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Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Laura Parise
Titolo: Profumo di rose - Un amore senza tempo
Genere Low Fantasy
Lettori 88
Profumo di rose - Un amore senza tempo
Mentre il conte Ralph von Schneider dalle alture del Lindenhof, le colline dove è sito il castello di Rapperswil, ammirava le luci dell'alba sorgere dietro il monte Etzel e dipingere la superficie dello Zürichsee , la contessa Vreni von Schneider, sua moglie, si dedicava al bagno settimanale aiutata dalle due cameriere personali: Trudi e Gabriela.
«Gräfin desiderate ancora petali di rose?» Gabriela domandò intanto che versava un'altra brocca di acqua calda dentro la vasca.
«Certamente, non vedi che ormai sono appassiti?» Rispose con tono infastidito la contessa e, sospirando con un filo di voce, parlando più tra sé e
sé proseguì brontolando «certa servitù non è per nulla perspicace».

Terminato il bagno, avvolta in un morbido telo di lino si lasciò asciugare e poi massaggiare la pelle da Trudi con l'olio di rose creato apposta dal suo profumiere personale, un monaco del chiostro del convento che si trova sulle rive del lago.
Il tempo dedicato alla cura del suo corpo era qualcosa a cui non rinunciava mai. Desiderava che la sua pelle risultasse sempre morbida e vellutata sotto il tocco delle sapienti dita del marito.
«Oggi indosserò l'abito Tea» ordinò rivolta a Gabriela.
Mentre con Trudi aveva un atteggiamento molto più dolce, a Gabriela si rivolgeva sempre con tono autoritario.
«Certamente Gräfin, me ne occupo all'istante» rispose la domestica che si accinse a prepararlo insieme a tutti i nastri coordinati.
«E non dimenticare le scarpe, voglio quelle in raso» continuò a comandare.

Gabriela

Gabriela, la figlia della prima cameriera della madre di Ralph, era cresciuta nella parte del castello riservata alla servitù mentre la madre svolgeva il suo compito al comando dell'anziana contessa von Schneider.
Una volta raggiunta la giusta età, di nascosto, era stata istruita personalmente dalla genitrice sui precisi compiti che una prima cameriera doveva svolgere con la speranza che, un giorno, la figlia avesse potuto prendere il suo posto servendo la futura moglie del piccolo conte.
A quell'epoca essere la prima cameriera di una contessa era considerato un grande privilegio e un lavoro molto ambito e Gabriela aveva appreso ogni nozione con coscienziosità.
Di animo gentile e premuroso era una gran lavoratrice e con la sua indole tranquilla sopportava senza sforzo alcuno ogni comando, adorava la sua contessa e nonostante lei usasse sempre un tono burbero nei suoi confronti, non avrebbe mai e poi mai voluto essere altrove.
Quello che le mancava era la capacità manuale nell'acconciare le chiome e dentro di sé se ne rammaricava spesso ma la sua timidezza la portava a rinchiudersi in sé stessa tanto da accettare, vista la profonda devozione che provava nei confronti della contessa, quasi passivamente ogni critica.
Vreni al suo arrivo al castello l'aveva accolta nelle sue stanze e al suo servizio, ma non era mai riuscita a sopportare il suo mutismo e la sua poca intraprendenza. In tutti i modi cercava di spronarla, sperando che si decidesse a mostrare una qualche iniziativa, ma temeva che fosse solo una causa persa.

***

«Vostra grazia se non vi spiace ora dovreste accomodarvi davanti alla toeletta in modo che io possa acconciare la vostra splendida chioma» la invitò Trudi una volta terminato il massaggio.
Trudi era una giovane ragazza piuttosto sveglia che la contessa aveva conosciuto per puro caso a Einsiedeln durante il suo cammino per Santiago de Compostela Svizzero.

