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Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
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Writer Officina
Autore: Donato Ruggiero
Titolo: Annullati
Genere Giallo
Lettori 3455 37 59
Annullati
- Mamma, il signor Carlo non c'è - .
- Ma cosa dici Pierluigi. E dove sarebbe andato? - .
- È andato via - .
- Dai, andiamo a vedere insieme - .
Aperta la porta del modesto appartamento situato al secondo piano della bassa palazzina, la signora Alessia Moscarelli e suo figlio, Pierluigi Cozzi, attraversarono i pochi metri che li separavano dall'uscio di casa Salatino.
- Signor Carlo? Sono Alessia, mi sente? - e suonò.
- Signor Carlo? Sono Pierluigi, mi sente? - fece eco il ragazzo.
Silenzio.
- Signor Carlo, si sente bene? Qualcosa non va? - .
- Signor Carlo, si sente bene? Qualcosa non va? - ripeté il giovane.
Silenzio.
- Pierluigi, senti anche tu questo strano odore? - .
- Sì, mamma. Puzza puzza - .
- Dai, rientriamo a casa così chiamo i Carabinieri - .

- Valè, oggi calma piatta - .
- Meglio così. Col caldo che c'è fuori meglio godersi l'aria condizionata dell'ufficio - .
- Io vado a prendermi un thè alla macchinetta - .
- Ma come cazzo fai a bere una cosa calda a luglio me lo devi spiegare - .
- Tu prendi il caffè caldo la mattina? - .
- Sì, perché? - .
- E allora non rompermi le palle - .
Raggiunto il distributore automatico, il vice questore aggiunto del Commissariato di Polizia di Felona, Giuseppe Calendi, introdusse i cinquanta centesimi necessari, in monete da dieci, per la sua calda bevanda.
Solo il primo sorso fu goduto, tra questo e il secondo s'intromise l'agente Costa.
- Dottore, ehm, mi scusi, ma è giunta una segnalazione - disse timidamente.
- Silvio, oh mio Silvio, posso finire il mio thè o c'è di mezzo la sicurezza nazionale? - rispose Calendi.
- Ehm, no, credo lei possa finire il suo thè - .
- Grazie per la gentile concessione - .
- Comunque, ehm, la segnalazione viene da Felona - .
- Ecco, appunto - .
Il secondo sorso, appena impostato, fu stroncato sul nascere. Calendi gettò con rabbia il bicchiere mezzo pieno nel cestino.
- Dimmi tutto - .
- Alessia Moscarelli, una signora che, ehm, abita in Via Giardino 165, ha chiamato per dirci che un uomo che vive nel suo palazzo, Carlo Salatino, è scomparso - .
- E su cosa si basa questa supposizione? - .
- Sul fatto che, ehm, l'uomo non esce di casa da anni e lei e suo figlio hanno rapporti con lui tutti i giorni - .
- E basta? -
- E, ehm, stamattina l'uomo non ha aperto la porta. Ah, poi dalla casa del signor Salatino sembra, ehm, provenire uno strano odore - .
- È morto. È arrivata la rogna del giorno. Grazie come sempre per le belle notizie Silvio - .
- P-prego, ehm, dottore - .
- Vabbè, mandaci qualcuno e poi portami degli aggiornamenti - .
- Ehm, gli agenti sono tutti fuori. Qui ci siamo solo io, lei e Michetti - .
- Tutti fuori? C'è stato forse un attacco terroristico e io non ho saputo nulla? - .
- No, però tra volanti, ferie e altre segnalazioni siamo un po', ehm, scoperti - .
- E che cazzo - .

- Visto che sei ancora nel mio ufficio, preparati - disse il vice questore all'ispettore Valerio Michetti una volta rientrato.
- Come, come, come? Io di qui non esco - .
- Non fare lo stronzo, muoviti. C'è di mezzo un morto - .
- Ma perché la gente decide di morire a luglio? - .

