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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP, ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo già formattato che per la copertina.
Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Maria Pala
Titolo: To Fall in love
Genere Romanzo Rosa
Lettori 352 1 2
To Fall in love
Il termine inglese “To fall in love” significa letteralmente “cadere nell'amore”. Come a voler descrivere qualcosa che accade senza averla preventivata. Ci si abbandona, si cade appunto, in quel sentimento genuino, potente e alle volte atroce e quasi nemmeno ci si rende conto di ciò che sta succedendo, trovandoci talvolta, quasi sempre, impreparati.

Un mese prima...

Guardò il suo riflesso nello specchietto retrovisore dell'auto e notò la smorfia di disappunto che le si era dipinta sulle labbra. Aileen aveva chiuso poche settimane prima l'ennesima relazione senza capo né coda. Non capiva se fosse lei il problema, oppure se lo fossero i soggetti che ogni volta andava a cercare. Arrivata a un certo punto della loro conoscenza, ovvero quando la storia stava per diventare seria, sentiva l'impulso di scappare e chiudere ciò che forse non era nemmeno iniziato, era più forte di lei.
Scese dall'auto e iniziò a passeggiare nei pressi del Green Lake, mentre il sole regalava i suoi ultimi momenti di luce. Era novembre già inoltrato e quel luogo era poco trafficato a causa delle temperature in rapida discesa, tipiche della contea di Washington. Le piaceva a volte stare sola con i suoi pensieri, lontano da tutti e da tutto.
Arrivata al bivio che dal lago portava alla pineta, si rese conto che la sua intenzione di stare sola era appena sfumata. Una Harley Davidson, nera e lucida, era parcheggiata sotto un pino. Guardò la sua immagine riflessa sulla carrozzeria della moto; le onde dei capelli color caramello le incorniciavano il viso e si fermavano appena sotto i seni. Scosse la testa e proseguì nel suo cammino con la speranza che il proprietario della moto avesse imboccato il sentiero opposto.
Persa di nuovo nei suoi pensieri venne riportata alla realtà nell'udire una voce roca, qualcuno pareva infastidito. Fece ancora qualche passo e, curiosa, si nascose dietro un cespuglio ridacchiando per la situazione e al tempo stesso dandosi dell'idiota per ciò che stava facendo. Suppose fosse il proprietario della moto vista qualche metro prima e immaginava fosse uno di quei tipi di mezza età, vestiti in pelle nera borchiata e con la bandana rossa sulla testa. Sporse leggermente la testa per vederlo.
Era un ragazzo sulla trentina e nonostante fosse seduto sembrava abbastanza alto. I capelli scuri e corti erano mossi e lasciati disordinati, rasati ai lati e sfumati verso l'alto. Indossava una giacca sagomata in pelle nera e un paio di jeans neri anch'essi, appena sbiaditi. Sul volto, un lieve accenno di barba che da come veniva accarezzata si capiva che l'uomo era agitato. Avrebbe voluto vedere i suoi occhi ma, riuscendo a vedere solo il profilo del ragazzo, non riusciva a scorgerli.
Aileen era rapita dai movimenti irritati e dal modo in cui aggrottava la fronte mentre parlava al telefono.
«Non sono scappato, ho solo bisogno di stare lontano per un po'», lo sentì dire mentre infilava una sigaretta tra le labbra carnose e la accendeva. «No, non sono ubriaco, Tyler. Ho preso questa decisione con la mente abbastanza lucida», continuò aspirando il fumo e lasciandolo uscire con uno sbuffo nervoso.
Aileen decise di andare via, si sentiva a disagio quindi fece per sollevarsi quando dal suo telefono partì la suoneria, facendola sussultare tanto da alzarsi di scatto. Imprecò mentalmente nel momento in cui il ragazzo si voltò e la scrutò con disappunto; aveva occhi grigi e penetranti che la spiazzarono ancora di più.
Aileen pigiò sul tasto per chiudere la chiamata e facendo dietrofront si allontanò il più in fretta possibile felice di aver indossato per una volta le sneakers.
Seduta in auto richiamò, attraverso il bluetooth.
«perché hai chiuso la chiamata?» Ginevra sembrava seccata.
"Stavo facendo la voyeur", avrebbe voluto dire.
«Passeggiavo al lago», mise in moto e si avviò verso casa.
«E...?»
«E cosa?»
«Vorrei conoscere il motivo per cui non hai risposto».
«C'era un tizio... e lo stavo osservando di nascosto», ammise alla fine sentendosi ancora agitata per la figuraccia appena fatta.
«Tesoro, stai bene?» Ginevra sembrava divertita.
«Benissimo!» ironizzò, « Cosa volevi?»
«Nulla. Sapere come stavi dopo la rottura con Dean ma vedo che ti stai già dando da fare. Ci vediamo domani mattina nel mio ufficio così mi racconti di come sei diventata una guardona».
«Non sono una...» la frase restò sospesa a mezz'aria perché Ginevra aveva già chiuso.

