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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
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Writer Officina
Autore: Emanuela Scotti
Titolo: Ciarli e le dodici ere
Genere Fantasy
Lettori 3554 44 60
Ciarli e le dodici ere
III. ELDAHAROD

Lampi blu le attraversavano la mente accendendo l'oscurità, nonostante avesse le palpebre chiuse. Si sentiva come se ogni atomo del suo corpo fosse stato scosso, compresso e poi lasciato libero di ritornare alla sua forma originale. Ogni fibra del suo corpo protestò, tendendosi allo spasimo e per istanti che le sembrarono eterni, Ciarly sentì che i muscoli del suo torace si rifiutavano di dilatarsi per respirare. Un getto di bile le salì alla gola e un conato di vomito le sconquassò le viscere, ma nulla uscì dalle sue labbra se non il suono ansante del proprio respiro.
Finalmente i muscoli ripresero a rilasciarsi e contrarsi, permettendole di trarre avide boccate d'aria mentre il panico che l'aveva attanagliata piano piano si dileguava.
Attraverso le dita contratte delle sue mani percepì umidità. Sbatté le palpebre perplessa, rivolgendo il suo sguardo verso il punto da cui si generava quella sensazione senza riuscire a vedere nulla, come se l'intensa luce dei lampi azzurri l'avesse accecata. Si rese, però, conto che non erano affatto i suoi occhi a non vedere: semplicemente era buio pesto, il che era normale visto che si trovava in camera sua; ma allora perché quello che le sue dita stringevano aveva la consistenza dell'erba e della terra bagnate dall'umidità della notte? Sbatté nuovamente le palpebre e questa volta riuscì a distinguere vaghi contorni nella pallida luce lunare, che non avrebbe dovuto esserci visto che gli scuri erano chiusi. Istintivamente alzò il capo alla ricerca della fonte di luce, ma quello che si trovò a fissare era decisamente meno innocuo del pallido disco lunare.
All'inizio non capì cosa fosse quel luccichio sospeso a mezz'aria di fronte a lei, poi poté distinguere ben tre punti che riflettevano la pallida luce. Il primo emanava i freddi riflessi del metallo e anche gli occhi che gli stavano dietro, nonostante fossero notevolmente più vivi ed espressivi, non erano meno gelidi.
- Tu chi sei? - chiese una voce, di cui non scorgeva il proprietario.
Le parole avevano lo stesso suono musicale di quelle di Islazi, anche se il timbro era gelido e minaccioso. Era una lingua che sapeva di non conoscere, ma che riusciva perfettamente a capire.
- Ciarly - fu l'unica parola che le venne in mente di pronunciare.
Un brivido la percorse e si sentì afferrare dalle ascelle e sollevare. Le gambe le cedettero, ma qualcuno la sostenne prontamente, sollevandola da terra. Si lasciò trasportare, consapevole di non avere forze sufficienti per reagire. Solo i suoi occhi sembravano essersi ormai abituati e fornivano alla sua mente immagini che ne aumentavano la confusione. La chiara luce lunare e le pallide stelle fra le fronde di un bosco, il luccichio di un ruscello, un rapace notturno che si stagliò nero contro la pallida luce.
- E quello cos'era? - si chiese Ciarly, non riuscendo a raccapezzarsi sulla strana immagine che le apparve solo per un istante, mentre avanzavano. Chiuse gli occhi, decisa a frenare il vortice confuso dei pensieri e delle emozioni che si agitavano nella sua mente, ma il tocco delle foglie umide che a tratti le sfiorava il viso non le facilitava la cosa.
Foglie? Non ci potevano essere foglie in camera sua e nemmeno terra ed erba. Né, tanto meno, altre persone. Che si fosse sentita male e papà la stesse trasportando da qualche parte? Va bene, ma le foglie, l'erba e la terra non c'erano nel cortile della cascina.
La strana sensazione di essere sospesa nel vuoto e allo stesso tempo cullata la stordiva un po', facendo aleggiare i suoi pensieri come una chiazza lontana, indistinta e confusa, che lei guardava dall'esterno.
