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Writer Officina Blog
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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L'Axioma Divino
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Ordine, memoria, consapevolezza.
Sul pianeta Dedalo, c'era un'isola avvolta da una brezza gentile e baciata da un sole dorato. Qui, tra le onde che lambiscono la costa e i profumi di una terra rigogliosa, viveva Mauro. Agli occhi del mondo, era un bambino come tanti. Amava correre a piedi nudi sulla sabbia calda, collezionare conchiglie dalle forme bizzarre e tornare a casa con le ginocchia sbucciate, trofei delle sue avventure quotidiane. Seguiva il corso dell'infanzia con la curiosità di un esploratore in un territorio sconosciuto.
Ma dentro di sé, Mauro custodiva un piccolo segreto, una sensazione frizzante come una bollicina di rugiada: qualcosa in lui diceva che non era di quell'isola, come un uccellino cresciuto in un nido accogliente, ma sentiva il richiamo di un cielo più vasto. Era come un musicista con uno strumento nuovo tra le mani, che cerca la melodia giusta per farlo vibrare. Osservava Dedalo, il suo mondo, la sua isola e si sentiva come un navigatore con una mappa incompleta, alla ricerca di un porto che risuonasse nel suo animo. Ogni legame, ogni racconto ascoltato, ogni usanza tramandata sembravano indicare la sua appartenenza a quel luogo, eppure, una vocina interiore, come un eco proveniente da un luogo lontano eppure familiare, gli sussurrava una frase strana, una parola che trascinava con sé un senso di inquietudine: 'abbiamo dovuto farlo'.
Questa frase, non l'ha mai letta nei libri illustrati, non la udiva nei canti dei pescatori. Eppure, era lì, dentro di lui, come un seme piantato dentro di se ancora prima della sua venuta al mondo. Si chiedeva se questa frase fosse semplicemente un modo per dare un nome a qualcosa di misterioso, un po' come dare un nome alle stelle per sentirle più vicine, un tentativo dei grandi di dare un ordine al caos. Osservava gli altri bambini dell'isola, che sembravano trovare il loro posto nel mondo con naturalezza e si chiedeva se anche lui, un giorno, avrebbe trovato la sua armonia, o se quella frase avrebbe continuato a risuonare dentro di lui.
Dedalo, un pianeta vibrante di terre e vita, ospitava creature di ogni sorta, ma le tre famiglie principali si distinguevano in vegetali, saggi e silenziosi custodi dei segreti della terra, con le loro radici ben piantate nel suolo; in Animali, guidati dall'istinto in un'eterna danza tra prede e predatori, un balletto primordiale e infine, in Umani, la specie più complessa e contraddittoria, capaci di toccare le vette della bellezza e di sprofondare negli abissi dell'oscurità.
In un angolo remoto di Dedalo, come un gioiello nascosto in uno scrigno, giaceva l'isola di Mauro avvolta nel mistero: Mauretania. Non era segnata su alcuna mappa, quasi fosse un segreto sussurrato tra le onde e il vento. Eppure, Mauretania pulsava di una vita rigogliosa: piante dai colori vivaci danzavano al ritmo della brezza, fiori profumati inebriavano l'aria e alberi maestosi si ergevano verso il cielo, come giganti custodi. Una miriade di creature, sconosciute al resto di Dedalo, popolava quest'isola incantata. Qui, in questa oasi di pace e bellezza, viveva una comunità di Umani che danzava in armonia con la natura, un Eden incontaminato che resisteva, per ora, all'avanzata di un'evoluzione che, altrove su Dedalo, si manifestava con la forza del cemento e la sete insaziabile di un progresso che spesso dimenticava il linguaggio della terra.
Mauretania era un luogo di contrasti sorprendenti, un quadro dipinto con pennellate audaci, il deserto dorato si estendeva fino a baciare le onde di un mare cristallino. Le coste erano un susseguirsi di dune sinuose, modellate dal vento come sculture di sabbia, che si tuffavano in un mare di un azzurro profondo. Dove la sabbia cedeva, apparivano scogliere frastagliate, battute dalle onde impetuose, dove la spuma bianca si infrangeva con un fragore melodioso. L'aria profumava di salsedine e delle erbe aromatiche che crescevano tra le rocce, un profumo che inebriava i sensi. L'interno dell'isola era un regno incantato, un giardino rigoglioso dove la natura dispiegava tutta la sua magia. Foreste di alberi antichi, custodi di storie secolari, si estendevano a perdita d'occhio, offrendo un rifugio ombroso a una miriade di creature. Fiori dai mille colori sbocciavano come gemme preziose, inebriando l'aria con profumi soavi. Ruscelli cristallini serpeggiavano tra gli alberi, creando cascate danzanti e laghetti scintillanti, dove la luce del sole giocava a nascondino tra le foglie.
