Writer Officina Blog
Ultimi articoli
Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP, ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo già formattato che per la copertina.
Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
Home
Admin
Conc. Letterario
Magazine
Blog Autori
Biblioteca New
Biblioteca Gen.
Biblioteca Top
Autori

Recensioni
Inser. Estratti
@ contatti
Policy Privacy
Writer Officina
Autore: Tina Mucci
Titolo: Ritorna a brillare
Genere Narrativa Formazione
Lettori 449 8 10
Ritorna a brillare
«Devo chiederti un favore»
Quella mattina il suo capo aveva esordito in quel modo, appena dopo il saluto, quindi Grazia si era già mentalizzata di dover fare una commissione sgradevole. Era sempre così, lui usava quella frase quando doveva darle un compito antipatico.
«Posso chiederlo solo a te» aveva aggiunto poi e allora lei aveva avuto la certezza assoluta.
Era qualcosa che nessun altro avrebbe accettato di fare, per questo toccava a lei. Velocemente, pensò a quale scusa inventarsi per evitare quella che si prospettava come una grossa scocciatura. Che poi, in verità, non era una scusa e non era inventata.
«Mi dispiace, Mino, ma io stasera ho le prove dello spettacolo»
Lui le sorrise con condiscendenza, probabilmente si era aspettato quella opposizione.
«Ma non è per stasera. È per oggi pomeriggio alle sei»
«Oh. Ma il lavoro?»
«Non abbiamo appuntamenti importanti oggi, se mi fai questo favore puoi prenderti il pomeriggio libero»
Addirittura! Mino era uno stakanovista al limite della paranoia, per lui il lavoro veniva al primo posto, difficilmente si concedeva distrazioni e ancora più difficilmente ne concedeva ai suoi collaboratori, cercando di inculcare in loro la stessa abnegazione. Da quando lavorava nel suo studio di commercialista, ormai da quattro anni, Grazia non aveva mai avuto un'ora di permesso, se non per motivi seri e gravissimi.
Fu talmente stupita da quella controfferta da non saper ribattere. L'aveva fregata!
«Cosa devo fare?»
Mino non ebbe nemmeno la decenza di nascondere la sua soddisfazione.
«Una cosa semplice. Alle sei arriva alla stazione un mio amico di Roma, vorrei che andassi tu ad accoglierlo. Tutto qui»
Non era un'impresa titanica, certo, ma Grazia odiava la zona della stazione, troppo affollata, troppo chiassosa, per i suoi gusti: si sentiva sempre a disagio, quando le capitava di andarci non lo faceva mai volentieri.
Lei era nata e cresciuta al Vomero, in quel quartiere si trovava anche lo studio di Mino. Gli anni in cui aveva dovuto frequentare l'università a corso Umberto I° non erano stati piacevoli, per lei, li aveva vissuti con ansia, preoccupata che potesse succedere chissà cosa. Un po' di quella agitazione le era rimasta, quando doveva andare al centro di Napoli.
«Scusa, perché non vai a prenderlo tu? Io nemmeno lo conosco»
«In effetti, dovevo andarci io, ma proprio oggi mia moglie mi ha incastrato con il dentista dei ragazzi. Chi glielo dice che non posso?»
La moglie di Mino era la prima vittima della sua dedizione al lavoro, doveva occuparsi quasi sempre da sola dei figli, non doveva esserle sembrato vero di avere il marito a disposizione per un pomeriggio intero.
«Già, chi glielo dice?»
«Io no di certo. L'appuntamento con il dentista lo abbiamo preso mesi fa, quell'incosciente di Manlio mi ha avvertito del suo arrivo solo ieri»
Grazia sospirò, sentendosi in trappola.
«Va bene, ci vado io»
«Grazie mille, sapevo di poter contare su di te. Alla fine, sarà un impegno di un'oretta, non di più»
«Rimane sempre il problema che io non lo conosco»
«A questo rimediamo subito»
Mino prese una rivista che teneva sulla sua scrivania, la aprì a una pagina a cui aveva fatto un segno e le fece vedere una foto. Grazia vide un bell'uomo, più grande di lei di una decina di anni, più o meno come Mino, con un sorriso impertinente e due occhi scuri che sembravano catalizzare l'attenzione anche dal giornale.