Qual era l'ultima cosa che ricordava? Islazi era improvvisamente apparsa nella sfera, che poi lei aveva afferrato quando era scomparsa. La sfera... d'improvviso una sensazione di panico la colse, dando perfino ai suoi muscoli la forza di muoversi. Dov'era la sfera, forse lì dove era caduta? Quella sensazione di panico si generava da profondità sconosciute dentro di lei ed era così potente da destare forze che Ciarly neanche sapeva di avere. Si agitò fra le braccia che la sostenevano, riuscendo a sfuggire alla loro presa e a scivolare verso il basso. Sentì il tocco del terreno sotto i suoi piedi, mentre le voci risuonavano allarmate nell'aria intorno a sé.
Non si sentiva le gambe, eppure i suoi muscoli erano pronti a scattare, ma una presa ferrea la riacciuffò. Ciarly si dimenò convulsamente, consapevole di dovere assolutamente ritrovare la sfera.
Ebbe la vaga sensazione di udire dei passi avvicinarsi, ma l'unica cosa di cui ebbe certezza fu la voce che risuonò di lì a poco, dicendo:
- Va tutto bene, non l'avete persa. Non ha viaggiato con voi. -
Nonostante Ciarly non avesse idea di che cosa stesse parlando, al suono di quella voce si calmò.
- Puoi lasciarla, Ared. Non fuggirà - disse di nuovo la voce, provocando l'allentarsi della ferrea presa su di lei - non ne avrebbe le forze - continuò, mentre Ciarly cadeva in ginocchio, sostenuta da Ared che le chiese: - State bene? -
- Come se mi avessero pestato in un mortaio - rispose, strappando il lampo di un sorriso all'ombra innanzi a lei.
- È la prima volta che lo fate Could, vero? - le chiese e Ciarly si ritrovò ad annuire. Aveva la netta sensazione che l'uomo avesse ragione, anche se non sapeva bene di che cosa stesse parlando.
- Ared, puoi portarla a casa mia? Ha bisogno di riposare - disse di nuovo la prima voce.
- Permettetemi di aiutarvi, Could Ciarly - disse Ared.
Ciarly si lasciò sollevare. Sapeva che con quel termine si riferivano a lei, ma che cosa era un Could? Sapeva che la risposta era da qualche parte nella sua mente ma le sfuggiva, come tutto di quella situazione. Era chiaro che quelle persone sapevano chi o cosa lei fosse, ma avrebbe tanto voluto sapere chi diavolo fossero loro.
Il fruscìo delle foglie e il rumore dei respiri intorno a lei erano percezioni così confuse che, quando batté le palpebre nella penombra rischiarata dalla luce ambrata del fuoco, le parvero appartenere al sogno.
Da quando c'era un camino in camera sua? Si chiese mentre si rannicchiava nella calda coltre delle coperte. Si sarebbe anche riaddormentata se la stranezza di quel dettaglio non avesse destato un campanello d'allarme nella sua testa. Non c'era un camino in camera sua! Aprì gli occhi e si ritrovò completamente sveglia, in una stanza dalle pareti adorne di scaffalature piene di libri, rotoli, vasi, soprammobili e altri oggetti, che Ciarly non avrebbe saputo definire. Un tavolo era proprio di rimpetto alla finestra e il letto occupava la parte centrale della stanza ed era circondato da morbidi tappeti. La fiamma guizzante la salutò crepitando dal camino e, dal centro della mensola che vi stava collocata sopra, due occhi ambrati la fissarono dall'ombra, come se appartenessero all'ombra stessa.
- Don? - disse Ciarly.
Qualcosa guizzò e per un istante Ciarly pensò davvero di vedere il gatto grigio emergere dall'ombra. Furono però le linee di un piccolo canide nero ad apparire nella luce del fuoco, mentre la creatura atterrava con agilità fra i cuscini disposti sul tappeto davanti al camino. Si diresse verso la porta e la colpì con una zampa. Ciarly, ancora perplessa, esitò un istante prima di andare ad aprirla. Il piccolo canide sgusciò fuori non appena Ciarly aprì uno spiraglio sufficiente per farlo passare, lasciandola a incrociare lo sguardo dei verdi occhi della donna ferma sulla soglia.
- Oh, eccoti qui. Non ti vedevo da un po' - disse vedendo il lampo nero che usciva dalla porta prima d'incrociare lo sguardo di Ciarly. Un caldo sorriso si tinse sulle sue labbra - Could Ciarly, credevamo poteste avere fame quando vi foste svegliata - indicò a Ciarly un vassoio colmo di frutta e biscotti.
