
Matera, Murgia Timone, 26 febbraio del 2024
La donna delle pulizie premette il pulsante del citofono accanto alla porta, e all'interno il campanello trillò. Aspettò ma non rispose nessuno. Riprovò, ma ancora una volta non rispose nessuno. Batté il picchiotto. Tre colpi secchi in rapida successione. Due colombi si sollevarono in volo e la porta si aprì leggermente. «Signora, sono Florinda. È in casa?» Si affacciò sull'uscio. Udì la sigla del Tg1 e la voce del giornalista che leggeva il sommario. «Signora, sono Florinda. C'è nessuno?» Si diresse verso il salone. Sul pavimento c'era una macchia di sangue e una scia proseguiva verso la cucina. Si fece coraggio. Seguì la scia di sangue ed entrò in cucina. La scena che si presentava davanti le raggelò il sangue. Il cuore prese a balzare e martellare il petto. Il corpo di Olga giaceva disteso accanto al tavolo in una pozza di sangue. Un rivolo proseguiva nella fuga delle mattonelle fino alla credenza. Florinda si portò una mano alla bocca ed emise un suono inarticolato come un singhiozzo trattenuto. Si girò di scatto e corse verso la porta, il cuore in gola e il sangue che le pulsava nelle orecchie. Scivolò su una macchia di sangue, sbandò, si tenne per un attimo in equilibrio e poi cadde a terra. Si rialzò e uscì fuori. Si fermò sotto il tiglio per riprendere fiato. Frugò nella borsa in cerca del telefonino, la mano le tremava. Chiamò il 112. «Buongiorno» disse l'operatore, «mi dica.» «C'è una donna morta... la cucina è piena di sangue...» «Dove?» «Murgia Timone... Masseria del signor Corrado Laforgia, contrada Serra del pino.» «Il suo nome, per favore.» «Florinda Ragusa... sono la donna delle pulizie.» «È sicura che sia morta?» «Credo di sì... c'è tanto sangue.» «Resti là, mando una volante e un'ambulanza.» Florinda entrò nell'auto, il corpo scosso da brividi. Scoppiò a piangere, un pianto irrefrenabile accompagnato da singulti. Prese il telefono e chiamò Corrado. Il telefono squillò a vuoto. Sentì il suono delle sirene in lontananza e poi sempre più forte. Una volante della polizia frenò bruscamente davanti al portone e scesero due agenti. «Ha telefonato lei?» disse l'agente più anziano. La donna, una signora minuta con i capelli castani corti e due occhi guizzanti, si rigirò tra le mani il fazzoletto come se volesse strizzarlo. «Sì... in cucina c'è il corpo della signora...» disse in tono concitato e scoppiò a piangere. «Si calmi per favore. Andiamo a vedere» disse al collega. I poliziotti entrarono nella masseria e seguirono le tracce di sangue stando attenti a non calpestarle. Il poliziotto anziano si avvicinò alla donna e posò le dita sul collo. «È morta. Avverti il commissario.» La donna delle pulizie era rimasta impalata, lo sguardo fissò verso un punto indeterminato del muro. «Signora» «Sì.» «Salve, le sue generalità e il motivo per cui era qui.» «Florinda Ragusa. Sono la donna delle pulizie. Sono arrivata verso le 9,00, ho suonato il campanello e non ha risposto nessuno. Ho bussato, la porta era aperta e sono entrata. C'era sangue sul pavimento. Ho pensato a un incidente... poi ho visto la signora in.... Mi sono spaventata e sono corsa fuori a chiamare i soccorsi... Forse era ancora viva... avrei potuta aiutarla.» Il poliziotto chiuse il taccuino e infilò la penna nel taschino. «Non c'era purtroppo più nulla da fare. Era morta da alcune ore.» «Ma che è successo?» «È stata accoltellata.» «Oh, Gesù! Bisogna avvertire Corrado, il suo compagno... è fuori per lavoro.» «Il cognome di Corrado?» «Laforgia.» «Ha il suo numero di telefono?» La donna consultò la rubrica del telefono e glielo dettò. «Posso andare?» «Il commissario vorrà farle qualche altra domanda. Arriverà fra poco.» Florinda annuì e si sedette su una panca di legno sotto un tiglio. Un raggio di sole le illuminò il viso prima di scomparire dietro una nuvola scura.
