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Writer Officina Blog
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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L'Uomo che inventò il Cristianesimo
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Galilea, anno XIX di Tiberio, DCCLXXXVI ab U.C.
Una brezza leggera increspava appena le acque, dorate dai raggi obliqui del sole al tramonto, del lago Kinneret, chiamato dagli abitanti della regione Mar di Giudea e rinominato dagli occupanti romani Lago di Tiberiade, prendendo spunto dal nome della nuova città edificata sulle sue sponde in onore dell'Imperatore. A poche centinaia di metri dalla sponda, quasi di fronte alla cittadina di Cafarnao, un'elegante imbarcazione da diporto si lasciava cullare dalle piccole onde. L'aria tiepida era pregna del profumo dei mandorli e dei limoni in fiore, coltivati sui terrazzamenti delle colline circostanti. L'imbarcazione apparteneva ad Alcmeone un ricco sadduceo, facente parte della clientela del sommo sacerdote Caifa. La casta dei sadducei era quella da cui provenivano i sacerdoti del tempio di Gerusalemme, la capitale del Regno di Giudea, ormai declassato da regno satellite a provincia dell'Impero, a causa della turbolenza politico religiosa dei suoi abitanti. Non tutti i sadducei erano sacerdoti, ma tutti i sacerdoti dovevano provenire dalla casta dei sadducei. Per paradosso, rispetto alle altre componenti della società giudaica, quella dei sacerdoti era la meno integralista. I colti sadducei infatti erano aperti al fascino della più progredita cultura ellenistica, e naturalmente, trattandosi di un'élite politico religiosa e intellettuale, collaboravano con i kittim, gli occupanti romani, così come in passato avevano collaborato con i macedoni di Alessandro, allo scopo di mantenere la loro posizione di privilegio e di mediazione tra gli occupanti e la popolazione locale. Si mormorava che non credessero nella resurrezione e nemmeno nell'immortalità dell'anima, anche se pubblicamente non prendevano posizione su questi aspetti e fingevano di uniformarsi alla dottrina dei farisei, che ostentavano un rispetto assoluto per la Torah, la legge scritta, e per la tradizione orale del profetismo. L'altra importante componente, quella degli Esseni, era una setta chiusa che si era volutamente esiliata nel deserto, presso Qumran, sulle rive del Mar Morto, a oriente di Gerusalemme, per protesta verso la casta dei sacerdoti sadducei, che ritenevano troppo simpatizzanti con l'empia cultura degli invasori. Anche questi, pur essendo fanatici che attendevano l'avvento del Regno di Dio e l'annientamento delle forze oscure da parte dei figli della luce, cioè loro stessi, erano però di fatto pacifici, nei fatti se non nelle intenzioni, in quanto consideravano che il momento della guerra santa, benché prossimo, non fosse ancora giunto. Non tutti però la pensavano nello stesso modo e altri erano decisamente più bellicosi: si trattava degli zeloti, gli eredi delle rivolte dei Maccabei e di Giuda, detto il Galileo, che mettevano in atto una vera e propria guerriglia di resistenza nei confronti degli occupanti e dei Giudei che collaboravano con essi, in particolare i sacerdoti, ritenuti niente di meno che sacrileghi. Sulla sua grande e lussuosa imbarcazione Alcmeone banchettava all'uso romano, insieme ai suoi amici, in compa-gnia di alcune concubine. Semi sdraiato su un ampio klìne, attorniato da quelli, un poco più bassi, dei compari, all'ombra di una tenda che copriva il castello di poppa, spiluccava pigramente grossi acini di dolce uva passa che prelevava da un profondo vassoio posto sulla schiena nuda di una giovane schiava siriana, la cui testa era appoggiata sul grasso grembo dell'uomo, il viso sprofondato tra le pieghe della tunica sol-levata sull'inguine. Un cetrista e un flautista, musici pro-venienti da Tiro, spandevano una melodia sensuale