- Grazie io... signora posso chiederle una cosa? - Ciarly cercò di placare il vortice confuso dei suoi pensieri.
La donna rimase in silenzio, attendendo evidentemente la domanda di Ciarly.
- Che cos'è un Could? -
La donna la guardò sorpresa. Non sospettava che qualcuno potesse non conoscere quel termine.
- I Could sono i viaggiatori, ma credo che Could Drona sia la persona più adatta a spiegarvi queste cose. Se volete la faccio chiamare - disse, mentre Ciarly si scostava per lasciarla passare.
Invece di dirigersi al tavolo andò verso il camino, appoggiando il vassoio su un tavolino rotondo.
- Ma c'era prima? - pensò Ciarly.
- Vi ho portato dei vestiti - disse la donna, estraendo un rettangolo di tessuto da una borsa uguale per colori e ricami ai suoi vestiti. Quando riportò lo sguardo su Ciarly, notò che osservava il tavolino perplessa e rise, limitandosi a sollevare il vassoio affinché il tavolo svanisse nel nulla.
Ciarly sussultò e si avvicinò incuriosita allo strano oggetto. Si sedette sui cuscini, per poter scrutare la parte inferiore del vassoio, sotto il quale sembrava essere sparito il tavolino ed ebbe la netta sensazione di sapere come funzionasse la cosa.
- Posso? - chiese.
La donna sorrise, passandole il vassoio e le due sporgenze nascoste sotto alla decorazione dei manici sfiorarono subito i suoi polpastrelli. Tese le braccia davanti a sé e le schiacciò, facendo apparire in un istante il tavolino. Le gambe arcuate, scolpite con le sembianze di una cascata di fiori da cui emergeva una testa di drago, sostenevano un ripiano di lucido legno. Ciarly lo picchiettò con il dito, quasi per rendersi conto della sua consistenza. Il suono pieno e grave del legno rispose al suo tocco, mentre il vassoio rispose con il suono vibrante del metallo al suo tentativo successivo.
Come faceva un mobile di legno a spuntare fuori da un vassoio di metallo?
Si chiese Ciarly, ma la domanda che vibrò sulle sue labbra fu un'altra:
- Non sa spiegarmi come facevo a saperlo, vero? -
- Ne ho una vaga idea, ma credo che la risposta di Could Drona sarebbe di sicuro più esaustiva, vado a chiamarla. Se volete c'è dell'acqua calda nel bacile - poi, come se si fosse ricordata all'improvviso di qualcosa, si voltò verso il tavolo e facendo un cenno verso di esso aggiunse: - è il terzo disco da destra. -
Ciarly si alzò, raggiungendo il tavolo. Nell'angolo indicato dalla donna, si trovava una fila di dodici dischi argentei, ovali e sottili. La ragazza prese il terzo da destra e avvertì subito che la parte centrale era più gonfia. La premette e appoggiò il disco al suolo, allontanandosi di un passo. Cosa che il meccanismo dovette avvertire, perché il treppiedi in ferro battuto, che sosteneva la vasca in pietra scolpita con scene di vita selvaggia, apparve solo quando Ciarly fu a distanza di sicurezza.
La donna sorrise all'espressione stupita di Ciarly, che contrastava con la sua evidente conoscenza del funzionamento dell'oggetto.
- Credo che ve la caverete benissimo, Could Ciarly. Vado a chiamare Could Drona - si alzò e svanì nel corridoio.
- Sì, io... - disse Ciarly, continuando a fissare il treppiedi e la vasca piena d'acqua da cui saliva un piacevole tepore. Il suo sguardo si spostò sui rimanenti dischi ed ebbe la netta sensazione di sapere dove trovare il resto dell'occorrente. Primo a destra, salvietta; secondo, spazzola; poi: pettine, lima per unghie, pinzette, forbicine, taglia unghie... Ciarly li attivò tutti e dodici, così da meravigliarsi ogni volta per l'apparizione degli oggetti più disparati dai dischetti metallici. Quando li ebbe attivati, un'intera stanza da bagno, completa di specchio e di un'enorme vasca piena d'acqua calda, aveva preso forma intorno a lei.