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L'auto di servizio accostò alla volante. Aurora si diresse verso il poliziotto più anziano. «Buongiorno, commissario. La domestica ha trovato il cadavere della signora Olga. È stata accoltellata» disse, abbassando il tono della voce come se qualcuno potesse sentirlo. «Il corpo e prono, sulla schiena presenta numerose ferite da arma da taglio.» Aurora raggiunse la domestica. «Sono il commissario Aurora Defelice. Mi racconti cosa è successo.» La donna le ripeté quello che aveva detto al poliziotto. «Da quanto tempo lavora per il signor Corrado?» «Circa tre anni. Vengo tre volte la settimana per le pulizie.» «Ha notato qualcosa? Un'auto, una persona?» «Prima del ponte ho incrociato un furgone bianco.» «Sa dirmi il modello o la marca?» «No.» «Grazie, può andare.» Frattanto erano arrivati quelli della Scientifica. Gli agenti trafficavano intorno al pick-up Fiat Professional Fullback. Avevano indossato le tute e i copriscarpe e con la valigia per i rilievi si accingevano ad esaminare la scena del crimine. Fotografarono le macchie di sangue, gli schizzi sulle pareti e il corpo della vittima da varie angolazioni. Al secondo piano sembrava che fosse passato un uragano. Armadi aperti, cassetti rovesciati, materassi squarciati, biancheria e vestiti dappertutto. «Allora?» disse Aurora all'ispettore Coppola. «La vittima è stata colpita con un coltello o da un taglierino. Ha tentato di fuggire, l'assassino l'ha raggiunta e l'ha colpita di nuovo. La vittima è tornata in cucina dove l'assassino l'ha finita. Gli schizzi su un mobile dimostrano che è stata colpita quando era in ginocchio. Le camere da letto sono a soqquadro. Ladri, probabilmente. Sono entrati da una finestra sul retro. Hanno rotto il vetro e girato la maniglia. Ci sono le impronte di un paio di scarpe da ginnastica numero 43. Risaliremo alla marca e al modello.» «Avete trovato l'arma del delitto?» «No.» «Perlustrate la zona» disse agli agenti. «Pozzi, anfratti, rogge, cascinali abbandonati.» Il dottor Bonfanti con il cappotto e l'immancabile Borsalino, dritto come un fuso procedeva verso di loro con il passo spedito di chi ha una qualche urgenza. «Buongiorno.» «Buongiorno» risposero in coro il commissario e l'ispettore. «Ci vediamo dopo» disse laconico ed entrò nella masseria. Un vecchio dai capelli canuti e la faccia rugosa si fermò davanti al cancello, un mozzicone di sigaro stretto tra i denti. «Venga» disse Aurora. «Ma che è successo?» «Chi è lei?» «Francesco Nicoletti, abito qui vicino. Ho visto le auto della polizia e mi sono fermato. Un furto?» «Un omicidio. La signora Olga Battistini.» «Dio mio...» «Ha notato qualcuno aggirarsi in zona ieri o stamattina?» «No, tranne qualche cacciatore. La mia masseria è dall'altro lato della collina.» «Grazie.» Il vecchio salì sul pick-up, mise in moto e andò via. Il vento aveva spazzato via le nuvole e il sole alto nel cielo splendeva. Aurora si sedette sulla panca chiuse gli occhi, godendosi il calore del sole. «Ho finito» disse il medico legale. Aurora strizzò gli occhi e si riparò dalla luce con il palmo della mano. «Il decesso risale a circa dieci ore fa. Il cadavere presenta ferite di arma da taglio sul ventre, sul petto, sulla schiena, sulle braccia e sulle mani. Una quindicina di fendenti, dei quali almeno due mortali. La vittima era incinta. Secondo/terzo mese di gravidanza. Sulle parti visibili non ha ecchimosi o contusioni. Ci sentiamo dopo che avrò eseguito l'esame autoptico.» Aurora entrò nella masseria, seguì la scia di sangue e si fermò davanti al cadavere. Si piegò sulle ginocchia per osservarlo da vicino. Rimase qualche minuto a contemplare lo scempio sul corpo della vittima. Salì al primo piano e si fermò sulla soglia della camera da letto. C'era qualcosa che non la convinceva. Una sensazione, come ne aveva avute in altre occasioni. A volte i fatti le avevano dato torto. Questa volta sentiva che era giusta. L'ispettore Rizzo chiacchierava con i colleghi. «Andiamo» disse Aurora. Salirono sulla Jeep Renegate e si diressero verso la città. «Troppa violenza» sussurrò come se parlasse a sé stessa. Rizzo si girò a guardarla per qualche secondo e tronò a fissare il nastro d'asfalto. «L'assassino, preso da panico, potrebbe aver infierito» disse Rizzo «Un ladro si dà alla fuga, al massimo sferra una pugnalata. Non colpisce decine di volte.» «Forse la vittima ha tentato di fermarlo.» «Nella camera da letto c'è qualcosa di artefatto, come una messinscena.» «A me sembra la classica stanza dopo il passaggio di ladri.» «Ci sono un paio di particolari strani. L'assassino ha rivoltato tutti i cassetti e l'armadio, ma non ha tentato di aprire la cassetta di sicurezza.» «Forse non aveva gli strumenti adatti.» «Può essere, anche se è logico per un ladro aspettarsi di trovare una cassetta di sicurezza.» «Dopo l'omicidio ha arraffato quello che poteva ed è fuggito. Aprire una cassetta di sicurezza o sradicarla dal muro richiede tempo.» «Il tempo ce l'ha avuto. Ha rovistato dappertutto. Nella zona ci sono alcune masserie e due agriturismi. Qualcuno potrebbe aver visto qualcosa. Di' a Santoro di fare un giro nelle masserie della zona.» «Negli ultimi mesi ci sono stati numerosi furti a Borgo La Martella e nelle campagne. Per tre di questi furti sono stati arrestati due pregiudicati, piccoli pesci.» «Vedi se possono darci una dritta. Se collaborano potrebbero ottenere uno sconto di pena.» Davanti alla Questura c'erano già i giornalisti in agguato. Appena scese dall'auto fu circondata da una selva di microfoni. «Commissario, com'è stata uccisa la vittima?» disse una giornalista di un'emittente privata. «È vero che si è trattato di un tentativo di furto finito tragicamente?» chiese un giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno. Aurora non rispose. Si fece largo e salì le scale inseguita dai giornalisti. L'agente fece scattare la serratura elettrica e Aurora si chiuse la porta alle spalle.
