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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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La musica e il silenzio. Storia di un sogno
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Estate.
Se qualcuno un giorno le avesse chiesto come tutto fosse iniziato, avrebbe risposto: «Con un raggio di sole.» Era stato proprio quello, infatti, a colpire all'improvviso le sue palpebre chiuse e a svegliarla. Caroline aprì gli occhi e li sbatté alcune volte prima di prendere pienamente coscienza. Osservò la limpida luce che filtrava dalle finestre attraverso le tende mosse dalla lieve brezza mattutina e provò un improvviso moto di gioia constatando che, dopo tante noiose giornate di pioggia, il sole era finalmente riuscito a farsi strada tra le nuvole. Si girò pigramente a guardare il letto nel quale dormiva ancora, profondamente e con la bocca aperta, sua sorella Julie. Caroline rise dentro di sé al pensiero che stesse russando. All'improvviso ebbe voglia di svegliarla per mostrarle quella luce chiara, ma poi decise di lasciarla ancora ai suoi sogni che, dall'espressione che aveva dipinta sul volto, dovevano essere pacifici e sereni. La osservò con tenerezza per un momento, fino a quando decise di alzarsi. Si scoprì lentamente, nel tentativo di non fare rumore, e si mise seduta sul bordo del letto. Cercò con lo sguardo le sue leggere pianelle di seta ma, come sempre, non si trovavano. Alla fine decise di farne a meno e si mise in piedi, facendo ricadere a terra il bordo guarnito di pizzo della sua lunga camicia da notte di mussola bianca. Si mosse verso la finestra, scostò le tende e sbirciò il giardino all'esterno: era proprio la luce del sole di una calda giornata estiva quella che lo illuminava, facendo brillare, nel boschetto all'estremità del prato, il verde delle foglie sugli alberi. Caroline sorrise e decise: quella, per lei, sarebbe stata una bella giornata. Una giornata importante. Il suo era un desiderio o un presentimento? Scelse la seconda opzione, cosa che rendeva questo auspicio ancora più probabile. Aprì piano la porta della camera e se la richiuse delicatamente alle spalle. Nella casa deserta scese le scale con lentezza, un gradino alla volta, senza saltare come faceva di solito. Andò nella grande cucina nella quale Betty, la domestica, non aveva ancora aperto la porta che dava sul cortile e sull'orto per spargere il becchime per le galline ma dove Bella, una piccola e graziosa cagnolina chiara dalle macchie fulve, la accolse scodinzolando. Seguita da Bella, Caroline passò nella sala da pranzo, immersa nella penombra, superò il piccolo atrio di ingresso il cui portone era ancora sbarrato ed entrò nel salotto. Il suo sguardo scivolò sul “patriarca”, il vecchio pianoforte accostato a una delle pareti di fianco a una finestra. Si trattava di uno strumento che il marchese Jacques de B., suo padre, aveva suonato fin da ragazzo e che, per un assurdo gioco del destino, quando anni prima si era rifugiato in Inghilterra insieme alla moglie e alla giovanissima Caroline per sfuggire alle sommosse che in Francia già annunciavano la Rivoluzione, era ben presto diventato un prezioso mezzo di sostentamento. Alcune parentele inglesi del marchese de B. per ascendenza paterna e il modo in cui il trasferimento era stato organizzato avevano fatto sì che, nel primo momento di quell'esilio, la piccola famiglia di profughi si fosse trovata in una condizione economica migliore rispetto a quella di altri nobili emigrati dalla Francia successivamente allo scoppio della Rivoluzione. Ma poco dopo, quando le cospicue rendite delle terre e dei domini della casata non erano più arrivate da oltre Manica a causa dei disordini, anche il marchese de B. si era ritrovato, come molti suoi già facoltosi compatrioti, nella necessità di dover lavorare per provvedere alla propria famiglia e a quella di sua sorella Jeanne, che lo aveva raggiunto. Per ricavare del denaro aveva venduto la dimora di campagna ereditata dai suoi avi in Inghilterra nella quale si era inizialmente trasferito acquistando, poco lontano, un'abitazione più piccola e modesta. Nonostante le ridotte dimensioni, quella casa dall'atmosfera intima e raccolta lo aveva subito incantato, convincendolo del fatto che avrebbe potuto viverci in pace e armonia con la sua adorata moglie, la figlia Caroline e le altre due bambine, gemelle, nel frattempo venute al mondo. Nel semplice edificio dall'aspetto delizioso che sorgeva in mezzo a un prato circondato da un bosco dove avevano trovato rifugio alcuni vasi con pregiate piante di camelia, specie botanica da tempo prediletta dai marchesi de B., con le stanze piene di luce disposte armoniosamente su due piani e le pareti esterne ricoperte da vivaci rampicanti, nel corso delle settimane, dei mesi e degli anni, la famiglia si era ulteriormente accresciuta. Qui Jacques de B., esperto e virtuoso musicista dilettante, aveva iniziato a proporsi per dare lezioni di musica: pianoforte e canto. Mai, nel corso della sua precedente vita in