- Manca solo l'idromassaggio con la cascata d'acqua - , pensò Ciarly e immediatamente la grande vasca di metallo fu percorsa da un tremito, che le strappò un sussulto. Il tempo di un battito di ciglia e il bordo della vasca si deformò, formando una serie di quattro scalini e un'apertura rettangolare da cui prese a uscire un fiotto d'acqua, mentre una marea di bolle iniziava ad agitare quella superficie cristallina.
O era ufficialmente ammattita o quello era il sogno più strano che avesse mai fatto. A dir la verità una cosa non escludeva l'altra.
- Sembra tutto così reale - , pensò Ciarly sfiorando la superficie infranta dalla marea di bolle.
Tanto valeva approfittarne. Si immerse nella vasca, venendo delicatamente respinta verso l'alto. Rise, lasciandosi andare alla sensazione di galleggiare nel vuoto, mentre le miriadi di bollicine la punzecchiavano come se stessero penetrando in ogni fibra del suo corpo, massaggiandola e distendendola.
Un leggero bussare sulla porta la ridestò.
- Solo un attimo - disse, riemergendo dall'acqua e avvolgendosi nel grande asciugamano. Si asciugò in fretta, strizzò i capelli e scivolò nei vestiti che le avevano lasciato. Un paio di pantaloni verde chiaro con ricami floreali, stretti in vita da una corda, una tunica bianca al ginocchio e una lunga sopravveste verde bordata d'argento e aperta sui lati dalla vita in giù. - Eccomi - si diresse verso la porta.
Quando l'aprì incontrò gli occhi azzurri di quella che avrebbe potuto definire una bambina, ma che dal cipiglio deciso e i lineamenti marcati, doveva essere certamente adulta. Le arrivava poco più su della cintola e aveva un corpo asciutto e muscoloso che le conferiva un'aria piuttosto agguerrita.
- Carin ha detto che volevate parlarmi - disse con una voce asciutta e tagliente quanto il suo aspetto.
- Sì prego, entrate - Ciarly si scostò per lasciarla passare e andò verso la vasca fumante - sedetevi, ci sono della frutta e dei biscotti - disse, prima di far svanire con un tocco tutti gli oggetti.
Non si chiese nemmeno se fosse opportuno svuotare la vasca dall'acqua, perché sapeva che il disco l'avrebbe purificata per offrirgliela pulita la volta successiva. Che fine facessero le particelle di sporco, invece, le era meno chiaro.
Rimise i dischi al loro posto e tornò verso il fuoco dove l'attendeva Drona, immobile. Sembrava seccata, quindi Ciarly cercò di raffazzonare in fretta un discorso dal garbuglio di idee confuse che le giravano per la testa. Dov'era? Come c'era arrivata? Che cos'era un Could?
- Dunque, ho le idee un po' confuse a dir la verità. Però credo che sia iniziato tutto con la sfera che c'era in casa della nonna. Dopo aver visto dentro la sfera Islazi, sono finita qui. Anche se non so esattamente dove siamo o che cosa sia un Could - disse Ciarly.
Lo sguardo di Drona si indurì, ma Ciarly ebbe la sensazione che stesse semplicemente tentando di districarsi in quel guazzabuglio di informazioni parziali e domande che era stato il suo racconto.
- Non vi hanno detto nulla prima della vostra partenza? -
- La lettera della nonna spiegava dove trovare la sfera. Ma non c'era indicato nulla su cosa fosse, da dove venisse o come funzionasse - rispose la ragazza scuotendo la testa.
- Immagino voi stiate parlando di una chiave quantica - disse Drona, accigliandosi e strappando un'espressione incerta a Ciarly.
- Mi dispiace non lo so, ma da quando l'ho tirata fuori dal baule ho incominciato a sentire suoni e voci che nessun'altro sentiva. Mamma e papà erano perfino convinti che la sfera fosse un vecchio telaio - disse.
- Il precedente Could non vi ha proprio detto nulla? - chiese Drona con aria cupa. L'espressione triste che si dipinse sul volto di Ciarly sembrò ammorbidirla.
- Mi dispiace. Se non ha fatto in tempo a passarvi la conoscenza, allora deve averla lasciata nella chiave quantica. Però è strano perché in questo caso dovreste sapere esattamente come siete arrivata qui. -
- So alcune cose. Capisco e parlo la vostra lingua, anche se non l'ho mai imparata, e so come funzionano i dischi. Però alcune cose sono confuse. Non so cosa sia un Could, né come io sia arrivata qui, cosa sia una chiave quantica e dove finiscano le particelle di sporco dopo che il disco ha purificato l'acqua. -
Drona rimase assorta per qualche minuto, fissando la danza irrefrenabile delle fiamme.
