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Writer Officina Blog
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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La gabbia appesa
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4 gennaio 1991.
Tirò giù la gabbia e la pulì accuratamente, in attesa di sistemare la nuova piccola inquilina, poi l'appese nuovamente al soffitto lasciando che si asciugasse. Tutto era pronto, da giorni l'attesa aveva ceduto spazio all'eccitazione che provava quando la gabbia veniva finalmente occupata, anche se in quel frangente c'era stato un cambio di programma inaspettato e si era ritrovato a doverla pulire in fretta e furia. Aveva dovuto prendere la decisione in pochi minuti e l'adrenalina aveva contribuito ad accelerare le sue sensazioni. Per fortuna era stato più facile del previsto. Rimase alcuni istanti a guardare quel piccolo gioiello in ferro. Era appartenuto ai suoi genitori e con orgoglio ne era entrato in possesso alla loro morte, insieme a un compito che però loro non avrebbero compreso. 4 gennaio 1997 Franco Sassi, trentadue anni, separato, si stava preparando alla sua ennesima giornata in solitudine, dilaniato dal dolore e dai sensi di colpa. Quel giorno era per lui una ricorrenza che faceva ancora tanto, troppo male. Non solo per quanto avvenuto, ma perché lui ne era il diretto responsabile. Il tutto per un momento di passione irresistibile, che dopo averlo portato al settimo cielo, lo aveva fatto sprofondare in un abisso. Un incubo, il peggiore che un essere umano sia pronto ad accettare. Ricordava ancora quel tuffo al cuore, quei pochi secondi durante i quali il mondo gli era crollato addosso. Il fiato grosso, il tremito alle gambe, il timore di non uscire più dal tunnel... tutte sensazioni che non aveva più dimenticato e che gli erano piombate addosso come un macigno. Erano più le notti che aveva trascorso in preda agli incubi di quelle in cui aveva potuto dormire tranquillamente. Beatrice non lo abbandonava un solo istante. A volte si svegliava di soprassalto e accendeva la luce. Si guardava intorno, madido di sudore. Eppure pochi istanti prima gli pareva che fosse insieme a lui. Aiutami... salvami... vieni a prendermi... Quelle parole gli picchiavano in testa come un martello, incessantemente, a volte perseguitandolo per l'intera giornata. Cosa avrà provato in quei momenti? Avrà temuto di essere stata abbandonata? In quegli ultimi anni si era sforzato per ricostruirsi una parvenza di vita, ma non era stato possibile. Dentro di lui una vocina gli ricordava continuamente ciò che era accaduto. Gli ricordava che era colpa sua. Gli ricordava che non aveva rovinato solo la sua vita. Nella data del 4 gennaio, ogni ricordo, ogni sfumatura, ogni dolore, riemergevano con la forza di un oceano in tempesta. Aveva sempre cercato di lavorare in quel periodo, ma quell'anno l'azienda dove prestava servizio aveva deciso di chiudere qualche giorno e si era ritrovato a casa, solo, a dover gestire il suo dolore, che in quel giorno tornava ad assalirlo più che mai. Le scuole erano ancora chiuse e in TV venivano trasmessi quasi esclusivamente cartoni animati o film di Natale adatti ai più piccoli. Una vera tortura. Non aveva nessuno con cui parlare, tutti gli avevano voltato le spalle, gli avevano chiuso la porta in faccia. Anche la sua famiglia. Anche le nuove amicizie che con fatica aveva cercato di farsi. Dal lato sentimentale la situazione era anche peggiore. Era marchiato e le donne se la davano a gambe levate una volta compreso chi avevano davanti. Era troppo. Si mise il giubbotto e uscì. Era una giornata molto fredda e non correva il rischio d trovarsi in mezzo a fiumi di bambini che schiamazzavano nelle piazze o passeggiavano sul lungomare con i genitori. Aveva bisogno di aria, di uscire fuori da quelle mura che pareva gli si stringessero intorno, quasi volessero soffocarlo. A niente era servito cambiare casa. Come se non bastasse, arrivato alla rotonda a pochi metri dalla sua abitazione, un'auto compì una manovra azzardata e gli piombò addosso. Stava per precipitarsi dal guidatore della macchina per dirgliene quattro, quando vide scendere una giovane di bell'aspetto. Pareva impaurita, poi la ragazza crollò in un