L'incontro con Trudi

La contessa, partendo da Rapperswil aveva deciso di percorrere a piedi, nonostante le numerose proteste del marito, i diciassette chilometri che la separavano dall'abazia di Einsiedeln dove è conservata la statua della Madonna Nera.
«Mi spiace mio caro che tu non sia d'accordo con me, ma questo pellegrinaggio non avrebbe senso se lo facessi in carrozza».
«Sai bene che si tratta di un lungo tragitto e che potrebbero esserci differenti pericoli lungo la strada» aveva continuato il conte cercando di dissuadere la consorte.
«Proprio per questo motivo ho deciso di affrontarlo. Voglio che la mia buona intenzione venga osservata da lassù e che serva a perorare la mia causa».
Cocciutamente Vreni continuava a sostenere e difendere la sua decisione «verranno con me la Baronessa von Martin, alcuni monaci e un paio di cavalieri, non credo che mi accadrà nulla strada facendo».
«Permettimi almeno di far giungere la carrozza davanti all'abazia in modo che tu possa fare il ritorno in totale agiatezza» aveva alla fine capitolato Ralph.
Quando Vreni si metteva qualcosa in testa era difficile farla cedere.
Ne sapeva ben qualcosa il conte suo padre che aveva in tutti i modi cercato di farla accasare con un principe tedesco.
Vreni, per nulla d'accordo con il volere del capofamiglia, aveva fatto in modo che il principe la trovasse tra le braccia del suo grande amore, il conte Ralph, diventato poi suo marito mandando a monte tutti i piani del conte suo padre.
A quel punto per salvaguardare l'onore del casato, il conte von Schneider fu costretto ad arrendersi e concedere la mano della figlia a Ralph von Schneider anch'egli innamoratissimo della contessina.

***

Durante la lunga camminata, attraversando l'Holzbrücke, il ponte di legno che collega la cittadina alla penisola di Hurden per poi proseguire sulla terraferma verso Pfäffikon, la contessa, nei pressi del passo di St. Meinrad, aveva inciampato accidentalmente e, solo grazie alla prontezza di una ragazza del popolo che assisteva al suo passaggio, la nobildonna era rimasta in piedi evitando un imbarazzante ruzzolone.
«Meine liebe Gräfin, tutto bene?» S'informò con prontezza la ragazza non appena la donna riprese la corretta postura.
«Sei stata davvero un angelo» la ringraziò «senza di te avrei sicuramente dovuto interrompere il mio cammino» osservò grata rivolta alla giovane che aveva abbassato il capo e si era riprodotta in un inchino.
«Come ti chiami?» Volle sapere.
«Trudi, vostra grazia. Sono una contadina e lavoro in questa terra» la informò facendo segno verso il campo coltivato dietro alle sue spalle.
«Ti piacerebbe lavorare per me al palazzo?»
Gli occhi della ragazza divennero due pozze grandi come il lago poco distante e le gote le si colorirono come le rose che la contessa aveva ricamate sullo scialle.
«Sarebbe per me un grande onore Gräfin, ma non ho la giusta istruzione» si rammaricò la giovane.
La donna le sollevò con la mano guantata il mento e le sorrise.
«Si possono imparare tante cose se si ha un buon cervello e tanta buona volontà. E tu mi sembri una ragazza piuttosto sveglia».
A quel complimento Trudi divenne paonazza, non si aspettava certo che la contessa perdesse il suo preziosissimo tempo con una come lei e, pur essendo dotata di buona parlantina, in quel frangente le mancarono le parole per rispondere.
«Dal colorito del tuo viso intuisco che la cosa possa piacerti» continuò la contessa che, prima di riprendere il cammino, si rivolse alla sua dama di compagnia «Baronessa von Martin fate in modo che questa ragazza giunga al castello e che nei prossimi giorni venga istruita sui suoi compiti. Entro la fine del mese sarà la mia cameriera personale».

Trudi

Quando la contessa le propose di diventare la sua cameriera personale quasi stentava a credere alle proprie orecchie e alla fortuna che le era capitata.
Nei suoi sogni più segreti c'era sempre stato il desiderio di smetter di fare la contadina e diventare una dama di corte, beh, se non proprio una dama, almeno una cameriera al servizio della bella contessa, ma sapeva benissimo che questo era per lei quasi, se non del tutto, impossibile.
Benché esercitasse le sue spiccate doti di pettinatrice sulle chiome delle sue sorelle minori e le obbligasse ogni sera a una seduta di acconciatura, si dedicasse alla cura del corpo e avesse imparato l'arte del massaggio da una donna che un tempo era stata a servizio nel palazzo di un barone, era conscia del fatto che le mancavano tante altre nozioni. Ma la speranza che un giorno la fortuna avesse deciso di arriderle non l'aveva mai abbandonata e quel giorno, a quanto pare, era giunto.
Da lontano aveva sempre ammirato la contessa Vreni e fantasticato su come avrebbe potuto devotamente servirla e questa sua ammirazione era stata spesso scherno da parte delle sue sorelle che le dicevano che sognare non faceva crescere le rape nell'orto, non produceva il formaggio che ricavavano dalla mungitura delle mucche e non portava il pane sulla tavola, ma Trudi non era mai riuscita a smettere di sognare.
E ora quel sogno poteva avverarsi.