«Ecco qua, questo è Manlio»
«È famoso? Perché è sul giornale?»
«Famoso non ancora. Ma di mestiere fa l'autore e ha firmato un paio di programmi televisivi che stanno andando davvero bene. Pare che finalmente la fortuna stia cominciando a girare nel verso giusto. Lui ha sempre voluto fare questo, ma non era riuscito a sfondare. Forse ora ce la sta facendo»
«Mi fa piacere per lui»
Nel sentire quella notizia, Grazia provò un moto di simpatia istintiva per Manlio: era un creativo e lei ammirava sempre chi riusciva a fare del proprio talento un lavoro. In un certo senso, era una creativa anche lei. Aveva studiato economia e lavorava come contabile in uno studio molto importante al Vomero, ma da quando era piccola faceva teatro a livello amatoriale.
Da qualche anno aveva una compagnia fissa e una volta all'anno mettevano in scena uno spettacolo. Certo, niente di importante, ma per lei e per i suoi “colleghi” attori era una passione. Ci mettevano nove mesi per decidere, per imparare le battute, per provare e riprovare e anche se il loro spettacolo aveva giusto una ventina di repliche, tra i teatri parrocchiali e di quartiere, per loro ogni debutto era una grossa emozione.
Questo Manlio era un autore, quindi dal suo punto di vista ancora più talentuoso, perché lui inventava storie, lei si limitava a recitarle.
«Come lo conosci tu uno così?»
«Abbiamo fatto il militare insieme, siamo tutti e due della gloriosa annata 1966. Lui era una grande testa di cazzo, passava più tempo in punizione che altrove, è stato sempre insofferente alle regole e alla disciplina. È di Roma, siamo sempre rimasti in contatto, io sono andato a trovarlo spesso. Lui a Napoli no, non era mai venuto e ora si è deciso»
Grazia si fece due conti. Aveva visto giusto, Manlio era coetaneo di Mino, aveva quindi trentasette anni, nove più di lei. Che gliene fregava poi di quanti anni avesse, doveva solo andare a prenderlo alla stazione.
«Dove lo devo accompagnare poi?»
«Ha prenotato un albergo vicino alla stazione, te lo dirà lui. Allora, me lo fai questo favore? Lo so che potevo semplicemente fargli prendere un taxi, tra l'altro lui è abituato a viaggiare, ma vorrei che avesse da subito una buona impressione di Napoli e dei napoletani. Noi siamo accoglienti, si sa. Dimostriamoglielo»
Grazia pensò che quella campagna pubblicitaria a favore di Napoli sarebbe stata più efficace se si fosse impegnato lui, in prima persona, ma si limitò appunto solo a pensarlo. Mino era il suo datore di lavoro, ma lei lo conosceva da bambina, in quanto era un caro amico di suo fratello Nazzareno. Tuttavia, lei non si era mai approfittata della confidenza che c'era tra loro, non avrebbe certo cominciato in quel momento. Sarebbe sicuramente sopravvissuta a quel pomeriggio.
Incredibilmente, il treno era partito in orario ed era quasi arrivato in anticipo. Manlio pensò che, se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, quel soggiorno a Napoli non sarebbe stato poi tanto male. Non sapeva ancora quanto tempo si sarebbe fermato, dipendeva da una serie di fattori.
Il programma che aveva scritto lui era andato più che bene, ma era arrivato all'ultima settimana di messa in onda, il contratto era a tempo determinato e non aveva avuto la conferma di una seconda edizione. Gli ascolti e il pubblico lo avevano premiato, ma come al solito lui aveva avuto l'abilità di ficcarsi nei casini.
Ripensava ancora allo scontro violento che aveva avuto con il direttore di rete, giusto qualche giorno prima: sapeva di essere nel torto più marcio, ma aveva negato fino all'esasperazione e aveva pure fatto l'offeso, tanto che se ne era andato sbattendo la porta.