«Non sono scappato, ho solo bisogno di stare lontano per un po'», disse Jonas mentre infilava una sigaretta tra le labbra accendendola.
«Allora sei ubriaco, perché non mi spiego questa tua decisione improvvisa».
«No, non sono ubriaco Tyler. Ho preso questa decisione con la mente abbastanza lucida», continuò aspirando il fumo e lasciandolo uscire con uno sbuffo nervoso. Si voltò di scatto quando sentì la suoneria di un cellulare provenire dalla sua sinistra.
«Ma che cazzo!» aveva visto una ragazza sbucare da dietro un cespuglio. Lo guardò con occhi grandi del colore del caramello e sbarrati come se fosse stata appena beccata a rubare, fece dietrofront e si allontanò in tutta fretta lasciando Jonas interdetto per qualche secondo.
«Che c'è, Jonas?» chiese Tyler, ma l'altro fece finta di non sentirlo e si alzò per vedere quella ragazza. Indossava dei leggings scuri e un giubbino pesante. Notò con piacere le forme sinuose mentre camminava, ciò che più lo affascinò fu il sedere.
«Un culo che parla, cazzo...» sussurrò facendo un lungo tiro di sigaretta.
«Un culo cosa?» chiese Tyler ma Jonas continuava a ignorarlo.
Si morse il labbro inferiore e sistemò il pene dentro ai pantaloni per dargli un po' di pace visto i pensieri non proprio casti che stava facendo su quel sedere perfetto. Pensò che in quel momento avrebbe preferito essere su una poltrona a sorseggiare whisky, guardando in loop la scena di quel sedere tonico che si muoveva.
«Interessante», borbottò sorridendo.
«Cosa c'è di interessante?»
«Mentre parlavamo è sbucata una tipa da dietro un cespuglio ed è scappata quando l'ho beccata a spiarmi».
«L'ho detto io, sei ubriaco. E poi dove cazzo sei per essere vicino a un cespuglio?»
«Sono al lago e non sono ubriaco te l'ho già detto».
«Al lago! Lui scappa da San Diego per andare in un fottuto lago nella fottuta contea di Washington».
Sorrise buttando la sigaretta per terra e spegnendola col tacco della scarpa.
«Ci sentiamo, Tyler».
«Non fare lo stronzo, Cullen. Porta il tuo culo qui e lascia perdere cespugli, culi, laghi e cazzate del genere».
Jonas premette sul tasto per chiudere la chiamata e si sedette di nuovo sulla pietra accendendosi un'altra sigaretta, la ventesima della giornata, ed era solo il tardo pomeriggio.

Un mese dopo

Il suono martellante della sveglia del cellulare la destò, si voltò verso il comodino per spegnerla senza nemmeno aprire gli occhi. Stava per cadere nuovamente in un sonno profondo quando sbarrò gli occhi e si sedette di scatto sul letto. Controllò l'orario e il respirò le mancò appena si rese conto di aver posticipato la sveglia per più di mezz'ora.
«Cazzo! Cazzo! Cazzo!» sibilò saltando giù dal letto e tirando fuori dall'armadio i vestiti.
Infilò i collant trasparenti e la gonna grigio fumo del tailleur, indossò la camicetta e iniziò ad abbottonarla partendo dal basso, lasciando poi il lavoro a metà per poter mettere la giacca. Infilò le décolleté nere e lavò velocemente denti e viso poi, recuperato al volo il soprabito, si precipitò in macchina.
Per tutto il tragitto non fece altro che maledirsi. Non era solita arrivare in ritardo al lavoro come non era solita essere in ritardo in generale. Era una persona piuttosto diligente e disdegnava chi invece prendeva poco seriamente gli impegni. Per questo motivo si sentiva a dir poco a disagio, soprattutto perché quella mattina si sarebbero tenuti i colloqui per scegliere chi l'avrebbe affiancata.

