|
Writer Officina Blog
|

Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
|
|
|
|
Conc. Letterario
|
|
Magazine
|
|
Blog Autori
|
|
Biblioteca New
|
|
Biblioteca Gen.
|
|
Biblioteca Top
|
|
Autori
|
|
Recensioni
|
|
Inser. Estratti
|
|
@ contatti
|
|
Policy Privacy
|
|
Un bicchiere di bicarbonto
|
Così, finalmente, rientrarono in albergo. Non persero tempo in chiacchiere, ma neanche si affrettarono particolarmente. Parlavano poco, con quell'enorme sottinteso ansiogeno pendente sulle loro teste. Sembravano due ragazzi di leva che stanno entrando per la prima volta al CAR. Sergio non aveva osato chiederle se per lei fosse la prima volta, perché non voleva doverle confessare che lo era per lui. Così, aveva deciso di assumere l'atteggiamento dell'uomo di mondo, che ha fatto tre anni di militare a Cuneo, sicuro di sé, benevolmente tollerante e per nulla geloso riguardo alle passate esperienze di lei. E in cuor suo sperava ardentemente che ce ne fossero state, perché quando ti metti a montare un mobiletto, o a sturare un lavandino, almeno uno della squadra che l'abbia già fatto ci vuole. Viceversa, non aveva paura del confronto con eventuali precedenti uomini, perché non aveva una rappresentazione mentale sufficientemente concreta di quello che si andava a fare, e non capiva come e perché uno avrebbe potuto risultare più bravo di un altro. A premere un pulsante, o giù di lì, siamo tutti uguali. Aveva come un deficit cognitivo specifico, come uno scotoma: non aveva mai capito veramente il senso dell'espressione «bravo a letto», non gli era mai passato per l'anticamera del cervello che gli uomini potessero avere un'ansia da prestazione: provava sì un'ansia grande, sotto traccia, ma di natura generica, fatta di paura dell'ignoto e della prima volta; ma non capiva come in quel campo ci potesse essere competizione con qualcuno, perché di quello sport non aveva mai visto una gara, per lui era solo una parola, o un concetto astratto, di natura descrittivo-definitoria. E, sempre in generale, amava negare a se stesso che la realtà comportasse un'inevitabile dose di confronto e di conflitto fra maschi, in tanti campi. Tranne forse in quello di chi si esprime meglio con la parola scritta.
Di comune accordo, tolsero la sovraccoperta dal letto, poi Alice disse: «Vado in bagno a prepararmi...». «Ma non ci spogliamo insieme?» provò Sergio a buttarla lì, apparentemente scherzando, ma non troppo. «Non esagerare...». Ma in ogni modo la cosa fece gioco a Sergio, che approfittò dell'assenza di lei per tirar fuori dalla valigia la scatola dei preservativi e appoggiarla sul comodino, strategicamente seminascosta dal pacchetto dei fazzolettini di carta. Ed entrò nel letto in t-shirt e boxer, come da film americano. Aveva pensato prima a come e dove metterlo, il preservativo, e la cosa più «normale», e anche più gentile nei riguardi di Alice, gli era sembrata aspettare che lei tornasse, poi dirle «Scusa un attimo, metto il preservativo», alzarsi a mezzo busto dalla sua parte del letto girandole la schiena, togliersi i boxer con nonchalance facendoli scivolare lungo il corpo, mezzo seduto, e condurre in porto l'operazione, muovendosi nel modo meno goffo possibile. Farsi trovare a letto col preservativo già infilato gli era sembrato un eccesso di arroganza, quasi di disprezzo per lei, arrapato solo al pensiero, a prescindere da te, dalla fatica che certamente hai fatto per farti bella, e dalla cura che ci hai messo a prepararti. E poi aveva la mezza speranza, come aveva letto in qualche libro divulgativo e in qualche rivista, che si offrisse lei di metterglielo, come gioco preliminare. Ma gli sembrava improbabile. D'altra parte, farsi trovare da lei nudo e in piedi, in piena sfacciata erezione, sarebbe stato troppo esibizionistico, quasi una prepotenza. Certe cose è divertente fantasticarle, ma, la prima volta, meglio procedere coi piedi di piombo, nel modo più «normale» possibile. Lei uscì dal bagno con una camiciola da notte corta sopra