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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Saluti dalle Seychelles
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Venerdì – verso mezzogiorno.
Trentotto gradi e mezzo, e sole a picco sul lastricato. Ci sarebbe voluto ben altro, per fermare Vanna Bartolotti. Il resto di Verona poteva chiudersi in casa, tapparelle abbassate e condizionatori a pieno regime per contrastare il caldo dei primi d'agosto; ma lei procedeva spedita per la via deserta, calcando bene i tacchetti dei sandali. Non sarebbe stata l'afa, ad averla vinta. Non su di lei. Era quasi mezzogiorno, e per strada non si vedeva nessuno. Chi era in vacanza, era già partito; gli altri si guardavano bene dall'affrontare quell'inferno, se potevano evitarlo. Vampate roventi salivano dal marciapiedi. Vanna procedeva spedita, l'ampio vestito di lino pervinca che ondeggiava attorno al suo corpo secco e nervoso. Non era da lei farsi condizionare dal caldo, dal freddo, dall'opinione altrui o dal semplice buonsenso. Via Quattro Novembre appariva insolitamente silenziosa e deserta: sembrava impossibile che si trattasse della stessa strada trafficata del resto dell'anno. Del resto, quello era Borgo Trento, assieme al centro storico il quartiere più prestigioso della città: era normale aspettarsi vita, movimento. Vanna fece una smorfia di disprezzo. Sono tutti in vacanza, si disse, senza ovviamente pensare che in vacanza stava per andarci pure lei. Svoltò nell'ultima traversa, trovandosi davanti al palazzo. “Il” condominio, l'edificio che aveva l'onore di ospitare il suo appartamento. Lo guardò con aria d'approvazione: il nonno li aveva saputi fare, i lavori, niente da dire. Poteva essere stato un semplice muratore, ma era un uomo che aveva saputo il fatto suo, e a meno di venticinque anni aveva avviato la sua impresa edile personale. Certo, aveva avuto fortuna: nel dopoguerra case da ricostruire ce n'erano state parecchie, il lavoro non era mancato e i soldi avevano cominciato a scorrere. Duro lavoro e testa per gli affari: ecco come era stato creato, il patrimonio dei Bartolotti. Quel palazzo davanti a lei era appunto il primo lavoro del nonno, che aveva voluto per sé uno degli appartamenti; quello in cui ora abitava lei, la sua erede. Vanna sorrise tra sé, mentre scorreva lo sguardo sull'edificio: sei piani, due appartamenti ampi e signorili per piano. Lei abitava al quarto, il cuore dell'edificio, si può dire. Andò alla cassetta condominiale della posta: sulla sua, l'etichetta di carta riportava, stampato molto in grande, BARTOLOTTI. Sotto, aggiunto a mano e in piccolo, Anderlini. Controllò in fretta l'interno, ne tolse un paio di buste e le mise in borsetta. Poi superò il cancello, protetto da una tettoia ottenuta da una lastra di pietra chiara, ed entrò nell'assolato spiazzo condominiale: da un lato, la rastrelliera di ferro per le biciclette, riparata da una tettoia; dall'altro, un paio di vasi con degli oleandri mezzo rinsecchiti dal caldo, ma che continuavano a fiorire nonostante tutto. Nell'aria calda, le giunse il profumo dolce dei loro fiori bianchi e rosa. Vanna salì i pochi scalini che conducevano all'ingresso. Attraverso il portone aperto, nell'ombra (calda) dell'atrio tutto marmo bianco e ottoni dorati, vide un terzetto di persone che chiacchieravano: Vanna si rabbuiò subito. Contrariamente a quel che succede in molti palazzi, in quel condominio tutti conoscevano tutti. Farsi gli affari altrui sembrava l'occupazione principale di gran parte degli inquilini. E come potrebbe essere diverso?, si disse Vanna. Sono quasi tutti pensionati, o insegnanti in vacanza, o gente in ferie. Nullafacenti. Era cresciuta col culto del lavoro, e soprattutto dei soldi, lei. Riposo e vacanze li vedeva come tempo improduttivo, anche se piacevole. Si drizzò fieramente nel suo metro e cinquantasette tacchi compresi, strinse le labbra, alzò il mento e affrontò i tre che si frapponevano tra lei e l'ascensore. – Buongiorno – e l'ingegner Carlo Benetti, una sorta di anziano, filiforme gentiluomo che viveva al sesto piano, si tolse educatamente il suo panama. – Come va? – questo era il professor Ignazio Signoretto del quarto, alto, magro e fornito di occhiali cerchiati d'acciaio che non perdevano nulla di quanto