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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Jonathan Prazzoli
Titolo: L'amore che sconfisse il coronavirus
Genere Romance
Lettori 3564 37 60
L'amore che sconfisse il coronavirus
(Ogni uomo cerca la felicità. Ma chi può dire di averla trovata?)
David digitò l'ultimo carattere sospirando soddisfatto. Un inizio fenomenale per un romanzo, pensò grattandosi la testa e contemplando il paesaggio oltre la finestra. Le lontane Alpi incappucciate di neve svettavano nel cielo limpido e terso. Era una magnifica giornata, l'ideale per passeggiare. Ma l'uomo aveva altro in mente.
Fissò a lungo quel poco che aveva scritto. Niente da fare, non riusciva a proseguire. Sconfortato, si alzò e si diresse in soggiorno. Sprofondò nel divano e si addormentò di sasso.
Si risvegliò alle quattro del pomeriggio. La pennichella lo aveva rintronato parecchio. David andò in cucina a preparare un tè. Non quella roba in bustina che si compra al supermercato, ma puro tè in foglie essiccate che aveva trovato in un negozio di alimentari marocchino.
Attese che l'acqua giungesse a ebollizione e mise nel pentolino un cucchiaio di foglie di tè. Abbassò la fiamma e lasciò sobbollire il tutto per cinque minuti, seguendo i consigli dei marocchini. A dire il vero gli avevano detto di lasciarlo bollire a fiamma alta, ma ne sarebbe risultato un tè troppo forte per i suoi gusti.
L'uomo sorseggiò deliziato la bevanda bollente, avvertendo da subito il miracoloso effetto della teina.
'Questa roba dà una sferza più forte di quattro tazze di caffè.'
Quando finì, afferrò il giubbotto di pelle e uscì per godersi i rimasugli di quella bella giornata.
David abitava a Fontana Pradosa. La sua casa si trovava in via Bosco, davanti alla collinetta che scende fino a un campo a ridosso dei binari.
In strada stavano passeggiando famiglie, coppie e persone in solitaria. D'altronde era una Domenica calda e luminosa, per essere ancora Febbraio.
David rimase un momento a inspirare l'aria salubre e a osservare la catena montuosa oltre le campagne. Dopo pochi minuti, salì in macchina e girò la chiave di accensione. La sua Porche grigio metallizzato faceva sempre la sua figura. Ma a parte l'estetica, David ne amava profondamente la potenza nascosta nel motore. Adorava sfrecciare nelle autostrade a oltre duecento chilometri orari, beffandosi di numerosi articoli del Codice della Strada.
'D'altronde i limiti di velocità non hanno eliminato gli incidenti. Se la carreggiata è libera, che senso ha dover rallentare? Costruissero auto che non superino i cinquanta chilometri orari!', rifletté mentre imboccava la strada della Spadina.
Non sapeva dove andare di preciso, ma quello non era affatto un giorno per correre in autostrada. Si sarebbe diretto verso le colline dell'Oltrepò Pavese per godersi il panorama. Di solito bazzicava dalle parti di Vicobarone o Montalbo. Quando aveva più tempo, faceva una capatina anche a Bobbio o al Passo del Penice. In altri casi non si fermava proprio, ma continuava a guidare per il gusto della guida in sé.
Decise di fare un giretto verso Pianello. Prese la via per le colline, passando da Creta, Vicobarone e Montalbo, lungo strade circondate da campi coltivati e vigneti. Giunto a Pianello, parcheggiò vicino al distributore. Scese dall'auto e andò a sedersi su una panchina poco distante. Il Tidone scrosciava abbondante e tumultuoso. David amava il suono del fluire inarrestabile di fiumi e torrenti.
'Dovrei comprarmi una casa a Marsaglia. Speriamo di sfondare con questo romanzo.' L'uomo sorrise, con lo sguardo perso nelle acque limpide e gorgoglianti.