A Mauretania, la natura regnava sovrana, un regno incontaminato dove la mano dell'uomo moderno non aveva ancora lasciato la sua impronta. Non si udiva il rombo di macchine né si vedevano le cicatrici di fabbriche o rifiuti. L'aria era pura come il cristallo e di notte, il cielo si apriva in uno spettacolo di stelle scintillanti, un manto di diamanti su un velluto nero. I bambini, con la loro energia inesauribile, scorrazzavano per le stradine di terra battuta, rincorrendosi e inventando giochi fantastici sotto lo sguardo dolce e vigile delle loro madri. Il fabbro, un uomo robusto, con la barba fulva e le mani annerite dal fuoco, batteva l'incudine con la forza di un gigante, modellando il metallo incandescente con l'aiuto del suo fedele bue Bruno, un gigante buono dagli occhi miti. Il profumo del pane appena sfornato si diffondeva per tutto il villaggio, proveniente dal forno del panettiere Elio, un uomo minuto e allegro, sempre accompagnato dalla sua oca Gertrude. Il lattaio, un giovane dai capelli biondi e gli occhi azzurri, si avviava verso i pascoli con la sua capretta Bianca. Il falegname, un uomo saggio e paziente, lavorava il legno nella sua bottega, affiancato dal suo amico castoro Arturo. E così via, ogni abitante del villaggio contribuiva con il suo lavoro al grande mosaico della vita di Mauretania.
Le case del villaggio, costruite con legno e pietra locale, si integravano perfettamente con il paesaggio circostante. Tetti di paglia spioventi, finestre ornate di fiori colorati e piccoli giardini curati creavano un'atmosfera accogliente e familiare. Al centro del villaggio si ergeva un grande albero secolare, che offriva la sua ombra protettiva a tutti gli abitanti. Sotto la sua chioma frondosa, gli abitanti si riunivano per discutere, festeggiare e condividere momenti di vita comunitaria.
La vita sull'isola scorreva al ritmo dolce, in un'armonia antica. Gli abitanti vivevano in perfetto equilibrio con il loro mondo, rispettando ogni forma di vita, dal più piccolo insetto al più maestoso albero. Cacciavano e pescavano solo quanto necessario, consapevoli del delicato filo che legava ogni creatura all'altra. Conoscevano la terra che li ospitava in ogni suo aspetto, accettandone la bellezza e la sua "danza" tra vita e morte, un ciclo eterno che accoglievano con rispetto e saggezza. Non sognavano un Eden idealizzato, ma comprendevano la natura nella sua totalità, con le sue luci e le sue ombre. Gli animali selvatici si muovevano liberi per tutta l'isola, senza timore dell'uomo: volpi agili, cervi eleganti, uccelli dal canto melodioso, rettili e insetti di ogni genere convivevano in un equilibrio perfetto, ciascuno con il suo ruolo nel grande concerto della vita. Anche i predatori, con la loro natura di cacciatori, erano parte integrante di questa connessione, note necessarie in una sinfonia.
Questo era il cuore di Mauretania: una profonda armonia tra tutte le forme di vita, un rispetto verso il tutto che permeava ogni aspetto della vita quotidiana. Un luogo dove l'uomo non si poneva al di sopra, ma viveva in sintonia con essa, unendosi al suo ritmo. E questo rispetto per il tutto, si rifletteva anche nella loro vita comunitaria, solida come le radici di querce secolari. A Mauretania, l'onestà era un tesoro condiviso, un fondamento su cui si basava l'intera società. Il baratto e lo scambio erano gesti di fiducia reciproca e il rispetto per il lavoro altrui creava un equilibrio stabile e duraturo. La parola "inflazione" non apparteneva al loro linguaggio, perché la ricchezza non si misurava in metalli preziosi, ma nella fiducia e serenità della comunità, la loro casa.