accadeva. – Stiamo per partire, vero? – ultima, la peggiore del gruppo: la signora Attilia Marassi, piccola, secca, nasuta, i capelli color sabbia e la mente-casellario in cui erano schedati vita e peccati dell'intero condominio. – È agosto. Mio marito, l'ingegnere, è finalmente in ferie – rispose Vanna, calcando molto su “ingegnere”. Per quanto lo reputasse d'intelligenza subumana, Piero era pur sempre suo marito, e come tale andava difeso dalle varie linguacce del palazzo. – Immagino che farete anche quest'anno uno dei vostri bellissimi viaggi – continuò la signora Attilia, mentre gli occhiali del professor Ignazio la fissavano, avidi. – Abbiamo l'aereo, domani – rispose con nonchalance Vanna, e scosse leggermente la testa. I due uomini non abboccarono; invece, la signora Attilia notò subito la tinta biondo chiarissimo appena fatta, i capelli tagliati corti all'ultima moda (“sembrerà una ragazzina svedese”, aveva giurato il parrucchiere). – Oh, vedo che ci siamo fatte belle – gongolò, scambiando occhiate significative col professor Ignazio. L'ingegner Benetti, troppo anziano e bonario, si limitò a tacere: i suoi gusti in fatto di acconciature femminili erano rimasti indietro ai primi anni Sessanta, e quei capelli corti e gialli dal taglio destrutturato gli davano l'idea di uno scontro con un gatto molto nervoso. – Una sistematina, prima di partire – rispose Vanna, molto noncurante, mentre cercava di farsi largo tra la signora Attilia e il professor Ignazio. Visto che ormai l'attenzione dei due era concentrata tutta su Vanna, l'ingegner Benetti si rimise in testa il panama e approfittò per guadagnare la scala: avrebbe richiamato l'ascensore dal primo piano, l'importante per ora era liberarsi dei due peggiori pettegoli del palazzo, prima che lo riacchiappassero per coinvolgerlo ancora una volta nelle loro chiacchiere. Per sua fortuna, la signora Attilia e il professore erano troppo presi da Vanna, per accorgersi della fuga della loro preda. – Scusate, ho fretta – e Vanna riuscì a districarsi e a raggiungere finalmente la pulsantiera. – E dove andiamo, di bello? – incalzò il professor Ignazio, mentre lei chiamava l'ascensore. – Stiamo via solo una quindicina di giorni – cinguettò Vanna. Tamburellò contro il muro: ma quanto ci metteva, quel dannato aggeggio? – Abbiamo l'aereo a un'ora impossibile, per cui partiremo in piena notte. Vedremo di non disturbare nessuno. – Dove andate? – chiese la signora Attilia. – Qualcuno vi accompagna all'aeroporto? – s'informò il professore – Posso portarvi io, altrimenti. Vanna gli rivolse un sorriso radioso: – Lei è troppo gentile – Il solito ficcanaso! Cosa non farebbe, per sapere tutto di tutti... – Abbiamo già prenotato il taxi, grazie. – Capisco – era contrariato, era evidente. Uomo solo, interessarsi delle vite altrui per lui era una sorta di droga. – Dove andate? – insisté la signora Attilia. Vanna sorrise, tacque un attimo giusto per mantenere viva la suspense (Crepa di curiosità, vecchia arpia!). Le porte dell'ascensore si aprirono davanti a lei. – Alle Seychelles – entrò rapidamente nella cabina prima che la signora Attilia potesse aprir bocca e premette il pulsante per il quarto piano. Le ante si chiusero, spietate. Il professor Ignazio e la signora Attilia avevano però ben altro da pensare: da settimane si erano arrovellati per sapere la meta delle vacanze di Vanna, e solo ora finalmente avevano avuto la Grande Rivelazione. Le Seychelles! Del resto, non c'era da stupirsene: Vanna era sempre andata in vacanza in luoghi come Dubai, i Caraibi, le Hawaii... le Seychelles, dunque! Ma perché non aveva voluto dirlo prima? Sembrava quasi che avesse un segreto da mantenere... anzi, sicuramente c'era qualcosa che aveva voluto tacere, aveva un'espressione così strana... sì, proprio strana... eccetera eccetera.
***
Vanna si appoggiò con le spalle contro la parete metallica dell'ascensore (calda pure quella). Prese fiato, e l'odore dell'ascensore, un misto di plastica e detergente, le entrò nelle narici. Oh, quella gente insopportabile che doveva sempre farsi gli affari altrui! Oh, poter andar via, non dover più avere a che fare con quei ficcanaso... Ma adesso avrai quindici giorni di vacanza, le sussurrò all'orecchio una vocina malefica. Vanna sbuffò. Quindici giorni di vacanza. Come no.