Non avrebbe potuto fare mossa più sbagliata, lo aveva capito dopo riflettendoci su: non era ancora poi così famoso, aveva ancora bisogno dei poteri forti. Naturalmente, con il suo carattere di merda, era riuscito ancora una volta a rovinare tutto. Sperava solo che non fosse già tardi.
Il suo agente, che era una donna e gli voleva un gran bene, gli aveva promesso che avrebbe provato ancora una volta a intercedere per lui, ma gli aveva anche chiesto di cambiare aria per un po'. Gli era venuto così in mente Mino e i suoi numerosi inviti a visitare Napoli. Non gli aveva detto dei suoi problemi, ovviamente, lo aveva chiamato con il tono di voce più allegro che gli era riuscito e gli aveva detto che accettava il suo invito. Mino era sembrato entusiasta.
Manlio sperava solo di non aver buttato nel cesso la sua prima, vera occasione d'oro, ma voleva pensarci il meno possibile.
Aveva prenotato all'albergo Royal, a via Caracciolo, avrebbe potuto prendere il taxi, ma Mino aveva insistito per mandare qualcuno ad accoglierlo.
«Ci tengo» gli aveva detto.
A Manlio sembrava una premura eccessiva, ma gli aveva detto di sì, in fondo non gli costava nulla. Mino lo aveva avvisato che, poiché per impegni presi in precedenza non sarebbe potuto andare di persona, gli avrebbe mandato una collaboratrice dello studio. Ora era anche un po' curioso. Comunque, la tipa era in ritardo, lui stava aspettando da più di cinque minuti.
Poi, a un tratto, vide arrivare una ragazza, che correva trafelata nella sua direzione, urtando le persone e fermandosi poi a chiedere scusa. Da dove si trovava, la poteva vedere benissimo e, pur senza conoscerla, fu sicuro che si trattasse della ragazza che doveva andare a prenderlo.
Era di altezza media, magra il giusto, con una massa di capelli ricci e castani che continuavano a ricaderle sul viso, insofferenti e ribelli. Indossava un abito a fiorellini beige su fondo verde scuro, ai piedi portava un paio di anfibi e piegato sul braccio aveva un piumino di cui, visto il gradevole tepore della giornata, non aveva affatto bisogno.
Tempo qualche manciata di secondi e se la trovò di fronte, rossa in volto e con il respiro affannoso per la corsa.
«Ciao. Sei Manlio?»
«Sì» rispose lui, piacevolmente sorpreso di aver indovinato.
Lei fece il gesto che le era istintivo, quello di allontanare con la mano i capelli dal viso, così Manlio poté vedere che aveva anche un bel paio di occhi, grandi e castani, luminosi, e un visetto a cuore niente male. Se tutte le napoletane fossero state così, quel soggiorno avrebbe potuto essere davvero piacevole.
Tutto euforico, le sorrise e le tese la mano.
«Manlio, appunto, piacere, tu sei?»
«Grazia. Piacere mio»
Anche lei aveva studiato il suo volto e pensò che era molto fotogenico o forse la foto era stata ritoccata. Visto da vicino, dimostrava qualcosa in più dei suoi anni e aveva una fitta rete di rughe intorno agli occhi, particolare che non lo aiutava di certo. In compenso, però, aveva un sorriso da impunito, semplicemente disarmante.
«Grazie per essere venuta alla stazione. In verità, io avevo detto a Mino che non ce ne era bisogno, ma lui ha insistito»
«Se lo conosci, sai che è molto testardo, per cui quando si mette in testa una cosa non c'è verso di fargli cambiare idea. Come è andato il viaggio?»
«Bene, meglio del previsto. Tu lavori per Mino?»
«Sì, sono una sua collaboratrice, ma a parte questo, lo conosco da anni. È un caro amico di mio fratello»
«Chissà perché, ho un'idea del tutto diversa dei commercialisti. Diciamo che, se fossi tu a comunicarmi l'importo delle tasse da pagare, accetterei la notizia più volentieri»
Era un complimento, anche se posto in maniera scherzosa, e lei sorrise.