pianto quasi isterico. Franco diede una rapita occhiata al parafango, per quanto la botta fosse stata forte, il danno era leggero. “Dai, non è successo niente di grave” cercò di tranquillizzarla, ma la giovane non accennava a calmarsi. “È che... i freni... non hanno funzionato... ho avuto tanta paura...” Prima che Franco potesse replicare, la ragazza gli si buttò fra le braccia. Si trovò quasi impacciato per quel gesto e dopo aver traccheggiato qualche secondo, le diede un leggero abbraccio di conforto. “Scusa, ti sembrerò scema, ma non conosco questa strada e quando mi sono accorta che il pedale del freno andava a diritto ho creduto di morire. Non so per quale motivo abbia girato lo sterzo, non mi sono neppure resa conto di quello che stavo facendo.” La ragazza era in preda all'agitazione e continuava a tremare. “Ti sei fatta male?” Le chiese, anche se, guardandola, non sembrava aver riportato ferite. “No, per fortuna niente, solo tanta paura. Ti do i dati dell'assicurazione, così potrai fare la denuncia.” Dopo aver preso nota dei dettagli assicurativi ed essersi scambiati le loro generalità, Franco chiamò il carro attrezzi che promise di arrivare entro una quarantina di minuti. Rimase insieme a lei e attesero l'arrivo del mezzo di soccorso seduti nella macchina di lui, fuori si gelava e non se l'era sentita di lasciarla in mezzo alla strada. Gemma Orlandi, ventinove anni, si rivelò fin da subito molto simpatica e riuscì a distogliere Franco dai suoi pensieri. In quella breve attesa emerse qualche dettaglio sulla loro vita privata, anche se Franco omise ovviamente tutto ciò che riguardava quella parte del suo passato che gli aveva rovinato la vita. Finalmente il carro attrezzi fece capolino dal fondo della strada. A nulla valsero i mille tentativi di Gemma per convincere l'autista del mezzo di soccorso a farla salire a bordo. L'officina nella quale avrebbe portato la sua auto distava meno di un chilometro dalla sua abitazione, permettendole di tornare a casa a piedi. Dopo aver assistito ai vani tentativi della ragazza, Franco le si avvicinò. “Lascia stare, ti accompagno io.” Lei gli sorrise. “Ti ringrazio, ma ti ho già rubato troppo tempo...” “Non preoccuparti, non ho alcun impegno e lo faccio volentieri.” Gemma gli sorrise e lo ringraziò, prese accordi con l'autista del carro attrezzi e salì in macchina con Franco. Neppure per un istante le era balenato per la testa che lui potesse essere pericoloso. In fondo, lo aveva conosciuto solo tre quarti d'ora prima. 9 marzo 1997 Franco e Gemma si frequentavano da due mesi. Dopo l'incidente lui le aveva chiesto di poterla rivedere ed era iniziata la loro storia. Nonostante il breve periodo insieme, Franco si era accorto di tenere a lei in modo particolare. Forse, per la prima volta, si era innamorato davvero. Non era stato difficile, Gemma era una donna molto dolce e allo stesso tempo molto forte. Aveva perduto sua madre da una decina di anni, la donna se n'era andata tre mesi dopo aver scoperto di avere un male incurabile. Gemma, all'epoca diciannovenne, aveva terminato le scuole superiori e si era trovata un'occupazione. Suo padre era spesso all'estero per lavoro e un anno più tardi le aveva comunicato che si sarebbe trasferito a Bali, per iniziare una nuova vita con una donna del posto. Non lo aveva criticato, era ancora giovane e lei, prima o poi, avrebbe preso la sua strada. Questo suo lato caratteriale aveva innescato in Franco la voglia di raccontarle la sua esperienza. Prima o poi sarebbe venuto fuori e sperava nella sua comprensione. Così quel sabato decise di aprirsi. “C'è qualcosa di cui devo parlarti” Franco si avvicinò a Gemma, il suo sguardo era serio, e lei temette di ricevere qualche brutta notizia. “Ricordi il giorno in cui ci siamo conosciuti?” Lei gli sorrise. “Certo che lo ricordo, era il 4 gennaio, una data che non scorderò mai.” Franco abbozzò un lieve sorriso, poi tornò a essere serio. “Ero uscito in preda alla rabbia, quella giornata per me è la più brutta dell'anno.” Gemma a sua volta si fece seria. “Sono già stato sposato, sono divorziato e avevo una figlia.” Gemma accusò il colpo ma rimase in silenzio. Si era accorta che Franco doveva avere qualche esperienza alle spalle che lo aveva ferito