Nonostante la sua straordinaria unicità, l'isola non era tagliata fuori dal resto del mondo. Anzi, pur conservando un'impronta del tutto speciale, l'isola era in sintonia con il progresso, ma con una prospettiva ben diversa. Mentre il resto del mondo si affannava a inseguire sempre più ricchezze materiali e tecnologie sempre più nuove, spesso dimenticando il vero sapore della vita, gli abitanti di dell'isola coltivavano un tesoro ben più prezioso: la ricchezza della libertà. Per loro, lo sviluppo della mente, la crescita spirituale e la comprensione del mondo erano la vera fonte di gioia e di appagamento, una ricchezza che non si poteva misurare con oro o gemme.
Questa scelta non li rendeva isolati o arretrati, tutt'altro. La loro profonda conoscenza della natura e la loro capacità di vivere in armonia con essa li ponevano, in un certo senso, un passo avanti, liberi dalla spirale di consumismo e insoddisfazione che affliggeva altre terre. Erano come saggi giardinieri che curavano il proprio orto interiore, raccogliendo frutti secolari di saggezza e serenità.
Mauro, intanto, amava trascorrere le sue giornate esplorando la fauna. Saltellava tra gli alberi come un piccolo folletto, gustandosi ciò che la natura generosamente gli offriva nell'esplorazioni. Si divertiva a osservare le espressioni curiose degli animali dopo qualche innocuo scherzo, per poi rotolarsi sull'erba in una risata cristallina. Correva a perdifiato sulla sabbia dorata del deserto, fino a sentire il cuore battere forte, per poi tuffarsi nelle acque limpide dove miriadi di pesci colorati lo accoglievano con una danza gioiosa, quasi lo cullassero dolcemente verso la foce. Lì, si abbandonava al riposo, ascoltando il canto delle onde e ricaricando le energie sotto il sole caldo.
Un giorno, sdraiato sulla tiepida sabbia vicino a riva, due figure maestose si stagliarono di fronte a lui: Cavallo e Aquila, i suoi "fratelli" di anima. "Ehi, piccolo amico, il vento ci ha portato qui per parlarti," dissero all'unisono due voci, come un'unica melodia che risuonava nell'aria. Mauro, con il cuore che batteva un po' più forte per la sorpresa, ma con un sorriso sincero sul volto, esclamò: "Ma guarda un po'! Cavallo e Aquila insieme? Quale vento vi porta qui, amici miei?" "Non c'è tempesta all'orizzonte," rispose l'aquila con voce grave, come il rintocco di una campana lontana, "ma siamo venuti a dirti quanto sta accadendo. Di conseguenza, condividere con te un segreto, una storia antica che il vento sussurra tra le foglie degli alberi." "Un segreto che ti appartiene, fratello," aggiunse il cavallo, con la sua voce profonda come il suono del mare che si infrange sulla costa. "Una storia che è giunto il momento di ascoltare." Con un guizzo di ironia negli occhi, Mauro si alzò in piedi. "Ah, finalmente! Forse sarà ciò che sento dentro da sempre, ma che non ho mai saputo la sua vera natura?," aggiunse con un sorriso un po' incerto, "non so se sono pronto a conoscerlo."
Cavallo e Aquila si scambiarono uno sguardo, comprendendo la logica contorta del loro amico. Poi, come un'improvvisa illuminazione, i loro occhi si spalancarono in un'espressione di dolce stupore. "Allora... sei tu," sussurrò l'aquila, quasi incredula. "Sei tu il Mauro di cui parlano le antiche scritture, colui che è stato predetto fin dall'alba dei tempi," affermò il cavallo, con voce carica di emozione. L'aquila, con voce solenne come un cantastorie che narra antiche leggende, recitò le parole che il vento aveva inciso nella pietra: "Un bambino nascerà come segno di guarigione, per colmare la profonda crepa aperta dall'egoismo degli uomini. Porterà con sé un'eco di angoscia, un ricordo di ciò che ancora non è accaduto, perché nascerà già sapendo." Poi, rivolgendosi direttamente a Mauro, l'aquila chiese con dolcezza: "Hai mai avuto questa sensazione, amico? Hai mai avvertito questo istinto di sapere, senza sapere cosa?"
