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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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La barca oltre la vita
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Sogno.
Uno schiocco. Sergio scuote il telo da mare. «Chi sarebbe Maria?» «Non importa.» «Veramente? Continuavi a ripeterlo.» «Ho sognato una bambina sull'altalena con la madre.» Mi metto seduto. «Io ero con loro.» Lascia fluire i granelli tra le dita. «E poi?» «Eravamo insieme. A un certo punto, non più.» Spariscono sempre prima che riesca a capire e ogni volta resta solo un nome. Il pescatore recupera un bibi dal secchio e lo taglia in due con le forbici. L'amo affonda nell'esca. Sgocciola lungo il polso fino a colare dove gli mancano anulare e mignolo. Il verme si torce ancora, più vivo del sogno. «Nevio.» Sergio sputa nella maschera. «Dai, vieni a fare il bagno.» Si infila le pinne. «Tra poco.» «Come vuoi. Però i tuoi muscoli, evaporati. Kickboxing? Finito.» L'uomo pianta i piedi e con un colpo di braccia lancia. La canna si piega, il peso da cento grammi parte e la lenza sibila. Recupera il filo. Sul medio, un anello, serpente e scorpione. Sergio si piazza sopra di me, gambe larghe, gocce che mi colano sulla pancia. «Ti sei già stufato di rompere le scatole ai poveri pesci?» Si china e mi bacia. «Vedi di farti la barba, poi ti resta il segno.» «Pensa alla tua.» Si sdraia accanto, occhi chiusi, la testa sui palmi. Ruota su un fianco, i capelli gli scivolano sul viso e coprono la cicatrice sullo zigomo. Sospira. «Anche i miei demoni si sono messi in costume e hanno smesso di darmi consigli, è un cazzo di paradiso.» Due barche puntano all'Isola Piana. Una ha le vele gonfie, l'altra no. La risacca deposita tappi di bottiglia e posidonia sulla riva. Mi sollevo sui gomiti. «Compriamo una casa sulla costa.» Sergio ride, si volta in direzione del golfo dell'Asinara, segue la linea dell'orizzonte. «Svegliarsi la mattina con un'isola alla finestra.» Si siede, incrocia le gambe e afferra la borsa frigo. «Sarebbe bello.» Prende la birra. «Oppure una barca e giriamo la Sardegna.» Poco più in là, due bambine e un bambino accovacciati accanto a tre castelli di sabbia. «Smettila di dire minchiate, vuoi che passi il tempo a vomitare?» Mi colpisce la spalla. «Dopo un po' ti abitui.» Si fa serio, il sorriso più dolce. «Mi piacerebbe davvero, ma non so se―» «E dai, una barca, le onde, la salsedine, vuoi mettere con un caminetto e gli amici?» Si tira su, immobile. Una smorfia. «Sergio, ci sei?» Lo scuoto. «Oh, piantala di fare il coglione!» «Sì, scusa.» Si massaggia il petto. «Ho sentito... niente.» Si avvicina e adagia la fronte contro la mia. «Sicuro di stare bene?» Apre la lattina, la schiuma schizza sull'asciugamano. «Fanculo.» Me la passa, si sdraia e apre le braccia. Il sole passa da un foro nell'ombrellone e mi brucia il polpaccio. Persino l'aria ha smesso di essere fresca. Per lo meno sa di alghe e copre l'odore di parmigiana. «Sergio, la bambina del sogno era identica a quella lì.» «Stai ancora dormendo?» Restiamo così. Il mare sbuffa e i gabbiani urlano in cerca di cibo. Il ragazzino stringe un motoscafo rosso. «Quel ragazzino... il suo viso.» Sergio gratta i talloni. «Maledette alghe.» «Finiscila, ti fai male. Non c'è niente lì.» Il piccolo si alza, scrolla il costume, si avvicina e mi porge un modellino. «Questo è per me? Come ti chiami?» Scappa via. «Grazie!» urlo. Il pescatore richiude la canna. «Maria, fa uscire tua sorella dall'acqua, è tardi, mamma ci aspetta.» Le dita di Sergio si intrecciano alle mie. «Perché quella faccia?» «Ripensavo al pescatore con le figlie e il bambino.» Sergio mi dà uno schiaffo al sedere. «Che dici? Eravamo soli. Li avrai visti in sogno, insieme a questa “Maria”.» «Andiamocene.» Torniamo a casa. La sabbia dovrebbe essere appiccicata addosso. Invece niente.
