"Nictofobia" di Elisa Mantovani è un'analisi compiuta e spregiudicata del male che si nasconde ovunque, negli anfratti segreti e inviolabili del mondo. L'analisi, condotta tra le righe di una raccolta di racconti, non cela nulla, non si nasconde dietro mezzi termini, ha il coraggio di essere pura e autentica, così come autentica è la fonte del male. Scava nei personaggi, nelle loro storie, per capire la direzione irrefrenabile che prenderà la vita, in determinate condizioni, è un dono di scrittura della straordinaria autrice, capace con poche pennellate di dipingere una tela di impressionante impatto emotivo. Il risultato è un quadro cubista, dove ogni scomposizione è un tassello del tutto. Il male si nasconde tra gli amori finiti, tra gli amici di banco, tra i vicini di case, i fratelli e le sorelle, perfino tra madre e figlio. Quel male si attacca alle corde vocali e genera un linguaggio deforme, che quasi non vorremmo sentire e verso cui fingiamo sorpresa, quando lo avvertiamo nei fatti di cronaca. Eppure ci incuriosisce, perché quegli scenari inaccettabili ci riportano per un attimo al nostro profondo, dove alberga Thanatos, istinto di morte, capace di prendere il sopravvento se il senso etico e morale non è abbastanza strutturato da distruggere la frustrazione, che genera odio e invidia. Quel male ci inabissa e non ci lascia la possibilità di ritornare a galla. Nictofobia: paura del buio, se scopriamo che il buio ha parcheggiato nella nostra anima. Grande la capacità espressiva, un linguaggio sensoriale che riconferma una bravura indiscutibile.
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