e melliflua che galleggiava neghittosa sulle acque. Alcune giovani danzavano con movenze aggraziate e lascive nello spazio libero tra i klìne dei commensali; grassi eunuchi smuovevano l'aria con ampi flabelli per rinfrescare il signore e i suoi ospiti accaldati dalle libagioni e dallo spettacolo delle concubine. Un coppiere provvedeva con sollecitudine a mantenere sempre colmi i calici di vino speziato addolcito con miele. Dalla riva, alla periferia di Cafarnao, non era possibile vedere quanto accadeva sulla lussuosa barca, ma la musica esotica, le risate e i gridolini eccitati delle concubine arrivavano portati dalla brezza sulla superficie del lago. Inoltre alcuni pescatori che, rientrando dalle loro fatiche, erano passati abbastanza vicino all'imbarcazione da aver sentore di quello che vi accadeva, avevano sparso la voce. Ce n'era abbastanza da accendere gli animi: la musica lasciva e le risate erano certamente opera demoniaca, così come le pratiche orgiastiche a cui si abbandonavano Alcmeone e i suoi ricchi ospiti. In realtà tra gli uomini che si stavano accalcando mugugnando sulla sponda, con gli occhi fissi alla lontana imbarcazione, aleggiavano due sentimenti contra- stanti: oltre ai bigotti farisei, sinceramente scandalizzati dal comportamento della classe dirigente, che vedevano come un tradimento della legge mosaica, altri mal celavano l'invidia per quei ricconi che se la stavano spassando in compagnia di affascinanti e procaci fanciulle; tutti sapevano che le donne filistee, siriane e soprattutto babilonesi erano ben più focose e ferrate nelle arti amatorie delle donne giudee, oppresse da secoli di costrizioni e tabù. In passato era stata consuetudine, almeno per chi poteva permetterselo, prender moglie nei paesi vicini, tanto che per un certo periodo si era creata una società più aperta e cosmopolita, ma con l'opera riformatrice di Neemia, al tempo della ricostruzione del tempio dopo il ritorno delle élite dalla diaspora babilonese, i matrimoni misti erano stati proibiti, per mantenere la purezza etnica di Israele. Naturalmente nulla impediva di possedere schiave e concubine straniere, ma questo era un privilegio costoso che solo pochi potevano permettersi. Anche gli invidiosi quindi, masticando amaro, si univano alla schiera degli scandalizzati, inveendo contro l'empietà di ciò che non potevano avere. Come se non bastasse un giovinetto scarno, dall'aspetto ieratico, avvolto in una tunica bianco sporco, arringava la folla tuonando contro il sacrilegio e la turpe condotta dei sadducei, che avrebbero senz'altro attirato la collera di Yahweh sulla nazione ebraica. Più al largo, dalla direzione di Betsaida, il porto di Gamala, sito sull'altra sponda del lago, in prossimità dello sbocco del Giordano, comparve una flottiglia di piccole barche. Sembravano pescatori, ma dopo qualche tempo apparve chiaro che non stavano indugiando nella pesca, ma puntavano a forza di remi verso l'elegante imbarcazione dei sadducei. A bordo, per un certo tempo, nessuno si accorse di nulla, impegnati com'erano nelle libagioni e nei piaceri orgiastici. Fu uno degli eunuchi, che assistevano annoiati ai contorcimenti delle danzatrici, che per primo si accorse dei nuovi venuti, quando ormai erano a poco più di un centinaio di metri dalla barca in bando. Il grido che uscì dalle sue labbra dapprima suscitò incredulità e successivamente impietrì gli occupanti del natante, distogliendoli dalle attività da cui erano presi: zeloti! Zeloti! Zeloti! La parola corse di bocca in bocca, inter-rompendo le danze, le libagioni e le altre attività più o meno occulte. I sorrisi licenziosi lasciarono il posto a smorfie terro-rizzate sulle labbra dipinte delle concubine. Venne issata la grande vela quadra a righe bianche e azzurre, ma la leggera brezza che proveniva dalle colline non era sufficiente a smuovere con la necessaria rapidità la pesante imbarcazione. Le leggere