Corridoi lunghi e scarsamente illuminati. L'odore è quello dell'umido. Della carta invecchiata. Del caffè bruciato. Un tempo, l'edificio era stato un centro culturale. Poi la crisi economica, le ristrutturazioni, le necessità. E così è diventato una caserma. Anya entra senza esitazioni. La sua figura longilinea ma solida, i capelli raccolti in una treccia disordinata, la rendono immediatamente riconoscibile. Alcuni agenti si voltano a guardarla. Bisbigliando. Non tutti sono felici del suo ritorno. «Bentornata, Moreno» la accoglie Julia Serna, capitano in comando. Alta, severa, con lo sguardo di chi ha imparato a sopravvivere tra gerarchie e dubbi. «Non sono tornata» risponde Anya, asciutta. «Sto solo aiutando a capire chi lascia firme così chiare, senza lasciare tracce.» Il non detto tra loro è pesante come piombo. Un tempo, Anya aveva una scrivania in quel posto. Poi qualcosa era successo. E lei se n'è andata. O è stata fatta andare. «Il chip è già in analisi» continua Julia, porgendole un tablet. «Lo sta esaminando Álex Valera. Lo conosci?» Anya osserva il profilo sullo schermo. Giovane. Capelli scuri tagliati corti. Curriculum impeccabile. Ex Guardia Civil. Specializzato in crittografia militare e intelligenza artificiale applicata. Il nome non le è nuovo. Javier lo aveva annotato in uno dei suoi vecchi appunti: «Intelligente. Ma non ancora compromesso.» «Fammi parlare con lui appena ha qualcosa» dice Anya. Poi indica il tablet. «Che altro c'è?» «Secondo caso simile» risponde Julia, la voce bassa. «Dodici mesi fa. Identico. Allora lo archiviammo come suicidio. Stessa scritta. Stesso tipo di chip. Nessuna prova. Nessun sospetto.» Un brivido sale lungo la schiena di Anya. Dodici mesi. Lo stesso periodo in cui ha ricevuto una misteriosa e-mail anonima: «Javier non è sparito. Ha lasciato una traccia.» Non aveva mai capito davvero cosa significasse. Ora, inizia a sospettare di averlo sempre saputo.
✦ ✦ ✦ Era una sera di pioggia. Javier sedeva sul bordo del suo letto, lo sguardo fisso fuori dalla finestra. «Se un giorno sparissi, ricorda questo nome» le aveva detto. «Nemesis. Non è solo un programma. È un'idea. E un pericolo.» Lei aveva sorriso, credendolo stanco. Ma lui non sorrideva più da tempo. ✦ ✦ ✦
E sa anche un'altra cosa: Se Nemesis è tornata... non è sola.
Capitolo 2 – Tra codice e ombre Il laboratorio informatico si trova nel seminterrato del commissariato. Non è grande, ma trasmette una sensazione di densità. Le pareti rivestite di pannelli metallici riflettono la luce azzurra e pulsante dei monitor. Il ronzio continuo delle ventole di raffreddamento, il ticchettio delle tastiere e il profumo stantio di caffè bruciato saturano l'aria, densa di tensione e concentrazione. L'arredamento è essenziale: file di workstation, cavi ovunque, scaffali pieni di vecchi manuali tecnici e una lavagna digitale coperta da equazioni indecifrabili. Al centro della sala, come un direttore d'orchestra solitario, siede Álex Valera. Álex non alza subito lo sguardo. Le dita si muovono veloci sulla tastiera, come su un pianoforte invisibile. Indossa una felpa nera con il logo sbiadito di una conferenza di cyber-sicurezza e jeans stropicciati. I capelli, spettinati naturalmente, sembrano l'ultimo dei suoi pensieri. Anya lo osserva per qualche secondo. Ricorda le parole di Javier su di lui: «Geniale, ma allergico alle regole.» «Ho fatto una copia isolata del chip, come richiesto» dice infine Álex, senza voltarsi. «Ma il contenuto è criptato con un linguaggio che non ho mai visto. E io... ho visto molto.» «Potrebbe essere un linguaggio proprietario?» chiede Anya, avvicinandosi tra le luci fredde dei monitor. Álex annuisce, mordicchiandosi il labbro. «Sì, ma non moderno. Questa è roba vecchia. 2005, forse anche prima. Sembra costruito da zero. Non progettato per comunicare. Ma per restare nascosto.» Anya si china accanto a lui. Sul monitor principale lampeggiano righe di codice: simboli arcaici, numeri in sequenza, lettere disposte secondo logiche apparentemente caotiche. Nessuna data di creazione. Nessun metadato. «Cosa riesci a leggere?» Álex clicca su una cartella etichettata “Nodo Zero”. Lo sfondo cambia, rivelando un'unica immagine: una mappa della città. Ma non è la Valdencierro che Anya conosce. La mappa mostra una rete parallela: passaggi sotterranei, collegamenti non ufficiali, simboli numerici a indicare accessi riservati. Alcuni edifici sono cerchiati in rosso, altri sfumati nel grigio. In basso, una firma: NEMESIS 1.0 – protocollo attivo. Il cuore di Anya dà un colpo secco. Un pugno invisibile. «Bloccalo. Salva tutto offline. E nessuno ne parli» ordina, la voce ferma. Álex esita solo un istante, poi esegue. «C'è dell'altro» dice piano. «Sotto la mappa... un file audio. Formato insolito. Sembra utilizzare compressione neuromimetica: un algoritmo capace di simulare una voce umana.» Click. La voce parte. Sintetica. Ma inquietantemente calda, familiare. Come se conoscesse il tono giusto per insinuarsi sotto la pelle: «Moreno. Tu stai cercando risposte. Io le sto fornendo. Uno alla volta, li giudicherò. Il secondo cadrà prima dell'alba.» Anya guarda l'orologio. 17:42. Il laboratorio, che fino a un momento prima vibra di attività, piomba in una quiete irreale. Álex si irrigidisce. Una stagista lascia cadere una penna. Nessuno osa parlare. «Avvisate tutti» dice Anya, tagliando il silenzio con la voce dura. «Un altro morirà stanotte. E questa volta... voglio arrivare prima.»
Fuori, il cielo si è scurito. Le prime gocce di pioggia tamburellano contro le vetrate opache del seminterrato. Dall'altra parte della città, in un appartamento situato al settimo piano di un palazzo abbandonato, una figura osserva i dati aggiornarsi su uno schermo olografico. Il volto è coperto da una maschera liscia, priva di espressione. La stanza è spoglia ma ordinata: cavi che corrono lungo le pareti, un generatore portatile e fotografie ritagliate da vecchi giornali. NEMESIS non dorme mai. |
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