Entrò nella sala conferenze con il fiatone. Uno dei candidati era già seduto davanti alla sua postazione vuota. Ginevra sedeva a fianco a quella che sarebbe dovuta essere la sua sedia; vide che parlava con il ragazzo mentre arricciava col dito una ciocca dei suoi ribelli ricci rossi.
«Scusatemi. Ho avuto un contrattempo», esordì levandosi il soprabito e prendendo posto. Controllò subito il foglio in cui si trovava la lista dei candidati e lesse il primo nome mentre Ginevra le tirava delle gomitate di nascosto.
«Non adesso, Gin», sussurrò un po' stizzita.
«Dunque... signor Jonas Cullen».
Alzò la testa per guardarlo in faccia e rimase interdetta mentre un lieve rossore iniziò a colorarle viso e collo. Era il ragazzo del lago.
Era lui, bello come il sole e vestito in giacca e cravatta. Si accorse che la fissava con i suoi occhi grigio chiaro, e lei vi lesse una lampo di malizia e, come a proteggersi, abbassò lo sguardo sul foglio mentre lui allentava il nodo della cravatta.
Aileen si schiarì la voce cercando di darsi un contegno e facendo palesemente finta di non averlo riconosciuto, ma sarebbe stato impossibile visto che era stato ospite dei suoi pensieri per più giorni. Alzò lo sguardo e lo vide afferrare la ventiquattrore posata di fianco alla sedia, e poggiarla sulle gambe senza però toglierle gli occhi di dosso.
«Io sono Aileen Wright», si presentò cercando di tenere la voce ferma, «sono la redattrice e l'inviata di Style&Charme, che come sai è il nome della nostra testata giornalistica. Lei è Ginevra Atwood, la vice caporedattrice».
Ci fu un momento di silenzio e Ginevra ne approfittò per attirare l'attenzione dell'amica dandole nuovamente una gomitata.
«Che c'è?» sibilò Aileen mentre sorrise a Jonas per evitare che notasse il nervosismo. Lui le sorrise di rimando continuando a tenere gli occhi incollati su di lei.
«Hai la camicetta sbottonata», le disse Ginevra sottovoce.
Il sorriso di Aileen morì subito lasciando spazio a un improvviso pallore. Abbassò la testa notando di aver chiuso solo i primi bottoni partendo dal basso. Il colore rosato del suo viso si trasformò presto in rosso vermiglio mentre prese ad abbottonare la camicetta con una mano mentre con l'altra faceva finta di controllare qualcosa sul foglio di fronte a lei. Alzò lo sguardo sperando che Jonas non stesse facendo caso a ciò che stava succedendo e notò che, per fortuna, si stava fissando le mani posate sulla ventiquattrore. Aileen afferrò una bottiglia d'acqua, ne versò un bicchiere e ne mandò giù un lungo sorso per spegnere l'incendio ancora in atto.
«Dunque, signor Cullen», riprese la parola schiarendosi la voce.
«Ho letto nel suo curriculum che ha lavorato come redattore, per quattro anni, per il NewsYear Magazine di San Diego».
«Già. Inoltre ho alle spalle numerosi tirocini e stage in altre riviste della California», la informò con voce roca.
«Sì, ho letto», lo interruppe senza distogliere gli occhi dai suoi.
«Sa il mio curriculum a memoria?» chiese sollevando un sopracciglio.
«Non solo il suo. Ho una buona memoria», Aileen si era sentita infastidita dal tono canzonatorio della domanda.
Jonas le regalò un sorriso tirato e accavallò le gambe posando nuovamente le ventiquattrore a terra.
«Dopo quei quattro anni al NewsYears non ha più lavorato nel mondo dei magazine. Posso chiederle come mai?».
«Preferirei saltare questa domanda se non le dispiace»
Aileen lo vide contrarre la mascella e si chiese il perché del nervosismo del suo interlocutore.
«Non vorrei essere invadente. Semplicemente mi chiedevo il perché si sia tenuto alla larga da questo tipo di lavoro per un anno. Ovvero sino a oggi. È una domanda più che lecita».
«Diciamo che mi sono preso un anno sabbatico», rispose accarezzandosi l'accenno di barba sul mento.
Si accorse che il nervosismo di poco prima stava scemando vedendolo sorridere e facendole sentire le farfalle nello stomaco.
«Va bene, signor Cullen. È tutto. Nel caso la ricontatteremo. Può andare».
Maria Pala
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