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Writer Officina Blog
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Caccia a me stesso
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Quattro mesi di tempo. Cinque cacciatori. Una sola preda.
«Truffatore! Stai cambiando le regole!» BloodyAngel: «Io lo amo. È un genio. Altro che reality, questo è un capolavoro.» CryptoKing: «Ho appena donato 20.000 dollari. Voglio vedere come va a finire.» Brian chiuse lo schermo. Si passò una mano sul volto e sussurrò: «ho bisogno di pensare per qualche minuto». Un lungo silenzio calò nella grotta. Sharon si avvicinò lentamente a gattoni verso di lui. Lo guardò negli occhi, poi si fermò e si inginocchiò davanti a Brian. La tensione, la paura, l'adrenalina esplosero in un gesto irrazionale. Gli tirò giù la zip dei pantaloni. «Potremmo morire domani.» Gli sussurrò. «Io non voglio sprecare questa notte. Ho bisogno di sentirti dentro, ovunque...» Iniziò a baciarlo e leccarlo tenendolo fermo con la mano destra. Brian aveva gli occhi chiusi, tremava dal piacere. Poi le loro mani si intrecciarono, i respiri si fusero. Non era solo desiderio, era la disperata urgenza di due persone che sapevano di non avere futuro. Sharon si mise sopra di lui. L'amore e la paura li travolsero, fino a cancellare per qualche istante il rumore della caccia là fuori. Un improvviso ronzio interruppe il momento magico. Il telefono di Brian vibrava. Lui sbiancò. Guardò lo schermo: un numero anonimo, ma con prefisso della Casa Bianca. Rispose. «Signor Murray, sono il Presidente.» Disse una voce profonda e tagliente. «Questa chiamata non esiste. Sarò breve. Le ho tolto di mezzo la CIA e l'FBI. Non le daranno fastidio. In cambio, se e quando trovera' la cura... me lo dira' immediatamente. È questione di vita o di morte. Per mia figlia.» Brian restò in silenzio per un lungo istante. Poi mormorò: «Se arriverò alla cura, le dirò come e dove. Ma sappia una cosa, signor Presidente: non ha idea di chi ci sia dietro. Non sarà facile nemmeno per lei.» La linea cadde. Ad alcune miglia di distanza, Thomas Gallagher ricevette un messaggio cifrato dalla sede CIA: “Missione annullata. Rientro immediato a Langley. Ordine esecutivo.” Lui serrò la mascella. Obbedì formalmente, guidò la squadra fino in Virginia. Ma poche ore dopo, presento' all'ufficio del personale la richiesta ufficiale di sessanta giorni di ferie arretrate che aveva accumulato. Gli vennero concessi. Non perse tempo. Prenotò un volo, ripartì da solo per la California. Non avrebbe abbandonato Brian. Lo avrebbe seguito nell'ombra, proteggendolo da lontano, come un fratello invisibile. La caccia continuava. Ma ora, in quella partita di sangue, non c'erano più solo cacciatori e preda. C'era un'intera nazione che guardava. E un Presidente che voleva sfruttare la follia di un uomo disperato per salvare la vita di sua figlia.
La città fantasma
Il respiro della miniera era ormai diventato soffocante. L'odore acre della polvere da sparo, misto al sangue rappreso di GreyWolf, aleggiava ancora tra le pareti rocciose. Brian non aveva più dubbi: restare lì significava morte certa. «Prendi tutte le tue cose, Sharon. Non abbiamo tempo.» La sua voce era roca, tesa come la corda di un violino. Sharon non chiese spiegazioni. Afferrò lo zaino, prese la Glock, e insieme cominciarono a caricare in fretta il pickup verde. Boss balzò sul sedile posteriore, ansimante, le orecchie tese come antenne radar pronte a captare ogni rumore. Brian lanciò un'ultima occhiata al cadavere di GreyWolf, ancora riverso accanto all'ingresso mimetizzato della miniera. «Non c'è tempo per lui.» Sussurrò. Girò la chiave. Il motore ringhiò, il pickup sobbalzò e poi si slanciò lungo il sentiero sterrato. Il vento della Sierra li investì come uno schiaffo. «E adesso?» Chiese Sharon, la voce spezzata dal rumore del motore e dal fruscio del vento. «Dove cazzo andiamo, Brian?» Lui strinse il volante fino a farsi sbiancare le nocche. «Non lo so. Non ancora.» «Non puoi non saperlo!» Gridò lei. «So solo che qui siamo morti. Devo trovare un posto dove nessuno ci cercherebbe.» Un silenzio teso riempì l'abitacolo. Poi Sharon si voltò verso di lui, gli occhi lucidi ma duri come pietra. «Allora pensaci. Perché da adesso in poi ogni minuto che perdiamo può essere l'ultimo.» Brian inspirò a fondo, lasciò vagare la mente. E all'improvviso un'immagine riaffiorò dai suoi ricordi di ragazzino: una città fantasma, abbandonata decenni prima, in mezzo alle montagne della Sierra Nevada. Nessuno ci viveva più, se non vento e polvere. Un luogo che sembrava uscito dal tempo. «Bodie!» Disse infine, quasi tra sé e sé. «Cos'è Bodie?» Chiese Sharon. Brian le lanciò uno sguardo rapido. «Un posto dimenticato anche da Dio. Una vecchia città mineraria dell'Ottocento. Nessuno ci abita più, solo case sventrate e chiese vuote. Perfetta per sparire per un po'.» Il viaggio fu lungo, spezzato solo dal ruggito del motore e dal respiro affannato di Boss. Attraversarono strade secondarie, sterrati isolati, curve che si arrampicavano tra pini e rocce. La notte calò rapida, una coperta nera punteggiata di stelle. Sharon appoggiò la testa al finestrino. «Sembra di correre verso il nulla.» «È quello che voglio.» Rispose Brian. «Il nulla è l'unico posto sicuro che ci resta.» Lei lo fissò a lungo. «Tu credi ancora di poter sopravvivere a tutto questo?» Brian serrò la mascella. «Io credo solo che ogni giorno in più che respiro, è un giorno strappato al tumore e a chi mi vuole morto.» Quando finalmente arrivarono, la luna era alta. E Bodie apparve come un miraggio. La città fantasma si stendeva davanti a