***

Giunta nella sala da pranzo accompagnata dalla baronessa, Vreni si avvicinò al marito per porgergli il buongiorno.
«Guten morgen, meine Schatz» gli soffiò nell'orecchio mentre un sorriso le impreziosiva le
bellissime labbra che poggiò invitanti su quelle del consorte, il quale, non si fece pregare nel restituire il bacio con entusiasmo abbracciandola e attirandola a sé per la vita per strofinare il naso nell'incavo del collo.
«Hmm il tuo profumo mi inebria la mente, sembra di essere in mezzo al roseto» le sussurrò piano lasciando una scia di baci sulla pelle della contessa percossa da brividi.
«Schatzeli tu sai sempre come farmi sentire amata».
«E tu mia dolce signora hai il potere di rendermi tuo schiavo».
La baronessa tossicchiò imbarazzata nonostante ormai, dopo più di un anno quale dama di compagnia della contessa, avrebbe dovuto essere abituata a quel comportamento non propriamente consono alla sua condizione.
Ma Vreni in privato se ne infischiava delle regole e si divertiva sempre un mondo a eludere il galateo.
«Questa mattina mi sembri di ottimo umore, il bagno deve averti fatto piuttosto bene» commentò Ralph guardando Vreni negli occhi mentre la baronessa continuava a scuotere il capo per la confidenza informale dei due.
La dama, aveva inutilmente sperato che almeno Ralph mantenesse un minimo ritegno, soprattutto davanti alla servitù e a ella stessa, ma niente faceva presagire che il suo desiderio potesse avverarsi e che i due coniugi, quando erano soliti rivolgersi tra di loro, adottassero un comportamento idoneo al loro rango.
«Mi sento in ottima forma, il massaggio poi ha completato l'opera. E tu mio caro?»
«Non mi lamento. Sono andato a fare un gradevole giro per il parco e ho avuto il piacere di constatare che sono nati due cerbiatti».
«Ma che meraviglia! La famiglia si è allargata» esclamò felice la contessa, che sperava di poter dare presto una simile notizia al consorte.
Aveva tanto pregato di restare incinta quando si era recata a Einsiedeln.
Non erano sposati da molto ma ormai le sembrava giusto che questo suo desiderio si avverasse, voleva dare un erede a Ralph e nel suo intimo era convinta di esserci quasi riuscita.
Per potergli dare la lieta novella, stava aspettando con ansia che passassero ancora due settimane come le aveva consigliato il medico.
«Sì, mia cara, a quanto pare, quest'anno abbiamo proprio un'ottima annata. Anche le vigne stanno crescendo molto bene e la vendemmia sarà piuttosto consistente. Potremo produrre una grande quantità di ottimo vino».

I conti erano soliti chiacchierare apertamente di ogni avvenimento concernente la loro tenuta, sia che si trattasse della nascita di un piccolo animale che delle loro coltivazioni.
La baronessa von Martin, pur essendo costantemente presente, non prendeva mai parte alle loro conversazioni, ascoltava in rigoroso silenzio e dentro di sé si domandava di continuo come potesse interessare alla contessa l'andamento della proprietà, la quantità di vino prodotta o qualsiasi altro argomento che era prettamente di interesse maschile.
Secondo quanto le era stato insegnato, le dame erano solite preoccuparsi di ricamo, pittura, musica, abiti, gioielli e belletti. Si dedicavano al pettegolezzo e ambivano a essere ammirate per il loro aspetto esteriore, non certo per quanto il loro cervello potesse elaborare.
In quel castello invece, al contrario di tutti gli altri castelli nei quali aveva avuto occasione di far visita, tutti gli schemi erano controvertiti.
Il conte era talmente loquace e di aperte vedute con la contessa, da farla quasi inorridire.
Ne ascoltava ogni minima idea, le chiedeva consiglio, pretendeva che gli enunciasse il suo parere in merito a qualsiasi questione e, se qualcosa lo avesse indisposto, non avrebbe perso occasione per invitarla a recarsi nei loro appartamenti per discuterne fino a quando entrambi fossero giunti a un appagante confronto.
Non esercitava mai il suo compito di unico e solo padrone di casa, considerava Vreni come una sua pari e come tale la consultava in tutto e per tutto.
«Come passerai la giornata mia cara?» S'informò Ralph mentre spalmava una generosa dose di burro sulla fetta di pane che aveva dinanzi.
«Oggi vorrei andare a fare una passeggiata in riva al lago, è una così bella giornata. E tu?»
«Presumo che sarai felice di sapere che sarei lieto di offrirti la mia compagnia».
Gli occhi della contessa brillarono a quella notizia.
«Ne sarei più che lieta, è da molto che non usciamo insieme» cinguettò sorseggiando la sua tazza di tè «credi che potremo portare con noi un po' di pane per poterlo offrire alle papere che galleggiano placide sulle acque del lago?»
«Mio tesoro, a volte mi sembri tanto una bambina» la canzonò sorridendo «se la cosa può farti felice, porteremo con noi del pane raffermo» e si voltò verso la cameriera ordinandole di preparare il cestino per la contessa.