- Voi volevate venire proprio qui? - chiese all'improvviso.
- No. Cioè... l'immagine di Islazi all'improvviso è scomparsa e io ho afferrato la sfera mentre la chiamavo, poi mi sono trovata qui. -
- Lei vi vedeva o voi sapevate il suo nome, così come sapevate dei dischi? -
- No, abbiamo parlato. -
Drona chinò il capo mordicchiandosi nervosamente un labbro.
- Allora dovete aver fallito l'aggancio alla sua chiave quantica e per qualche motivo che non conosco siete finita qui. Anche se immagino che sia stato solamente un caso - disse.
Qualcosa nel suo tono di voce fece capire a Ciarly che il concetto di caso non piaceva per niente a Drona.
- Questo deve avere destabilizzato il processo di memorizzazione dei dati. Non dovrebbe essere un problema, comunque. Dovreste iniziare a ricordarli piano piano o memorizzarli correttamente dopo un viaggio fatto come si deve - continuò Drona, poi sospirò - però un viaggio così potrete farlo solo quando saprete come funziona. Quindi ci sarà un bel po' da fare. Immagino che voi non sappiate nemmeno che cosa sono i quanti, vero? -
- La parte più piccola della materia? - Ciarly inarcò un sopracciglio, dubbiosa.
Drona la scrutò attentamente, come per cercare di capire l'origine di quell'informazione.
- Questo l'ho studiato a scuola. Anche se non ho capito un granché, sinceramente - disse Ciarly, trovando un po' strano che i quanti si chiamassero così anche in quel posto. Magari stava davvero sognando? Drona non sembrava sapere cosa fosse una scuola, ma decise di sorvolare.
- Sono le fondamenta dell'universo. Proprio come i mattoni formano un edifico, i quanti formano ogni cosa, dalla luce alle cellule dei nostri corpi - disse, interrompendosi solo per cercare eventuali segni d'incomprensione sul volto di Ciarly, ma non ne trovò. Drona allora portò lo sguardo sulla fiamma, come se in essa potesse cogliere qualcosa e continuò:
- Quel che dovete sapere è che, per quanto la materia appaia solida ai nostri occhi, i quanti vibrano come un'onda. Una vibrazione che travalica i limiti della materia e connette ogni quanto con quelli circostanti, fuori e dentro il nostro corpo. Noi siamo collegati a ogni altra cosa in questo mondo, sia che possiamo percepire o meno questa melodia universale. Ogni nostra azione si ripercuote su ogni cosa e ogni cosa che avviene avrà effetto su di noi, in modi che spesso nemmeno percepiamo. I quanti s'influenzano tra loro, anche se si trovano ai limiti opposti dell'universo. - Ciarly si accigliò.
- Ma la vibrazione non si attutisce fino a svanire con la distanza? - . Drona sorrise.
- Quella originale forse sì, ma alterando la vibrazione dei quanti con cui entra in contatto, genera una catena di cambiamenti che si ripercuote su quelli vicini e così via. -
- Quindi, se muovo un oggetto potrei provocare chissà che dall'altra parte dell'universo? -
- La teoria è quella, ma un gesto così piccolo difficilmente produrrebbe un'onda di un'intensità tale da poter generare cambiamenti visibili a livello fisico. -
- Ma la sfera l'ha fatto, vero? Ha generato un'onda così forte da trasportarmi qui - Ciarly ricordò improvvisamente qualcosa in proposito. Il fatto che Drona le avesse spiegato le basi, la stava aiutando a capire le informazioni che vagavano enigmaticamente nel suo cervello. Non erano immediatamente comprensibili, com'era stato l'utilizzo dei dischi, e Ciarly non aveva saputo interpretarle finché non aveva avuto una chiave di lettura.