loro, un mosaico di edifici di legno marcio e tetti crollati. Le finestre, nere come orbite vuote, riflettevano il chiarore argenteo della notte. Il vento soffiava tra le assi allentate, producendo lamenti che sembravano voci lontane. Un vecchio saloon sventrato, con le botti spaccate ancora ammassate dietro al bancone, si ergeva al centro della strada principale. Poco più in là, la sagoma di una chiesa di legno con il campanile storto sembrava vegliare sulla città come una sentinella stanca. Il terreno era cosparso di attrezzi arrugginiti, vecchi carretti, assi di legno spezzate. Il tempo aveva cristallizzato ogni cosa, come se la corsa all'oro si fosse fermata solo il giorno prima. «Dio mio...» Mormorò Sharon, scendendo dal pickup. «È come camminare in un cimitero senza tombe.» Brian si guardò attorno, con lo sguardo attento di chi calcola ogni via di fuga. «Ed è per questo che ci resteremo. Nessuno penserà di cercarci tra i fantasmi.» Migliaia di miglia più a est, nel cuore della Casa Bianca, il Presidente Crawford era davanti a un monitor enorme nello Studio Ovale. «Voglio immediato accesso a tutti i satelliti militari disponibili.» Ordinò al suo consigliere per la sicurezza. «Tracciatelo ovunque vada. Non deve sfuggire al mio sguardo, nemmeno per un secondo.» Sul grande schermo comparve una mappa digitale della Sierra Nevada. Il pickup verde di Brian era evidenziato da un puntino rosso che lampeggiava lentamente. Crawford si passò una mano sul volto. «Resisti, Murray.» Sussurrò tra sé. «Ogni tuo passo ci avvicina alla salvezza di Hilary.» Nel frattempo, a migliaia di chilometri di distanza, Gallagher osservava lo stesso puntino sullo schermo del suo tablet militare. Aveva trovato il modo di tracciare il telefono di Brian. «Non ti lascio solo, ragazzo.» Mormorò. Accese un macchina presa a noleggio e parti' in direzione della Sierra. Sarebbe stato l'ombra di Brian, il guardiano che nessuno vedeva. Appena sistemato in un vecchio edificio di Bodie, Brian aprì di nuovo il laptop. Scrisse un messaggio criptico da pubblicare sul sito e inviare automaticamente ai cacciatori: “Dove il vento fischia tra case senza voci, e la polvere custodisce i peccati dei cercatori d'oro, lì attenderò il vostro passo.” Cliccò invio. I cacciatori ricevettero la notifica su WhatsApp. ButcherLion: «Una cazzo di città fantasma? Ti giuro che ti scanno lì dentro.» KitsuneX: «Ho già lanciato i droni. Ti troverò prima degli altri.» Boomer: «Perfetto. Una città intera da trasformare in un campo minato.» Brian chiuse il laptop. Sharon lo osservava, le braccia incrociate, il volto teso. «Hai appena dato loro un invito a nozze.» «Forse.» Rispose lui, guardando fuori dalla finestra della ghost town. «Ma qui... qui giochiamo a modo mio.» Il vento soffiò tra le assi di Bodie, ululando come un coro di spettri.
L'arena di Bodie
Il vento soffiava tra i resti marci di Bodie, facendo gemere le assi come voci di fantasmi. La luna illuminava la città abbandonata, riflettendosi sulle finestre vuote come occhi spenti. Brian si muoveva rapido e metodico. Tirò fuori le sue solite tre telecamere wireless, le collegò al laptop e iniziò a piazzarle. «Una sul saloon, una sulla chiesa, e una sulla scuola.» Disse, parlando più a se stesso che a Sharon. «Vuoi che vedano proprio tutto?» Domandò lei, seguendolo con passo esitante. «Sì. Migliaia di utenti pagano per vedere tutto in diretta... lo sai anche tu. Voglio che il mondo guardi.» Pochi minuti dopo, il sito sul dark web lampeggiò con un nuovo annuncio: “Live Streaming – L'arena di Bodie, California.” Le chat esplosero. VenomDoll: «Santo Dio, non vedo l'ora!» SteelRaven: «Questa è una figata mai vista. È un reality con la morte vera.» BlackCobraXXX: «Ho appena donato 30.000$. Voglio vedere ammazzare ancora.» Sharon scosse la testa. «È malato... ma non tu. Loro.» Brian la fissò, cupo. «No, Sharon. Io sono solo un malato che combatte altri malati. Ma se smetto... muoio stasera.» Aveva teso un cavo d'acciaio tra due pali all'ingresso della città, invisibile nella notte. Poi controllò che le telecamere inquadrassero bene. «Perché proprio un cavo?» Chiese Sharon incuriosita. «Perché nei film funziona sempre!» Rispose lui, asciutto. Il ruggito di una moto da enduro squarciò il silenzio. Le gomme sollevavano nuvole di polvere mentre ButcherLion, con la maschera da hockey e il fucile a pompa a tracolla, piombava a tutta velocità verso Bodie. Le telecamere lo ripresero in pieno. Milioni di spettatori trattennero il fiato. Poi, il sibilo. Un lampo d'acciaio invisibile. La testa di ButcherLion fu recisa di netto, volando via dal corpo. Rotolò per diversi metri fino a fermarsi contro il portico del saloon, mentre la moto, senza guida, si schiantò contro un edificio adiacente e prese fuoco. Il corpo senza vita si afflosciò a terra, con le braccia ancora aggrappate al manubrio. La chat esplose come un campo minato: NightStalker: «DECAPITAZIONE IN DIRETTA! È irreale!» CyberFang: «Sto godendo alla grande, non riesco a crederci!» LunaNera88: «Mai visto niente di simile. Mai. Stupendo!» Sharon si portò una mano alla bocca. «Cazzo amore! È stato... orribile.» Brian non distolse lo sguardo. «Ma è stato giusto così. Un pericolo in meno.» Dal lato est della città, i droni di KitsuneX iniziarono a ronzare, inondando Bodie di luci laser. Dal suo visore termico, l'uomo vedeva tutto in verde: calore, movimenti, ombre. «Ti vedo, Murray.» Sussurrò nel microfono, certo che Brian lo avrebbe sentito. «La volpe ti darà la caccia fino alla fine.» Un raggio rosso attraversò il saloon, scheggiando il legno a pochi centimetri da Sharon. Lei cadde a terra