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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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In fuga nel deserto
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Si può fuggire dall'odio, ma non dall'amore.
Le luci del tramonto rischiaravano il cortile interno del palazzo reale di Agreb, accarezzandolo con colori dai toni caldi e armoniosi. La delicata pietra bianca era esaltata dall'oro delle rifiniture. Il giardino interno era verde e rigoglioso; al centro vi era un pozzo da cui si poteva attingere la fresca acqua cittadina. Un uomo vestito con abiti regali era seduto sul muretto della loggia, con la schiena appoggiata ad una delle colonne. I capelli lunghi e neri, gli occhi grigi, il fisico atletico e ben curato lo rendevano molto affascinante. Tutto il suo essere irradiava una grande pace, mentre scorreva con occhi attenti la pergamena che aveva fra le mani. “Alexander” una voce concitata spezzò la quiete, distraendo il giovane dalla sua lettura. “Alexander, dove sei?” ripeté il militare irrompendo nella pace surreale del cortile, come un temporale a ciel sereno. Riconoscendo in quella voce uno dei suoi fratelli, Alexander iniziò ad arrotolare la pergamena molto lentamente e, facendo uno sforzo, che più che fisico era mentale, si alzò e con passi calmi iniziò a dirigersi verso di lui. “Jamal” lo chiamò. “Sono qui.” Il ragazzo, più giovane di lui di qualche anno, gli corse incontro con la fronte corrucciata. “Presto” gli disse. “Nostro fratello ha convocato un consiglio di guerra.” Corrugando la fronte, Alexander accelerò il passo dirigendosi verso la sala del consiglio insieme a Jamal che gli trotterellava di fianco affannato. Alexander lo sovrastava di mezza altezza e le sue lunghe falcate costringevano il ragazzo a correre per stargli al passo. “È da parecchio che ti cerco” lo rimproverò irritato Jamal, ansimando leggermente. “Si può sapere che ci facevi qui?” “Stavo leggendo i rotoli della Legge” rispose Alexander senza scomporsi. “Pff” sbuffò il fratello. “Dovresti smetterla di perdere tempo con quella roba.” “Dovresti leggerla anche tu invece, sono certo che ti farebbe un gran bene” rispose Alexander con un sorriso. Conosceva il pensiero di Jamal a riguardo. Un tempo avevano avuto parecchi contrasti ma adesso non gli interessava più. Lui aveva ricevuto la libertà di poter coltivare la fede dei suoi Padri, nonostante vivesse in un regno in cui si servivano altri dei, ma con suo grande dolore nessuno dei suoi familiari lo aveva seguito. Alexander pregava che un giorno la fede li avrebbe legati in un vincolo ancora più stretto, ma per ora si accontentava di poter coltivare liberamente la sua crescita spirituale. Si girò verso il fratello più piccolo, che aveva un'aria corrucciata. Lui più di tutti avrebbe avuto bisogno di conoscere la Sua pace.