Meno di un quarto d'ora dopo, l'auto con a bordo i due poliziotti, terminato di percorrere una serie di vie e viuzze deserte, raggiungeva l'indirizzo di Via Giardino 165.
- Giusè, t'ho portato a casa. Contento? - .
- Ma vai a cagare. E comunque, quasi a casa. Io abitavo laggiù, oltre l'incrocio, Via San Marco, accanto ai Carabinieri - .
- Vai a fare un favore agli amici - .
- Manco ti rispondo, guarda - .
- Vabbè, entriamo? - .
- Sì, citofono alla signora Moscarelli e saliamo - .
Superate le due rampe di scale, davanti alla porta che si apriva sulla sinistra del pianerottolo, Calendi e Michetti incrociarono la figura di Alessia Moscarelli. A prima vista sessanta-sessantacinque anni, capelli argentei arruffati, un vestitone da casalinga, verde con stampa florale, posto lì a nascondere, in parte, le rotondità dovute a quella vita abitudinaria.
- Buongiorno signora Moscarelli, sono il vice questore aggiunto Calendi del Commissariato di Felona e lui è l'ispettore Michetti. È lei che ha fatto la segnalazione? - .
- Buongiorno. Si, sono io - rispose con voce lievemente tremante la donna.
- Posso farle una domanda? Perché ha telefonato al 113? Non poteva chiamare i Carabinieri? - .
- Come scusi? - chiese stupita. - Ho fatto il 113, quello m'è venuto in mente pensando fosse il numero dei Carabinieri - .
- E, invece, è quello della Polizia. Va bene, va bene - .
La donna, non sapendo cosa rispondere, tacque.
- È quello l'appartamento del signor Salatino? - chiese Michetti.
- Sì, è quello - .
- Grazie, signora. Può rientrare. Se serve ancora verremo a disturbarla - chiosò l'ispettore.
- Va bene -
- Mamma, mamma, chi è? - domandò Pierluigi che, sino a quel momento, era rimasto seduto sul divanetto del salotto, come ordinato da sua madre.
- Tranquillo Pierluigi. È la Polizia. È venuta per trovare il signor Carlo - .
- Il signor Carlo non c'è più - .
Calendi scambiò uno sguardo interrogativo con Michetti, poi chiese: - È suo figlio? - .
- Sì, è molto legato al signor Carlo - .
- Va bene, forse più tardi faremo due chiacchiere anche con lui - .

- Mmm, Giusè, come entriamo? Sfondiamo o chiamiamo subito gli amici della Scientifica. Questa puzza non promette niente di buono - .
- Tu sei l'esperto in fatto di serrature. Non ho dimenticato tutte le volte che hai rotto il cazzo alla Scuola Allievi Agenti di Trieste, quando aprivi gli armadietti per quei tuoi scherzi idioti - .
Michetti ridacchiò, poi disse: - Vabbè, ero un burlone - .
- Sì, burlone è la parola giusta. Infatti, ricordo ancora come Borruso abbia preso bene il tuo scherzo. Hai ancora la cicatrice sul braccio destro, o sbaglio? - .
- Vabbè, pensiamo alla porta va - .
- Appunto. Ripartiamo. Come entriamo? - .
- Io ho le chiavi - . Alle spalle, la signora Alessia Moscarelli, lungi dal seguire il consiglio di rientrare in casa, aveva assistito al simpatico siparietto ed era intervenuta in soccorso dei novelli Franco e Ciccio.
- Ha le chiavi? - chiese stupito Calendi. - Come mai? - .
- Sì, il signor Carlo mi diede le chiavi poco dopo la morte di sua moglie, per le eventuali emergenze. Non le ho mai usate - .
- E perché non le ha utilizzate stamattina prima di telefonare? - .
- Quell'odore mi ha fatto pensare male. Ho avuto paura - .
- Va bene. Le dia a me, grazie - .