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Corrado era seduto in una saletta della Questura, il capo chino, i capelli arruffati, il viso stanco, l'espressione incredula. Il nodo della cravatta allentato, la giacca stazzonata. Prese una sigaretta e se la portò meccanicamente alla bocca. Stava per accenderla quando entrò un agente. «Non si può fumare» disse il poliziotto. «Il commissario l'aspetta. Mi segua.» Salirono al primo piano e si fermarono davanti alla porta dell'ufficio di Aurora. Il poliziotto bussò e attese. «Avanti.» Aurora era seduta dietro la scrivania. Richiuse la cartella con le foto della scena del crimine. «Si accomodi, prego. Mi dispiace, le mie condoglianze.» «Grazie. Devo trovarmi un avvocato?» «Non è indagato. Le farò solo qualche domanda come persona informata dei fatti. Ma se vuole può avvalersi dell'assistenza di un legale.» «Non ne ho bisogno.» «Allora possiamo procedere.» Rizzo scrisse le generalità e il domicilio. «Dov'era ieri sera?» «Ero partito per recarmi in aeroporto.» «A che ora ha lasciato la masseria?» «Erano circa le 19.00.» «La signora Olga era in casa?» «Sì.» «Doveva incontrare qualcuno?» «No, che io sappia.» «Quindi è partito alle 19.00.» «Sì, avevo l'aereo alle 22.15. Ho preso una scorciatoia, una strada di campagna che faccio spesso, ma dopo una trentina di chilometri ho sentito una puzza di bruciato. Dal cofano usciva una nuvola di fumo. La temperatura dell'acqua segnava 120 gradi. Mi sono fermato, ho aperto il cofano. C'era vapore e la vaschetta di espansione del radiatore era vuota. Si era rotto il manicotto e si era versata tutta l'acqua del radiatore. Ho provato a chiamare un taxi ma non c'era campo, e così sono rimasto bloccato fino alle cinque di mattina quando è passato un contadino che mi ha accompagnato in aeroporto giusto in tempo per prendere il volo delle 6,30.» «Ha che ora si è verificato il guasto?» «Saranno state le 20.30.» «E poi che ha fatto?» «Sono rimasto in macchina, sperando che passasse qualcuno ma non è arrivato nessuno fino alle 5.00.» «Conosce il nome del signore che l'ha accompagnato all'aeroporto?» «Si chiama Armando Balestra. Abita in una masseria in contrada Nardetta. Non ha voluto accettare dei soldi per il disturbo e la benzina, così mi sono fatto dire il nome e l'indirizzo per ringraziarlo con un presente.» «Dopo che è arrivato a Roma che ha fatto?» «Ho chiamato l'ingegner Foscari per avvertirlo del ritardo. Un taxi mi ha portato alla sede della Carotti. Poi ho ricevuto la telefonata della polizia che mi avvertiva di quello che era successo a Olga...» Aurora, con i gomiti poggiati sulla scrivania, si rigirava l'anello d'oro al dito. «Dove si trova adesso la sua automobile?» «Ad Altamura, presso un'officina convenzionata con l'assicurazione.» «Le dichiarazioni rese sono indizianti. Dobbiamo interrompere perché potranno essere svolte indagini nei suoi confronti. Dovrà nominare un difensore di fiducia ed eleggere il domicilio ai fini delle notificazioni.» «Non capisco... Prima mi dice che non serve l'avvocato e ora che ne devo nominare uno...» «C'è un buco di otto ore in cui lei non ha un alibi. Potrebbe essere ritornato indietro e aver commesso il delitto.» «Mah, mah... è assurdo» balbettò sdegnato. «Avrei ucciso la donna che amavo e da cui aspettavo un figlio...»
Tommaso Carbone
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