«Fa parte del mio lavoro anche questo, ma ti assicuro che i clienti mi mandano a quel paese comunque»
Manlio sorrise a sua volta, poi afferrò il manico del suo trolley e cominciò a camminare accanto a lei. Quella ragazza aveva anche un buon profumo.
«Ti va un caffè?»
«Sì, volentieri»
Stavano passando proprio davanti al bar e lui vide con sgomento che la fila era lunga: Grazia però sembrò non scomporsi e si mise pazientemente in attesa. Manlio si adeguò a fare altrettanto, d'altra parte lui era in vacanza.
«Tu non devi tornare al lavoro?»
«No, no. Visto che dovevo venire a prenderti, Mino mi ha dato il pomeriggio libero. Ti assicuro che è un vero evento»
«Ah, sì? Quindi mi devi ringraziare»
«Ti offro il caffè e siamo pari»
Era anche spiritosa e con la battuta pronta: lui la provocò ancora, perché gli piaceva la sua arguzia.
«Così poco? Pensavo che un pomeriggio libera dal tuo aguzzino valesse molto di più»
«Diciamo che è una libertà semi vigilata. Domani mattina troverò comunque una nuova fila di documenti sulla mia scrivania»
«Ho capito. Mi sa che devo essere io a pagarti il caffè»
Grazia sorrise e Manlio sentì qualcosa smuoversi dentro di lui, all'altezza dello stomaco. Qualcosa che gli fece venire voglia di farla sorridere sempre. Era bella, ma quando sorrideva si illuminava, diventava speciale.
«Scherzo. Mino è molto pignolo ed esigente, ma io sto imparando tanto lavorando con lui. Tu, piuttosto... mi ha detto che sei un autore televisivo. Che meraviglia!»
«Lo so che può sembrare straordinario, ma è lavoro anche quello. Anche io devo attenermi a delle regole»
«Sì, immagino di sì, ma vuoi mettere la soddisfazione di realizzare qualcosa di nuovo, qualcosa che è frutto del tuo ingegno? Ho capito quali sono i programmi che hai ideato tu, li ho visti, sono davvero originali. Roba forte»
Manlio fece una smorfia.
«Sì, ma come ti ho detto devo comunque accettare dei compromessi. Niente è mai come sembra e soprattutto all'inizio della carriera devi mandare giù parecchi bocconi amari. E poi, il mio è un lavoro dove non c'è nessuna certezza. Oggi piaci a un dirigente, domani arriva un altro che ti fa fuori. Siamo sempre precari»
Nel frattempo, erano arrivati davanti al bancone e riuscirono a ordinare due caffè, anche se litigarono per qualche minuto davanti alla cassa per decidere chi dovesse pagarli. La spuntò Manlio, che fece l'occhiolino alla cassiera e se la accattivò subito.
«Ti pare che faccia pagare te? Non esiste! Sei stata già così gentile a venirmi a prendere»
Grazia sapeva che lo aveva fatto solo perché Mino l'aveva messa con le spalle al muro, però dovette ammettere con sé stessa che quella compagnia non era affatto male. Si trovava a suo agio con lui, sebbene lo avesse visto per la prima volta solo da pochi minuti e per lei, un po' altera, non era una cosa scontata.
«Sei a Napoli per lavoro o per vacanza?»
«Diciamo che avevo bisogno di una pausa. Magari ne approfitto per scrivere un libro»
«Un libro? Wow!»
«Per il momento è solo un'idea. Non so se riuscirò mai a realizzarla. Avevo bisogno di fermarmi un po' per mettere ordine ai miei appunti, magari ora riesco»
«Mino mi ha detto che non eri mai stato a Napoli»
«Sì, è vero, questa è la prima volta. Per quanto sia vicino a Roma, tra una cosa e l'altra non ero mai riuscito»
«Beh, spero ti troverai bene»
«Ne sono sicuro. Quel poco che ho visto finora mi è piaciuto molto»
Il suo sguardo, diventato intenso, e il calore del tono della voce le fecero capire che le stava facendo un nuovo complimento, per altro piuttosto esplicito: lusingata, Grazia sorrise con imbarazzo e guardò altrove.