barche della flottiglia si avvicinavano rapida-mente, spinte ognuna da tre coppie di rematori. Anche dalla barca di Alcmeone vennero messi in acqua i remi, mentre gli eunuchi, abbandonati i flabelli e impugnate le fruste, incita-vano gli schiavi a smuovere il natante. Ma la lussuosa imbar-cazione era troppo pesante, adorna com'era di avori e fregi dorati; inoltre la sua linea tozza e panciuta era adatta per un comodo diporto, non per una gara di velocità con le snelle imbarcazioni degli zeloti. Dopo un breve inseguimento queste le furono a ridosso e la circondarono, mentre le due più prossime si preparavano all'abbordaggio. Ritto a prua di una delle scialuppe degli assalitori, un uomo, immobile nonostante il rollio e il beccheggio, scrutava fissamente l'obiettivo. Indossava una lunga tunica bianca, il cui candore era interrotto solo da un fregio dorato sul petto, raffigurante un serpente con la testa di leone. Sulla schiena aveva drappeggiato un manto di porpora. I capelli, neri come l'ala del corvo, lunghi e incolti gli ricadevano disordinata-mente sulle spalle, mentre la barba, nera anch'essa e lunga fino allo sterno, incorniciava un volto fiero e rapace. Gli occhi infossati emanavano lampi di furia, il naso adunco sembrava voler fendere l'aria per accelerare la corsa della barca. Poteva avere un'età compresa tra i trenta e i quaranta anni, difficilmente definibile a causa della folta barba che gli incorniciava il viso salendo fino a coprire gli zigomi; ma sicuramente ciò che attirava maggiormente l'attenzione era lo sguardo magnetico, da cui era difficile staccare gli occhi e a cui sembrava impossibile sottrarsi. Anche sulla sponda gli spettatori si accorsero di quanto stava succedendo e la folla cominciò prima a rumoreggiare e poi a urlare, incitando apertamente gli assalitori. «Ecco! L'ira di Yahweh si abbatte sugli empii e corrotti! Presto lo sdegno del Signore farà giustizia dei loro peccati! Ecco i figli della luce che annienteranno i servi delle tenebre!» rincarava la dose il giovane predicatore. Giunti a distanza utile gli assalitori lanciarono le cime da abbordaggio, munite di rampini per artigliare lo scafo rivale. Una volta lanciati e atterrati sul ponte gli uncini, strattonati indietro si agganciarono saldamente alla murata. Uno di essi, caduto sulla spalla di un coppiere, penetrò nella carne, lo trascinò sul ponte e lo inchiodò alle assi del parapetto in un fiotto di sangue. Arrivati sottobordo i pirati iniziarono ad arrampicarsi sulle corde, facendo leva con i piedi sui fianchi dell'imbarcazione abbordata. Qui solo gli eunuchi e il capitano erano armati con corte spade, gli uomini dello equipaggio essendo schiavi non potevano portarne; tentarono una debole resistenza, alcuni assalitori furono respinti in acqua, ma il loro numero era soverchiante e la furia intrisa di fanatismo da cui erano posseduti ne moltiplicava l'impatto. La strage si consumò in pochi concitati istanti, riempiti dalle urla feroci degli assalitori e da quelle non meno acute di panico e dolore degli assaliti. Le uniche a essere risparmiate furono le schiave, tradizionalmente preda di guerra. Gli uomini che non morirono combattendo furono scannati senza tanti complimenti e gettati a ingrassare i pesci. L'unico risparmiato fu Alcmeone, che venne trasbordato sulla barca in cui si trovava il carismatico capo dei ribelli. Dopodiché il lussuoso natante venne dato alle fiamme, con i rematori ancora incatenati ai banchi; erano schiavi filistei, devoti a Baal, e dunque non meritavano alcuna pietà. Mentre il rogo illuminava dei suoi riflessi rossastri le acque ormai scure del lago, essendo il sole era appena tramontato dietro le colline, la flottiglia degli assalitori si diresse verso la spiaggia fuori Cafarnao, accompagnata dalle grida entusiaste della folla che attendeva a terra. Giunti a pochi metri dalla spiaggia gli uomini che si trovavano sulla