- Valè, pronto per lo spettacolo? - .
- “Io sono nato pronto” come disse qualcuno una volta - .
- Kurt Russell in "Grosso guaio a Chinatown” - .
- Sì, lui mi sa - .
Aperta la porta i due poliziotti furono avvolti dal tanfo di morte. Immediatamente, quasi all'unisono, estrassero dalla tasca un fazzoletto ponendolo sul viso, giusto per smorzare un minimo il fetore.
- Giusè, è lì - disse Michetti indicando con gli occhi il luogo dove guardare.
Riverso per terra, ai piedi della scrivania in mogano situata accanto alla finestra della sala-studio che dava immediatamente sull'ingresso dell'abitazione, vi era il corpo di Carlo Salatino.
I due si avvicinarono al cadavere. Osservarono l'uomo in completo marrone, consono ad un anziano signore distinto, la ferita sul cranio e le tracce di sangue sullo spigolo della scrivania, quasi sicuramente non una caduta accidentale. Poi diedero una prima, rapida, occhiata alla stanza. Nelle librerie che ricoprivano tre delle quattro pareti tutto sembrava in ordine, o quasi. Accanto al cadavere e ai piedi dell'alta cassettiera che occupava la parete restante, invece, erano disseminati una gran quantità di carta, lettere e oggetti vari.
- Signor Carlo, signor Carlo. Dov'è? - .
Inaspettatamente, alle loro spalle, apparve Pierluigi.
- Ma non hai chiuso la porta? E che cazzo Valè! - .
- Nooo! Signor Carlo nooo! - dopo aver visto il corpo senza vita dell'uomo, il giovane fuggì urlando.
I due seguirono l'esempio uscendo quasi subito dall'appartamento.
- Valè, chiama il P.M., la Scientifica e il tanatofilo - .
- Il tana-che? - .
- Tanatofilo. Ignorante - .
- E che bestia sarebbe? - .
- In realtà è un coleottero che si nutre di sostanze organiche in decomposizione e di animali morti. Nel nostro caso è Alessandro Mignogna, il medico legale - .
- Ma vaffanculo - .
- Grazie. Tu aspetta qui il loro arrivo, io intanto faccio qualche domanda alla signora e a suo figlio e se quando ho finito non sono ancora arrivati allora io torno in ufficio e tu resti qui a fargli compagnia. Ecco, prendi le chiavi - .
- Che stronzo - .

- È morto, vero? - .
- Sì, signora. È morto. Però le domande le faccio io - .
- Sì - .
Calendi s'accomodò su una delle quattro sedie in legno economico che facevano compagnia al tavolo rettangolare della discreta cucina, pochi mobili e pochi elettrodomestici in bella mostra, senza essere invitato a farlo.
- Da quanto tempo conosceva il signor Salatino? - .
- Tanti anni. Siamo stati tra i primi ad acquistare un appartamento qui - .
- E com'era il vostro rapporto? - .
- Ottimo. Soprattutto dopo la morte della moglie - .
- Come mai? Cos'è cambiato dopo la sua morte? - .
- Io e Pierluigi l'abbiamo aiutato nelle cose di tutti i giorni, ad andare avanti - .
- Ma non ha dei figli, dei parenti? - .
- Solo un figlio, Giovanni. Vive a Felona, da solo - .
- Facciamo così, senza fare altre domande. Mi dica tutto quello che sa o che le viene in mente su Salatino, almeno ci sbrighiamo prima - e poggiò i gomiti sul tavolo, intrecciò le dita delle mani e vi poggiò sopra il mento in attesa della narrazione.
- S-sì - . Un po' intimorita da quella posa, la signora cominciò: - Carlo Salatino aveva settantasette anni, era vedovo da cinque, viveva qui da solo ed era un ex avvocato. Era piuttosto autonomo anche se, dopo la morte di Ada, non era più uscito di casa, se non le domeniche mattina per andare a messa alla vicina chiesa di San Rocco. Io, una volta a settimana, gli facevo la spesa e le pulizie. Mio figlio Pierluigi, invece, ogni mattina alle nove in punto e ogni pomeriggio alle sedici, andava da lui per fargli compagnia - .
- In che senso “compagnia”? - .
- Deve sapere che mio figlio, purtroppo, ha alcuni problemi psichici. Il signor Carlo, pace all'anima sua, è, è stata, l'unica persona che è riuscita ad avere un rapporto umano con Pierluigi. Voleva molto bene a mio figlio, e mio figlio a lui - e scoppiò in lacrime.
- Capisco. E come trascorrevano queste giornate? - continuò incurante del dolore della donna.
- Con i francobolli. Il signor Carlo era un collezionista di francobolli, ne aveva decine di migliaia. Insieme li sistemavano nei raccoglitori, oltre ad acquistarli su internet. Era molto bravo col computer e ha insegnato ad usarlo anche a mio figlio - .
- A proposito di suo figlio, può chiamarlo? Voglio fare qualche domanda anche a lui - .
- La prego, non adesso. È troppo scosso dalla morte del signor Carlo. Poco fa è tornato urlando “Signor Carlo morto, signor Carlo morto” ed ora è chiuso in bagno a piangere - .
- Va bene, credo di tornare domani. Lo faccia stare meglio. Arrivederci - .