Mentre percorrevano i lunghi corridoi che si affacciavano sulla città, Alexander rifletteva sugli eventi degli ultimi mesi. La città di Agreb dominava su una pianura verdeggiante a pochi chilometri dal regno d'Egitto e all'epoca aveva raggiunto il suo massimo splendore. Temuto dai vicini per il suo potente esercito, re Seb aveva governato per decenni con saggezza e giustizia, portando il popolo a vivere il più lungo periodo di pace e di benessere mai visto prima. A causa dell'età, il re però aveva deciso di cedere il regno al figlio primogenito, Aziz, partorito dalla preferita fra le sue mogli, pur rimanendogli a fianco come consigliere, così come il padre di lui aveva fatto al tempo della sua ascesa al trono. Ad Alexander era stata offerta, in qualità di secondogenito, la carica di generale dell'esercito, ma aveva rifiutato in quanto, pur essendo un grande guerriero, forte e coraggioso in battaglia, non amava molto la vita militare, preferendole la lettura e lo studio. Fu Jamal, pertanto, a prendere il posto di Alexander come generale e guida dell'esercito. Mentre tutti erano contenti della nuova carica di Aziz, che da sempre si era dimostrato un principe coraggioso e attento al suo popolo, forti erano invece i dubbi sul ruolo che ora rivestiva Jamal. Arrogante, precipitoso e propenso all'ira, il giovane non si era di certo attirato la simpatia del popolo e neanche la stima dei suoi stessi familiari. Il re gli aveva assegnato la carica di generale per linea di discendenza, perché terzogenito dopo Aziz ed Alexander nella sua lunga schiera di figli, ma non era del tutto certo della scelta fatta e lo teneva sotto attenta sorveglianza. Alexander aveva da sempre visto l'invidia che Jamal nutriva per i fratelli maggiori e al contempo il dolore nel constatare che il padre non si fidasse di lui. Ne era dispiaciuto ma lo guardava sempre con circospezione. D'altronde Jamal non aveva mai fatto proprio nulla per cambiare i suoi atteggiamenti ed ammorbidirsi un po' nei confronti almeno della sua famiglia. Anche quando erano piccoli non partecipava mai ai giochi insieme ai fratelli e preferiva rimanersene in disparte a guardarli con un misto di rabbia ed invidia, incomprensibili visto che era sempre stato trattato dal padre al pari di tutti gli altri figli. Alexander non aveva mai capito cosa covasse realmente nel suo cuore, e anche per questo non riusciva a fidarsi totalmente di lui.
Raggiunta la sala del consiglio bussarono alla porta. “Entrate” rispose Aziz. Appena dentro Alexander vide che il re era seduto attorno al tavolo con gli altri fratelli minori e i consiglieri. Capì subito che era successo qualcosa di grave e avvicinandosi scrutò il volto del fratello, che era visibilmente addolorato e preoccupato. “Perdona il ritardo, fratello” disse sedendo alla sua destra, mentre Jamal si sedette alla sinistra del re. “Cosa è successo?” gli chiese subito senza preamboli. “Nostro padre è stato rapito” rispose a bruciapelo il re. Alexander sussultò a quella notizia inaspettata e si alzò di scatto. “Chi ha osato?” chiese visibilmente alterato. “È stato imprigionato insieme a tutta la delegazione in visita alla città di Garben” spiegò il fratello. “Ma nostro padre si era recato come ambasciatore con intenti di pace. Perché sarebbe stato trattenuto?” chiese Alexander dubbioso. Qualche giorno prima era arrivata la terribile notizia che il re Abir di Garben era stato ferito mortalmente e che dell'accaduto era stato accusato un soldato di Agreb, che avrebbe confessato di essere stato inviato da re Aziz. Essendo un'accusa assolutamente infondata e visto il grande rapporto di amicizia fra i due regni, loro padre aveva deciso, pur contro la volontà dei figli, di andare personalmente come ambasciatore a scagionare Agreb da un'accusa così grave. Inoltre Seb era molto preoccupato per la salute di re Abir perché, oltre ad essere un suo alleato, era anche un grande amico e nutriva per lui un profondo affetto. Voleva pertanto accertarsi di persona che stesse bene e non aveva voluto sentire le ragioni dei figli. La preoccupazione per l'amico e per il regno aveva avuto la meglio sulla giusta cautela. Alexander d'altronde non poteva credere che la principessa Sara, unica figlia di re Abir e reggente in attesa della sua guarigione, avesse commesso un'azione così meschina visto il rapporto di amicizia che c'era fra i loro padri, oltre che fra i loro regni. Il padre gli aveva sempre parlato con grande affetto della principessa, che aveva visto crescere fin da quando era poco più che una bambina. “Ne sei sicuro fratello?” disse