la biancheria, e fece per entrare nel letto. Sergio, da supino che era con la testa appoggiata al cuscino, che gli era sembrata la postura più disinvolta, si sollevò cortesemente per guardarla e accoglierla con lo sguardo, sorridendo. Cercò di buttare la coda dell'occhio all'istante in cui lei si sarebbe tolta le pantofole e avrebbe fatto compiere ai piedi un piccolo semicerchio nell'aria per infilarli sotto le coperte, amante com'era dei piedi femminili, e curioso se avesse lo smalto alle unghie anche d'inverno, ma non voleva scomporsi troppo, o fare cose strane. Era anche un filino deluso che lei avesse deciso di indossare una mise così castigata – o la camicia da notte o la lingerie, non tutt'e due! – ma, sempre in onore della prima volta, gli andava bene tutto. E poi, lo attraversò fugacemente il pensiero, così sarà un po' più lungo e divertente spogliarla!, speriamo... Si girò cortesemente verso di lei e le sorrise. Alice ricambiò il gesto. Allungò un braccio per cingerla e lei accettò, facendosi sotto e guardandolo un po' ironicamente. Poi provò a baciarla: lo sapevano tutti e due che il bacio non era il punto forte di Sergio, ma avevano raggiunto da tempo il tacito accordo di provarci ogni volta, sperando che con l'esercizio la cosa andasse sempre meglio. Sergio disegnò un mezzo semicerchio con le labbra su quelle di lei, sperando di non risultare troppo secco, come succedeva di solito. Poi tentò con una punta di lingua, giusto un pochino, entrando appena in contatto con quella di lei, per salvare la forma e rispettare la procedura prevista dal manuale. Lei lasciò fare, come al solito, e bontà sua accennò un abbozzo di risposta, più o meno uguale e contrario al suo, poi le loro bocche si staccarono, entrambe consapevoli di aver fatto la loro parte, per ora. Niente da fare, il bacio era, e sarebbe sempre rimasto, un mistero per Sergio. Non era mai riuscito a capire che gusto ci fosse e perché le donne gli dessero tanta importanza. Forse perché da piccolo non era stato praticamente mai baciato da sua madre, e gli unici baci che conosceva erano quelli obbligatori sulle guance delle vecchie zie, chissà. Terminato il capitolo bacio e cercando di non lasciare buchi nell'azione, appoggiò la testa sul cuscino e cominciò a giocherellare col dito sulla spallina della camiciola di lei, tentando di spingerla un po' verso la curvatura della spalla. «Di già? Porco!» scherzò Alice. «Non va bene?». «Scherzavo, scemo!», E gli offrì il collo, che lui cominciò a sbaciucchiare: un po' goffamente, ma aveva capito il messaggio. Dal collo cercò di scendere piano piano verso l'attaccatura del seno, ma, quando le sue labbra attaccarono il confine fra la pelle e la camiciola, lei si ritrasse leggermente. «Che c'è?». «Va bene, dai, non ti preoccupare», lo rassicurò lei, non entusiasta, ma come un po' rassegnata. Così lo lasciò fare, mentre la bocca di lui percorreva verso il basso la rotondità, facendo un po' di fatica a spingere indietro il doppio strato di camiciola e reggiseno, finché riuscì a conquistare il capezzolo. Lei ebbe come una piccola scossa elettrica, e Sergio cominciò un po' a succhiarlo e un po' a mordicchiarlo. Si sentiva fasullo, e meccanico, perché quei movimenti era come se non gli appartenessero, ma era pieno di buona volontà e di senso del dovere. Si sentiva anche un filino ridicolo, pensando all'allattamento, e immaginandosi che qualcuno stesse a guardarli, ma insomma, nei film lo fanno... «No!» disse lei dopo un attimo, «con le mani!...». Così Sergio tirò fuori le mani da sotto il lenzuolo e cominciò a usare quelle sul seno di Alice: lei sembrò gradire. Disegnava delle piccole rotazioni coi palmi sul centro delle tette, e ogni tanto cercava di variare prendendo i capezzoli fra le dita e strizzandoli un po'. Ma dopo qualche secondo cominciò a sentirsi ansioso e a preoccuparsi: e adesso? Quanto devo andare avanti così? Lei non si lamentava, e sembrava disposta ad andare avanti, anche se non dava particolari