Ho letto Non lasciarmi la mano, di Rita Quinzio, perché affronta una ricostruzione a cui ho in progetto di dedicarmi. Convinta di leggere un romanzo storico, ho trovato invece un libro difficilmente inquadrabile, come ha scritto Andrea Mitri.
Alla lettura da narratore si sovrapponeva quella da storico e, una pagina dopo l'altra, ha prevalso lo storico che è in me (e quello che sono stata) e ho letto con gli occhi del biografo.
È un narrare che mi ha ricordato i criteri della Nouvelle Histoire delle Annales: l'indagine e l'ascolto di tutte le fonti, soprattutto di quelle escluse dagli eventi documentati nei trattati e conservati negli archivi cartacei, comunque a mio parere basi imprescindibile. Tutto il sapere, tutte le discipline convergono a ricostruire luoghi, avvenimenti e vicende. Ho trovato una memorialistica colta/erudita, che attraverso i nomi e i numi dei luoghi racconta Gaeta e le ricostruibili vicende di una famiglia che attraversa fascismo, guerra e resistenza, fino al dopoguerra; ma anche l'analisi della condizione della donna in epoca fascista, vissuta e compresa o meno da Quinzia, protagonista femminile della vicenda; il tema dei figli illegittimi, quello dell'educazione della gioventù fascista; nella passione per le auto tanti filoni di ricerca che riferiti agli anni Trenta assumono evidente valenza storica e letteraria: l'industria, la velocità, la potenza. Ci sono poi testimonianze sociologiche nel racconto delle superstizioni, delle usanze e dell'uso dei soprannomi, tipico e diverso lungo tutta la nostra penisola. La voce dialettale racconta la Storia e fa luce sul mondo agricolo, commerciale, sull'emigrazione. Il corredo iconografico la illustra.
Mi sono ritrovata catapultata ai tempi della mia tesi sul pauperismo, alla ricerca sulle fonti orali, alle modalità di ricostruzione della Storia di chi non ha voce. E in parallelo mi sono vista bambina, quando aprivo il cassetto della credenza della nonna e prendevo tra le mani l'album di famiglia: volti e ambienti di cui in realtà ancora oggi conosco poco, ma che sento miei. Questo è l'aspetto che l'autrice evidenza e sul quale riflette con il quale mi sono sentita più in sintonia.
In questo lavoro, la scelta è quella della commistione tra documenti e invenzione/immaginazione. Per l'idea che ho di romanzo e di saggio storici, non è nessuno dei due. Originalità dunque garantita.
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