|
Writer Officina Blog
|

Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
|
|
|
|
Conc. Letterario
|
|
Magazine
|
|
Blog Autori
|
|
Biblioteca New
|
|
Biblioteca Gen.
|
|
Biblioteca Top
|
|
Autori
|
|
Recensioni
|
|
Inser. Estratti
|
|
@ contatti
|
|
Policy Privacy
|
|
Ho urlato il tuo nome
|
La panchina era fredda sotto di loro, e la striscia argentea del riflesso lunare danzava sulle onde scure del mare. Erika fissava quel bagliore come se fosse l'unica cosa che contasse, il silenzio tra lei e Andrea ormai troppo pesante. Lo skate park era animato da luci e suoni distanti, invaso da ragazzi che chiacchieravano vicino alle rampe, dal rumore delle ruote degli skateboard sull'asfalto, e qualche risata isolata. Ma dove erano seduti Erika e Andrea regnava la calma di quello spazio appartato. Un lampione guasto li avvolgeva in un'oscurità che sembrava fatta apposta per nasconderli, il muretto coperto di graffiti e gli alberi intorno creavano un piccolo angolo fuori dal tempo. “Cosa vuoi dirmi?” chiese Erika all'improvviso, interrompendo il silenzio di piombo. Andrea si prese un momento prima di rispondere. “Volevo solo vederti... sapere cosa ne pensi di quello che sta succedendo tra noi.” “Cosa sta succedendo? Magari me lo spieghi tu.” Erika lo guardava, la luce della luna illuminava appena il suo viso, accentuando i contorni tesi della sua espressione. Andrea distolse lo sguardo, fissando un punto indefinito. "Non lo so! Non so cosa mi sta succedendo. So solo che è complicato.” Erika rise amaramente, scuotendo la testa. "Complicato, dici? Certo, come tutto quello che riguarda i bugiardi.” Si alzò di scatto. Mettendosi davanti a lui. “Dimmi la verità. C'è un'altra?” "Non dire cazzate, Erika!” protestò Andrea, esasperato da quella sua affermazione. “Cazzate?” Gli occhi di lei si accesero di rabbia. “Non negarlo. Tu vuoi solo giocare con me? Entrarmi nelle mutande e basta, vero?'” Andrea sbottò, la sua voce era carica di frustrazione e sgomento per i pensieri di lei. “E tu? Chi era il tipo al quale controllavi le tonsille con la lingua l'altra sera?” Partì all'attacco. La domanda colpì Erika come uno schiaffo. Scosse la testa incredula, poi si voltò e iniziò a camminare via, con passo veloce. Voleva allontanarsi il più velocemente possibile da lui. Andrea rimase immobile, guardandola mentre attraversava lo skate park. La rabbia si mescolava a una sensazione più dolorosa, più profonda. Il suo cuore sembrava fermarsi a ogni passo che lei faceva lontano da lui, finché non divenne solo un'ombra. Un puntino nero contro il buio della notte. Restò lì, fermo, incapace di muoversi, con il respiro pesante. Aveva perso le parole, e ora stava perdendo anche lei. Poi, quasi senza pensare, si alzò di scatto e iniziò a correre. Ogni passo rimbombava nel silenzio, ogni battito del cuore era un ruggito nelle sue orecchie. Erika era lontana, ma il movimento la rendeva visibile, più definita. Lei attraversò la strada, un lampione dall'altro lato la illuminò per un attimo prima che svoltasse in una via laterale. Andrea aumentò l'andatura. L'asfalto era duro sotto i piedi, e il sangue gli pulsava nelle tempie. Quado arrivò in prossimità della carreggiata, non esitò. Si lanciò, quasi cieco, il fiato corto, ignorando un'auto che frenò bruscamente per evitarlo. Raggiunse l'angolo della via e girò, senza rallentare. Appena svoltato, la vide. Erika alzò lo sguardo, sorpresa dalla sua presenza inaspettata. L'impatto fu inevitabile. Si scontrarono, e lei cadde a terra. Andrea si chinò su di lei, ansimando. "Erika, tutto ok?” Lei lo scansò con rabbia, rialzandosi da sola e spolverandosi i jeans. “Che cosa fai, Andrea? Ora mi insegui?” Lui non rispose subito, osservando la borsa di lei che giaceva a terra. Vide il pacchetto di sigarette, lo raccolse, e se lo rigirò tra le mani. “Non sapevo che fumassi.” "Non è affare tuo quello che faccio,” ribatté lei, strappandoglielo di mano. Andrea la fissò, il respiro ancora irregolare. 'Ti prego, aspetta. Parliamone.” Erika incrociò le braccia. “Parlare di cosa? Non c'è niente da dire, Andrea. Vai per la tua strada, a farti le tue scopate. Io andrò per la mia, a farmi le mie.” “Ti prego,” le disse, il tono sincero, quasi disperato. "Non è come sembra. Dammi del tempo per spiegarti.” Erika esitò. Per un momento, nei suoi occhi passò qualcosa: un'incrinatura nella sua decisione di sparire dalla sua vita per sempre. Stava per cedere alla richiesta di Andrea. Fino a quando il telefono di lui iniziò a squillare. Andrea guardò il display, e con un gesto le chiese di aspettare in silenzio. Parlò per pochi secondi, la voce ridotta a un sussurro, poi riattaccò. "Chi era?” chiese Erika, la voce fredda. Andrea non rispose, tornando invece al suo appello. "Dammi una possibilità, ti prego.” Lei lo scrutò a lungo, il viso indecifrabile. Alla fine gli permise di avvicinarsi a lei e lo lasciò baciarla, ma non rispose a quel bacio come lui avrebbe sperato, non si abbandonò del tutto. Si staccò dopo un istante e lo salutò con freddezza, allontanandosi senza voltarsi. Lui