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Mi chiamo Sabina e da piccola, come tutti i bambini, avevo diverse paure ma una in particolare non mi dava tregua. Ero terrorizzata al pensiero che i miei nonni morissero. La mia paura era dettata dall'amore che sentivo per loro ma non era solo questo; c'era anche qualcosa di molto più egoistico che mi faceva temere di perderli. Se loro se ne fossero andati, come avrei fatto a ricordare tutto quello che sapevano, tutte le cose incredibili che mi insegnavano? Mia nonna in particolare era una miniera preziosa. Conosceva tutto sulle piante, sui fiori. Nella sua serra avevo visto con i miei occhi rinascere piantine che il giorno prima erano morte e stecchite. Mi insegnava canzoni misteriose che ammaliavano chiunque le ascoltasse e le sapeva a memoria! Ricordava dei testi lunghissimi senza leggere una parola. E poi c'era stata la guerra e mio nonno mi raccontava di quando sentivano “Pippo”. L'aereo che lasciava cadere le bombe di notte e loro correvano come matti, a piedi nudi, d'inverno, verso i rifugi interrati o si buttavano nei fossi gelati tenendo sotto la pancia i più piccoli per proteggerli dalle schegge. Ascoltando quei racconti cercavo di ricordare ogni singolo dettaglio perché, con il delirio di onnipotenza che l'infanzia ancora mi permetteva, avevo deciso che non avrei lasciato accadere un'altra guerra. Avrei ricordato tutto e lo avrei raccontato a tutti perché tutti sapessero. E qui sorse il problema: io non sapevo ancora scrivere e i nonni erano vecchi. Dovevo sbrigarmi. Iniziai a girare per la casa e in giardino e di sera e di giorno...sempre ripetendo ad alta voce tutto quello che ritenevo più importante ricordare. Dormivo poco, solo quando crollavo. Poi riprendevo a ripetere per non dimenticare. Mio padre prese in mano la situazione e non potendomi regalare un registratore, che ancora non era in commercio, si mise a trascrivere per me quello che gli dettavo e iniziò a insegnarmi a scrivere. Questo mi rassicurò e mi permise di tornare a dormire e a giocare. Quando arrivai a scuola, imparai velocemente a scrivere e a leggere e quella paura passò. I miei nonni per fortuna vissero molto a lungo e fecero a tempo a raccontarmi tantissime altre cose. Quella che mi rimase più chiara fin dal loro primo racconto e che ancora ora mi accompagna è che la guerra aveva tolto a chi allora era bambino, ogni diritto alla gioia. Generazioni di bambini avevano passato l'infanzia a imparare a sopravvivere, non a giocare e ad essere bambini. Forse per quei racconti, forse per il mio carattere, non lo so. So che il pensiero che il diritto alla gioia a volte venga dimenticato, nascosto da interessi economici, negato in nome di stupide faziosità, controllato da regole o discipline più o meno morali o peggio, calpestato per egoismo e superficialità; questo pensiero mi fa ancora sentire incredula e arrabbiata come quando ero piccola. Per questo tutti i miei racconti hanno a che fare con questo diritto. Perché l'unica differenza con quando ero piccola, è che adesso so scrivere e non ho più paura di dimenticare. Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorta di aver sviluppato la passione per la letteratura?
Sabina Camani: All'inizio, come ti ho raccontato, scrivere mi è servito per ricordare poi ho iniziato a tenere i “diari di viaggio”. Il lavoro di mio padre ci rendeva praticamente nomadi. Spesso, scrivere mi serviva come “luogo mio” e mi aiutava a sentirmi sempre a casa e soprattutto a fissare i luoghi, le emozioni, le persone, le avventure e a farle diventare un racconto prima di doverle lasciare e ripartire.
Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?
Sabina Camani: “L'isola del tesoro” di R. L. Stevenson e “Kon Tiki” di Thor Heyierdahl
Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?
Sabina Camani: No, non ho neppure provato. Volevo pubblicarlo, farlo arrivare dove volevo che andasse e non desideravo aspettare troppo.
Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?
Sabina Camani: Certamente sì ma ritengo anche che servano le competenze adatte, la dimestichezza con le tecnologie necessarie.
Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionata? Puoi raccontarci di cosa tratta?
Sabina Camani: Sì è “L'uomo nero e i fiorellini profumati”. Tratta di una storia vera da cui ho preso spunto per parlare delle paure dei bambini e anche di quelle dei grandi. Di come molto spesso nascano e mettano radici nel buio del silenzio tra genitori e figli. Nel poco ascolto che dedichiamo ai piccoli e nel poco ascolto che dedichiamo anche a noi stessi e al bambino che ci abita sempre. Tratta anche di accadimenti molto importanti della nostra storia recente, delle loro conseguenze e del potere salvifico che hanno le cose che ci rendono felici, a patto che impariamo a combattere per difenderle.
Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?
Sabina Camani: L'idea per un racconto arriva sempre da sé. La scrivo per fissarla e poi comincio a registrare tutte gli spunti, le svolte e gli sviluppi che mi si aprono, sul mio cellulare perché i pensieri sono più chiari quando cammino all'aperto. Camminando penso e parlo. A casa riascolto, scrivo, ripulisco e tolgo tutto quello che non è indispensabile.
Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?
Sabina Camani: Sì, sto scrivendo una raccolta di racconti. L'idea di base non è molto diversa, nel senso che voglio continuare a parlare di diritto alla gioia, di diritto a scegliere ciò che ci rende felici ma stavolta non sono fiabe. Sono storie di avventure, e di persone che ho incontrato durante un lungo viaggio verso l'Afghanistan e in Afghanistan.
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