Con il cuore che batteva all'impazzata, Mauro fece un passo indietro, stringendo le mani lungo i fianchi. I suoi occhi verdi, di solito così vivaci e curiosi, si velarono di un'ombra di timore. "Si!... ma... perché dovrei essere proprio io?" chiese con voce tremante. "Potrebbe essere qualsiasi persona nata in Mauretania o altrove su Dedalo! E poi... io sono ingenuo, come potrei essere io colui di cui parlano le profezie?" Il cavallo, un imponente stallone dal manto baio scuro che brillava come bronzo brunito sotto la luce del sole, chinò il capo verso di lui, guardandolo con i suoi grandi occhi miti e rassicuranti. Una leggera brezza marina gli scompigliava la criniera folta e setosa. "È vero, piccolo Mauro," disse con voce profonda e gentile come il mormorio del mare, "sei buono, tenero e ingenuo. E sono proprio queste qualità fondamentali! la tua dolcezza e la tua purezza di cuore, che ti rendono capace di toccare le corde più profonde dell'anima e di sciogliere anche le spade più affilate con la sola forza dell'onestà."
L'aquila, immobile su una roccia come una sentinella di pietra, aprì le sue ali maestose, mostrando la loro incredibile ampiezza. Le penne nere, orlate di bianco come piume di nuvola, frusciarono leggermente al vento, un sussurro che sembrava portare con sé echi di terre lontane. I suoi occhi penetranti, dorati come il sole al tramonto, sembravano scrutare nel profondo dell'anima del ragazzo. "...E ora che conosci anche questo," continuò con voce solenne, come un antico druido che rivela un arcano segreto, "devi sapere che le tue radici non affondano qui, in quest'isola. Sei nato al di là del mare, in terre lontane e sconosciute. Per noi, ogni luogo al di fuori di quest'isola è avvolto da un'ombra, un luogo dove crescono pensieri distorti, desideri insaziabili di potere e cuori induriti dall'egoismo. E questa ombra, purtroppo, si sta allungando anche sulla nostra isola."
Un silenzio denso, come la nebbia che avvolge le montagne al mattino, calò tra i tre. Mauro, con il cuore che batteva forte nel petto, cercava di dare un senso alle parole dei suoi fratelli di anima. Abbassò lo sguardo sulle sue mani, notando per la prima volta le sottili cicatrici che le segnavano, piccole storie delle sue avventure tra gli alberi e le rocce di Mauretania. "Allora... ecco perché," mormorò infine Mauro, alzando di nuovo lo sguardo, con una luce nuova che brillava nei suoi occhi. "Ecco perché mi sono sempre sentito come una foglia trasportata dal vento, senza una radice ben salda. E ora, ascoltandovi, mi sento più libero, come un sacco di sabbia, trasportata sulle spalle da sempre, finalmente me ne libero buttandolo a terra...Quindi sarei nato fra gli egoisti ed assetati di potere!?!"
L'aquila riprese la parola, con lo sguardo ora serio e penetrante come la lama di una spada. "Nebus," spiegò, "era il più giovane dei saggi, il fratello di Albatrus. Il suo cuore, purtroppo, non era ancora forte come quello degli altri. Era vulnerabile alla paura, alle promesse di potere e di ricchezza. E coloro che vivono al di là del mare, coloro che tu chiami 'egoisti e assetati di potere', hanno saputo sfruttare questa sua debolezza, offrendogli doni avvelenati in cambio di un pezzo della nostra serenità." Il cavallo aggiunse con un tono di profonda tristezza, come un lamento che si perde nel vento: "Hanno promesso di lasciarci in pace per qualche tempo, in cambio di un tributo. Un'offerta che, secondo loro, avrebbe garantito la nostra sopravvivenza." Un'onda di calore gli sali al viso, una fiamma di indignazione che gli fece stringere i pugni. "La libertà non si baratta!" esclamò con voce vibrante come il suono di un corno che chiama alla battaglia. "La paura ha offuscato la saggezza di Nebus. Ma paura di cosa? Perché ha permesso che questa lo guidasse?" La sua voce si fece più alta, carica di incredulità e rabbia. "Non è giusto. Non posso accettarlo." L'aquila, appollaiata come un re sul trono, inclinò leggermente il capo. Un lampo di orgoglio brillò nei suoi occhi dorati. Guardò il cavallo, con un sorriso appena accennato sul suo becco affilato. "Hai sentito cosa hai detto, piccolo Mauro?" chiese con un tono che nascondeva una punta di ammirazione. "Parli già come un capo, come un custode. Vuoi proteggere la tua isola, anche se hai solo quindici primavere e un cuore più dolce del miele."