- Incominciate a ricordare, questo dovrebbe facilitarci il compito. Sì, le chiavi quantiche fanno questo. Si connettono alla rete di vibrazioni che collega i quanti, permettendo di spostarsi attraverso il tessuto spaziodimensionale o nello spazio in tempi infinitesimali - Drona annuì ma si fermò di fronte all'espressione dubbiosa che apparve sul volto di Ciarly, per permettere alla ragazza di fare ordine nei suoi pensieri ed esprimere i suoi dubbi.
- Va bene. Ho capito che potrei andare da un capo all'altro dell'universo in pochi millesimi di secondo. Ma con dimensione cosa intendete? Volete dire un altro mondo? -
- Una qualsiasi delle infinite dimensioni createsi dall'espansione del nucleo quantico originale. -
- Intendete il Big Bang? - chiese Ciarly.
Drona inarcò un sopracciglio.
- Un'esplosione disgrega la materia e disperde i quanti. L'espansione del nucleo originale invece ha generato un'onda che ha spinto i quanti ad aggregarsi fra loro, allontanandosi dal nucleo originale e formando ognuna delle cose che noi oggi conosciamo. -
Ciarly sbatté le palpebre. Non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che ogni cosa che lei voleva dire le uscisse dalle labbra perfettamente tradotta in quella lingua melodiosa che non aveva mai imparato. Ciò abbatteva le barriere fra lei e Drona, ma non sapeva se si sarebbe mai abituata.
- Va bene. Riassumendo: devo aver attivato in qualche modo la chiave quantica della nonna, ho imparato un fantastiliardo di cose e ho viaggiato lungo la rete quantica fino a qui. Ma perché sono finita proprio qui? -
- Non sapevate cosa avevate in mano e, a quanto mi dite, eravate agitata, quindi non avete dato alla chiave quantica informazioni sul punto di arrivo, perciò vi ha trasportato nel luogo a cui i suoi quanti erano legati per natura, ossia nel suo mondo d'origine. -
- La chiave viene da qui? -
- Tutte le chiavi quantiche vengono da qui - rispose Drona sorridendo. - Ma perché proprio questo luogo? - Drona alzò le spalle.
- Per aprire un passaggio stabile e controllare con precisione il punto d'arrivo, si deve aprire la connessione fra due chiavi quantiche. Altrimenti si viaggia senza controllo. Siete stata fortunata a non finire in una palude, in
mezzo al mare o dritta nella bocca di un vulcano. - Ciarly rabbrividì.
- Credete che Islazi avesse l'altra chiave quantica a cui avrei dovuto collegarmi? -
- Questo spiegherebbe perché vi vedeva e sentiva, altrimenti avreste visto e udito soltanto voi. Però non capisco perché la chiave quantica si sia attivata senza che foste voi a darle il comando. Questo non sarebbe dovuto accadere. Toccando la chiave quantica avreste dovuto ricevere le informazioni, per poi attivarla in un secondo momento, con tutte le indicazioni ben chiare in mente - disse Drona, fissando meditabonda la fiamma.
- Islazi ha detto qualcosa sul fatto che la situazione fosse peggio di quanto pensasse. Non so bene di quale situazione parlasse, ma credete che possa avere provocato l'attivazione della sfera? - Drona s'incupì.
- Se fosse così, la situazione sarebbe davvero molto più grave di quanto pensiamo... - disse, lasciando cadere la voce nel silenzio.
- Ma di che situazione si tratta esattamente? - chiese Ciarly.
Drona esitò, come se non fosse completamente libera di parlare di quella faccenda, non a Ciarly almeno.
- C'è stato un momento, nella nostra storia, in cui il tessuto spaziodimensionale è stato lacerato. L'apertura incontrollata di un numero incalcolabile di varchi ha spinto il nostro mondo verso il baratro della distruzione. Pensavamo di avere rimediato definitivamente a quella situazione, ma credo che l'unica cosa che possa aver attivato la chiave quantica, senza un comando del suo Could, sia l'apertura di varchi incontrollati proprio verso il luogo in cui si trovava quella particolare chiave quantica. -
- E questo significa che il tessuto spazio-dimensionale è di nuovo instabile, giusto? - chiese Ciarly.
- E il vostro viaggetto non ha di certo migliorato la situazione - Drona sorrise, non c'era traccia di rimprovero o astio nella sua voce.
Ciarly non poteva farci niente se quei varchi incontrollati si erano agganciati proprio alla sua chiave quantica.
