Writer Officina - Scrittori Ribelli
Recensione di

Amelia Belloni Sonzogni
Il tempo che faceva
Autore: Aldo Boraschi
 

Ne Il tempo che faceva di Aldo Boraschi, l'ufficio anagrafe di Senzaunnome, simbolico paese della costa ligure, nel 1959 era rimasto sepolto sotto una frana.

Nel giro di qualche anno gli edifici erano stati ricostruiti ma per ricostruire l'identità del luogo con avvenimenti di rilievo e quotidiane vicende, i documenti erano ormai perduti. Restavano i ricordi degli abitanti, in particolare di Gelinda Rustichetti che li ha scritti nei suoi diari iniziando ogni pagina con una nota sul tempo che faceva quel giorno e chiudendo con il titolo del libro che avrebbe letto quella sera.

Anziana, ricoverata nella casa di riposo Bell'Età, Gelinda sa che solo raccontando e tramandando si può conservare intatta e arricchita la propria identità, il cui sapore è quello dei cibi semplici e distintivi dei luoghi: le trenette la pesto, il Vermentino, un caffè e il gelato al fiordilatte come solo lei sapeva mantecare e tuffare nel cioccolato (il Pinguino è un goloso oggetto del desiderio anche del luogo in cui ho la fortuna di abitare).

Il bar e il gelato, con il mondo che racchiudono, sono quanto Gelinda decide di lasciare in eredità a Beata Nocentini, fanciulla segnata dalla vita e additata dai compaesani. Quasi madre e figlia, si incontrano nonostante il divario generazionale per un motivo che è causa e fine al tempo stesso e avrà un peso rilevante nella vicenda di Senzaunnome. Ruotano attorno al loro rapporto privilegiato personaggi caratterizzati dai soprannomi tipici dei borghi.

La gradevolissima scrittura di Aldo Boraschi descrive raccontando, analizza con sintetica e ficcante ironia tratti psicologici di alcuni, ricrea clima e atmosfera di questi meravigliosi microcosmi che ho iniziato ad apprezzare da piccola e riesco a vivere in pienezza da “grande”. Forse per questo, tra i temi affrontati dal romanzo, il racconto della vecchiaia mi è parso il più poetico.

"Il tempo che faceva"
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