profondamente, dato che ogni volta che veniva toccato l'argomento che riguardava le passate relazioni, lui si irrigidiva e cambiava discorso. Non le era però mai balenata l'idea che fosse già stato sposato e fosse padre. Franco proseguì. “Ambra, la mia ex moglie, ha due anni meno di me. Stavamo insieme da otto mesi e lei rimase incinta. Prendeva la pillola, quindi eravamo tranquilli, la possibilità di una gravidanza c'era, ma era molto limitata. Una sera eravamo al cinema e iniziò a sentirsi poco bene, uscimmo e poco dopo cominciò a vomitare. Il disturbo continuò tutta la notte e il giorno successivo le entrò la febbre. Dovette prendere degli antibiotici che probabilmente hanno interferito con la pillola e... arrivò Beatrice. Lei non voleva abortire e io fui d'accordo. Ci sposammo e all'inizio si rivelò la scelta giusta. Lasciai l'università e mi trovai un lavoro, i miei genitori ci accolsero in casa loro e restammo lì fino alla nascita della bambina. Poi anche Ambra trovò un lavoro e acquistammo una casa vicino a Santa Luce. Era piccola, una zona giorno con angolo cottura, una camera per noi e la cameretta per Beatrice, un piccolo resede all'ingresso e un giardino sulla parte posteriore. Eravamo felici.” Franco fece una pausa e Gemma comprese che doveva essere accaduto qualcosa alla piccola. “Col passare degli anni però quel ménage familiare iniziò a pesarmi. Nel mese di giugno trascorsi quattro giorni in Puglia con alcuni amici per festeggiare la laurea in medicina di uno di loro e furono sufficienti a rimettere in discussione ogni mia scelta. Ricordo di aver quasi subìto i racconti delle loro avventure, dei viaggi di quegli ultimi anni, delle esperienze con le ragazze, delle settimane bianche, dei progetti futuri. Li avevo persi di vista, giusto qualche cena di tanto in tanto, e nonostante li conoscessi da quando eravamo ragazzini, mi sentii quasi un estraneo in mezzo a quel gruppo così coeso e spensierato. In quegli ultimi sei anni mi ero occupato di cambi di pannolini, visite dal pediatra, i primi passi della piccola, per poi passare all'affiancamento all'asilo e successivamente alla scuola elementare, dove Beatrice era iscritta in prima. Il colpo di grazia mi arrivò quando gli amici mi parlarono del loro imminente viaggio nel mese di agosto: venti giorni in moto alla scoperta dei paesi del nord. Ascoltai i loro progetti cercando di immaginare cosa si provasse ad abbandonarsi a qualche avventura con una bella scandinava, a raggiungere Capo Nord su un mezzo a due ruote in piena libertà. Mi ero augurato, una volta rientrato da quella breve vacanza, di allontanare quei sogni e tornare alla quotidianità, ma ciò non avvenne. Per quanto fossi consapevole di amare Ambra e Beatrice, quella zingarata aveva innescato in me qualcosa di pericoloso. E più passavano i giorni, più sentivo ribollire dentro la voglia di evadere, di crearmi un ritaglio di vita propria, come se fossi ancora un ragazzo con un futuro davanti da costruire. E a ottobre... quel ritaglio lo trovai in Diana, mia coetanea e mamma di un compagno di scuola di Beatrice.” “Quindi ti sei innamorato di un'altra?” Chiese Gemma a quel punto. “No... non ero innamorato di lei, era un'evasione per entrambi, come ti ho detto. Lei aveva diversi problemi in famiglia ed ero convinto che non avrebbe mai voluto di più. A entrambi andava bene così. Oltretutto, dato che suo figlio era in classe con Beatrice, suo marito conosceva sia me, sia Ambra. Ma non era quella la questione, Diana non lavorava, suo marito Attilio aveva quaranta anni ed era un gran despota. Le aveva vietato di lavorare, il suo compito era quello di badare al figlio, stare dietro ai doveri di casa, cucinare ed essere una moglie devota e sempre disponibile quando lui aveva voglia di fare sesso. Era stata sfortunata, era rimasta orfana di entrambi i genitori all'età di quattordici anni, insieme a suo fratello Lodovico, di diciassette anni più grande di lei.” Franco vide un'ombra attraversare il volto di Gemma. “Scusa, sono stato indelicato, anche tu hai perso tua madre troppo presto, ma non voglio avere segreti con te.” “Non preoccuparti, sono cose che capitano, dolorose, ma il mondo è pieno di situazioni come queste.” “Diana aveva incontrato Attilio tramite suo