barca del capo srotolarono sull'acqua una spessa stuoia di giunchi, che questi percorse a rapidi passi, prima che la passerella posticcia avesse tempo di impregnarsi e affondare, dando così l'impressione agli spettatori, grazie anche alla penombra della sera, di camminare sull'acqua. «Ecco! Ecco che arriva il salvatore di Israele!» si sgolava il predicatore «Egli è Yeshua il nazireo1, figlio di Yehudah il galileo. Il Messia, il figlio di Davide è tra noi! Viene a riportare la gloria del Signore sul popolo eletto stremato dai tanti tradimenti dei suoi governanti. Rendete onore al figlio dell'uomo. Salute a te Yeshua, figlio di Davide, virgulto del ceppo di Iesse, la gloria sia con te. Stà scritto: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d'intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore”. Onorate il Messia venuto a portare il Regno di Dio, onorate il figlio di Davide, onorate il figlio della luce.» Rapita dall'eloquenza del predicatore e ancora eccitata per lo spettacolo a cui aveva assistito e per il rogo della barca che stava colando a picco, la folla in delirio acclamava il nuovo venuto: «Yeshua! Yeshua! Yeshua!» Appena sbarcato, il condottiero degli zeloti andò incontro al predicatore e lo attirò tra le sue braccia: «Salute a te Eleazar, cognato mio. Tu sei prediletto tra i figli della luce. In verità ti dico, se io sono Messia di Davide, tu sei il Messia di Aronne! A noi Yahweh ha affidato il compito di riportare il suo regno al popolo di Israele. Santo il ventre che ti generò, santo il seno che ti nutrì.» Poi rivolgendo alla folla uno sguardo ispirato: «Questi è il figlio del ceppo di Aronne venuto a riportare la sacralità legittima del sacerdozio di Gerusalemme. Onoratelo come merita. Sia fatta la volontà del Signore.» La folla ora taceva, rapita in estatica ammirazione. Da lungo tempo attendeva un Messia, un Unto del Signore che riportasse la gloria del mitico regno di Davide e Salomone. Ora sembrava che il momento fosse arrivato; i Messia erano addirittura due, secondo la dottrina essena, uno, discendente di Aronne, destinato a ricoprire il ruolo di sommo sacerdote, usurpato dai traditori venduti all'invasore, l'altro il Messia di Davide era il futuro Re dei Giudei, che avrebbe guidato l'esercito in battaglia e annientato i Kittim. «Fate venire Alcmeone!» ordinò poi ai suoi uomini che spinsero avanti il sadduceo e lo fecero prostrare ai suoi piedi. «Pietà mio signore – supplicava questi abbracciandogli le ginocchia – se ho peccato lascia che il perdono del Signore mi salvi, egli è buono, egli è giusto, saprà valutare con giustizia.» «Non bestemmiare blasfemo! La volontà del Padre si manifesta attraverso il Figlio dell'Uomo» rispose Yeshua «non c'è nulla della mia volontà che non sia la volontà del Padre.» «Mio signore lasciami vivere.» implorò ancora Alcmeone «Sono un uomo ricco, ti darò molto oro, chiedi ciò che vuoi.» Allora il nazireo, rivolgendosi alla folla esclamò: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel Regno di Dio! In verità vi dico è più facile che una gomena passi per la cruna di un ago, piuttosto che un ricco entri nel Regno di Dio.» Detto questo estrasse la spada e la conficcò nel pingue ventre del sadduceo squarciandolo, ed estrattene le viscere le buttò a terra ai suoi piedi. La folla esplose in un boato assordante. Dopo qualche istante Yeshua alzò le mani per chiedere silenzio e proseguì: «Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Sono venuto a separare l'uomo da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora da sua suocera; sì, nemici dell'uomo saranno quelli di casa sua. Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà; e chi avrà perduto la sua vita a causa mia, la ritroverà.» Molti continuavano ad annuire e battersi le mani sul petto, come estraniati, ma alcuni farisei non capivano e si chiedevano il significato di queste parole: che vuole dire, che significa? Il Signore vuole forse la discordia in famiglia, non sta scritto che il figlio deve onorare il padre? Prese allora la parola Eleazar: «Ha detto Giovanni il battezzatore: “Io, sì, vi battezzo in acqua perché vi convertiate; ma colui che viene dopo di me è più forte di me, ed io non sono degno di portarne i calzari; è lui che vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. Anche se ora non riuscite a capire abbiate fede: nulla v'è di coperto che non debba essere svelato e di nascosto che non debba essere conosciuto.» Alcuni però ancora mormoravano, interrogandosi su quanto avevano sentito. Allora Yeshua prese nuovamente la parola dardeggiando la folla con sguardo infuocato: «E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Sino agli inferi sarai precipitata. Poiché, se a Sodoma fossero stati compiuti i prodigi che si sono compiuti in te, sarebbe rimasta fino ad oggi. Ebbene, vi dico che nel giorno del giudizio la sorte che toccherà alla terra di Sodoma sarà più mite della tua!» Nel frattempo gli zeloti avevano fatto sbarcare le schiave e le concubine rapite ai sadducei e le avevano riunite, dopo averle legate sulla riva. Alcuni uomini tra la folla, non potendo sfogare le loro brame sulle giovani prigioniere, iniziarono a urlare chiedendo che venissero lapidate, molte donne, specialmente le più brutte e anziane si unirono in coro alla richiesta. Ma Yeshua li azzittì: «Tacete stolti! Queste donne sono il bottino di guerra dei miei uomini, saranno divise tra loro secondo la consuetudine». Si fecero avanti alcuni farisei: «Signore, queste donne sono impure, sono peccatrici, contamineranno la tua gente, devono morire.» «Ipocriti! - rispose il nazireo – non è ciò a cui l'uomo si accosta che lo contamina, ma ciò che proviene dal suo cuore. Voi vorreste queste donne per voi, ma non potendole avere preferireste vederle morte.» Umiliati i farisei batterono in ritirata, ma nello stesso tempo si fece avanti una donna cananea gridando: «Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide; mia figlia è tra quelle prigioniere, sono venuta fin qui per riscattarla, lasciala tornare a casa, ti supplico.» Ma egli non le rispose neppure una parola. Alcuni del suo seguito quindi lo interrogarono: «Signore, cosa diciamo a questa donna, dobbiamo forse liberare sua figlia?» Ed egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore disperse della casa d'Israele.» Ma la donna insisteva «Signore, soccorrimi!» Allora egli: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cani.» disse, e la fece allontanare. Dopodiché, poiché la folla non si disperdeva, ma anzi molti uscivano dalla città per vedere il Messia, egli si rivolse ad alcuni pescatori che stavano pulendo le reti poco lontano. «Andate – ordinò – a gettare le vostre reti perché possiamo sfamare questa folla.» Uno di quelli rispose: «Rabbi, maestro, abbiamo faticato tutto il giorno senza prendere neanche un pesce.» «Andate e gettate le reti là dove abbiamo affondato la barca di quegl'empi. Abbiate fede.» Così fecero e giunti più meno in quel punto del lago gettarono le reti. Poiché lì era stata fatta una grande strage, molti pesci vi si erano radunati attirati dal sangue e dai corpi delle vittime; appena i pescatori ebbero calate le reti le ritirarono piene, tanto che dovettero chiamare altri compagni per aiutarli a trarle a bordo, e tutti, poiché non avevano preso nulla tutto il giorno, gridavano al miracolo e affermavano che quello era veramente l'Unto del Signore. Uno di essi, che di nome faceva Shimon, appena sbarcato gli disse: «Signore, se tu fossi con noi non dovremmo mai più patire la fame e tornare dalla pesca a mani vuote, tanto grande è il tuo potere.» Yeshua lo guardò, e poiché era un uomo dall'aspetto robusto: «Non temere» gli disse «unisciti a noi e da questo momento sarai pescatore di uomini.» |
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