David era professore di filosofia al liceo 'Volta' di Castel San Giovanni. Acquistare case andava al di là delle sue possibilità economiche. La villetta in cui abitava era un'eredità dei suoi genitori, morti anni addietro. Il denaro che gli avevano lasciato gli permise di togliersi qualche sfizio – la Porche rientrava tra questi. Tuttavia, a causa dei numerosi debiti contratti da suo padre, l'eredità fece presto a dileguarsi. In cinque anni David si ritrovò punto e a capo. Ora campava grazie allo stipendio da insegnante e ad alcuni astuti investimenti in borsa. Non che fosse esperto in economia e finanza – scienze vuote e astratte, a detta sua. Il suo amico Richard, invece, era tutto calcolo, razionalità e precisione. Si conoscevano fin dall'infanzia, ed erano sempre stati in buoni rapporti. Lui aveva indirizzato David in tali avventure economiche, procurandogli non pochi introiti. Gli faceva da commercialista e consulente, senza pretendere un centesimo. In cambio David si prodigava in saggi consigli e psicologia spicciola. Un misero contributo – diceva spesso il filosofo –, ma Richard ne usciva sempre soddisfatto.
- Senza di te mi sarei già suicidato - , aveva detto una volta.
- Io invece sarei in bancarotta - , aveva risposto David ridacchiando.
Immerso in queste rimembranze, David non si era accorto di una persona che si stava avvicinando. La vide con la coda dell'occhio e si voltò. Una donna. Uno schianto di donna. I lunghi capelli rossi facevano contrasto con la sua carnagione chiara, punteggiata di lentiggini. Il corpo era a dir poco perfetto, con tutte le forme al punto giusto. I suoi occhi verde acceso si posarono su David, che distolse lo sguardo, imbarazzato.
La ragazza sedette accanto a lui. La sua vicinanza rese l'uomo irrequieto: era sempre così con le donne.
- Bella giornata, vero? - La voce della donna era un misto di sensualità, dolcezza e fermezza.
- Sì, il cielo è limpido - , rispose David con voce un po' tremolante.
Dopo quel breve scambio di battute calò il silenzio. La donna prese lo smartphone e sembrò perdere ogni interesse per David.
'Ecco, ha capito che sono un buono a nulla. Ora farà finta di avere un impegno e se ne andrà.'
- Bene, dati disattivati. Piacere, mi chiamo Emma. -
La donna si voltò verso David e gli tese la mano. Lui rimase un attimo impietrito, ma poi si riscosse e rispose alla stretta.
- Piacere, David. -
Era strabiliato.
Non era possibile che una ragazza così bella attaccasse bottone con lui! David non aveva certo un fisico prestante. Si teneva in forma, ma senza esagerare. Mentre Richard si lamentava della sua calvizie, il filosofo poteva ancora vantare una folta capigliatura corvina. I suoi occhi erano azzurri come il cielo. Un bell'aspetto, non poteva negarlo. Ma non era un sex symbol riconoscibile a distanza.
Tuttavia, c'era un altro fatto assurdo. Quando mai una ragazza disattiva i dati dallo smartphone per parlare con uno sconosciuto?
'Se fossi un bodybuilder che si allena, avrebbe più senso. Ma sono solo un tizio che guarda un fiume. C'è sotto qualcosa.'
- David! - La ragazza interruppe il flusso dei suoi pensieri. - Un bel nome. Come il personaggio biblico. Mi piace un sacco l'amicizia che aveva con Jonathan. -
David annuì sorridendo. - Anche tu hai un bel nome. -
Emma sorrise. - Sì, i miei genitori hanno scelto bene. Sai cosa significa? 'Gentile' ma anche 'forte' o 'potente'. Deriva da Irmin, dio nordico. -
- Interessante. Io so che il mio nome deriva dall'ebraico dod, che significa 'amato'. -
- Bello! E che fai nella vita, David? -
- Insegno filosofia in un liceo. -
- Wow! La filosofia mi ha sempre affascinato, ma non è proprio la mia materia. Pensieri troppo arzigogolati per i miei gusti. Io sono una violinista, suono in un'orchestra di Milano. -
- Ah però! - 'Come diamine è possibile che qui a Pianello io stia parlando con una persona del genere?'
- Ti piace la musica classica? - , chiese la donna.