Il cavallo nitrì dolcemente, scuotendo la sua criniera nera. Si avvicinò al ragazzo, sfiorandogli la spalla con il suo muso vellutato. "È proprio così," disse con voce profonda e rassicurante, "anche la goccia soffice e piccola, cadendo con costanza, può scavare la roccia più dura." Mauro ascoltava in silenzio, la rabbia che si ritirava come la marea, lasciando spazio a un'onda di profonda delusione. Il suo sguardo si perse all'orizzonte, dove il cielo azzurro baciava il mare cristallino. Mauretania, la sua isola, il suo rifugio incantato, era stata ferita. E quella ferita bruciava ancora di più perché inferta da uno dei suoi stessi custodi, una figura che avrebbe dovuto proteggerla. Un nodo di tristezza gli strinse la gola. Sentiva il peso di una responsabilità che non aveva mai cercato, una responsabilità che ora sentire gravare sulle sue giovani spalle come un mantello troppo pesante. "Cosa... cosa possiamo fare?" chiese infine, la voce appena un sussurro. "Dobbiamo fermarlo. Dobbiamo fermare l'ombra che si allunga su Mauretania", si rispose.
L'aquila e il cavallo si scambiarono uno sguardo silenzioso, un'intesa profonda che parlava senza bisogno di parole. Il momento era giunto, il filo del destino si stava srotolando. Un silenzio denso, come la quiete che precede la tempesta, avvolse la spiaggia, interrotto solo dal respiro affannoso di Mauro e dal dolce mormorio delle onde che accarezzavano la riva. Il sole, alto nel cielo, proiettava ombre lunghe sulla sabbia dorata, disegnando figure fantastiche. Mauro, con il cuore appesantito da un nuovo fardello, si voltò verso il villaggio, un piccolo insieme di case di pietra e legno che si stagliava contro il verde smeraldo della vegetazione. Non disse nulla ai suoi compagni, ma uno sguardo intenso bastò a comunicare la sua decisione. Sentiva, nel profondo che quella era la via giusta. Si incamminarono verso il villaggio, Mauro preceduto dal cavallo, che avanzava con passo solenne, e seguito dall'aquila, che volteggiava silenziosa sopra di loro come un guardiano alato. Il cammino, che di solito percorreva con passo spensierato, ora gli sembrava stranamente lungo e faticoso, come se ogni passo fosse un macigno che si aggiungeva al peso che già sentiva. Era riuscito a buttare a terra un sacco pieno di sabbia, ma altri nuovi gli erano saliti in spalla.
Giunto vicino casa, la dimora di Mauro era di legno semplice ma confortevole con un piccolo orto sul retro che si trovava ai margini del villaggio immersa nella tranquillità della natura, salutò con un cenno del capo gli abitanti che incontrava, cercando di nascondere il turbamento che gli agitava l'anima dietro una maschera di serenità. Nessuno notò la tempesta che infuriava dentro di lui. Le risate dei bambini che giocavano nella piazza, le voci degli adulti che si dedicavano alle loro attività quotidiane, tutto gli appariva stranamente distante.
Il mattino dopo, senza indugiare oltre, Mauro si diresse verso la dimora del saggio Albatros, una costruzione solitaria che si ergeva su una dolce collina, circondata da un giardino rigoglioso di erbe aromatiche e fiori dai mille profumi. Era un luogo di pace e silenzio, un rifugio dove il saggio si ritirava per meditare e scrutare le stelle. Incontrati nel tragitto, il cavallo e l'aquila lo accompagnarono fino alle porte del giardino, poi si fermarono, rispettosi di quel luogo sacro, come due guardiani che vegliano su un tesoro prezioso. Mauro avanzò lentamente, aprendo con delicatezza il cancello di legno, quasi aprisse le porte di un mondo segreto. Un sentiero di pietra conduceva alla casa, costeggiato da cespugli di lavanda e rosmarino che profumavano l'aria con un aroma intenso e avvolgente. Giunto alla porta, Mauro bussò con un tocco leggero. Un profondo silenzio gli rispose. Bussò di nuovo, con un po' più di insistenza, ma il silenzio persisteva, fitto come una coltre di nebbia. Un'ombra di inquietudine cominciò a danzare nel suo cuore. Dove poteva essere Albatros?