- Comunque, se si sono verificati solo i pochi episodi di lieve entità che mi avete detto, un solo viaggio eseguito correttamente dovrebbe rimediare alla situazione. -
Ciarly si portò una mano dietro la nuca con fare imbarazzato.
- Veramente io non so dove sia la mia chiave quantica - disse.
Drona rimase assolutamente tranquilla.
- Se fosse andata distrutta lo sapreste. Quindi chiudete gli occhi e pensate intensamente alla chiave quantica e non preoccupatevi se la visione è molto nitida. Qualunque sia il posto, non siete davvero lì. Una volta trovata, bisognerà farla agganciare alla mia. Ma procediamo per gradi. -
Ciarly batté le palpebre, ma non obbiettò. Le sembrava effettivamente di ricordare qualcosa su un legame fra il Could e la sua chiave quantica. Chiuse gli occhi e respirò, poi di nuovo inspirò ed espirò lentamente alcune volte, per riportare la calma nella sua mente.
Bastò pensare alla sfera per vederla chiaramente posata sulla scrivania della sua camera, accanto al letto disfatto, ma non era solo una visualizzazione dell'ultimo luogo in cui aveva visto la sfera. Ciarly sapeva che la sfera era lì con la stessa certezza con cui sapeva di respirare. Però c'era anche qualcos'altro, aprì gli occhi e la strana luminescenza che avvolgeva un bracciale di Drona attirò subito il suo sguardo. Era come se la pietra bianca che stava nel suo centro risplendesse di luce propria.
Drona rise, emettendo un suono cristallino e leggero che contrastava con la durezza dei suoi lineamenti e con la sua prestanza fisica.
- A quanto pare avete deciso di farmi risparmiare un sacco di tempo - disse, indicando con un cenno del capo qualcosa alle spalle di Ciarly, che si voltò lentamente, ritrovandosi a fissare i contorni della sua camera, rischiarati dalla luce del camino.
Era come se l'aria fosse stata sollevata, quasi fosse un velo. Il pavimento in legno della stanza in cui si trovava sfumava in quello di mattonelle della sua camera nella cascina. La sfera era lì sul tavolo, e Ciarly la raggiunse, toccandola come per convincersi che fosse reale. Poi si voltò, incontrando il sorriso di Drona.
- Ve l'ho detto, se si danno informazioni precise alla chiave quantica tutto è molto più facile; specie se le si fornisce un'altra chiave quantica a cui agganciarsi. In realtà, credevo che avrei dovuto spiegarvi come creare la connessione. Bene, sapete allora anche come chiudere il varco? -
Ciarly annuì, le era venuto istintivo. Aveva avvertito la presenza della chiave di Drona e vi aveva lasciato collegare la sua senza nemmeno rendersene conto. L'aveva capito solo quando aveva visto la pietra brillare. Le vibrazioni dei quanti si diffondevano incontrollatamente tutt'attorno, ma il solo fatto che Ciarly avesse pensato alla sfera, aveva indirizzato tutte quelle onde in un unico luogo. Attivando la sua chiave quantica aveva scatenando una vibrazione abbastanza forte da creare un effetto visibile, aprendo il varco proprio in quel punto grazie all'aggancio con la chiave di Drona. Ciarly aveva fatto solo pochi passi, ma sapeva di aver percorso una distanza inimmaginabile.
- Posso chiedervi ancora una cosa, Could Drona? - chiese Ciarly. Un'espressione attenta si accese sul volto di Drona - perché gli altri credono che la chiave sia un telaio? - Drona rise.
- Questo non c'entra con la chiave quantica. Il precedente Could deve essersi assicurato che nessuno, a parte voi, fosse incuriosito dalla chiave. Non solo non vedono il suo vero aspetto, ma molto probabilmente non credono nemmeno che valga la pena di spostarla da dove si trova - disse.
- Ma come... -
Drona alzò le spalle.