urlando. «Sono troppo vicini!» Brian la afferrò. «Andiamo via Sharon! Veloce, dobbiamo spostarci subito! Forza Boss corri!» Balzarono fuori da una finestra laterale. Una raffica colpì il terreno, e uno dei colpi sfiorò Sharon alla spalla, aprendole la carne. Lei urlò di dolore. «Merda, sei ferita!» «Tranquillo non fermarti!» Ribatté lei, con i denti stretti. «Non molliamo adesso!» Brian le strappò un pezzo di camicia e le fasciò la ferita in fretta. «Resisti. Non e' grave. E non ti lascio.» Lei lo guardò negli occhi, ansimando. «Lo so. E io non ti lascerò a morire da solo.» Dal buio emerse anche Boomer, con la sua borsa di esplosivi e un sorriso delirante. «Eccoli, i piccioncini!» Urlò, brandendo un grosso coltello militare seghettato. «Pronti a volare in pezzi?» Si gettò su di loro, ma Boss lo colpì come un proiettile. I denti affondarono nel braccio di Boomer, che urlò, lasciando cadere a terra il coltello. Brian lo colpì alla tempia col calcio della Glock. Boomer crollò a terra, ma non era finita. «Non è morto.» Sibilò Sharon. «Purtroppo no.» Rispose Brian, stringendo l'arma. «Ed è questo che mi preoccupa. A lui penseremo dopo. Ma ora dobbiamo spostarci velocemente, non sono ancora finiti!» Brian, facendosi ben notare, si diresse correndo verso la chiesa. Proprio dove aveva piazzato l'ordigno sotto il portico. KitsuneX lo vide subito e scese dal tetto con agilità, convinto di avere vinto. Ma il suo piede calò pesantemente sul detonatore nascosto sotto un'asse di legno, vicino ad uno dei pilastri del portico. Un'esplosione squarciò la notte. Il portico saltò in aria, schegge e chiodi piovvero come grandine. KitsuneX fu dilaniato, il visore rotolò via tra le fiamme e arrivò fino ai piedi di Brian. La chat impazzì di nuovo. IronJawX: «Wow! Un altro fatto fuori! Questo è un film da Oscar, giuro.» VelvetGun: «Cazzo ho i brividi, sto guardando l'apocalisse in diretta.» Intanto Boomer, ancora vivo, sanguinante e delirante, si rialzò barcollando. Iniziò a ridere come un ossesso. «Pensavate di avermi fregato? Io sono il BOOM! Io sono lo show!» Trascinando la sua borsa piena di esplosivi, salì su un vecchio e pericolante serbatoio idrico sopraelevato, un tempo utilizzato per la raccolta dell'acqua piovana. Ogni gradino era ripreso dalle telecamere. Il mondo intero lo guardava. «Guardatemi, bastardi! Vedrete fuochi d'artificio come mai nella vostra vita!» Arrivato in cima, alzò il detonatore verso le telecamere, urlando: «tutta questa merda di città fantasma esploderà insieme a voi!» Sharon, pallida, ansimò. «Brian, se lo fa... siamo morti.» Brian puntò la Glock. Inspirò. Mirò alla borsa di esplosivi. «Non moriremo di certo per lui!» Premette il grilletto. Il proiettile centrò in pieno la borsa. Un lampo di fuoco illuminò la torre idrica. L'esplosione squarciò la notte, il corpo di Boomer fu dilaniato, trasformato in decine di parti brucianti che precipitarono al suolo. La chat esplose come mai prima: BloodCrow77: «BOOMER ESPLOSO! OH MIO DIO!» EclipseGirl: «È la cosa più assurda che abbia mai visto in vita mia.» ShadowSerpent: «Questo è oltre il cinema. È guerra vera.» Sharon chiuse gli occhi, scossa. «È finita?» Brian la strinse al petto. «Per stanotte, sì!» Su una collina poco distante, Gallagher abbassò il binocolo. Aveva visto tutto. «Hai vinto la tua arena, Brian.» Mormorò. «Ma la guerra non è finita. Ora hai un grosso problema da risolvere.» Si voltò e sparì nell'oscurità, deciso a raggiungerlo per aiutarlo.
Morte apparente
Il saloon di Bodie era immerso in un silenzio irreale. Solo il vento fischiava tra le assi sconnesse, come un requiem per i morti che la città custodiva da decenni. Brian e Sharon sedevano a terra, esausti, con Boss accucciato accanto a loro. L'odore del fumo delle esplosioni e di sangue aleggiava ancora nell'aria. Fu Brian a rompere il silenzio, la voce incrinata: «cazzo, Sharon... adesso abbiamo un problema enorme.» Lei lo fissò, confusa. «Quale problema, ancora?» Brian le indicò il laptop, dove la pagina del sito lampeggiava con le ultime chat. «Tu sei una cacciatrice ufficiale. E io sono vivo. Per il regolamento, uno dei due deve morire. O tu uccidi me... o io uccido te. E il mondo ci guarda. Non possiamo sfuggire a questa merda.» Sharon abbassò lo sguardo. «Vuoi dire che, dopo tutto quello che abbiamo passato... ci vogliono vedere ammazzarci?» Brian annuì. «Esatto. Tutti gli psicopatici iscritti al mio sito hanno pagato proprio per questo. Anche te amore... e se non lo facciamo, non sarà mai finita. Il dark web, gli investitori, gli spettatori... ci vorranno morti entrambi.» Un improvviso ronzio attirò la loro attenzione. Sullo schermo del laptop, le tre telecamere wireless installate da Brian persero il segnale una dopo l'altra. La chat esplose di polemiche: RazorBlade99: «CHE CAZZO SUCCEDE? STREAM SPENTO? NON SCHERZATE!» GhostHunter_21: «HO MESSO 15.000 DOLLARI, SE NON VEDO IL FINALE VENGO A CERCARE VOI!» CyberMedusa: «RIDATECI LE TELECAMERE! NON CI POTETE LASCIARE COSÌ!» IronFist84: «MURRAY, NON PROVARE A SCAPPARE. VOGLIAMO IL SANGUE DI UNO DI VOI DUE!» Boss cominciò a ringhiare, il muso rivolto verso la finestra spaccata del saloon. Brian si alzò di scatto, Glock in pugno. «E adesso chi cazzo c'è là fuori?» Una voce calma, roca, arrivò dal buio: «Tranquillo, Murray. Non sono un nemico. E sono da solo.» «Tutte cazzate! Ti sparo senza pensarci.» Gridò Brian, facendo scattare il carrello dell'arma. «Ascolta. Mi chiamo Gallagher. Ho conosciuto tuo padre Carl. Abbiamo lavorato insieme in Sud America sotto copertura, molti anni fa. E c'era anche tua madre ai tempi. Tu eri appena nato... ti ho persino tenuto