Francia, aveva pensato che la musica, la sua grande passione, sarebbe diventata il lavoro che gli avrebbe consentito di mantenere i propri figli! Nel bel mondo nel quale aveva sempre vissuto, il suo talento musicale era stato conosciuto e apprezzato. Non aveva pertanto avuto problemi nel promuovere la sua attività in Inghilterra. Nella stagione estiva e autunnale, pigre e leziose signorine e viziati rampolli provenienti dalle vicine dimore di campagna avevano così cominciato a frequentare la sua casa e, in particolare, proprio quel piccolo salotto adiacente al suo studiolo dove era installato il vecchio “patriarca”. Ogni tanto il marchese de B. si era imbattuto in discepoli di talento, cosa che gli aveva procurato una certa soddisfazione. Nel tempo la sua “fama” si era talmente accresciuta da renderlo un insegnante molto richiesto, molto alla moda, al punto che, da qualche anno, si era potuto concedere il lusso di selezionare gli allievi più promettenti. Caroline sfiorò lentamente il coperchio del vecchio pianoforte e si diresse verso la porta socchiusa dello studiolo di suo padre. Come immaginava, sapendo che lui trascorreva spesso notti tormentate e quasi insonni, lo trovò lì, intento a scrivere una lettera. Sentendo la porta aprirsi, Jacques alzò lo sguardo, vide la figlia e subito le sorrise. Con una mano la invitò a entrare e le fece cenno di sedersi nella severa poltroncina blu che si trovava di fronte allo scrittoio, tornando subito alla sua occupazione. Caroline si adagiò sui cuscini, si stiracchiò, arrotolò su un indice una ciocca dei lunghi capelli biondi che le ricadevano in ampie onde sulla schiena, poggiò i piedi nudi sul bordo della poltroncina muovendo le dita delicate sotto l'orlo della camicia e, con il mento appoggiato alle ginocchia, rimase a guardare le parole che prendevano rapidamente forma sul foglio nella minuta calligrafia paterna. Facendo risalire lo sguardo esaminò Jacques con attenzione e, come sempre, pensò che nonostante avesse quasi sessant'anni e quella mattina non si fosse ancora rasato e pettinato, fosse uno degli uomini più belli che avesse mai incontrato. Indugiò con piacere sui particolari: sui suoi capelli biondi e arruffati, ancora folti, tra i quali le ciocche bianche si intravedevano appena; sugli occhi chiari, ombreggiati da ciglia scure, un poco stanchi dietro gli occhialini che ormai indossava sempre per leggere e per scrivere; sul naso piuttosto importante e sul disegno perfetto delle labbra; sulle mani forti ed eleganti; sul fisico prestante. Caroline ridacchiò tra sé osservando che, sebbene quasi del tutto vestito, fosse ancora scalzo. Quella di camminare per le stanze senza scarpe e senza calze era una “deplorevole abitudine”, come la definiva sempre la mamma, che padre e figlia condividevano. Jacques finì rapidamente di scrivere la sua lettera, si tolse dal naso gli occhialini e ricambiò lo sguardo affettuoso della figlia. «Buongiorno Tesoro! Mi fa piacere vedervi qui! Vi siete alzata presto, questa mattina.» Lei gli sorrise e annuì. «Avete delle cose particolari da fare? Siete in attesa di qualche novità?» Caroline scosse la testa. «No, niente di tutto questo», sussurrò. «Ma oggi, per me sarà una giornata importante.» Jacques la guardò con interesse. Attese che lei si spiegasse ma, dato che rimaneva silenziosa, la incalzò con un tono affettuoso. «Allora? Raccontatemi! Ditemi! Sapete che sono interessato a tutto ciò che vi riguarda.» «Non so bene, papà. Però sento che oggi succederà qualche cosa di bello...» «Voglio sperare che sarà veramente così, mia cara, e che questa, per voi, possa essere una meravigliosa giornata.» Lei assentì. «E voi, che farete, papà? Avrete un po' di tempo per studiare con me?» «Mi piacerebbe, Tesoro, ma oggi non posso promettervelo. Attendo un nuovo allievo, il figlio del conte di L., che mi è stato descritto come particolarmente talentuoso. Pare che dopo molti anni di assenza da questi luoghi abbia deciso di venire a trascorrere un periodo in una tenuta della sua famiglia che si trova poco lontano da qui, proprio per studiare con me. Ci credete?» Jacques le lanciò uno sguardo divertito e le sorrise. «Mi perdonerete? Nel caso, se ne avrete voglia, ci rifaremo domani.» Caroline lo fissò, fece una buffa smorfia di disappunto, ma poi annuì. Jacques si riscosse all'improvviso, forse udendo la pendola del salotto che stava battendo l'ora. «Presto Tesoro! Andate a prepararvi. Tra poco vostra madre si alzerà e sapete anche voi come si arrabbia quando non siamo tutti pronti per fare colazione.» Le fece l'occhiolino, scherzoso, mentre si alzava in piedi. Si chinò su di lei posandole un leggero bacio sui capelli e, mentre Caroline si levava a sua volta dalla poltroncina nella quale era sprofondata, la spinse dolcemente fuori dalla porta. Guardandola sparire di corsa insieme a Bella, silenziosa e leggera come una farfalla bianca, Jacques sorrise. Ma non appena lei scomparve dalla sua vista, chinando lo sguardo pensieroso, sospirò profondamente scuotendo la testa. |
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