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Della trama di Cronache dal Borgo di Laura Gronchi non anticiperei nulla: la vicenda dei personaggi principali (presentati nella quarta di copertina) e degli altri, che fanno parte delle loro vite, si snoda nella quotidianità di un tempo breve, con un indispensabile antefatto che è l'incipit del romanzo. Di norma, la cronaca si nutre di fatti e si esaurisce nel loro resoconto, breve appunto. Nonostante trasmissioni fiume in tv ci abbiano abituato, quando non assuefatto, ad approfondite – e forse inutili – disamine da talk show, si conosce davvero sempre troppo poco delle persone, delle vite, delle storie e quindi delle motivazioni sottostanti gli eventi più feroci, esplosioni improvvise che lasciano sgomenti. Spesso queste motivazioni sono le risultanti di un quotidiano esasperante accumularsi di episodi piccoli, soprusi minimizzati e subiti in silenzio, effetti più o meno collaterali della pressione economica, della povertà incipiente e del conseguente degrado sociale: si perde quasi tutto, ci si arrabatta, non ci si riconosce più. Nel piccolo ambiente provinciale di Borgo ai Fossi, nelle sue pieghe più desolanti anche se bardate a festa, Andreina vive il dramma di una famiglia amorevole trasformatasi in una prigione vessatoria, carica responsabilità e lavoro sulle proprie spalle di giovane donna esile ma forte, subisce l'opportunismo maligno di pseudo-amiche invidiose e trova (suo malgrado) conforto e soprattutto comprensione tra le braccia di Darhan, imperscrutabile buttafuori della discoteca che frequenta spesso. È lui ad accorgersi delle sue fragilità, del suo tormento interiore, del suo – negato ma forte e incontrollabile – bisogno di amore. La loro vicenda, che si tinge di mistero fino alla fine, entra nel cuore, filo rosso indispensabile per sopportare il degrado circostante di una gioventù che è ormai un ricordo, di studi sprecati, di lavori arrangiati, di relazioni insensate, di microcosmi sociali specchio di un mondo malato che qualcuno prova a curare.
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