- Deve aver fatto un incantesimo alla chiave quantica, ma la magia non rientra esattamente nel mio campo di competenze. Anzi, devo ammettere di non esserci proprio portata, non tutti hanno il dono. La magia non è come la fisica, non si impara sui libri, si nasce con il dono di conoscerla. -
Ciarly rimase ancora un istante a fissare quella scena improbabile. L'oscurità della sua stanza si spegneva nella luce ambrata di quel camino, che se ne stava in un'altra stanza chissà dove, ma che avrebbe potuto raggiungere con un paio di passi. Poggiò una mano sulla sfera: aveva la netta sensazione di sapere cosa dovesse fare per chiudere il passaggio, ma anche quella di non volerlo fare. Era come se quel luogo, reale o no, la stesse chiamando. Eppure sapeva che Drona aveva ragione: se non avesse chiuso quel varco, non avrebbero potuto ristabilire l'equilibrio del tessuto spazio-dimensionale. Anche se Ciarly non aveva ancora ben chiaro quali potessero essere le conseguenze, sapeva che era importante farlo.
Drona sorrise, spezzando la sua esitazione.
- È ora di andare Could Ciarly e per il prossimo viaggio scegliete un posto un po' più sicuro del bel mezzo del nulla per apparire. C'è mancato poco che le sentinelle scoccassero le loro frecce. -
Ciarly sussultò sorpresa e annuì. Forse la consapevolezza di poter tornare indietro, se avesse voluto, la rassicurò, perché qualcosa cambiò nella sfera. Si fece tiepida ed emanò una lieve luminescenza azzurra, che poi svanì come la luce del fuoco e il volto di Drona, lasciandola immersa nel buio della sua stanza.
Batté le palpebre, restando ancora un istante in piedi prima di lasciarsi cadere sul letto.
- Ma che cosa... - pensò, cercando di radunare i pensieri.
La sua mente era confusa da un sogno molto strano che incominciava a sfuggirle.
Ma era stato davvero un sogno?
Un sordo bussare alla porta la fece sobbalzare.
- Ciarly tutto bene? Ho sentito delle voci - disse la mamma, da dietro lo spesso legno.
Voci? Lei e Drona avevano parlato ma, se era stato un sogno, la mamma come aveva fatto a... Perché all'improvviso aveva la netta sensazione di dover inventare una buona scusa e in fretta?
- Scusa mamma, stavo guardando un video sul cellulare e mi è scappato il dito sul tasto del volume - disse, sentendosi un po' a disagio. Non era abituata a raccontare frottole ai suoi, ma questa sapeva di doverla proprio dire.
La porta si aprì, rivelando il volto assonnato della mamma.
- Non riesci a dormire? - le chiese, entrando nella stanza e illuminandola con la luce che veniva dal corridoio.
Ciarly si buttò alla rinfusa le coperte addosso, consapevole di dover nascondere qualcosa che ora le sfuggiva. A dir la verità si sentiva un po' stordita e doveva vedersi parecchio, perché un'espressione preoccupata apparve sul volto della mamma, mentre si sedeva sul letto.
- Ciarly non so che fare, è dura per tutti. Nessuno se l'aspettava e anche se ce lo fossimo immaginato, non credo sarebbe cambiato nulla. Se vuoi puoi tornare a casa già martedì pomeriggio. Posso chiedere a Rosy di darti una mano per qualsiasi cosa di cui dovessi avere bisogno. -
- Sarebbe peggio, davvero. Impazzirei, almeno qui mi distraggo aiutando in fattoria - Ciarly scosse il capo.
La mamma sorrise debolmente.
- Va bene Ciarly, come preferisci. Ora però cerca di dormire - le disse, strappandole un cenno d'assenso.
Quella era la seconda volta in tutta la sua vita che raccontava una frottola a sua madre. Quando la porta si richiuse, Ciarly rimase a lungo seduta nel buio, cercando di sbrogliare quella massa confusa di pensieri che si agitava nella sua testa. Infine accese la luce e la strana foggia dei suoi vestiti le provò, inequivocabilmente, che i ricordi che aveva non erano affatto quelli di un sogno. Non erano i suoi vestiti. Quelli sporchi e laceri erano rimasti nell'altra stanza. Non aveva pensato di portarli con sé quando aveva chiuso il passaggio. Ciarly posò uno sguardo sbigottito sulla sfera, era troppo stanca per riprovare ma ormai sapeva che era tutto vero. Il bosco, Drona, i dischi... la sfera l'aveva davvero portata in un altro luogo.

***

Drona guardò l'aria intorno a sé contrarsi e poi tornare a mostrare il resto della stanza e uscì nel corridoio, incrociando lo sguardo di Ared.
- La situazione è anche peggio di quel che crediamo - disse.
Emanuela Scotti
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