Alexander dando adito ai suoi dubbi. “La principessa Sara nutre un profondo affetto per nostro padre, non credo che...” “Come sei ingenuo Alexander” lo interruppe stizzito Jamal. “Quando si tratta di interessi personali non ci sono amicizie che tengono!” “Non sarà invece che sei tu ad essere troppo cinico fratello?” ribatté Alexander. “Sono solo realista” si giustificò Jamal. “La principessa avrà sicuramente sfruttato quest'occasione per rompere il patto d'amicizia con noi. Il piccolo regno di Garben si trova stretto fra noi e i nostri nemici che premono sui suoi confini orientali. Indubbiamente questi nemici sono più numerosi e rappresentano un pericolo più grande di noi, in quanto le città sono addossate sul loro confine” spiegò. “Sicuramente la principessa avrà pensato che conveniva allearsi con loro piuttosto che con noi.” “I nostri nemici sono più numerosi, è vero, ma il nostro esercito è decisamente più potente e ben addestrato del loro” fece notare Alexander. “Inoltre Agreb e Garben sono legate da un patto commerciale molto conveniente soprattutto per la principessa Sara.” Alle parole del fratello anche il re si fece dubbioso. Poi scrollò la testa come per scacciare quei pensieri e affermò: “Purtroppo pare che non ci siano dubbi sull'artefice del rapimento.” “Hai prove certe?” gli chiese Alexander. “Garben ha rimandato indietro un membro della delegazione che ci ha raccontato ogni particolare della cattura di nostro padre e ci ha portato questo...” terminò porgendo ad Alexander un documento con il sigillo reale. Alexander osservò attentamente la pergamena che aveva fra le mani. Il sigillo era della casa reale di Garben e il documento era stato redatto e firmato dalla principessa Sara in persona. Scorrendo il testo lo sguardo di Alexander si fece sempre più cupo. Il messaggio riportava la notizia che il padre era stato catturato e imprigionato a causa del ferimento di re Abir, e sentenziava che, se questi fosse morto, allora Seb sarebbe stato processato e giustiziato secondo la legge di Garben. Alexander, richiudendo il rotolo, divenne pensieroso. Quel documento parlava chiaro. Eppure c'era qualcosa che non lo convinceva affatto in tutta quella storia. “Dobbiamo intervenire subito” proruppe Jamal. “Dobbiamo attaccare Garben e liberare nostro padre prima che sia troppo tardi. Sicuramente si aspettano una nostra reazione ma se ci muoviamo subito, forse riusciamo a coglierli di sorpresa.” Alexander alzò di scatto la testa e guardò prima un fratello poi l'altro. “A malincuore devo ammettere che questa è l'unica soluzione” approvò il re. “Fratello, prima di prendere delle decisioni di cui potremmo pentirci, perché non mandiamo degli ambasciatori a trattare con la principessa?” propose Alexander. “Con il rischio che facciano la stessa fine di nostro padre?” si intromise Jamal. “E poi il tempo è contro di noi” continuò rivolgendosi verso il re. “La principessa non ha truppe sufficienti per contrastare il nostro esercito e quindi sicuramente avrà mandato a chiamare rinforzi. Dobbiamo muoverci prima che arrivi alcun tipo di supporto. Non c'è più tempo da perdere.” Il re era apertamente confuso. “Voi cosa ne pensate?” chiese al consigliere più anziano. “Io temo che abbia ragione il principe Jamal” rispose calmo. “Se veramente ci sono delle truppe nemiche che si stanno muovendo in aiuto di Garben potrebbe non esserci il tempo necessario per inviare una delegazione.” “Va bene” disse infine il re, non senza riluttanza però. “E guerra sia.” Alexander sobbalzò a quelle parole. Dentro di sé sentiva che era un terribile sbaglio. Ma cos'altro poteva fare? “Prepara le truppe, partiremo domani mattina all'alba” disse il re rivolgendosi a Jamal. Poi mettendo una mano sulla spalla di Alexander continuò: “Tu sei libero di fare come credi. Se non condividi questa guerra non ti costringerò a venire.” “Non condivido questa guerra” ammise Alexander, mettendo a sua volta le mani sulle spalle del fratello. “Ma ovunque andrai tu, là sarò io.” Poi si fece cupo e pensieroso. “Prego che nostro padre sia in buona salute.” “Allora è deciso” disse il re sorridendo sollevato. Alexander era uno dei suoi guerrieri migliori ma soprattutto la sua presenza gli dava pace e conforto. Doveva ammettere che ancora dubitava della decisione appena presa e sapeva che il fratello era l'unico di cui poteva fidarsi ciecamente. “Anche io prego che nostro padre sia in buona salute e che questa brutta faccenda termini il prima possibile” concluse il re facendosi nuovamente cupo. |
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