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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Piccolo elogio del q. b. (quanto basta)
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Avevo pensato di scrivere per me questo piccolo libro. Per il mio diletto. Durante tutta la mia vita, nel mio lavoro, avevo sempre scritto per altri: documenti, relazioni, resoconti, verbali, bilanci. Roba importante, impegnativa, pesante. Una volta, pensate, avevo addirittura scritto un libro con questo titolo: L'ablazione illegittima di suoli privati per scopi di interesse pubblico, e con questo sottotitolo: Dall'accessione invertita all'articolo 43 del T.U. Espropriazioni. Da spavento. Una botta in testa. Scrivendo quel libro, avevo molto faticato e non mi ero affatto divertito; quelli che lo hanno letto mi hanno invece ringraziato per averlo scritto per loro, per la loro utilità. Ma poi ho detto basta. Adesso voglio scrivere per me, soltanto per me. Avete mai pensato di scrivere qualcosa per voi, tutta per voi, da voi stessi dedicata solo a voi? Magari scriversi delle (strane) lettere dove il mittente e il destinatario sono la stessa persona. E raccontarvi, incitarvi a (o dissuadervi dal) fare qualcosa; fissarvi delle idee, dei ricordi; parlare a voi stessi di qualcuno: descriverlo e dipingerlo così come voi lo vedete; sfogarvi contro altri, usando tutti i termini che volete; rimproverarvi aspramente e poi, magari, assolvervi; mettere nero su bianco, in ordine, il succedersi di un fatto, per chiarirvi le idee, per non ripetere gli errori; scrivere parole tenere, parole d'amore senza impegnarvi, senza tradirvi, confessando solo a voi stessi quel sentimento, facendolo sommessamente, senza che alcuno vi ascolti; scrivere sensazioni che sentite di avere dentro di voi ma non vi appaiono chiare, per conoscervi meglio; far volare in alto la fantasia, scrivere cose inconfessabili neppure a voi stessi e poi, se e quando volete, tornare a terra con un semplice clic sulla tastiera del computer. Aggiungete che uno può scriversi tutto ciò che desidera senza far male a nessuno: qualunque banalità, falsità, sciocchezza, verità, noiosità che nessuno mai leggerà e che, proprio per questo, non possono nuocere. Potrebbero far male soltanto a chi le ha scritte, ma è un male, come ho detto, cancellabile all'istante, come tutti vorremmo poter fare con tante cose della vita reale, cancellandole e tornando indietro, senza che quelle cose fossero mai accadute. Scriversi, dunque, e mettervi dentro tutto quello che vi piace, per amarvi apertamente nel chiuso della vostra anima. Ma scriversi è anche ciò che è accaduto a Florentino Ariza, il protagonista maschile del capolavoro di Gabriel García Márquez L'amore ai tempi del colera. Ecco come viene raccontato in questo passo del romanzo il gustoso e tenero episodio:
“Il dramma di Florentino Ariza finché fu calligrafo della Compagnia Fluviale del Caribe era di non poter eludere il suo lirismo perché non la smetteva di pensare a Fermina Daza e non imparò mai a scrivere senza pensare a lei. Poi, quando lo passarono ad altri incarichi, gli avanzava tanto amore dentro che non sapeva che farne, e lo regalava agli innamorati implumi scrivendo per loro lettere d'amore gratuite al Portal de los Escribanos. [ ...] Il suo ricordo più gradito di quell'epoca fu quello di una ragazzetta molto timida, quasi una bambina, che gli chiese tremante di scrivergli una risposta a una lettera irresistibile che aveva appena ricevuto e che Florentino Ariza riconobbe come scritta da lui il pomeriggio precedente. Rispose con uno stile diverso, concorde con l'emozione e l'età della bambina, e con una calligrafia che sembrava anch'essa di lei, perché sapeva fingere una scrittura per ogni occasione a seconda del carattere di ognuno. Le scrisse immaginandosi quello che Fermina Daza gli avrebbe risposto se lo avesse amato tanto quanto quella creatura sprovveduta amava il suo pretendente. Due giorni dopo, senza ritardi, dovette scrivere anche la risposta dell'innamorato con la calligrafia, lo stile e il tipo di amore che gli aveva attribuito nella prima lettera, e fu così che finì per trovarsi coinvolto in una corrispondenza febbrile con se stesso”.