Provò a spingere la porta e, con sua sorpresa, la trovò aperta, come se lo stesse aspettando. Esitò un istante, come un esploratore davanti all'ingresso di una grotta sconosciuta, poi spinse lentamente l'anta e si ritrovò in un ampio salone illuminato dalla luce dorata del tramonto che filtrava attraverso le finestre. L'aria profumava di incenso e di antichi saperi, come in una biblioteca dimenticata dal tempo. Il salone era deserto, silenzioso come un tempio abbandonato. Mauro avanzò con cautela, chiamando a bassa voce il nome del saggio. Nessuna risposta. Un brivido lo percorse. Qualcosa non andava. Si addentrò ulteriormente nella casa, esplorando le diverse stanze: la biblioteca, con le sue file di libri antichi che sembravano sussurrare storie dimenticate; la stanza delle erbe, con i suoi profumi intensi e i suoi colori vivaci; lo studio, con la sua atmosfera di quiete. Tutto era in perfetto ordine, ma di Albatros non c'era traccia.
Tornato nel salone, notò qualcosa che prima gli era sfuggito, un piccolo foglio di pergamena appoggiato sul tavolo. Lo prese tra le mani e lesse le poche parole scritte con una calligrafia elegante e precisa: "Sono partito per un breve viaggio. Tornerò presto. Abbi cura di te, Mauro." Un sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra. Albatros era semplicemente partito. Non c'era nulla di cui preoccuparsi. Ma un'ombra di dubbio persisteva nella mente. "Come faceva a sapere che sarei venuto a cercarlo?" si chiese. Il messaggio era rivolto proprio a lui. Quel "breve viaggio" sembrava avvolto da un'aura di mistero.
Un vento leggero si levò tra gli alberi del giardino di Albatros, quasi a condividere la perplessità di Mauro. Con il piccolo foglio di pergamena stretto tra le dita, uscì dalla dimora del saggio, il cuore diviso tra la rassicurazione per il suo momentaneo allontanamento e il turbamento per quel messaggio enigmatico. Raggiunse il cavallo e l'aquila che lo attendevano pazienti all'ingresso del giardino, sotto lo sguardo delle stelle che cominciavano a punteggiare il cielo crepuscolare. "È partito per un breve viaggio," disse Mauro, mostrando loro il biglietto. "Dice che tornerà presto... ma..." La sua voce si spense, lasciando intendere un suo dubbio. L'aquila, con un battito d'ali che mosse l'aria intorno a loro, esclamò con voce grave: "Albatros sapeva già tutto. E, conoscendolo, sono convinto che sappia anche molto di più. Questo non è un buon segno, Mauro. Un saggio come lui non intraprende viaggi senza una ragione ben precisa, soprattutto in tempi come questi, quando l'ombra si allunga su Mauretania." Il cavallo, con un nitrito sommesso, abbassò il capo, quasi a voler condividere il peso di quel presagio. "Forse," disse con voce profonda ed echeggiante come il suono di una conchiglia marina, "sarà andato a cercare di evitare l'inevitabile. Albatros ha sempre cercato di proteggere l'isola dall'oscurità che avanza, come un faro nella notte. Questo viaggio potrebbe essere il suo ultimo tentativo di preservare l'equilibrio. "La tristezza velò il suo sguardo, mentre guardava verso l'orizzonte scuro.
Un silenzio denso calò su di loro, interrotto solo dal fruscio delle foglie e dal canto lontano di un grillo. Le parole dell'aquila e del cavallo, come semi piantati nel cuore di Mauro, germogliarono in un senso di profonda inquietudine. "Evitare l'inevitabile..." cosa significava quella frase enigmatica? E quali segreti custodiva Albatros? Con un sospiro che sembrava provenire dalle viscere della terra, il cavallo ruppe il silenzio. "Andiamo, amici miei," disse con voce profonda come il rimbombo di un tuono lontano. "La notte ci offre il suo riposo. Domani, che ci piaccia o no, il sole illuminerà una nuova Era. Dobbiamo essere pronti ad accoglierla, qualunque meraviglia o insidia ci riservi." Nessuno parlò più. Il cavallo, con passo pesante, si avviò verso la sua stalla, un rifugio di legno e paglia illuminato dalla luce tremula di una lanterna. L'aquila, con un volo basso e silenzioso, si librò nell'aria e scomparve tra le fronde degli alberi. Mauro, con la testa china e il cuore gravato da un fardello invisibile, si incamminò lentamente verso la sua dimora, sentendo il destino di Mauretania posarsi sulle sue spalle. |
Johann Sebastian Sgambellone
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