fratello dato che erano amici di lunga data, ed era rimasta affascinata proprio dal fatto che lui fosse più grande di lei e le avrebbe saputo dare la giusta protezione. Invece aveva compreso di esseri cacciata nei pasticci solo dopo averlo frequentato per un po' e dopo che lui l'aveva messa incinta con l'inganno, affermando di essere sterile. L'aveva sposata e da quel momento aveva vissuto quasi segregata e controllata da quell'uomo, che aveva fatto di lei la sua schiava.” Gemma abbozzò una mezza risata. “Allora ha fatto bene a mettergli le corna! Ma suo fratello non ha cercato di aiutarla in qualche modo?” “Non lo so, non abbiamo mai affrontato in maniera approfondita l'argomento, ma dal poco che compresi, appoggiava molto il suo amico.” Franco si mise in silenzio e chiuse gli occhi alcuni istanti, provando ancora più difficoltà nell'andare avanti con il suo racconto. Si chiese se Gemma fosse pronta a conoscere la verità, ma, soprattutto, se fosse pronta ad accettarla. Si chiese anche se avesse preso la giusta decisione nell'aprirsi con lei, ma ormai era in gioco e non poteva più tirarsi indietro. “La conobbi per caso, un po' come è successo a noi. Era l'inizio di ottobre, eravamo andati a prendere i nostri figli a scuola con un anticipo di quasi mezzora e ci eravamo seduti al tavolino di un bar poco distante. Scattò subito una scintilla fra di noi, e mentre ci dirigevamo verso la scuola, la tirai dietro un albero e la baciai. Lei contraccambiò e fu l'inizio della nostra relazione. Ci vedevamo in un motel, a una trentina di chilometri dalle nostre abitazioni, per non correre rischi. Quel 4 gennaio di sei anni fa Ambra era al lavoro, non sarebbe rientrata prima delle diciotto e trenta. Diana mi avrebbe raggiunto a casa, le poche abitazioni nei dintorni in quei giorni erano deserte, nessuno mi avrebbe visto con una donna che non era mia moglie. Beatrice avrebbe dovuto pranzare presso un'amichetta per poi andare al cinema con i genitori dell'altra bambina, quindi avevamo tutto il tempo.” Di nuovo Franco si interruppe, la voce era diventata tremolante e Gemma gli prese la mano. “Ho la netta sensazione che tutto questo giri intorno a qualcosa che è accaduto a tua figlia. Se non te la senti di andare avanti lo capirò, possiamo parlarne in un altro momento.” Franco scosse la testa. Quanto era dolce Gemma, ma non aveva la più pallida idea di quale fosse la verità. “No, devo raccontarti, devi sapere, poi prenderai la tua decisione.” Fece un gran respiro e continuò con il racconto. “Il programma saltò, poiché l'amichetta si sentì male e subito dopo pranzo Beatrice tornò a casa. Non riuscii a rintracciare Diana, così decisi di attendere il suo arrivo per informarla che avremmo dovuto rimandare. Quando la vidi arrivare chiesi a Beatrice di andare a giocare un po' in giardino, nonostante fosse l'inizio di gennaio era una bella giornata e la temperatura era piacevole, non volevo che vedesse Diana. Sapeva chi era e se la sera lo avesse detto a mia moglie, non avrei saputo giustificare quella visita. Beatrice però piagnucolava perché voleva che la portassi fuori, così presi la palla al balzo e le diedi il mio cellulare. Le brillarono gli occhi, uscì di corsa in giardino e si sedette sul dondolo. Quando Diana entrò mi corse incontro e mi abbracciò. Mi staccai da lei e le feci vedere che Beatrice era in casa, spiegandole in poche parole dell'amichetta malata. Le chiesi di vederci il giorno successivo ma suo marito non l'avrebbe lasciata uscire di nuovo, già quel pomeriggio le aveva fatto mille domande.” Franco si soffermò un'altra volta e Gemma si accorse che il suo sguardo era cambiato, le mani avevano ripreso a tremare. “Non so cosa mi prese, mi spostai dietro una parete con Diana e... iniziai a baciarla... a toccarla. Finimmo sul letto e facemmo l'amore quasi da vestiti, travolti da una passione oltre ogni limite. Fu un atto veloce e poco dopo lei si risistemò gli abiti e se ne andò. Io mi diedi una sciacquata al viso, poi andai verso il giardino, avrei portato Beatrice a fare una passeggiata. Quando aprii la porta il sangue mi si fermò nelle vene. Il dondolo era vuoto, il cellulare era in terra e di Beatrice non c'era traccia.”
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