«Sono di parte, lo so, ma Napoli è una città bellissima. Se ne parla spesso male, ma nella maggior parte dei casi si tratta di pregiudizi»
«Mai dato retta alle chiacchiere e ai pregiudizi. Preferisco pensare con la mia testa»
«Fai bene. Sono sicura che Napoli ti farà innamorare»
Manlio si rese conto di essere distratto, mentre lei parlava, perché si era incantato a guardare le sue labbra carnose, coperte solo da un velo di lucido: avevano l'aria di essere morbide e saporite come una caramella.
Ma che pensieri stava facendo? Sembrava un adolescente in piena tempesta ormonale. Per ritrovare in parte il suo autocontrollo, si sforzò di spostare lo sguardo un po' più su e di incontrare i suoi occhi. Non aveva prestato la minima attenzione a quello che aveva detto, quindi si limitò ad annuire. Anche Grazia cominciava a sentirsi turbata, sebbene il bar affollato e rumoroso della stazione da un certo punto di vista fosse il luogo meno romantico del mondo. Pensò comunque che fosse meglio far finire quell'incontro il prima possibile.
«Abbiamo preso il caffè, direi che possiamo andare»
«Solo se mi prometti che non sarà l'ultimo che prenderemo insieme»
«A Napoli beviamo il caffè come fosse acqua. Se resti qui un po' di tempo, te ne accorgerai»
Manlio pensò che comunque non gli avesse risposto, ma capì pure che non era il caso di insistere. Prese di nuovo il suo trolley e si avviò con lei verso l'uscita.
«In quale albergo hai prenotato?»
«Al Royal, me lo hanno consigliato»
«Sì, è un ottimo albergo»
«Solo che, da quello che ho visto, è un po' lontano dalla stazione»
«Saranno quattro chilometri, più o meno. Ma che problema c'è. Ti accompagno io, sono qui apposta»
Per quanto lei gli fosse piaciuta subito, Manlio sentì improvvisamente che era meglio chiuderla lì. Avrebbe in realtà voluto passare altro tempo insieme a lei, ma proprio perché lo desiderava tanto, capì che non era il caso di andare oltre.
Era questo uno dei suoi limiti, l'autolesionismo, quando era a un passo dal raggiungere un traguardo, improvvisamente gli sembrava di non volerlo più raggiungere. Questo Grazia ancora non poteva saperlo.
«Ma no, ti ringrazio, Sei stata anche troppo gentile, non ti voglio disturbare ancora»
Lei sembrò restarci male.
«Ma scusa, sono venuta fin qui per questo»
«Lo so, ti ringrazio, ripeto, sei stata gentilissima. Ma posso tranquillamente prendere un taxi per arrivare in albergo»
«Non credo che Mino sarebbe d'accordo»
«È il tuo capo, d'accordo, ma questo esula dal lavoro. Ti ha chiesto una cortesia, tu gliela hai fatta, appena lo sentirò gli dirò quanto tu sia stata perfetta. Ma non posso permettere che tu mi faccia da autista, credo di essere in grado di raggiungere l'albergo»
Visto che di solito detestava guidare, Grazia avrebbe dovuto essere sollevata. In effetti, lui la stava liberando da una bella seccatura, ma nonostante questo, in fondo le dispiaceva. La sua compagnia era piacevole, pure troppo. Forse era davvero meglio così.
«Come vuoi tu, non insisto»
Manlio aveva già alzato il braccio per chiamare un taxi.