- Certo. Vado matto per Mozart e Beethoven, anche se mi piace ascoltare di tutto. -
- Anche a me. Mi piacciono molto gli Apocalyptica, perché sanno dare un tocco classico al metal. -
- Beh, quando avevo sedici anni suonavo in una band metal. Facevamo cover di Metallica e Megadeth, e anche qualche pezzo nostro. - C'era una punta di orgoglio nella voce di David.
Emma parve compiaciuta. - Quei gruppi li ascolto raramente, ma non sono male. -
- Forse una violinista ascolta musica più ricercata e tranquilla. -
- Non scadere in stereotipi. Io sono una persona, non una violinista. -
'Prima frecciatina', pensò David con amarezza.
- Perdonami, non intendevo offendere. -
Emma rise. - Tranquillo, non mi sono mica offesa. Ho solo espresso un concetto. Tu che sei filosofo dovresti sapere che le persone non si possono incasellare in categorie. Ogni essere umano è un individuo unico nel suo genere. -
- Hai pienamente ragione. Da insegnante posso dirti che l'attuale sistema scolastico non fa altro che catalogare i ragazzi. Fascia bassa, medio-bassa, alta, DSA, BES e bla bla bla. Ci trattano come bestiame da macello. Non è un voto o un dato neurologico che definisce una persona. È una visione pregiudiziale e stereotipata della realtà. -
La conversazione aveva preso una piega interessante. Quando si iniziava a filosofare, David stravedeva.
'E sto disquisendo con una ragazza meravigliosa.'
- Esattamente - , disse Emma.
David aveva la sensazione di conoscerla da sempre. Si trovava a suo agio con lei. Avrebbe potuto dirle qualsiasi cosa.
- Senti, David - , disse la donna, - secondo me muori dalla voglia di farmi domande tanto semplici e scontate quanto in realtà importanti, o sbaglio? - Emma fissò David con fare investigativo, la mano sul mento e le labbra arricciate.
David esitò. - Ehm, non saprei. Che genere di domande dovrei farti? -
Emma sogghignò. - Dai, non fare lo scemo! Lascia che te le dica io al posto tuo. Come mai mi sono seduta vicino a te? Continua tu! -
David roteò gli occhi verso l'alto. - Beh, in effetti me lo sono chiesto. E perché hai tolto i dati dello smartphone per parlare con me? -
Emma annuì. - Ottima domanda. Voglio essere franca con te, senza tanti giri di parole. Ti ho notato mentre passeggiavo sul ponte. Da quella distanza non potevo vederti bene, perciò non potrei dire che mi abbia attirato la tua bellezza. Ciò non toglie che tu sia un bel tipo. -
La donna lanciò a David un'occhiata ammiccante. Lui abbassò lo sguardo e arrossì.
- C'è stato dell'altro a muovermi - , continuò Emma. - Qualcosa mi ha spinto a venire da te, quasi tu fossi una calamita. Dev'esserci un senso a tutto questo. - La donna fece una pausa. - O no? Che ne pensi, David? -
L'uomo si grattò la testa. - Non ne ho idea. Insomma, sei una bella ragazza, è piacevole parlare con te. Però ci conosciamo da poco, non saprei che... -
- Fermati, non andare in paranoia! - , lo interruppe Emma ridacchiando. - Perché non ti godi questo momento senza troppi pensieri? -
A questo punto ogni difesa di David crollò. - Ok, anche io sarò schietto con te. Con le donne non ho mai avuto un rapporto equilibrato. In passato ho ricevuto tante delusioni. Averti conosciuto può essere il preludio di una semplice amicizia, oppure di qualcosa di più fisico ma transeunte. O magari, chissà, anche di una storia d'amore. Tutto è possibile. Però non mi è mai capitato un incontro tanto fortuito come quello di oggi. Sembra tutto troppo facile e troppo bello. Chissà. -
- Quel 'transeunte' c'entra come i cavoli a merenda - , disse Emma scuotendo la testa, - però ho capito che vuoi dire. Forse una ragazza normale ti avrebbe già mandato a quel paese. Ma come ti sei accorto, io sono un po' matta.