manifestazioni di gradimento. Sergio era preso come da una leggera sensazione di irrealtà: gli sembrava di toccare non il corpo di un essere umano, ma un oggetto inanimato, come una superficie di cartone un po' bagnato. E si sentiva lui un po' irreale, come se si guardasse dall'esterno mentre lo faceva, come se fosse uno spettatore con uno scatolone di popcorn in mano che guarda pazientemente una scena non troppo interessante. Decise di cambiare, e provò a scendere con le mani, ma la camiciola glielo impediva. «Te la posso togliere?» chiese, mettendo le dita sulle spalline. «Sì». Lui allungò le mani verso il bordo inferiore della camiciola, avvitandosi un po' nel letto in una posizione a metà fra sdraiato e seduto, ma lei lo precedette, prendendo i bordi inferiori dell'indumento e sfilandoselo. Allora Sergio, non sapendo che fare con le mani, le portò dietro la schiena di lei, entrando in contatto col ferretto del reggiseno e ciancicando un po'. «Dai chiattone, guarda quello che fai!» scherzò Alice – perché lui era sovrappeso e lei napoletana –, girandosi anche lei nel letto e offrendogli la schiena. Alla fine riuscì a sganciare il ferretto, che partì come un elastico, allargando le due fettucce come ali di un uccello che spicca il volo e aiutando il moto espulsivo del reggiseno. Alice si rigirò frontalmente, regalando la panoramica ravvicinata del suo seno nudo, e Sergio, forse per la prima volta dall'inizio delle operazioni, ebbe un moto di pulsionalità spontanea e ci affondò la faccia in mezzo: ecchediavolo, un classico dei classici, due belle tette al vento a disposizione! Come nei fumetti porno del ginnasio! Ci strofinò un po' la faccia e con la lingua accennò anche a percorre il canaletto, cosa che lei sembrò gradire più delle cose precedenti. Ma non indugiava mai troppo, fino in fondo, sulla stessa pratica, perché era come se gli venisse subito a noia, o avesse paura che venisse a noia a lei. Sembrava che avesse sempre paura di affondare il colpo, qualsiasi cosa facesse, o di rompere qualcosa. Come da bambino, quando gli compravano un giocattolo nuovo e lo rompeva quasi subito, maneggiandolo grossolanamente prima di averne preso bene le misure, e prima quasi di aver capito che cosa fosse e come si usasse. Così, cercando di mantenere la manovra fluida e disinvolta, come se con una mano tenesse aperta la pagina di un manuale e con l'altra eseguisse quello che via via leggeva, le fece scivolare le mani lungo i fianchi, fino all'attaccatura delle mutandine, e cominciò a spingerla in basso. «Ma no, dai!» protestò Alice per dovere d'ufficio, ma Sergio decise di fare il maschio dominatore e gliele sfilò fino alle caviglie – e via, approfittandone per accarezzarle il dorso dei piedi e i calcagni. «Va bene così?» gli chiese lei beffardamente, offrendogli la visione di tutta la sua nudità. «Sì, grazie» rispose Sergio mitemente, tanto ormai lo scopo era raggiunto. «Possiamo lavorarci?...» chiese, indicando col cenno della testa l'area pubica di lei. «Dai...». E Sergio allungò una mano incerta a sfiorare la leggera peluria di lei, che si irrigidì leggermente, ma si mantenne salda e disponibile, come aspettando qualcosa. Sergio appoggiò tutto il palmo della mano sulla vulva, accarezzandola alla cieca, senza sapere esattamente cosa stesse toccando. Come prima con il seno, continuò per un po', mentre lei si rilassava e sembrava gradire, facendo degli scattini e rotolandosi un po' sui fianchi a destra e a sinistra. A un certo punto mandò uno strilletto, e le sue gambe ebbero come una contrazione improvvisa. Dopo un po' però, al solito, Sergio ebbe il timore di annoiarla e di starla tirando troppo in lungo. E di colpo si sentì anche stanco, aveva lavorato troppo, gli sembrava sempre di fare tutto lui, mantenendo costantemente l'iniziativa, cosa per lui del tutto innaturale, e adesso voleva un po' di accudimento per sé. |
Votazione per
|
|
WriterGoldOfficina
|
|
Biblioteca

|
Acquista

|
Preferenze
|
Recensione
|
Contatto
|
|
|
|
|