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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Martina Priviero
Titolo: La mia dolce vita
Genere Romanzo Rosa
Lettori 559 2 1
La mia dolce vita
Anni '50, la dolce vita riempie gli animi provati dalla guerra che vuole essere, quanto più possibile, un amaro ricordo.
Tra Caput Mundi e la costiera amalfitana, passeggiando per le vie lastricate di sanpietrini, nuotando nelle azzurre acque tanto care agli dèi.
Un amore ventennale, stanco di esser trascinato, scrive la parola fine, ma un fresco refolo marino già avanza.
L'amore, sentimento dalle svariate sfaccettature e necessario al vitale respiro, scrive le pagine di un'opera leggiadra, poetica, traboccante di aneddoti storici e galoppante pathos.
L'INIZIO DELLA FINE Le sensazioni viscerali non sbagliano mai, e questo Penelope lo sa bene. Il suo sesto senso non l'ha mai tradita, e da troppo tempo le parla di Ludovico, ma lei è sorda, e ogni qualvolta esso le bisbiglia qualcosa, si tappa volontariamente le orecchie.
Penelope è una donna alla soglia dei cinquant'anni, e da quasi venti, ha investito ogni energia possibile e inimmaginabile nella storia con Ludovico.
Prima di lui ha avuto altre due relazioni meno importanti. L'ha conosciuto grazie al precedente compagno, ignaro di ciò che aveva appena contribuito a far nascere. Ludovico era l'esatto opposto di Giulio, sia fisicamente che caratterialmente.
Il primo possedeva l'aria dell'uomo che non deve chiedere mai, con quello sguardo sicuro di ciò che vuole, sapendo di poterlo ottenere. Contrariamente l'altro aveva la classica espressione di uomo servile. Penelope di lui non era propriamente innamorata, aveva imparato a volergli bene per i suoi modi gentili, e servizievoli. Ella era cresciuta con un padre padrone, che spesso e malvolentieri picchiava lei e la mamma, ergo desiderava un altro tipo di uomo, e in Giulio l'aveva trovato. Egli non mancava mai di farla sentire importante, unica, celestiale. Questo a lungo andare l'aveva stancata, ma per non ferirlo, continuava a starci assieme. Quando conobbe Ludovico sentì come una lama conficcarsi al centro del petto. Di lui le arrivò all'istante la sicurezza mescolata alla simpatia di un animo gentile. Egli notò subito l'interesse suscitato in lei, e non fece nulla che rallentasse il loro primo incontro, avvenuto mentre Penelope ancora stava con Giulio.
Penelope, all'esterno della villa nel quartiere Prati a Roma, seduta su una sdraio, con la brezza di inizio estate che le accarezza le gote, ripercorre nostalgicamente quel lontano incontro.
Era una fresca sera di maggio, e Ludovico mi attendeva nel cuore di Roma, a Trastevere, meta preferita da letterati e poeti. Abitavo nei cosiddetti quartieri alti, ovvero al Parioli, ma amavo molto spingermi fino a Trastevere. Trovavo quel quartiere così umanamente colorito, caratteristico e originale, dove poter respirare un'atmosfera bohémien, che riusciva a farmi scordare di essere figlia di un ricco e potente cafone. Ludovico, ben conosciuto nell'osteria da lui scelta, chiese di far preparare un tavolino in fondo alla sala, un po' distanziato da tutti gli altri, e semi nascosto da colonne di pietra. Sul tavolo coperto da una tovaglia di un bianco impeccabile, colore inusuale per una trattoria, c'era un candelabro brunito, e le vettovaglie erano di un acciaio lucidissimo. Solo una volta accomodata mi resi conto che il nostro era l'unico tavolo così agghindato. Ricordo che mi sentivo un po' in colpa nei confronti di Giulio, sapevo di tradirlo, anche se si trattava solamente di una cena. Ludovico però ci impiegò pochissimo a farmi dimenticare il mio contrastante stato d'animo. Passammo l'intera serata in compagnia di un ottimo cibo, e delle nostre tante, e curiose chiacchiere. Durante il tragitto di ritorno a piedi, in quella notte c'era una luna piena troppo bella e ammaliatrice per non farlo, le nostre mani ogni tanto si sfioravano timidamente, ma con volontà di sentire la pelle dell'altro. Ludovico ha sempre avuto delle mani affusolate, calde al tatto, e lisce. Quante volte, mentre come una gatta strusciavo il viso sull'incavo del collo, le adoperava per accarezzarmi la testa. E quante altre ancora mi sfiorava il viso mentre mi baciava con passione e trasporto.
Quella magica sera, mi accompagnò fin sotto casa, incuranti di essere visti da occhi curiosi e cattivi. La decisione di lasciare Giulio nacque in quella medesima notte, varcando la porta di casa nostra.
I quieti pensieri vengono interrotti da Ludovico che chiede: “A cosa pensi? Tieni una faccia!”
“Rammentavo su quando ci siamo conosciuti, e sul nostro primo incontro. Speravo tanto che quella magia tra noi durasse per sempre.”
“Ma quanto sei melodrammatica Penelope. Dovresti saperlo che nulla dura in eterno.”
“Ne sono conscia sì, ma almeno un poco ci speravo.”