- Comunque, ti posso dare almeno una certezza, David. Non sono una ragazza da una 'botta e via', su questo non c'è dubbio. Se hai intenzioni di questo tipo, possiamo anche salutarci. -
David sospirò. - Ma va', che dici? In questa fase della mia vita non sono alla ricerca di una donna in tal senso, né voglio questo da te. Al limite potrei sperare in una delle altre due possibilità. -
- Le due non si escludono a vicenda - , notò la donna. - Una bella storia d'amore è tale se i due innamorati sono anche ottimi amici. -
- Sì, lo so. Ho in mente una storia del genere per il mio romanzo. -
- Wow, stai scrivendo un romanzo? -
- Ci provo. Magari racimolo qualcosa in più - , rispose David sorridendo. - Ma non mi fraintendere, non scrivo per mero guadagno. Lo faccio perché mi piace. Se il piacere non è la prima motivazione, non puoi definirti un vero scrittore. -
Emma diede un leggero colpetto al braccio di David. - Ma dai! Scommetto che se ricevessi un anticipo di duemila euro, scriveresti anche schifezze. -
David sorrise. - Probabile, anche se non sarei mai in grado di fare qualcosa che mi snaturi. -
- L'importante è che tu faccia quello che vuoi davvero. A proposito, sei di Pianello? -
- No, abito a Fontana Pradosa, vicino a Castel San Giovanni. -
- Ah, sono andata un paio di volte al mercato di Castel San Giovanni! Io invece vivo vicino a Rocca d'Olgisio. -
David sussultò. - No! Veramente? È un posto meraviglioso! Dev'essere davvero rilassante. -
- Lo è. La notte è estremamente silenziosa. Quando il cielo è limpido vado in mezzo ai campi a vedere le stelle. -
- Una sera sono andato lì a vedere il cielo con un paio di amici - , disse David. - È stato fantastico. -
I due annuirono insieme. Dopo qualche istante, l'uomo chiese: - E come mai in questa bella giornata non sei lassù a passeggiare? -
Emma alzò le spalle. - Non lo so. Sentivo di dover scendere a Pianello. Chissà, magari sono stata ispirata. -
Emma sorrise, e David non poté che ricambiare.
- Anche io ho sentito l'impulso di venire proprio qui a Pianello. Spero sia positivo. -
- Sicuramente - , rispose Emma.
La ragazza si alzò. - David, ora vado. Devo preparare la valigia, perché domani riparto per Milano. Magari sabato prossimo ci possiamo rivedere, se ti va. -
- Mi farebbe davvero molto piacere. Come posso contattarti? -
- Non ti preoccupare, ti lascio il mio numero. -
Emma dettò a David il proprio numero di telefono. L'uomo le fece uno squillo e lei salvò il suo contatto.
- Ecco fatto. Ci vediamo, David! -
La donna si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla guancia. Poi filò via verso il ponte che attraversava il Tidone.
David si sentiva felice e appagato. Non sapeva come sarebbe evoluta quella situazione, ma si aspettava buone cose. O almeno così sperava.
Rimase seduto a godersi quella bella sensazione fino a che il sole non scomparve dietro le colline.
Arrivò a casa verso le sette e preparò una veloce cenetta a base di spaghetti aglio olio e peperoncino. Poi organizzò le lezioni per l'indomani; avrebbe avuto quattro ore in quattro classi diverse.
Amava la sua professione. Più che riempire di nozioni i suoi studenti, David tendeva a porre domande e suscitare dibattiti. Lui non voleva insegnare filosofia: insegnava a filosofare.
'Non serve a niente la conoscenza se non si è capaci di pensare', rifletté sistemando alcuni appunti.
Concluse tutto alle dieci, e passò l'ora successiva nella lettura di un romanzo. Verso le undici spense la luce e si abbandonò nelle braccia di Morfeo.