Capitolo 2 Promessa Mi siedo sul divano. La teca ha i vetri appannati. Dentro, il ragno si muove lento sui rami secchi disposti a diversi livelli, a formare piccole tane e fessure. Meglio un nido di vespe che stargli vicino. «Ti si stringe lo stomaco ogni volta che lo guardi, eh?» Sergio mi accarezza la guancia. «Vuoi che li tolga dalla stanza?» «No, no...» Sbuffo. «È solo che... fatico a capire come fai a trovarti bene con queste bestie.» «Lo so, per te sono un incubo... a me invece piacciono da morire.» La sua immagine brilla nel riflesso del cristallo. «Ma non ti farà niente, promesso.» «Come no, poi, una sera, mentre dormiamo, scappa e viene a darmi il bacio della buonanotte.» Sghignazza. «Impossibile, quel castigo è solo mio. Sei al sicuro.» Smuove il coperchio, rivelando il ragno nero, lucido. «Questo è uno dei più pericolosi per te.» Mi lancia uno sguardo. «Notevole, vero?» «Otto zampe contro due, ho perso in partenza.» La pelle d'oca sale lungo le braccia. «Perché tenerlo in casa?» Alita sul vetro e raschia via lo sporco con l'unghia. «In foto è diverso. Vedi i movimenti e le reazioni. Eleganti, perfetti. Guarda come solleva i pedipalpi per fiutare l'aria.» «Certo, ma c'è differenza tra capirlo e tenerlo come animale domestico, no?» Mi tira a sé e mi bacia. «Ho sempre avuto gusti particolari.» Mi squadra da capo a piedi. «E tu ne sei la prova.» Ridacchia. «Che simpatico.» Si accosta. «Ho una cosa per te, chiudi gli occhi.» Rumore di carta: sta aprendo un pacco. Uno scafo liscio, verniciato di nero sopra e di rosso sotto. Una linea bianca sottile divide i due colori. Il ponte è in legno lucido, con aperture rettangolari, minuteria dorata e corde sottili. Le vele sono tese, dritte, di tessuto chiaro, tenute da cavi. «È bellissima.» «Sarà la nostra casa, è così che l'ho immaginata.» Posa il modellino sul comò e si sdraia accanto. «Stanno per arrivare i nostri amici.» *** Tutti presenti. Sgombero il tavolino di legno scuro dalla pila di libri, rimuovo il segnalibro e ripongo Space Mission Analysis and Design sulla mensola. Al loro posto, dispongo i piattini con salatini, olive e tramezzini al centro. Ci sediamo attorno al tavolo. «Sì, certo che hai vinto tu.» Laura sospira, versando altro vino nel bicchiere del mio ragazzo. «Ma vorrei proprio sapere come hai convinto quel vecchio della bancarella di pesce che i tuoi due ficus sono bonsai!» Sergio alza le mani. «Gli ho detto che appartenevano a una collezione privata. La mia. Se poi lui ha creduto che valessero così tanto... beh, è colpa sua.» Alessio, dall'altra parte del tavolo, si piega in avanti. «Ah, sei sempre il solito! Riusciresti a vendere acqua salata ai pescatori.» Sposta l'attenzione su di me. «Sei fortunato, Nevio, lo sai, vero?» Si pulisce le lenti. Mi appoggio allo schienale, con il vino tra le dita. «Certo, lo so.» Laura sorride e aggiusta i capelli arruffati. Alessio gesticola, si crede Muti. E Sergio... con lui sto bene, basta la sua presenza. Mi alzo per portare via i piatti. Sergio mi stringe il polso. «Dove vai? Lascia stare, siediti. La domenica è fatta per rilassarsi, non per fare il cameriere.» Mi siedo e spingo le posate al centro del tavolo. «Qualcuno dovrà pur farlo.» Laura si butta sul divano. «Ci penserà Alessio, ha mangiato per tre.» «Ehi!» Fa lui. «Sono l'ospite.» «E infatti sto sparecchiando.» Sergio si avvicina e sussurra all'orecchio. «Ti amo quando fai finta di darmi retta e poi fai come ti pare.» Mi