in braccio.» Brian rimase come paralizzato. Quel nome... quel tono. Sharon lo guardò con occhi spalancati. «E se fosse tutto vero?» Sussurrò. Brian inspirò forte. «Ok... entra. Ma con le mani bene in vista!» La porta scricchiolò e un uomo sulla sessantina entrò lentamente. Occhi di ghiaccio, barba incolta, giubbotto mimetico consumato. Si presentò senza timore. «Non mi hanno mandato. Anzi... la CIA mi ha ordinato di lasciarvi al vostro destino. Io e la mia squadra dovevamo recuperarti e difenderti dai cacciatori. Ma poi il Presidente ha chiuso l'operazione senza alcuna spiegazione. Ma io... io non potevo lasciarti solo. Tuo padre era mio fratello d'armi. E tu sei sangue suo.» Si sedette di fronte a loro, appoggiando lentamente un fucile contro il muro. «So bene qual è il vostro problema adesso. Uno dei due deve ufficialmente morire. O almeno... così deve sembrare a tutti.» Sharon lo fissò, pallida. «Vuoi dire che...» «Si... che possiamo ingannare il mondo.» Concluse Gallagher. «Una morte apparente. Insceniamo l'uccisione di Sharon. Tutti crederanno che tu, Brian, abbia rispettato le regole e che il gioco sia finito. Gli investitori non avranno più nulla da dire. E voi due sarete liberi e con i soldi del montepremi.» Brian scosse la testa, sconvolto. «Ma cazzo... stai parlando di fingere di uccidere la donna che amo davanti a milioni di persone!» Sharon gli prese la mano, stringendola con forza. «Se è l'unico modo, fallo. Non importa se il mondo mi crederà morta. Io sarò qui. Sempre con te.» Un silenzio carico di tensione cadde nella stanza. Brian la guardava con occhi pieni di dolore, quasi non riusciva a respirare. «Non posso farlo. Non posso premere il grilletto contro di te.» Sharon sorrise amaramente. «Allora pensa che non stai sparando a me... ma a Sharon, la cacciatrice. A quella che il mondo vuole vedere morta.» Gallagher annuì, tirando fuori dal suo zaino fiale di sangue sintetico e microcariche. «Ci penserò io a rendere tutto credibile. Ho i mezzi per darle una nuova identità. Quando tutto sarà finito, Sharon sarà un fantasma. Nessuno potrà più cercarla. Fidatevi di me.» Brian inspirò a fondo, chiudendo gli occhi. Poi annuì lentamente. «D'accordo. Facciamolo.» Pochi minuti dopo, le telecamere tornarono in funzione. Sul laptop Brian scrisse velocemente: "CONNESSIONE RIPRISTINATA”. E premette “INVIO”. La diretta riprese, e il mondo intero trattenne il respiro. Brian e Sharon erano al centro del saloon. Lui puntava la Glock contro di lei, con il volto rigato dal sudore. Sharon, in piedi, lo guardava fiera, senza paura. «È così che deve finire.» Disse lei, abbastanza forte perché i microfoni captassero la sua voce. «Solo uno può sopravvivere.» Brian esitò, tremava, gli occhi lucidi. Poi, urlando, premette il grilletto sparando un colpo a salve datogli da Gallagher. Il colpo risuonò, la microcarica esplose correttamente e Sharon cadde a terra in una pozza di sangue finto. Boss ululò disperato. Lo sentirono tutti. Brian si inginocchiò accanto a lei, recitando la parte. La chat esplose in delirio: ShadowLynx: «È FATTA! È MORTA!» OmegaRed: «MURRAY VINCITORE ASSOLUTO! FINALE DA OSCAR!» ToxicAngel88: «NON CI POSSO CREDERE... L'HA UCCISA DAVVERO!» HunterZero: «HA RISPETTATO IL REGOLAMENTO. GAME OVER.» Il mondo credette alla morte di Sharon. Quando infine le telecamere furono spente definitivamente, Gallagher chiuse la valigetta con dentro le fiale e il materiale medico. Sharon aprì lentamente gli occhi. Il sangue finto le colava dal petto, ma respirava. Brian la sollevò tra le braccia, stringendola come se fosse appena tornata in vita. «Non farmi mai più questo...» Sussurrò con la voce spezzata. Lei gli accarezzò il volto, sorridendo debolmente. «Da adesso in poi... non sarò più Sharon.» Gallagher li osservava, freddo ma deciso. «Esatto. Sharon è morta. Da domani avrà un nuovo nome, una nuova faccia. E nessuno dovrà mai più scoprire la verità.» Il vento di Bodie ululò più forte, come se i fantasmi applaudissero all'inganno. La vera caccia forse non era finita. Ma era appena rinata sotto un'altra identità.
Fuga verso l'Est
Il pickup verde lasciò Bodie nel silenzio della notte, scivolando lungo la strada sterrata come un fantasma che non voleva essere visto. Il vento portava con sé l'odore di cenere e di legno bruciato, i resti di una città che ora apparteneva solo ai morti. Sharon era rannicchiata nel cassone, coperta da un telo scuro e vecchie coperte logore. Ogni sobbalzo del terreno le faceva battere il cuore più forte: bastava un drone, un controllo casuale, e l'intera messinscena sarebbe crollata. Boss sedeva invece sul sedile del passeggero, con il muso fuori dal finestrino, le orecchie tese come antenne, pronto ad avvisare di ogni pericolo. Brian guidava con le mani strette al volante fino a far sbiancare le nocche. Ogni curva era una minaccia, ogni faro lontano un possibile inseguitore. Gallagher, seduto dietro, teneva sulle ginocchia i pezzi smontati di un M4, pronto a rimontarlo in pochi secondi. Non parlava quasi mai: i suoi occhi si muovevano veloci, come se stesse calcolando ogni possibilità di imboscata. Dopo due ore di guida ininterrotta, Brian accostò in una radura isolata, tra pini che ondeggiavano come giganti al vento. Spense il motore. Il silenzio calò improvviso, interrotto solo dal respiro affannato di Boss che balzò giù dal pickup per correre tra gli alberi. Gallagher aprì il cassone e aiutò Sharon a scendere. Aveva il viso pallido, i capelli spettinati, ma negli occhi c'era ancora la stessa luce: la forza di chi non intende arrendersi. Inspirò l'aria fresca della montagna, quasi fosse il primo respiro