|
Writer Officina Blog
|

Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
|
|
|
|
Conc. Letterario
|
|
Magazine
|
|
Blog Autori
|
|
Biblioteca New
|
|
Biblioteca Gen.
|
|
Biblioteca Top
|
|
Autori
|
|
Recensioni
|
|
Inser. Estratti
|
|
@ contatti
|
|
Policy Privacy
|
|
I miti dell'Olimpo
|
La Prof. Cantastorie racconta.
Tifone, il flagello degli dèi.
Quando Zeus e gli dèi dell'Olimpo avevano ormai trionfato sui Titani, sembrava che nulla potesse più minacciare il loro dominio sul mondo. Ma dalla profondità della terra, da un abisso oltre ogni abisso, sorse una creatura così spaventosa che nemmeno gli dèi osavano pronunciarne il nome senza tremare: Tifone. Figlio di Gaia e del Tartaro, Tifone nacque come atto di vendetta contro Zeus. Gaia, furiosa per la sconfitta dei Titani e per l'umiliazione inflitta ai suoi figli, decise di generare un essere che avrebbe potuto abbattere il re degli dèi. Dalle viscere della terra partorì un mostro immane, alto fino alle stelle, con cento teste di serpente al posto delle mani, occhi fiammeggianti e una voce che faceva tremare i monti. Ovunque passasse, Tifone seminava distruzione. Il cielo si oscurava, i mari ribollivano, la terra si lacerava sotto i suoi passi. Gli dèi, colti di sorpresa, fuggirono in Egitto, trasformandosi in animali per non farsi riconoscere: Apollo divenne un corvo, Afrodite un pesce, Ares un cinghiale, Hermes un ibis. Solo Zeus non fuggì. Il padre degli dèi affrontò Tifone con la folgore in mano. Lo colpì con i suoi fulmini, scatenando una tempesta che avrebbe potuto spaccare il mondo. Ma Tifone non si lasciò abbattere: lo afferrò, lo avvolse nei suoi serpenti e riuscì persino a strappare le sue armi divine. Con un colpo tremendo, lo gettò sul monte Casio (oggi al confine tra Siria e Turchia), dove lo imprigionò in una caverna. Zeus fu salvato da Hermes e Pan, che recuperarono i fulmini e infusero nuovo coraggio al dio. Ristabilitosi, tornò alla battaglia e stavolta combatté con tutta la potenza del cielo. Dopo un lungo scontro, riuscì a scagliare Tifone sotto l'Etna, il vulcano siciliano, dove lo seppellì vivo. Da allora, secondo il mito, quando l'Etna erutta, è Tifone che si dimena e ruggisce sotto la montagna, ancora furioso, ancora vivo, prigioniero del potere di Zeus ma mai del tutto sconfitto. Ma, come narrano i poeti, sebbene sovrano, Zeus non fu immune dalle passioni e dalle debolezze: il suo cuore, seppur divino, batteva come quello degli uomini, e le sue avventure avrebbero presto popolato i miti del mondo. Zeus sciupafemmine – Gli amori del re degli dèi Zeus, signore dell'Olimpo, era il dio più potente tra tutti, ma anche il più infedele. Per quanto fosse sposato con Era, regina degli dèi, la sua fama di seduttore instancabile lo precedeva ovunque. Gli dèi lo rispettavano, gli uomini lo temevano, e le donne – dee, ninfe o mortali – erano spesso vittime del suo irresistibile fascino... o della sua prepotenza divina. Zeus non si fermava davanti a nulla: pur di conquistare l'oggetto del suo desiderio, si trasformava in tutto ciò che serviva. Una pioggia d'oro, un toro bianco, un cigno, un'aquila. In ognuna delle sue metamorfosi si cela una nuova storia d'amore – o di inganno – destinata a lasciare un segno nella mitologia e nella genealogia degli eroi. Con Danae, Zeus si fece pioggia d'oro, entrando nella sua cella per renderla madre di Perseo. Con Leda, scese dal cielo sotto forma di cigno, posandosi accanto a lei sulle rive di un fiume: da quell'unione nacquero Castore e Polluce, Elena e Clitemnestra. Con Europa, si trasformò in toro e la portò via attraversando il mare: da lei ebbe Minosse. Con Alcmena, assunse le sembianze del marito Anfitrione e trascorse con lei una notte più lunga delle altre: nacque Eracle, il più grande degli eroi. Con Semele, madre di Dioniso, Zeus si mostrò nella sua vera forma, accecandola di luce e fuoco. Con Callisto, ninfa devota ad Artemide, la sedusse trasformandosi nella dea stessa. Era, furiosa, la trasformò in orsa. Quando Zeus si invaghì della giovane Io, una sacerdotessa di Hera, cercò di nascondere il suo desiderio trasformandola in una giovenca. Ma la dea, sospettosa, pretese il dono dell'animale e la affidò alla custodia di Argo Panoptes, un gigante dotato di cento occhi. Nessuno poteva ingannarlo: mentre alcuni occhi dormivano, gli altri restavano vigili, rendendolo il guardiano perfetto. Per liberare Io, Zeus inviò Hermes, che si finse suonatore errante. Con il suono del flauto e racconti ipnotici, addormentò tutti i cento occhi e uccise il gigante. Hera, commossa dalla lealtà di Argo, trasferì i suoi occhi sulla coda del pavone, che da allora porta sulla sua livrea i segni della veglia eterna. La lista è lunga, e ogni amore di Zeus genera stirpi divine, eroi leggendari o tragedie