«Grazie ancora per l'accoglienza»
«Figurati, è stato un piacere. Ti auguro un meraviglioso soggiorno»
«Sono sicuro che lo sarà. Ciao, grazie, sicuramente ci becchiamo in giro»
«Sicuramente sì»
Un ultimo sorriso, poi lui salì sul taxi e diede l'indirizzo dell'albergo Mentre guardava l'auto allontanarsi, Grazia sbirciò l'orologio. Visto come si erano messe le cose, sarebbe arrivata alle prove con una mezz'oretta di anticipo. Meglio così, una volta tanto poteva fare le cose con calma.
Grazia faceva teatro amatoriale da sempre, aveva ereditato la passione da sua madre, che a sua volta l'aveva presa da nonna Mariagrazia, di cui lei portava il nome. Era stata proprio la nonna a farla debuttare in una piccola parte quando aveva solo sei anni, Grazia aveva avuto una folgorazione e non aveva mai smesso. Faceva parte della stessa compagnia di attori da più di dieci anni e, anche se riuscivano a replicare lo spettacolo massimo venti volte, lavoravano comunque un anno intero per prepararlo.
La prima riunione c'era a settembre, per decidere il testo da rappresentare e per assegnare le parti, poi avevano le prove due o tre volte la settimana fino al debutto, che di solito era a maggio, in un teatro di Napoli che metteva a loro disposizione due o tre serate. In estate facevano qualche replica a Vico Equense, il paese della nonna, e in qualche altro paese della costiera. A settembre si ricominciava.
Da dieci anni Grazia era fidanzata con Tito, che era l'attore principale e anche il regista della compagnia, da quando era subentrato a quello precedente. Lui non le riservava un trattamento di favore, anzi, le assegnava spesso la parte della protagonista, ma solo perché era la più brava. Da lei pretendeva perciò il massimo, era molto esigente e non si faceva scrupoli di trattarla male, anche davanti agli altri.
Il loro amore era nato proprio sulle tavole del palcoscenico, condividevano l'amore per la recitazione e la passione per i viaggi, ogni anno cercavano di regalarsi una vacanza in un posto esotico. Quando si erano conosciuti, Grazia frequentava l'ultimo anno delle superiori e lui il secondo di università, il futuro da adulti sembrava un'entità lontana, per cui i progetti più impegnativi che facevano su loro due riguardavano la commedia da mettere in scena e le vacanze da passare insieme.
Erano passati quasi dieci anni, Tito si era laureato e aveva cominciato a lavorare come ingegnere, Grazia lavorava come commercialista nello studio di Mino. Erano più adulti e le basi per un futuro più solido sembravano esserci, ma di matrimonio non ne parlavano. All'inizio Grazia non ne aveva fatto un cruccio, trovava giusto che lui volesse avesse una maggiore stabilità lavorativa, ma da qualche anno, invece, le pesava.
In verità, era stata proprio sua nonna a metterle la pulce nell'orecchio. Senza che lei gliene parlasse, aveva intuito le sue perplessità.
«Quando due persone stanno insieme da tanti anni, è necessario dare una svolta al rapporto, altrimenti muore»
«Che significa, nonna?»
«Che devi fare attenzione. Magari ti dà per scontata o magari non è sicuro di voler passare con te il resto della sua vita»
«Io e lui ci completiamo, ci piacciono le stesse cose»
«Che c'entra! Per stare con una persona serve altro. Amore, fiducia, complicità ma anche spirito di sacrificio. Per volerti sacrificare insieme a qualcuno devi amarlo proprio tanto»
«E tu non credi che Tito mi ami?»
«Non fino a questo punto. Voi state insieme da anni, recitate insieme, viaggiate insieme. Dovreste volere di più per voi stessi»
Stizzita, Grazia aveva difeso Tito e il loro rapporto, ma poi ci aveva riflettuto su e aveva dovuto ammettere che un fondo di verità c'era. Anche a lei, adesso, mancava qualcosa, quel salto di qualifica che il loro rapporto non si decideva mai a fare. Si sentiva pronta ad avere nuove responsabilità, una casa, una famiglia, ma non sapeva se per Tito valeva lo stesso. Era sempre bravo a glissare sull'argomento.