bacia la guancia. «Questa barba inizia a pungere.» «Pensa alla tua.» Alessio indica la chitarra appoggiata al muro. «Sergio, facci sentire un pezzo.» Il mio ragazzo mi lancia uno sguardo, si allunga sullo strumento, ma non ci arriva. Alessio lo anticipa e urta il comò. Il prototipo della barca dondola sul bordo. Sergio scatta in piedi e lo afferra al volo. «Okay, ma niente richieste strane.» «Alessio, hai rischiato la vita. Se avessi rotto quel modellino ti avrei ucciso con la tua stessa pistola.» L'uomo strabuzza gli occhi. «Esagerato.» Laura si alza, apre il congelatore e prende la bottiglia di mirto. «Chi ne vuole un po'?» Passa lo straccio sul vetro ricoperto di brina. «Fa' come se fossi a casa tua, eh!» Mi accomodo meglio. «Per me solo un goccio.» Il padrone di casa inizia a suonare; le prime note, lente, delicate. La sua voce si fonde con la melodia, morbida e calda. Alessio batte le mani sulle cosce, Laura canta il ritornello agitando il bicchierino. La canzone finisce con una nota lunga, stonata. A nessuno importa. Sergio sprofonda nella poltrona, mi guarda con quel suo sorriso furbo. «Nevio, la felicità, a volte, è a un soffio.» Mi strizza l'occhio. *** Le candele sono ormai alla fine, il profumo di vaniglia si è diffuso nel soggiorno. La luce illumina i quadri e i libri sparsi sulle mensole. Seduto sul tappeto con lui, la bottiglia di vino tra noi, i bicchieri abbandonati accanto ai piatti sporchi della cena. Ha la testa leggermente inclinata all'indietro, i ricci sfiorano le spalle. «Ricordami domani di sfilare il bastone dal sedere di Marta.» Scoppia a ridere e mi spinge. «Sempre serio e poi te ne esci con queste cavolate.» «È lei che mi manda in tilt. Possiamo licenziarla? Ti prego.» Le sue labbra sfiorano il mio collo, si spostano sulla guancia. Le dita si infilano tra i capelli e mi fissa. Mi lascio andare, lo abbraccio forte, cerco ogni millimetro di lui. Sbottono la camicia. Il corpo è caldo contro il mio, i nostri respiri si incontrano, affannati. Si irrigidisce, lo sguardo vuoto. «Tutto a posto?» «Sto... sto bene.» La voce trema e il volto diventa pallido in un istante. Mi ritraggo. «Sergio!» Si piega in avanti, stringe la tenda, la strappa, si aggrappa a me, si alza, barcolla, urta il comò. Il diffusore cade, il liquido si allarga sulla moquette e la fragranza di pesca si diffonde nella stanza. Il vaso con l'orchidea casca sul pavimento, mandandolo in frantumi. «Sergio!» Lo scuoto. Piega la testa all'indietro. Rimane in silenzio e respira a fatica. Corro in cucina, afferro il telefono e digito il centodiciotto. «Venite subito... il mio ragazzo ha difficoltà a respirare, gli fa male il petto... cosa faccio? Fate presto!» Torno da lui, mi inginocchio accanto. Le labbra bianche. «Sergio, per favore... stai con me. Respira, ti prego... i soccorritori stanno arrivando.» Ricaccio le lacrime. Non ho nessuna intenzione di lasciarlo andare. Sergio apre gli occhi per un istante. Le labbra si schiudono. «La barba, punge.» Le dita cercano le mie, gliele stringo. I minuti passano e impallidisce, lo sto perdendo. L'ambulanza stride sempre più forte. «Resisti.» Finalmente la sirena collassa. «Ti defili, eh? Proprio ora che volevo chiederti di sposarmi. Vigliacco!» Arrivano tre giubbotti catarifrangenti, lo sollevano, gli parlano, gli danno ossigeno. Ma io non capisco niente. Lo portano via. Resto seduto sui talloni, solo. |
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