da donna “morta”. «Non possiamo continuare così.» Disse Gallagher, rompendo il silenzio. «Non finché lei non avrà una nuova identità. Se qualcuno vi vede insieme, sono cazzi.» Brian accese una sigaretta con le mani tremanti. «E cosa proponi? Tenerla nascosta per sempre come un pacco da consegnare?» Gallagher lo fissò con calma glaciale. «Propongo di ospitarla io, in una delle mie case sicure. Ci resterà finché non avrò pronto tutto: documenti, un aspetto nuovo, e... un lavoro.» Sharon aggrottò la fronte. «Come un lavoro... io già ce l'ho!» «Cazzo... sei morta in diretta Sharon, ricordatelo!» Rispose lui. «Il tuo salone di bellezza non esiste più. Dovrai rinascere come qualcun altra, con una vita credibile. Nessuno dovrà sospettare la verità.» Brian lo affrontò con rabbia repressa. «E se qualcuno scopre che Sharon è ancora viva, saremo entrambi morti! Giusto??» «Esatto.» Confermò Gallagher. «Per questo devo fare le cose a modo mio. Potrei darle un impiego invisibile: cameriera, commessa, assistente in una clinica. Oppure...» Fece una pausa, guardandola negli occhi. «Potrei addestrarla. Renderla utile agli Stati Uniti.» Sharon non distolse lo sguardo. «Non ho paura di combattere. Non mi rassegnerò mai a vivere nascosta mentre Brian rischia la sua vita anche per me.» Brian si avvicinò a lei, sfiorandole la mano. «Ma questo significa che non potrai più tornare a casa nostra. Per il mondo sei morta davvero.» Lei gli accarezzò il viso con delicatezza. «Per il mondo forse sì. Ma per te... io sono qui. E ci resterò vinche' morte vera non ci separi.» Finiti i bisogni di Boss ripartirono. Le ore successive furono un mosaico di strade deserte e insegne tremolanti. Attraversarono veloci molti paesini addormentati, stazioni di servizio illuminate da luci al neon, motel che sembravano scenografie di un film horror. Brian sentiva addosso il peso del segreto: Sharon era viva, ma per tutti era solo una macchia di sangue sul pavimento di un saloon. Durante una sosta per il rifornimento, Sharon parlò dal cassone, la voce soffocata dal telo. «Brian, amore mio... ce la farai a reggere tutto questo?» Lui appoggiò la mano sulla lamiera, come se potesse toccarla. «Finche' tu sei viva... io reggo anche l'impossibile.» All'alba, Gallagher ricevette una chiamata criptata dal suo telefono satellitare. Era un suo caro amico fidato dell'FBI. Rispose, ascoltò in silenzio e poi spense il dispositivo. Il suo volto si irrigidì. «Che succede?» Chiese Brian. «C'è chi non ha creduto alla morte di Sharon.» Disse Gallagher. «Alcuni investitori del dark web sospettano un trucco. Stanno muovendo i loro hacker. Vogliono delle prove.» Sharon sollevò il telo, il volto teso. «Vuoi dire che sanno?» «Non hanno prove.» Rispose Gallagher. «Ma non dobbiamo dargliene. La tua nuova identità deve nascere subito. Prima che qualcuno riesca a collegare tutti i pezzi.» Brian serrò i pugni sul volante. «Allora acceleriamo.» Poco prima che il sole fosse alto, Gallagher ruppe di nuovo il silenzio. «Ho pensato a una cosa. Non voglio solo darle una nuova identità. Voglio proporle di entrare nella CIA. Con la mia raccomandazione personale, posso farla passare attraverso i canali giusti. Nessuno saprà chi era davvero. Per tutti sarà una recluta, addestrata a difendersi da ogni pericolo.» Sharon dal cassone sentì tutto e spalancò gli occhi. «Cosa?? Io... nella CIA??» Gallagher annuì. «Ti ho osservata bene. Con la tua freddezza, la tua forza e l'intelligenza che hai dimostrato, non saresti una semplice pedina. Diventeresti parte operativa dell'agenzia. Non più nascosta, ma pronta ad affrontare chiunque e ben pagata.» Brian e Sharon si guardarono a lungo attraverso il pickup. Lui vide paura nei suoi occhi, ma anche una scintilla di determinazione che non aveva mai visto così viva. Alla fine, annuì. «Va bene. Forse è la soluzione migliore.» Sharon gli urlò dal cassone: «Se è questo il prezzo per continuare a starti accanto... lo pago volentieri!» Quando finalmente raggiunsero i primi sobborghi di Alexandria, il piano era ben chiaro. Brian sarebbe tornato a casa con Boss, per non destare sospetti. Sharon sarebbe sparita con Gallagher, nascosta fino al giorno in cui sarebbe rinata con un nuovo volto, un nuovo nome, e forse un nuovo destino nella CIA. Il pickup si fermò davanti a un incrocio. Gallagher fece segno a Sharon di seguirlo. Lei abbracciò Brian con tutta la forza che aveva, poi baciò il cane, che guaì piano come se avesse capito. «Ci rivedremo presto amore.» Gli sussurrò all'orecchio. Brian annuì, incapace di parlare. Il cassone si chiuse. Gallagher scivolò via con Sharon verso un futuro incerto. Brian rimase fermo, Boss accucciato al suo fianco. Poi ingranò la marcia e tornò verso casa. Alexandria lo attendeva, ma il suo cuore era già diviso in due.
Sotto assedio