A questo pensava Grazia mentre guidava per raggiungere la sala parrocchiale dove di solito tenevano le prove. Ai suoi problemi con Tito, che ormai non poteva più negare, e anche all'incontro con Manlio, che era stato una piacevole sorpresa. Proprio per questo, era meglio pensarci il meno possibile.
Quel pomeriggio, per fortuna, era in netto anticipo: lei era sempre una delle ultime ad arrivare, a causa dei suoi impegni lavorativi. Per quanto cercasse di organizzarsi, capitava sempre un imprevisto all'ultimo minuto che ritardava la sua uscita dall'ufficio. Aveva la fortuna di essere abbastanza brava e di non dover ripetere milioni di volte, ma Tito si arrabbiava tantissimo e la tempestava di telefonate. Diceva che proprio perché era la prima attrice e la sua compagna doveva dare il buon esempio e arrivare per prima, comunque non in ritardo. Almeno, quella sera non avrebbe avuto niente da ridire.
Magari sarebbero riusciti a finire prima, le era venuta voglia di pizza. Grazia aprì la porta e in principio non vide nessuno, la sala sembrava deserta: poi, in un angolo semibuio, lontano dalle luci, riconobbe Tito. Stava parlando con qualcuno e sembrava molto preso dalla conversazione, non si era nemmeno accorto di lei. Avvinandosi, Grazia riconobbe i capelli biondi di Milena e si innervosì subito. Milena era l'ultima arrivata della compagnia, stava con loro da un paio di anni: era molto giovane ma anche molto scorretta. Fin dal primo momento, Grazia aveva avuto l'impressione che volesse rubarle il posto, non solo come prima attrice. Aveva un modo di guardare Tito che le dava proprio fastidio e che di istinto la faceva sentire minacciata: aveva provato a parlarne con lui, ma naturalmente Tito aveva negato ogni cosa.
Grazia non era gelosa di natura e si fidava molto del suo istinto, per cui se qualcosa le diceva che doveva stare attenta a Milena, lei stava attenta. Dal punto di vista della recitazione non aveva ragione di temerla, era veramente orribile da sentire, sapeva che Tito era troppo egocentrico per voler fare brutta figura per cui le assegnava solo parti piccolissime. Dal punto di vista personale, era tutt'altro discorso.
Milena era giovane bella e disponibile, almeno nei confronti di Tito. Anche in quel momento, mentre parlavano in quell'angolo buio, la situazione non era affatto rassicurante. Erano troppo vicini, i loro corpi si sfioravano senza che ce ne fosse un effettivo bisogno, lei gli teneva una mano sul braccio e il seno sodo gli sfiorava il petto. Tito era proteso verso di lei, forse per sentirla meglio, forse per assaporare di più quel contatto.
Grazia sentì la rabbia torcerle lo stomaco, salire poi su fino al viso e colorarlo di rosso. Aveva troppo rispetto per sé stessa per fare una piazzata, così chiamò ad alta voce il suo fidanzato. Immediatamente i due si allontanarono, particolare che le diede ancora più fastidio.
«Grazia! Sei arrivata prima»
Anche se il suo istinto sarebbe stato quello di strozzarlo con le sue stesse mani, lei fece finta di nulla, gli si avvicinò e lo baciò. Era necessario rimarcare il territorio.
«Sì, mi sono sbrigata presto»
In quel momento Grazia si rese conto che non gli aveva raccontato del favore che le aveva chiesto Mino: semplicemente, non ne aveva avuto modo.
«Bene. Tra un po' arrivano tutti, così cominciamo»
Milena aveva salutato Grazia con un cenno del capo, ma era palesemente infastidita di essere stata interrotta e non si preoccupava di nasconderlo: aveva una faccia scura, ma capì di essere di troppo e si allontanò. Grazia non ebbe il tempo di godersi la sua piccola vittoria, né di dire qualcosa a Tito perché nel frattempo cominciarono ad arrivare gli altri e poterono iniziare le prove. Era talmente adrenalinica che fece un'interpretazione stupenda, degna di un'attrice consumata, tanto che spontaneamente tutti gli altri le fecero un lungo applauso. Pure Tito non nascose la sua soddisfazione.