Vreni aveva da poco compiuto ventidue anni ma il suo entusiasmo e la sua vitalità erano tali che, agli occhi di Ralph, a volte risultava come una bimba che non poteva far a meno di accontentare.
Lanciò un rapido sguardo verso la dama di compagnia della moglie che, ancora una volta, aveva scosso la testa e adottato un'espressione contrariata era sicuro che la donna, come minimo, avesse alzato gli occhi al cielo; e in effetti era come aveva previsto, la baronessa sembrava in procinto di esplodere ma a lui le smorfie di quella donna lo mettevano solo di buon umore.

Nelle occasioni in cui i due coniugi si ritrovavano soli, l'avevano denominata “la baronessa infastidita” e si divertivano un mondo a imitarla oppure a farle piccoli e innocenti scherzi, magari soltanto nell'eccedere in effusioni in sua presenza, ben sapendo che secondo la sua etica e morale, il loro comportamento era assolutamente fuori luogo e catalogato come dissoluto.

«Baronessa, se volete esimervi da questa passeggiata capirò benissimo la vostra assenza».
Vreni si premurò di andare incontro alle esigenze della sua dama di compagnia cercando di trattenere il più possibile la risatina che le era sorta spontanea «come avrete avuto modo di ascoltare a colazione, mio marito mi onorerà della sua compagnia, pertanto, per quanto riguarda l'etichetta mi sembra che non ci siano problemi giusto?»
Proseguì il suo discorsetto ben sapendo che quello che aveva appena detto era meglio che non ricevesse alcuna risposta, perché di certo si sarebbe trattato della solita tiritera sul suo inappropriato modo di comportarsi.
«Avrete così l'opportunità di continuare quel ricamo che tanto vi sta a cuore» concesse ancora come se fosse un gran regalo da parte sua, mentre in realtà era ben felice di non dover passeggiare per le vie della cittadina guardata a vista con disappunto per ogni sua minima espressione.
«Come preferite Gräfin. Vi sono grata per avermi esonerato da questa passeggiata, proprio oggi ho un tale dolore all'anca che fatico a camminare correttamente».
Vreni si voltò dall'altro lato per nascondere l'ulteriore sorriso che le era affiorato alle labbra.
La piccola bugia della baronessa non le era sfuggita, tanto più che proprio un paio d'ore prima l'aveva osservata correre dietro a uno sguattero che aveva dimenticato di lasciare davanti alla sua porta i sali per il bagno.

Tenendo una mano poggiata sul braccio del conte e nell'altra l'ombrellino per riparare la sua candida pelle dai forti raggi solari di luglio, Vreni incedeva allegramente per le viuzze che dal castello scendevano verso il lago.
Durante il tragitto la giovane coppia venne più volte rallentata con inchini da parte dei compaesani che incrociavano il loro cammino.
Le ragazze abbassavano lievemente lo sguardo mentre piegavano le ginocchia in segno di saluto mentre gli uomini si toglievano il cappello.
«Oggi è proprio una magnifica giornata per passeggiare» constatò Vreni mentre alcuni bimbi si rincorrevano sulle rive del lago.
«Sì, mia cara hai proprio ragione. Sembra che i nostri concittadini e anche molti pellegrini abbiano avuto la nostra stessa idea» le fece notare Ralph.
«Dici che potremo sostare in una di queste sale da tè per dissetarci?»
«Penso proprio di sì, se è questo che desideri».
«Avrei una certa sete e mi piacerebbe molto bere un bel boccale di Apfelwasser ».
Laura Parise
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