E, poi, scriversi un libro, il mio caso. Pensate a un libro giallo. Se lo scrivono gli altri, si scelgono loro l'assassino e decidono come deve andare a finire la storia. Sarebbe appagante allora scriversi da soli un libro giallo e potersi scegliere l'assassino a piacimento tra i personaggi del libro, e magari cambiarlo man mano che vai avanti nella scrittura se, mettiamo, uno dei personaggi ti diventa antipatico per un qualsiasi motivo e merita più di quell'altro, che avevi già prima individuato come l'assassino, di diventare lui l'assassino. Così, alla fine, convochi tutti (pomposamente) nel grande salone del castello o (più modestamente) nell'aula magna della scuola o in una saletta che ti ha dato il comune e... zac, lo inchiodi. E certo che poi ti piacerà leggere il libro: è andata proprio come tu volevi!
Ecco quindi questo piccolo libro per me. Mi sarebbe bastata, per la verità, una sola copia, da leggermi. Solamente che l'editore mi ha detto che lui, in quanto editore, non poteva stampare una sola copia, e quando gli ho chiesto per quale motivo, mi ha risposto che nessun editore stampa mai una sola copia di un libro perché gli editori devono accontentare più persone. Questa motivazione mi ha convinto. All'inizio, per la verità, avevo avuto qualche dubbio e mi ero chiesto: che faccio, mi spezzo ma non mi piego o mi piego ma non mi spezzo? Alla fine non mi sono spezzato. Ma solo perché ho trovato giusta la posizione dell'editore: una posizione che non faceva davvero una piega. Sì, perché come fa uno ad essere felice da solo in un mondo di infelici? Perché sia felice anch'io occorre che siano felici tutti, almeno tanti, almeno alcuni, comunque, almeno due. Lo diceva già Aristotele: “si può essere ricchi da soli, ma per essere felici bisogna essere almeno in due” (cit.). E poi: Happines only real when shared (La felicità è vera solo se condivisa) (cit.); lo so che avete visto quel film. Ho trovato la posizione molto corretta, dunque, l'ho condivisa e mi sono correttamente piegato, senza sforzo, in maniera del tutto naturale, ai voleri del mio editore. Così il libro rimane per me, sempre e solo per me, naturalmente, ma dato che ci siete anche voi per quelle copie in più, come voleva l'editore, vi ho messo al mio fianco, e ora siete qui, silenziosi e tranquilli: fate come se voi non ci foste. Di tanto in tanto, sarò sempre io che vi chiamerò in causa. Quindi ora le cose stanno esattamente così: questo piccolo libro era stato inizialmente pensato, come ho già detto, per il diletto e il godimento dell'autore, e un po' anche per liberarsi, sempre l'autore, ossia io, con una bella gropponata, di qualcosa che c'era sulla groppa, e trovare in tal modo benessere; un benessere del quale, alla luce dei fatti, possono usufruirne adesso sia lui (sempre io) che i suoi lettori. Se poi questi ultimi – è bene che siano avvertiti – oltre a divertirsi e a trovare benessere, vi coglieranno dell'altra utilità, stiano ben sicuri che da parte mia “non s'è fatto apposta” (cit). State pensando che è una frase, questa, arrivata qui direttamente da un palcoscenico della commedia dell'arte? Può darsi, ma vi assicuro che è la pura e semplice verità. Ed è una frase che ‒ vi anticipo – ricomparirà anche più avanti.
Concedetemi ora un'ultima postilla: tutti gli scrittori scrivono delle storie, quasi sempre lunghe storie, a volte brevi, di rado brevissime. Io qui ho scritto di rado storie brevi, più spesso brevissime, quasi sempre storie di poche righe. Ma poi sul lungo, breve, brevissimo, di poche righe, ognuno può vederla come gli pare, nella sua giusta misura, quella che ciascuno le dà. Io un parametro ce l'ho. L'ho trovato bello pronto nell'incipit di un libro: “Un buon discorso (come, del resto, una buona introduzione a un libro) è come una minigonna: deve essere abbastanza lungo per coprire il ‘soggetto', ma abbastanza corto per renderlo interessante”. Lo scrive l'autore, Willy Pasini, in Desiderare il desiderio. |
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