CAPITOLO 2

David stava finendo di mangiare i residui della sua pasta cacio e pepe. Da quando erano morti i suoi genitori cucinava tutto da solo. Lo faceva anche prima, beninteso. Anzi, lui era sempre stato convinto che un uomo debba imparare a cucinare, a fare il bucato e tutti i lavori di casa. Perciò era contento di aver raggiunto una certa autosufficienza. Non serve a niente essere colti filosofi se poi non si è in grado di fare lavori manuali, diceva spesso. Aveva imparato a cucinare da sua madre. Mentre lei preparava i suoi manicaretti, David non mancava mai di apprendere le sue preziose nozioni culinarie. Inoltre, grazie agli insegnamenti di suo padre, David sapeva svolgere anche piccoli lavoretti di manutenzione, lo stretto necessario per risparmiare su elettricisti e idraulici. Ogni tanto saliva sul tetto per sostituire dei coppi malandati, oppure rattoppava qualche crepa nel muro.
Quel venerdì sera la televisione stava trasmettendo un telegiornale. Di solito David evitava di guardare quella sozzura, perché sapeva bene che i media ufficiali servivano solamente per plasmare la mente dei loro ascoltatori, più che riferire la verità dei fatti.
Andò in onda un servizio sul recente coronavirus, malattia che stava spaventando le masse e creando fenomeni di isteria, anche all'interno della scuola in cui lavorava David. Chiaramente i ragazzi tendevano a prendere il fenomeno sul ridere, come fanno di solito i giovani per esorcizzare la paura. Qualche volta però David aveva assistito a casi di evidente discriminazione nei confronti di alcuni cinesi, episodi del tutto ingiustificati e senza alcuna ragion d'essere.
Al di là dei discorsi epidemiologici, lui era convinto che lo spettro del coronavirus venisse sfruttato per diffondere il panico, fomentando politiche di controllo sociale che avrebbero reso le masse prone a ogni imposizione del governo. Tuttavia, pur dubitando della versione ufficiale, David non era incline ad abbracciare assurde teorie del complotto. Cercava di informarsi in maniera equilibrata, per non essere un beota che segue il gregge senza cognizione di causa.
- 'Sapere aude'. Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza - , aveva detto a una classe terza all'inizio dell'anno scolastico. - Questo aforisma riassume l'Illuminismo, secondo il grande filosofo Kant. Con le mie lezioni cercherò di aiutarvi a metterlo in pratica. -
- Secondo voi, cosa significa usare la propria testa? - , aveva poi domandato.
Per qualche istante nessuno rispose. Metà classe sembrava totalmente disinteressata, mentre l'altra metà si stava lambiccando il cervello. David scorse un ragazzo con una capigliatura rasta che stava scrivendo il testo di una canzone o di una poesia.
- Rinaldi, vuoi rispondere tu? - , gli chiese David.
Il ragazzo parve riscuotersi da un sonno profondo, mugolando qualche suono incomprensibile. Poi sorrise e disse: - Scusi prof, ero distratto. Può ripetere la domanda? -
David scosse la testa. - Rinaldi, Rinaldi, siamo alle solite. Che stai scrivendo? Dubito siano appunti della lezione. -
- È una canzone, prof! - , esclamò il ragazzo con orgoglio. - È un giro rap. -
L'uomo sorrise. - Apprezzo la tua vena artistica, ma ora stiamo facendo filosofia. Se non stai attento rischi di beccarti dei quattro. Ma la cosa più importante è che non intendo riempirvi solo di concetti filosofici. Voglio che usiate il cervello in maniera critica. Allora, Rinaldi, cosa significa usare la propria testa? -
Il ragazzo rimase assorto per qualche secondo. Infine rispose con sicurezza: - Significa che non dobbiamo credere a tutto quello che ci viene detto, ma verificare ogni cosa usando la nostra mente. -
David annuì. - Esatto! Questo è un aspetto. Non dovete credere per partito preso a ogni cosa che sentite o che leggete. Non dovete bervi tutto quello che vi insegnano a scuola o che dicono in televisione. Nemmeno a quello che vi dico io. Dovete ragionare, valutare, ponderare. Il dubbio è la strada maestra per la verità. Solo dubitando di tutto, perfino di noi stessi, possiamo crescere davvero. -
L'intera classe era ora più attenta che mai.
