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“Tutta l'estate davanti. Levanto sempre” di Amelia Belloni Sonzogni è un romanzo che racchiude il sapore delle estati passate, quelle di amicizie sincere, di relazioni, ora ruvide ora cangianti verso sviluppi inaspettati, primi amori e interminabili giornate sotto sole ed acque interamente salmastre. Attraverso gli occhi di Alice, la protagonista, il lettore viene trasportato nella magia di Levanto, un luogo che diventa il simbolo di un'epoca spensierata e irripetibile. Ambientato in questa splendida cornice (ligure, ma non del levante genovese, già allora contaminato dai nuovi cementificanti piani regolatori, bensì quella nativamente spezzina, ancora risolutamente fedele alla sua originaria natura paesaggistica), il libro segue le avventure di Alice e del suo gruppo di amici, raccontando con delicatezza e nostalgia i momenti di crescita, scoperta e fiducioso abbandono al ritmo vario d'impulsi e di sensazioni che offre la vita di estati da sogno. L'autrice racconta l'autenticità, la bellezza e la schiettezza dei legami nati durante le vacanze, ma anche il sottile retrogusto che accompagna il fluire del tempo, senza però indulgere a vittimistici rimpianti. Lo stile di scrittura è semplice, curato, rivelatore dell'acribia della storica nel richiamare note di costume e di tendenza tipiche di quell'età, evocativo, in grado di far rivivere le emozioni di quegli anni e di far sentire il lettore parte della storia. L'autrice ha un talento speciale nel dipingere atmosfere suggestive, evocando non solo i paesaggi mozzafiato della Liguria, ma anche lo spirito di un'epoca in cui le relazioni si costruivano senza la mediazione virtuale della tecnologia e le estati sembravano non finire mai. La scrittura è fluida e coinvolgente, arricchita da dettagli che rendono il racconto vivido e autentico e che invogliano il lettore a non staccarsi dal libro finché la lettura non è terminata. Personalmente, ho trovato accattivante la descrizione/comparazione che riguarda le due figure genitoriali, che Amelia fa, per così dire, delicatamente sottotraccia e con allusivi richiami mai direttamente esplicitati: l'austera affettività della madre, a cui è demandato il compito esclusivo delle regole e dei divieti durante l'assenza estiva del marito, costretto al lavoro in città, prima di raggiungere in agosto la famiglia, e la tenerezza non priva di solerte contenimento del padre, avviluppato nel tradizionalmente magico rapporto che lega il padre alla figlia femmina, non esente da gelosie e apprensioni rispetto alle novità inevitabili e imprevedibili dell'adolescenza, a volte persino vissute come potenziale pericolo per Alice. Tempo perduto, tempo ritrovato, tempo ancora, a suo modo, vivo, se è vero che il flusso del divenire ancora palpita nel nostro cuore, trasmutando l'evocazione in ricordo attivo e non già in sterile rimpianto. E qui mi permetterei alcune riflessioni a margine, che però trovo sottese alla narrazione di Amelia. I ricordi sono assolutamente inestimabili anche per la “gestione” del nostro presente e la definizione della nostra identità, ci consentono, ci aiutano a cogliere chi siamo, da dove veniamo e quali esperienze ci hanno plasmato. E questo è un sottile fil rouge che l'Autrice sa bene intercettare, dipanare e restituirci. E inoltre aggiungerei: i ricordi ci aiutano a dare un senso alla nostra esistenza, collegando le tre dimensioni del tempo in un continuum che, anche quando presenta intermezzi e sospensioni, è, comunque, un unico e irripetibile crogiuolo in cui si scontrano e si fondono sfide e delusioni, aspirazioni e obiettivi, passioni e pacatezza. È infine, per dirla con Sant'Agostino, il valore del passato nel presente, ossia l'avere, presente quanto del tempo trascorso si è trasmutato in tempo ritrovato, in tempo non semplicemente vagheggiato ma decantato e sublimato alla luce della nostra più completa maturità: un tempo, insomma, che rivitalizza, con richiami e giochi di evocazioni e associazioni, il nostro hic et nunc, facendo evolvere il ricordo in prospettiva dinamica verso nuove (o anche antiche?) mete, per raggiungere compiutamente “ciò che mi basta”, come scrive l'Autrice nella premessa. Un altro elemento particolarmente suggestivo è, inoltre, la connessione tra il testo e la musica: la canzone “Levanto ad ottobre” di Lorenzo Gabetta non è solo una forte di ispirazione per la narrazione, ma una vera e propria chiave di lettura per comprendere il senso profondo del romanzo. Infine, la scelta dell'Autrice di destinare il ricavato alle associazioni di pubblica assistenza conferisce un ulteriore valore aggiunto all'opera, associando arte e filantropia come nelle migliori tradizioni della nobile beneficenza (e uso queste due parole con voluta pregnanza, volendo evocare i saggi storici che l'autrice ha pubblicato in passato sulla beneficenza e le ascendenze nobiliari del suo cognome). “Tutta l'estate davanti. Levanto sempre” è un romanzo ideale per chi ha a cuore le storie di formazione, per chi ha vissuto estati memorabili (ma anche inverni in fibrillante attesa di calde giornate) e per chi richiede da un libro suggestioni, emozioni e ipotesi di identificazione e di rispecchiamento. Una storia che parla di amicizia, turbamenti, crescita e del legame fedele con i luoghi dell'anima, una fonte di freschezza e genuinità per tutti i “viandanti” che hanno ancora sete di buoni sentimenti.
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