***
Il cancelletto si aprì di nuovo, e Luisa posteggiò la bici nella rastrelliera condominiale. Si tolse di spalla lo zainetto: si sentiva la schiena sudata, e non vedeva l'ora di finire sotto alla doccia. Controllò l'orologio: dodici e quarantacinque. Aveva tutto il tempo di rinfrescarsi, pranzare e rilassarsi un poco sul divano prima di tornare all'agenzia. La fortuna di lavorare a breve distanza da casa... Scosse la testa gettando all'indietro i capelli color cioccolato, salì gli scalini ed entrò nell'atrio buio; si tolse gli occhiali da sole, e il sorriso le gelò sulle labbra. La vecchia Attilia e Ignazio-che-strazio. Il peggior comitato di ricevimento che ci si possa immaginare. – Buongiorno, Luisa – disse subito lui, drizzandosi nella persona e sfoderando il più affascinante dei suoi sorrisi. Bruno e snello, sui cinquanta ben portati, sarebbe stato un bell'uomo, se non avesse avuto in sé un qualcosa che rammentava una vecchia zia e che guastava del tutto l'insieme. La signora Attilia sogghignò: Luisa era considerata da tutti i condomini la più bella ragazza della zona. Da anni il professor Ignazio le faceva una corte serrata, da anni lei si difendeva strenuamente, gentile ma fermissima – e da anni, la signora Attilia si chiedeva come sarebbe mai finita quella telenovela. – Buongiorno. Scusate – e Luisa cominciò una sorta di slalom tra i due, nel tentativo di guadagnare l'ascensore. – Hai saputo la novità? – insisté il professore, gli occhiali puntati sulle curve appetitose di Luisa, valorizzate dalla camicetta rossa e dai pantaloni bianchi – Finalmente la Bartolotti ha detto dove andrà in vacanza! Lei sorrise, ma lo sguardo era quello di chi osserva un perfetto imbecille: – Non sto nella pelle dall'emozione. Lo scansò per raggiungere l'ascensore, ma Ignazio non era tipo da mollare facilmente: – Prova a indovinare. Luisa guadagnò finalmente la pulsantiera e premette il bottone: – Il mondo è grande, Ignazio. Lo so bene, dato che lavoro in un'agenzia viaggi. Lui abbassò la voce e si guardò attorno con aria da cospiratore: – Le Seychelles. – Ah – fu la risposta a tanta rivelazione – Bene, che si diverta. – Ce l'ha detto solo oggi, e parte domani – insisté Ignazio – Gli anni scorsi sapevamo sempre molto in anticipo dove sarebbe andata in vacanza... vero, Attilia? – Oh, certo! – esclamò lei – Ce lo diceva mesi prima! – Quest'anno, invece, non ha voluto dircelo. Chissà perché. Luisa gettò uno sguardo verso l'alto. Il vecchio ascensore era sempre più lento, o almeno così sembrava. – Ignazio, esiste anche la privacy. – Vanna ha sempre sbandierato le sue vacanze! – insisté lui, non domo – Come ha sempre ostentato i suoi vestiti, i gioielli, le automobili e tutti i suoi soldi. Sai com'è fatta, Vanna: deve spendere, e soprattutto far sapere che ha speso. – Sì – Luisa gettò un'occhiataccia alla mano che lui aveva distrattamente posato sulla porta dell'ascensore. – Per cui, perché quest'anno ha fatto la misteriosa? – Non mi sembra che abbia fatto la misteriosa, dato che ti ha detto dove va. È arrivato l'ascensore, Ignazio. – Ma non hai visto come lo ha detto... per me, ci sta nascondendo qualcosa. Cosa credi che sia? – Un cadavere chiuso nei sacchi di plastica! – esclamò lei, facendolo sobbalzare – Insomma, Ignazio, francamente non m'importa nulla di cosa faccia Vanna e dove accidenti vada in vacanza. Anzi, ho fretta, per cui leva quella mano dalla porta, grazie. Ignazio si scostò di scatto e Luisa fu rapida a svicolare nell'ascensore e soprattutto a far chiudere le ante. Ebbe una rapida visione di occhiali delusi e poi scocciati: solo in quel momento, il professore aveva realizzato che avrebbe potuto infilarsi a sua volta nella cabina e restare in eccitante vicinanza con lei fino al terzo piano. Povero Ignazio, i riflessi rapidi non erano uno dei suoi punti di forza. Si appoggiò con la fronte contro la parete metallica, calda pure quella, e respirò di sollievo. |
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