L'alba tingeva di arancio i tetti eleganti di Alexandria quando Brian svoltò lentamente con il pickup verde nella sua via residenziale. Non appena intravide la sua casa, il cuore gli si fermò per un istante. Decine di persone, microfoni e telecamere affollavano il marciapiede. Giornalisti di ogni rete nazionale erano appostati lì dalla notte precedente, come avvoltoi in attesa della carcassa. Appena Brian parcheggiò, una tempesta di flash lo investì. I fari delle telecamere abbagliavano come riflettori da interrogatorio. Boss, sul sedile accanto, ringhiò a bassa voce, infastidito dalla calca. «Signor Murray! Perché ha ucciso una donna a sangue freddo in diretta streaming?» «Brian, perché ha trasformato la sua vita in un reality di morte?» «Chi era quella la donna in realtà Perché l'ha scelta come vittima finale?» Domande sparate come proiettili. Brian abbassò lo sguardo, serrò la mascella e aprì la portiera con un gesto secco. Boss balzò a terra, pronto a difenderlo. «No comment. No comment!» Ripeté a voce alta, aprendosi a fatica un varco tra la folla. Ogni passo era un colpo al cuore. Il video della presunta esecuzione di Sharon, nato nel buio del dark web, ora correva libero su YouTube e TikTok, sui notiziari serali, ovunque. Non c'era più distinzione tra il suo segreto e il giudizio pubblico: era diventato l'assassino più famoso d'America. Chiuse la porta sbattendola alle sue spalle, respirando affannosamente. Si barriccò in camera da letto con Boss, lasciando cadere lo zaino a terra. Un dolore acuto gli trapassò il cranio come una coltellata. Si accasciò contro il muro, tenendosi la testa tra le mani. La vista gli si annebbiava, le ombre tremolavano, i suoni diventavano ovattati. Il tumore non gli dava tregua. Ogni giorno che passava lo consumava un po' di più. «Devo tornare in Russia...» Sussurrò con la voce roca. «Devo trovare il modo di avere quella cura in fretta, o sarà la fine. E devo anche capire come fare con i soldi per non dare nell'occhio.» Intanto, ad alcuni chilometri di distanza, in una taverna isolata circondata da boschi, Sharon guardava il suo riflesso in uno specchio incrinato. Gallagher aveva trasformato quel rifugio in una base operativa improvvisata: vestiti nuovi piegati su un letto militare, bottiglie d'acqua, cibo, e una valigetta piena di strumenti da travestimento. Sul tavolo c'erano forbici, tinture per capelli, forbicine per sopracciglia, lenti a contatto di diversi colori. Gallagher le aveva anche procurato un nuovo cellulare criptato e un laptop collegato a una rete Wi-Fi protetta. «Questo è il tuo nuovo inizio.» Disse con voce ferma. «Ogni dettaglio del tuo aspetto dovrà cambiare. Capelli, occhi, voce, abitudini. Perfino il modo in cui cammini.» Sharon si passò una ciocca tra le dita. Era strano pensare di dover rinunciare persino al suo riflesso. La notte per Brian fu un vero inferno. I dolori al cranio lo costrinsero a rigirarsi senza sosta, mentre Boss restava accucciato accanto al letto, vigile come un guardiano silenzioso. Quando i primi raggi di sole filtrarono attraverso le tende, un rumore secco fece drizzare le orecchie al cane. Bussarono forte alla porta. «Polizia di Alexandria! Aprite subito.» Boss abbaiò furiosamente, scattando verso l'ingresso. Brian si trascinò fino allo spioncino. Due uomini in abiti civili stavano sull'uscio: giacche scure, distintivi al collo, l'atteggiamento deciso di chi sapeva già cosa voleva. Aprì con cautela. «Signor Brian Lee Murray?» «Sì.» «Siamo il detective Mark Callahan e il detective David Monroe dell'Alexandria Police Department. Lei è in arresto per l'omicidio della signorina Sharon McTommy, avvenuto in diretta web.» Brian rimase immobile, come congelato. Ogni parola era una condanna. «Si vesta e ci segua immediatamente. Le mani bene in vista.» Era scalzo, con solo un paio di pantaloncini addosso. Non oppose resistenza. Non avrebbe avuto senso. «Posso almeno chiamare un mio amico per occuparsi del cane?» Chiese con voce strozzata. I detective si guardarono un attimo e annuirono. «Una sola chiamata. Davanti a noi.» Brian compose in fretta il numero di Gallagher. «Ciao Tom... ho un problema con la polizia di Alexandria. Mi portano via. Puoi venire subito a prendere Boss?» Gallagher non fece domande. La sua voce, dall'altro lato, fu solo un sussurro tagliente: «tienili lì. Sto arrivando.» Passarono venti interminabili minuti. Brian, ammanettato, sedeva sul divano del soggiorno. I due detective erano in piedi, uno vicino alla finestra, l'altro accanto alla porta, vigili ma apparentemente tranquilli. Boss ringhiava piano, come se avesse intuito che qualcosa non tornava. Il rumore di una macchina che si fermava davanti alla casa fece voltare tutti. Gallagher entrò con passo sicuro, stringendo sotto la giacca una pistola modificata. Nessun saluto, nessuna esitazione. In un gesto fulmineo, estrasse l'arma e premette il grilletto due volte. Due sottili dardi di metallo partirono, colpendo entrambi i detective al collo. Non ebbero nemmeno il tempo di reagire. Caddero a terra quasi in sincrono, gli occhi spalancati per lo shock prima di precipitare nell'incoscienza. Brian lo fissava, sconvolto. «Cristo, Tom... cosa hai fatto?» Gallagher non perse un secondo. «Tranquillo. Li ho messi a dormire. Solo sedativo. Ma tra mezz'ora inizieranno a svegliarsi, e noi saremo già lontani.» Con un colpo secco spezzò le manette di Brian con una cesoia metallica. Poi lo prese per un braccio e lo spinse verso l'uscita. «Prendi il cane.» Boss balzò al seguito, e in pochi secondi erano già dentro l'auto di Gallagher. Con un colpo sull'acceleratore, lasciarono velocemente alle spalle la casa di Brian. Il motore ruggì mentre la macchina sfrecciava tra le strade di Alexandria, oltrepassando semafori rossi e quartieri ancora assonnati. Brian si voltò verso il suo salvatore improvvisato. «Cazzo. Adesso sono ufficialmente un fuggitivo. Per tutti... ho ucciso Sharon davvero.» Gallagher tenne lo sguardo fisso sulla strada. «E allora useremo questa bugia a nostro vantaggio. Ti porterò da lei. Insieme capiremo il prossimo passo. Ma ricordati, Brian: da questo momento in poi, non sei più solo un uomo in fuga. Sei un'arma che tutti vogliono controllare o distruggere.» Brian chiuse gli occhi, cercando di respirare. Il dolore al cranio tornava a martellare. Ma sapeva una cosa con certezza: la caccia non era affatto finita. Era appena ricominciata, e questa volta il campo di battaglia era il mondo intero.