eterne. Hera, la moglie tradita, spesso si vendica non su di lui – irraggiungibile persino per lei – ma sulle sue rivali e sui figli illegittimi. È lei a perseguitare Eracle per tutta la vita, a condannare Io a vagare per il mondo tormentata da un tafano, a ingannare Semele spingendola a chiedere a Zeus di mostrarsi nella sua vera natura. Gli amori di Zeus non sono mai solo storie sentimentali: sono i semi da cui nascono guerre, vendette, glorie e catastrofi. Sono il simbolo di un potere maschile smisurato e capriccioso, che tutto vuole e tutto può, e che nella cultura greca antica rifletteva la forza imprevedibile della natura e del destino. Zeus è il padre degli dèi e degli uomini, ma è anche l'eterno seduttore, lo sciupafemmine dell'Olimpo, che non conosce limite ai suoi desideri. Il suo amore è un motore del mondo mitico: crea, distrugge, confonde, moltiplica i racconti e le generazioni, lasciando che dietro ogni impresa ci sia, da qualche parte, una donna amata – o violata – da lui. Cap. 3 - Zeus conquista Hera Si narra che Zeus un giorno scorse Hera (Ἥρα) mentre si aggirava sul monte Ida. La dea camminava fiera e solitaria, ignara dello sguardo ardente che la seguiva dall'alto. Colpito da tanta bellezza e maestà, sentì il cuore divino sussultare. Deciso a conquistarla, ricorse all'astuzia: si trasformò in un piccolo uccellino, dalle piume bagnate come se fosse appena scampato a un temporale. Tremante e indifeso, si posò sul braccio di Hera. Lei, compassionevole, raccolse il fragile esserino e lo strinse tra le mani per scaldarlo. Ma proprio in quell'attimo, l'inganno l'uccellino si mutò in Zeus stesso, forte, muscoloso, irresistibile, che abbracciò la dea stringendola al petto. Hera, sorpresa, fu vinta dal calore e dalla forza del dio. Zeus fece di lei la sua sposa e la regina dell'Olimpo. Il loro matrimonio fu celebrato con grande solennità, ed Hera ricevette in dono un albero di mele d'oro, custodito poi dalle Esperidi. Cap.7 - Il castigo eterno di Sisifo Sisifo era figlio di Eolo, il dio dei venti, e sin dalla nascita parve destinato a un'esistenza segnata dall'astuzia e dall'inganno. Principe di Corinto, città che lui stesso avrebbe reso celebre per l'ingegnosità dei suoi abitanti, Sisifo non si accontentava del potere terreno: la sua mente acuta e scaltro desiderio di prevalere lo portarono a sfidare persino gli dèi. Un giorno accadde che Zeus, innamorato della bellissima Egina, figlia del dio-fiume Asopo, la rapisse per condurla lontano dagli occhi degli uomini e degli dei. Ma Sisifo, vedendo in quell'evento un'opportunità, si offrì di rivelare al disperato Asopo il nome del colpevole, in cambio di un dono: una fonte perenne d'acqua che avrebbe fatto prosperare Corinto. Così Asopo, riconoscente, fece sgorgare la sorgente che da allora dissetò la città. Il tradimento, però, non restò impunito. Zeus, adirato per essere stato smascherato, ordinò a Tanato, il dio della morte, di condurre Sisifo nell'Ade, affinché pagasse per la sua colpa. Ma Sisifo non era tipo da arrendersi. Quando Tanato giunse alla sua reggia, travestito da pellegrino, Sisifo lo accolse con ospitalità apparente, offrendogli vino dolce e pietanze prelibate, mentre tramava un inganno. Con un pretesto lo fece incatenare dai servi, imprigionando così la morte stessa. Fu allora che, come narrano anche le Metamorfosi di Ovidio e le tragedie perdute di Euripide, la terra si popolò di guerrieri che più non morivano, e gli inferi si trovarono vuoti di nuove anime. Per lungo tempo nessun mortale spirò, finché Ares, dio della guerra, stanco di combattere battaglie senza fine, intervenne e liberò Tanato. Sisifo fu preso e trascinato a forza nell'Oltretomba. Ma l'astuto re aveva ordito un altro inganno: prima di morire aveva ordinato alla moglie, Merope, di non tributargli onori funebri. Giunto davanti ad Ade e Persefone, si finse offeso e addolorato: — Lasciatemi tornare sulla terra per pochi giorni — implorò — solo per rimproverare la mia sposa e ottenere il giusto sacrificio. Commosso, Ade acconsentì, ma Sisifo, una volta libero, si guardò bene dal ritornare. Visse allora per anni sfidando apertamente la legge divina, fino a che Zeus stesso ordinò ad Hermes di riportarlo agli inferi. Qui, davanti al severo giudizio di Minosse e sotto lo sguardo implacabile di Ade, fu decretata la sua eterna condanna. Come ricordano anche Pindaro e Omero, il suo destino sarebbe stato un supplizio senza fine: spingere per l'eternità un enorme masso su per un colle scosceso. E ogni volta che, con fatica e sudore, il macigno stava per raggiungere la cima, questo gli sfuggiva, rotolando a valle, costringendolo a ricominciare la fatica, sempre daccapo. |
Votazione per
|
|
WriterGoldOfficina
|
|
Biblioteca

|
Acquista

|
Preferenze
|
Recensione
|
Contatto
|
|
|
|
|