«Se reciti così in scena, ci chiederanno altre repliche»
La rabbia che aveva in corpo era un'ottima fonte di ispirazione. Milena non la guardò più in faccia per il resto della serata e non le fece i complimenti, appena finite le prove si defilò senza nemmeno salutare. Evidentemente, l'arrivo di Grazia le aveva proprio rotto le uova nel paniere e lei era ancora troppo giovane per riuscire a dissimulare le sue emozioni. O forse, non le interessava farlo.
A poco a poco, tutti gli attori della compagnia andarono via, restarono solo lei e Tito, come sempre. Lui era soddisfatto per come erano andate le prove ed era pacifico, come se non fosse successo nulla. Questo risvegliò in Grazia tutta la rabbia.
«Che fame! Andiamo a mangiare qualcosa?»
A lei, che pure era arrivata lì affamata, si era invece chiuso lo stomaco.
«Che voleva da te quella?»
«Quella chi?»
L'espressione candida di Tito fu come un fiammifero, accese la miccia.
«Lo sai benissimo. Quando sono arrivata, Milena ti stava appiccicata addosso e aveva scelto l'angolo più buio, evidentemente si voleva nascondere. Che voleva da te?»
«Il solito. Mi chiede sempre di darle una parte più importante, dice che si merita un'occasione»
«E tu cosa le hai risposto?»
Tito scoppiò a ridere, in un modo irrispettoso che le diede fastidio.
«Cosa vuoi che le abbia risposto? Lo vedi pure tu come recita, quello che fa è pure troppo»
«Infatti non capisco perché la tieni ancora in compagnia»
«Alla fine, cerco di limitare i danni, facendole fare poco e niente. È la figlia di un mio cliente che mi ha fatto fare un sacco di lavori, mi ha chiesto la cortesia di farla recitare e io non gli ho detto di no. Meglio tenerlo buono. Che faccio, che scusa mi invento? Tanto, entra in scena per un

paio di minuti, non può fare danni»
Il fatto che lui la difendesse con tanto candore le fece salire l'asticella dell'irritazione.
«Sì, ma, a quanto pare, lei non se ne rende conto. Se ti chiede parti sempre più impegnative, vuol dire che non vede i suoi limiti o, peggio ancora, che se ne frega e vuole servirsi di te per emergere»
«È una situazione che so gestire perfettamente. È vero che tu sei la prima attrice e che sei indispensabile, ma il regista sono io. Certe decisioni le ho sempre prese da solo»
«Sì, ma io sono la tua fidanzata»
«Non stiamo parlando di questo, ora»
Quella risposta la ferì indicibilmente.
«Certo che stiamo parlando di questo. Quando sono entrata, voi non mi avete visto, ma io sì. Eravate praticamente incollati, lei ti stava appiccicata addosso, non è possibile che tu non te ne sia accorto. Probabilmente ci marci»
«Ah, allora è di questo che parliamo. Di banale gelosia»
«Banale? Non sono una visionaria, so quello che ho visto. La considero una vera e propria mancanza di rispetto nei miei confronti. Lei sa che sei impegnato con me e dovrebbe comportarsi di conseguenza, ma se non lo fa lei, mi aspetto invece che tu lo faccia. Dandole tanta libertà, hai mancato di rispetto a me e al nostro rapporto»
«Beh, questo è il tuo punto di vista, ma non è il mio. Io non mi sono nemmeno accorto di quello che dici di avere visto, ero concentrato sulle parole e non su altro»
«Ah, quindi non ti sei accorto che lei ti metteva il seno sul braccio, praticamente»
«No. Forse sei tu a essere maliziosa»
Quello era davvero troppo, negare l'evidenza e cercare di far passare lei per visionaria era più di quanto Grazia potesse sopportare.
Tina Mucci
Votazione per
WriterGoldOfficina
Biblioteca
Acquista
Preferenze
Recensione
Contatto