Nuova identità
La taverna di Gallagher sorgeva in mezzo ai boschi, avvolta da una coltre di nebbia che l'alba faticava a dissolvere. Un vecchio edificio di legno annerito dal tempo, che a un primo sguardo sembrava abbandonato da anni. In realtà era una delle sue case sicure: niente insegne, niente luci al neon, solo persiane chiuse e silenzio assoluto. Gallagher parcheggiò sul retro. Brian scese lentamente, ancora con i polsi arrossati dalle manette spezzate poche ore prima. Boss balzò a terra e subito si mise ad annusare il terreno umido, ma rimase vicino a lui, come se sapesse che ogni passo ora poteva essere un rischio. Dentro, Sharon non li stava aspettando. Indossava una semplice maglietta bianca, i capelli raccolti in una coda disordinata. Quando vide Brian sulla soglia, spalancò gli occhi come se il mondo si fosse fermato. «Brian...» Sussurrò, la voce rotta dall'emozione. Lui non disse nulla. La raggiunse in pochi passi e la strinse forte a sé, quasi a voler cancellare con quell'abbraccio tutte le menzogne, i video falsi, le accuse di omicidio. Sharon gli appoggiò la testa sul petto e sentì il battito frenetico del suo cuore. «Pensavo gia' di averti perso per sempre» Disse lei. «E io ho creduto di averti uccisa per davvero anche se non ci vediamo solo da una notte.» Rispose Brian, con un filo di voce. «Ma il mondo intero lo crede ancora.» Si guardarono negli occhi, senza aggiungere altro. Era la prima volta dopo giorni che si sentivano di nuovo veramente vivi. Boss si avvicinò, infilando il muso tra le gambe dei due, come a pretendere la sua parte di abbraccio. Sharon si chinò e lo accarezzò dietro le orecchie. «Ehi, vecchio amico...» Il boxer scodinzolò felice. Gallagher, osservando la scena, si accese una sigaretta e sorrise appena. «Finalmente un po' di pace. Ma non durerà molto e non abbiamo tempo da sprecare.» Nella sala principale della taverna, Gallagher posò tre bicchieri e una bottiglia di whisky torbato. Non toccò neanche il suo: parlava a ritmo serrato, con lo sguardo fisso sui due. «Abbiamo due problemi enormi. Brian, il tuo tumore sta correndo più veloce del previsto. Se non arrivi in Russia entro pochi giorni, sei spacciato. Sharon, tu sei ufficialmente morta. Se non rinasci con una nuova identità subito, gli investitori del dark web ci verranno addosso come squali affamati di sangue fresco.» «E quindi?» Chiese Brian. Gallagher inspirò profondamente. «Quindi mi assenterò per un giorno. Andrò a Langley. Lì sistemerò entrambe le cose: la tua nuova vita, Sharon, e il tuo viaggio segreto verso San Pietroburgo, Brian.» Sharon spalancò gli occhi. «Langley? Ma sei in ferie. Se scoprono che ti stai muovendo per noi, ti bruci la carriera.» Gallagher sorrise amaramente. «La mia carriera è già finita dal momento in cui ho scelto di coprirvi. Ormai è solo questione di tempo. Ma finché posso ancora muovermi liberamente nei corridoi della CIA, userò ogni leva che ho.» Il mattino seguente, Gallagher varcò l'ingresso del George Bush Center for Intelligence. Il grande emblema della CIA brillava alle sue spalle mentre percorreva i corridoi anonimi, fatti di pareti bianche e telecamere agli angoli. Il badge lo lasciò passare senza problemi. Prima tappa: l'ufficio del suo responsabile diretto, l'agente speciale Raymond Clarke. Un uomo di mezza età, cravatta sempre allentata e occhiaie da insonnia cronica. Gallagher entrò senza bussare. «Tom?? Credevo fossi ancora fuori servizio.» «Lo sono. Ma ho qualcosa che non può aspettare.» Gallagher posò sul tavolo un fascicolo improvvisato con le poche informazioni non compromettenti su Sharon. «Questa donna. È ufficialmente morta, ma io so benissimo che è viva. Non chiedermi come, ti basta sapere che può diventare una risorsa veramente preziosa. Ha sangue freddo, istinto, non crolla sotto pressione. È forte fisicamente ed è anche molto sveglia. Noi siamo a corto di personale operativo, soprattutto femminile. Non puoi perdere quest'occasione, devi farla entrare al volo.» Clarke lo fissò per alcuni secondi, tamburellando le dita sul tavolo. Poi annuì. «Ok, preparami i documenti. Non mi interessa chi era prima né cosa ha fatto. Se supererà l'addestramento, sarà utile. Ma ricordati, Tom: se salta fuori che hai sporcato l'archivio per coprire qualcuno, finirai davanti a una commissione disciplinare.» «Non ti preoccupare. Tu non risulterai mai su alcuna carta ufficiale. Me ne occupo solo io.» Rispose Gallagher. Seconda tappa: il Laboratorio Documenti. Un grande seminterrato buio e senza finestre, pieno di stampanti ad alta sicurezza, macchine fotografiche biometriche e buste sigillate. Gallagher consegnò le direttive a un tecnico compiacente: capelli scuri, occhi marroni, età modificata di qualche anno, passaporto con il nome Emily Carter, nata a Denver, impiego ufficiale come assistente veterinaria. Nel giro di poche ore, il pacchetto era pronto: passaporto, carta d'identità, patente di guida, persino un contratto preliminare d'assunzione alla CIA. Tutto sembrava uscire direttamente da un archivio ufficiale. Terza tappa: Ufficio Trasporti Speciali. Qui le cose erano molto più delicate. L'agente responsabile, Mike Donovan, era un uomo sulla quarantina con la camicia sgualcita e la fronte imperlata di sudore. Gallagher lo trovò seduto alla scrivania, a fissare il monitor con una smorfia di preoccupazione. «Tom... che diavolo ci fai qui?» Gallagher si sedette senza invito e si accese una sigaretta. «Mike, ricordiamoci dei tuoi debiti. Cinquantamila dollari, se non sbaglio. Li hai presi da me, e io non ti ho mai chiesto indietro un centesimo. Finora.» Donovan impallidì. «Cristo, Gallagher, non puoi presentarti così all'improvviso...» «Posso invece e lo sai bene. Voglio un passaggio segreto e rapido per un nostro analista fino a San Pietroburgo. Nessuno deve saperlo. Né i direttori, né i registri di volo. Ti serve un'idea? Te la do io: lo infili come tecnico informatico di supporto in una spedizione diplomatica improvvisa. Fai in modo che domani notte parta un volo militare diretto per San Pietroburgo. Metti che dovrà trasportare con urgenza diverse casse top secret con dentro materiale crittografico. Brian Lee Murray sarà l'unico a volare oltre i piloti. Io ti copro, e i tuoi debiti saranno cancellati.» Donovan si passò una mano tra i capelli sudati. «Se scoprono questa cosa, sono morto.» «Se non la fai, sei morto comunque, perché i tuoi creditori non aspettano.» Gallagher gli piantò gli occhi addosso. «Decidi. Adesso.» Dopo un lungo silenzio, Donovan digitò rapidamente sulla tastiera. «Domani notte, ore 02:00. Partenza da Andrews Air Force Base. Nome in lista: Brian Murray, copertura: tecnico IT per il sistema di cifratura. Arrivo diretto in Estonia e poi trasferimento in auto a San Pietroburgo. Ma ascolta, Tom... questo è l'unico favore che ti faccio e poi io e te siamo a posto così.» Gallagher si alzò, gli diede una pacca sulla spalla. «Lo so. Ed è l'unico favore che ti salva la vita.» Quando rientrò alla taverna, la sera era già calata. Sharon era seduta davanti allo specchio incrinato con i capelli appena tagliati e tinti di castano scuro. Le lenti a contatto verdi le cambiavano lo sguardo. Sembrava un'altra persona. Gallagher posò sul tavolo una cartellina. «Ecco chi sei da oggi. Emily Carter. Benvenuta nella CIA.» Sharon prese in mano il passaporto, le mani che tremavano. «È... spaventoso. Non mi riconosco più.» «È il prezzo della sopravvivenza.» Rispose Gallagher. Poi si voltò verso Brian, che era accasciato su una sedia con una mano sulla tempia. Il dolore lo stava piegando. «E tu, preparati. Domani notte andrai a San Pietroburgo. Ho già il tuo biglietto d'ingresso.» Brian alzò lo sguardo. «E se mi scoprono?» Gallagher gli mise una mano sulla spalla. «Allora non avrai neanche il tempo di preoccuparti. Ma se funziona... avrai la tua cura. E forse, una possibilità di sopravvivere abbastanza a lungo da vincere anche questa guerra.» Un silenzio pesante riempì la stanza. Solo Boss, sdraiato vicino al camino, sollevò le orecchie e sbuffò, come se avesse capito che la notte successiva avrebbe deciso il destino di tutti loro.