rimase fermo per qualche secondo, poi si voltò e prese la strada di casa. Andrea varcò la porta di casa come una furia. Il cuore ancora martellante per l'incontro con Erika e per la chiamata ricevuta. Ogni passo riecheggiava nel silenzio del piccolo appartamento, interrotto solo dal respiro irregolare che gli riempiva le orecchie. Si precipitò in camera e aprì l'armadio con uno strattone, le ante cigolarono mentre il suo sguardo correva in alto, verso il ripiano dove teneva la cassetta di ferro. La tirò giù con un gesto deciso, appoggiandola sul letto. Le dita tremavano mentre digitava la combinazione: 1-8-0-3. Lo scatto del meccanismo fu quasi soffocato dal rumore del sangue che gli rimbombava nelle tempie. Sollevò il coperchio e osservò la pistola. Era lì, lucida e fredda e perfettamente pulita... anonima, un oggetto tanto familiare quanto alieno ma sicuro. La prese con una mano, pesandola per un attimo. Ogni dettaglio sembrava amplificato, il metallo gelido contro la pelle calda, il clic sordo del caricatore che si innestava al suo posto. Non era nuovo a quel tipo di routine, ma quella sera aveva un sapore diverso, più acuto. Infilò la pistola nella fondina, che sistemò sulla pendice del fianco, nascosta sotto la maglietta nera. Respirò profondamente. Il petto che si alzava e abbassava con forza. Il ricordo delle parole di Sarah al telefono lo tormentava: “Preparati, dobbiamo andare. I genovesi vogliono incontrarmi. Non mi hanno detto altro, ma è urgente.” Non c'erano state spiegazioni, solo un ordine che lasciava intendere quanto fosse delicata la situazione. Afferrò le chiavi della macchina e uscì di casa, chiudendo la porta dietro di sé. Salì sull'auto, accese il motore e partì. Il tragitto dall'appartamento di Andrea fino all'albergo di Sarah si snodava tra le strade silenziose di una Genova notturna, avvolta dalla brezza salmastra del mare. Superando Albaro, Andrea si immise sulla strada litoranea, una lingua d'asfalto che sembrava quasi sfiorare le onde del mare. I lampioni proiettavano fioche luci sul marciapiede deserto, dove l'unico suono era il lieve sciabordio dell'acqua contro gli scogli. Il mare nero, sconfinato si allungava alla sua destra, un abisso denso e misterioso, mentre alla sua sinistra le case sonnecchiavano, silenziose e immobili. Attraversò Quarto dei Mille, dove la statua Dei Mille si ergeva imponente in una piccola piazza sul lungomare. Il monumento sembrava un guardiano silente, testimone di numerose storie passate, con lo sguardo rivolto verso un orizzonte che non dormiva mai. Andrea rallentò un attimo, lasciando che il suo sguardo scivolasse su quella figura che sembrava osservare il mare come un vecchio fedele amico. Giunto a Nervi, abbandonò la strada costiera e si addentrò nelle vie interne, dove l'atmosfera cambiava. I vicoli stretti e tortuosi sembravano stringersi intorno alla sua macchina, i fari tagliavano il buio e illuminavano brevi tratti di mura in pietra e antichi cancelli. Il silenzio era ancora più profondo, rotto solo dal rumore monotono del motore della sua auto. Infine, il panorama si aprì, e davanti a lui apparve l'albergo di Sarah, una struttura che dominava sulla città e il mare. L'edificio, con il suo stile imperiale e la sua imponenza, ricordava un Re che osserva il suo regno dall'alto, orgoglioso e immobile nel suo splendore. Era circondato da un ampio giardino, dove siepi perfettamente tagliate e alberi maestosi parevano disegnati per impressionare chiunque osasse avvicinarsi. Andrea rallentò mentre andava verso il grande cancello in ferro battuto che sembrava scolpito a mano, un'opera d'arte che incuteva rispetto. L'accesso si aprì davanti a lui, come se lo riconoscesse, lasciando spazio al vialetto in pietra che conduceva al parcheggio. Posteggiò in uno degli spazi riservati ai clienti e scese, sistemandosi la maglia sopra i pantaloni e lasciando che lo sguardo scivolasse verso l'edificio signorile. La striscia di luci LED, incassata nel pavimento, gli indicava la via dalla piccola scalinata fino alle alte porte in vetro e legno dell'ingresso. Si avviò con passo sicuro. Entrando, si trovò avvolto da un'atmosfera che trasudava lusso e potere. La reception, luminosa e curata nei dettagli, era presieduta da un receptionist elegante, intento a lavorare al computer. Andrea fece un breve cenno con la testa, un gesto tanto rapido quanto naturale, a cui l'uomo rispose con un sorriso educato, anche se appena accennato, prima di tornare alle sue faccende. Senza fermarsi, si diresse verso l'ascensore. Le porte lucide riflettevano il suo corpo come uno specchio, erano incorniciate da due enormi piante verdi che aggiungevano un tocco di colore al marmo freddo e austero del pavimento. Premette il pulsante e attese, il riflesso del suo volto rivelava una tensione che cercava di nascondere. La porta si aprì con un leggero rumore. Andrea premette subito il pulsante del piano in cui alloggiava Sarah. |
Votazione per
|
|
WriterGoldOfficina
|
|
Biblioteca

|
Acquista

|
Preferenze
|
Recensione
|
Contatto
|
|
|
|
|