OGNI COSA È DESTINATA A MORIRE “È ora di finirla con tutti questi tuoi continui piagnistei”, tuona Ludovico.
“Piagnistei? Così chiami le mie richieste d'attenzione?” risponde Penelope su tutte le furie.
“Se preferisci posso definirli lamenti infantili”, prosegue Ludovico.
“Curioso che tu abbia scelto di usare il termine infantile considerando che tale vocabolo ti veste alla perfezione. Sei rimasto un bimbo capriccioso, viziato e dispotico. Mi chiedo come posso essermi sbagliata così tanto su di te. Sei egoista, cattivo, indisponente. Ti ho dedicato vent'anni della mia vita per avere in cambio cosa? Mai una parola gentile, una carezza, un'attenzione, se non quando faceva comodo a te perché eri smanioso di possedermi. Non sono un pezzo di carne da sbranare solo quando sei talmente famelico da perdere ogni ragione.”
“Attenta a come ti esprimi con me, donna!”
Penelope senza farsi intimidire, rincara la dose: “Ecco sì, almeno una parola giusta l'hai detta, donna, e come tale merito tutte le galanterie esistenti sulla faccia di questo ingrato mondo. Mi hai lusingata con leziose moine solo all'inizio della nostra storia, dando poi tutto per scontato, ma ora basta, mi sono stufata di cotanto irrispettoso comportamento, esigo tu esca dalla mia vita.”
“Senti un po' la signorina cosa blatera.”
“Ringrazio giusto il cielo per avermi illuminata almeno sulla scelta del matrimonio. Per mia fortuna non sono divenuta signora.”
“Cosa vorresti fare senza di me ora, signorina a cinquant'anni? Credi di poter trovare qualcuno che ti porti a casa, che ti sfami, che ti faccia vivere più che dignitosamente provvedendo in tutto e per tutto come ho sempre fatto io?”
“Ma ti senti quando parli? Non sono un animale da accudire. E comunque, per tua norma e regola, economicamente parlando sto meglio di te! E in quanto al trovare qualcuno, beh, dopo te, preferisco starmene da sola.”
“Dimmi che è l'ennesima farsa per ottenere attenzioni da me, e ti perdono zuccherino mio.”
“Non ho mai messo in scena nulla con te. Zuccherino mio mi addolciva troppi anni orsono. E non sto affatto scherzando Ludovico, me ne vado, ho deciso, ormai la brocca è colma.”
“Fa un po' come credi, ma già ti anticipo che te ne pentirai amaramente. Che sia chiaro però che se te ne vai, qui non ci sarà più posto per te!”
“Mi pento solo di non essermi decisa prima. Solo una cosa mi teneva legata a te, l'amore che ancora sento al centro del petto, nonostante tutto.”
“Se mi amassi veramente non te ne andresti. Io invece ancora ti amo, nonostante non te lo dica spesso, ma stiamo assieme da così tanti anni da reputare scontato ciò che provo per te.”
“Il non dirlo sarebbe il male minore. Il reale problema, se non che il motivo per il quale ti sto lasciando, è che neppure ti impegni a manifestarlo questo amore di cui ti riempi tanto la bocca.”
“Ma tu lo sai che mai ti ho tradita? Consideri poca cosa pure questo?”
“Ma stai serio? Inizio a dubitare del tuo udito Ludovico.”
“Fai pure la spiritosa adesso?”
“Non ho più spirito né di sopportazione, né goliardico nei tuoi riguardi. L'unica cosa che tengo in questo momento è di uscire da questa casa, e non rivedere mai più la tua faccia sfrontata. Maria ha già preparato i bagagli per ciò che necessito stasera. Domani finirà con il resto, e mi farà recapitare tutto da Augusto.”
“Vedi che faccio bene a pensare che non mi ami più? Se fosse vero il contrario non avresti già pensato alla tua fuga.”
“Blatera pure tutto quello che vuoi Ludovico, tanto la morte nel cuore, in questo istante, la sento solamente io. E adesso fammi andare.”
Penelope si dirige nella camera da letto, dove trova le valigie pronte ad attenderla. Con una mano accarezza il lenzuolo di lino sul letto. Il suo corpo non si stenderà più su questo fresco tessuto, con accanto quello bruciante di Ludovico. Una goccia di pianto tenta di rigarle la gota, ma lei prontamente la ricaccia nella ghiandola lacrimale, ha troppo orgoglio per uscire da codesta casa con il volto sfatto dalla sofferenza. Vuole evitarsi almeno tale umiliazione.
Ludovico si trova davanti alla porta di ingresso, con in viso la speranza che lei possa cambiare idea. Solo quando stai per perdere qualcuno ti capaciti di quanto colui o colei sono importanti, ed egli se ne sta rendendo conto solamente ora.
“Chi mi sveglierà col sorriso al mattino, chi mi accoglierà con felicità al rientro dal lavoro, e chi mi farà sentire potente, desiderato, adorato sotto le lenzuola come solo tu, cuore mio, sai fare?”
Con queste parole Ludovico tenta di intrufolarsi nel perdono della sua amata, supplicandola di restare. Penelope udendo tali lemmi colmi d'amore, si sente struggere per lui, e la memoria truffaldina la fa tornare al principio della loro relazione, quando Ludovico aveva solo questo frasario per lei.
Martina Priviero
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