Il patto nascosto
La luce grigia del mattino filtrava a fatica attraverso le persiane della taverna. L'odore acre del camino spento si mescolava al fumo stantio delle sigarette di Gallagher. Brian, seduto su una sedia di legno con Boss accucciato accanto ai suoi piedi, telefonò all'Hotel Astoria di San Pietroburgo prenotando una camera per la notte successiva. Poi, infilò lentamente la mano nella tasca interna del giubbotto. Ne estrasse un tovagliolo beige piegato in quattro, ormai ingiallito e macchiato di caffè. Lo aprì con cura sul tavolo. Sopra, scarabocchiato in fretta con una penna blu, c'era un numero di telefono russo preceduto dal prefisso internazionale. Sharon si sporse in avanti, gli occhi fissi su quei numeri come se fossero un codice indecifrabile. «Cos'è?» Chiese, con la voce tesa. Gallagher, alle sue spalle, si incrociò le braccia e strinse gli occhi. «E da quanto tempo lo tieni nascosto?» Brian inspirò lentamente, cercando di frenare il martellare del dolore che già gli premeva dietro le tempie. «Un paio di mesi fa ero a San Pietroburgo. Al Café Singer, proprio davanti alla cattedrale. Lì ho incontrato un uomo. Si fa chiamare Kruger. È un nostro agente sotto copertura, CIA operante in Russia. Fu lui a darmi questo numero. Mi disse che sarebbe stata la mia chiave d'accesso a un laboratorio di ricerche mediche segreto del SVR.» Sharon aggrottò la fronte. «SVR? Il servizio segreto russo?» «Già.» Brian fece un cenno. «Kruger mi confermo' che li avrei potuto trovare una terapia sperimentale, e miracolosa, che ad oggi non esiste da nessun'altra parte al mondo.» Gallagher non distolse lo sguardo. «E tu hai già usato questo numero, vero?» Brian annuì piano. «Una sola volta.» Un silenzio pesante calò nella stanza. Sharon si strinse tra le braccia, come se l'aria fosse diventata improvvisamente più fredda. «E i soldi, Brian? Come pensi di...» Lui la interruppe subito, tirando fuori dalla tasca un piccolo dispositivo nero, grande quanto un accendino Zippo. Lo posò sul tavolo, accanto al tovagliolo. «Con questo.» Gallagher si chinò a guardarlo. «Che cazzo è?» «Un cold wallet. Un portafoglio offline per criptovalute. Tutti gli oltre venti milioni accumulati con la caccia a me stesso sono qui dentro, in Bitcoin. Li ho trasferiti passo dopo passo, facendoli prima filtrare per banche offshore e server anonimi. Non possono essere rintracciati, a meno che non mi facciano fuori e trovino le chiavi d'accesso nella mia testa.» Sharon deglutì. «Quindi... fammi capire bene... alla fine... il tuo piano è semplicemente presentarti in Russia dai servizi segreti del SVR, con piu' di venti milioni di dollari in una scatola di fiammiferi... e chiedere beatamente la cura per il tuo tumore?» «Esatto.» Gallagher scosse la testa, tirando una lunga boccata dalla sigaretta. «Sembra una follia suicida. I russi non regalano mai niente, e lo sai bene.» Brian abbassò lo sguardo. In parte Gallagher aveva ragione. Eppure non poteva dirgli tutto. Non poteva confessare che il dott. Volkov aveva posto condizioni precise: una volta guarito, avrebbe dovuto collaborare con il SVR, fornendo informazioni sensibili dalla CIA. In caso contrario, Sharon e Boss sarebbero stati eliminati. Nessuno dei due doveva sapere. Non ancora. Si alzò, facendo un paio di passi verso la finestra. Il dolore al cranio gli esplose all'improvviso, costringendolo a sorreggersi al davanzale. Vide per un istante la sua immagine riflessa nel vetro sporco: occhi cerchiati, pelle pallida, labbra serrate in una smorfia. Un uomo che stava per giocarsi tutto. «Non ho scelta.» Mormorò. «O lo faccio adesso, o muoio prima del previsto.» Sharon si alzò di scatto e lo raggiunse, stringendogli l'avambraccio. «Non voglio perderti amore. Non così presto.» Brian le sfiorò la guancia con un dito. «Se dovessi tornare sulle mie gambe, sarà perché ne è valsa la pena.» Gallagher spense la sigaretta nel posacenere e scattò in piedi. «Basta sentimentalismi. Mancano meno di venti ore alla partenza. Devi essere pronto.» La giornata trascorse lenta, tra preparativi silenziosi e sguardi carichi di parole non dette. Gallagher sistemò un borsone con indumenti pesanti per il clima russo, una pistola compatta in fibra di ceramica con caricatore ridotto all'osso. Sharon trascorse ore davanti allo specchio, ormai con l'aspetto della nuova identità, Emily Carter. Ma Brian non riuscì a riposare. Ogni volta che chiudeva gli occhi, risentiva anche la voce del Presidente, in quell'assurda telefonata. E neanche questo dovevano sapere Brian e Gallagher. Ma era un peso sempre più insostenibile. Un doppio gioco dentro al doppio gioco. Quando l'orologio segnò la mezzanotte, Gallagher lo accompagnò fino all'auto. Sharon li seguì fino alla porta, stringendo Boss al guinzaglio. L'aria notturna era gelida, la luna nascosta dietro le nuvole basse. Brian si voltò un'ultima volta. Sharon lo fissava con gli occhi lucidi, Boss tirava verso di lui, come se non volesse lasciarlo andare. «Tornerò, credetemi.» Disse, ma la voce gli tremò. Gallagher gli batté una mano sulla spalla. «All'Andrews Air Force Base ti aspettano. Due ore e sarai su quel volo. Non fermarti a pensare, non parlare con nessuno, tieni un basso profilo o non ce la farai.» Brian annuì, serrando i denti contro il dolore che gli martellava il cranio. Salì in macchina e accese il motore. Il rombo spezzò il silenzio dei boschi. Mentre imboccava la strada buia, con i fari che tagliavano l'oscurità, un pensiero lo attraversò come un brivido: stava entrando in un patto di sangue con due nazioni, due servizi segreti, e con il destino stesso. E sapeva che, da quel momento in avanti, non ci sarebbe stato più ritorno. |
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