- Qualcun altro vuole aggiungere qualcosa? Forza! Usate la materia grigia che avete nel vostro cranio! - , li incalzò David.
Una ragazza bionda alzò la mano. - Prof, secondo me 'usare la propria testa' vuol dire che non dobbiamo avere paura di esprimere la nostra opinione, anche se questa cozza con il pensiero dominante. -
- Cozza? Ma parla come mangi! - , disse un ragazzo sogghignando.
- Tu invece impara a leggere qualcosa. Forse ti nasce un neurone - , replicò la ragazza, suscitando un coro di risate.
- Ok, ok, possiamo calmarci e andare avanti? - , disse David, spegnendo il brusio.
- Bene - , continuò il professore, - abbiamo individuato un altro aspetto: avere il coraggio di andare controcorrente, non adeguarsi alla massa. Vale soprattutto per voi giovani, che purtroppo siete spinti dal sistema a conformarvi a certe mode. Non solo per il vestire, ma anche per la maniera di atteggiarsi, di parlare, di vivere... Non abbracciate un'idea solo perché 'va di moda', ma cercate di analizzarla e di capire se abbia senso. Ad esempio, perché in questa classe quasi tutti hanno i pantaloni con il risvoltino? -
Ci fu qualche risata, ma nessuno seppe rispondere. Intervenne Rinaldi, che si stava appassionando alla discussione. - Perché seguono il gregge, non sanno nemmeno loro perché lo fanno. -
- Ma stai zitto, Rinaldi! Anche tu segui la moda dei rasta, non cambia niente! - , rispose stizzito un ragazzo moro con una camicia bianca.
- Almeno io faccio qualcosa di diverso! - , replicò Rinaldi, irritato.
- Ok, ragazzi - , si frammise David con voce pacata, - la discussione fa parte della filosofia, ma cerchiamo di non altercare. -
- Prof, cosa significa 'altercare'? - , chiese un ragazzo occhialuto.
- Significa 'litigare', Ferrari. Abbiate pazienza, ma a volte mi sfuggono paroloni difficili. Abituatevi, la filosofia ne è piena. - Qualcuno sbuffò, ma David fece finta di niente. - Comunque, il dialogo socratico è utile se c'è un pacifico scambio di idee. Altrimenti diventa un inutile battibecco come molti stupidi talk show televisivi. -
David si fermò per bere un sorso d'acqua. Poi continuò con più fervore.
- Ma la cosa fondamentale, sia che abbiate il risvoltino o che siate dei rasta, è porvi la domanda: perché lo faccio? Siate onesti con voi stessi! Se farete questo per ogni aspetto della vostra vita, forse capirete che la filosofia è utile. -
David ripensava ai momenti con i suoi ragazzi sempre con grande gioia. Rammemorare quella lezione servì a distrarlo dal continuo blaterare del giornalista. Seccato, David cambiò canale. Dopo un po' di zapping optò per una trasmissione di cucina. Le tematiche culinarie lo affascinavano. 'Quattro ristoranti', 'Masterchef', 'Camionisti in trattoria': la lista dei suoi programmi preferiti era infinita. Durante le sue lezioni, David usava spesso esempi tratti da quelle trasmissioni. Ricordava ancora il suo primo giorno di lezione come supplente in una scuola media. Un ragazzo di dodici anni gli aveva rivelato il suo desiderio di diventare chef. Si era messo addirittura a spiegare la ricetta della pasta alla carbonara. Niente male per un dodicenne, aveva pensato David in quel momento.
Insegnare nelle scuole medie era più difficile. Le classi tendevano a essere molto indisciplinate e con poca voglia di studiare. Inoltre, da novellino inesperto, David aveva commesso il grave errore di dare troppa confidenza ai ragazzi. Ovviamente loro se ne approfittavano, e in molti casi diventava arduo mantenere il silenzio. Per di più, lui non fu mai il classico professore che incute timore, nonostante si prodigasse in note e compiti di punizioni.
Jonathan Prazzoli
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