- Non capirò mai perché la gente deve comporre sempre questo cavolo di 113 anche quando hanno i Carabinieri sotto casa - .
- Forse non si fidano - .
- O forse non conoscono il numero - .
Calendi e Michetti erano in auto, in direzione Commissariato. Per loro fortuna, ma soprattutto per l'ispettore, Polizia Scientifica e medico legale erano giunti celermente sul posto e la coppia aveva così deciso di lasciarli lavorare in pace e, principalmente, di lasciare quell'ambiente mefitico.
- Vabbè che a Felona ci sono nato e ci sono tornato volentieri, però la gente che mi muore così mi dà molto fastidio - .
- Ma tu queste persone le conoscevi? - .
- La signora solo di vista. Del morto mai saputa l'esistenza. Ah, a proposito, appena arriviamo in ufficio, fai convocare il figlio e digli della fine di suo padre. Poi nel tardo pomeriggio dai un colpo di telefono anche a Mignogna e fatti anticipare qualcosa - .

Come per l'andata, anche il ritorno fu breve. Meno di quindici minuti e l'auto con a bordo la coppia, dopo aver attraversato nuovamente quelle strade vuote, raggiungeva il Commissariato in Via Calcare.
- Ehm, dottore, le volevo... -
- Silvio, oh mio Silvio. Ho messo un solo piede dentro il Commissariato, dopo aver fatto la piacevole conoscenza di un cadavere. Oltre ad aver fatto il viaggio di ritorno, seppur breve, a mezzogiorno, in una macchina che dell'aria condizionata ha solo il ricordo. E tu già rompi? Posso almeno entrare con tutte e due le scarpe dentro al fresco? - .
- S-sì, ehm, mi scusi dottore - .
- Dai, che mi devi dire? - .
- Sono, ehm, rientrati gli agenti Noviello e Coladarci - .
- E quindi? - .
- Pensavo potessero essere, ehm, d'aiuto - .
- E secondo te, dopo esser stato fuori quasi tre ore con Michetti a casa del morto, possono ancora essere d'aiuto? - .
- Ehm, no - .
- E dai Silvio, dai - .

Erano le ore quindici, dopo aver sistemato alcuni vecchi incartamenti che vivevano sulla sua scrivania ormai da troppo tempo, Calendi uscì dal suo ufficio.
- Silvio, appena arriva il figlio di Salatino mandamelo in ufficio. Io mi rilasso un attimo con un buon thè - .
- Ehm, il signor Giovanni Salatino è già in sala d'aspetto da alcuni minuti - .
- Ma porc... Fallo accomodare, va - .

- Buongiorno signor Salatino, prego si accomodi. Sono il vice questore aggiunto Calendi. Mi spiace averla convocata poche ore dopo aver appreso della morte di suo padre - .
- Sì, capisco il motivo. Sono ancora scosso e incredulo. Come è potuto succedere? - .
- È quello che vorrei scoprire insieme a lei - .
L'asciutta, quasi scavata, figura dell'uomo, sulla quarantina, dal capello brizzolato e l'occhio ceruleo appesantito da vistose occhiaie, prese posto sulla scomoda sedia in plastica nera che affrontava la scrivania del vice questore.
- Quando ha visto l'ultima volta suo padre? - .
- Lunedì - .
- Quindi quattro giorni fa. E poi non l'ha più neanche sentito per telefono? - .
- No - rispose mentre fissava la barba incolta di Calendi, con quei tutt'altro che sporadici fili bianchi che contrastavano con i neri, più numerosi, stessa proporzione che contraddistingueva anche i capelli.
- Andava spesso a trovare suo padre? - .
- Almeno un paio di volte a settimana - .
- E sa chi altri frequentava casa sua? - .
- La signora Moscarelli e suo figlio. Poi non credo altri. Non me ne ha mai parlato - .
- Com'era il rapporto con suo padre? - .
- Un normale rapporto padre-figlio - .
- Veniamo al punto. Ho il buon motivo di credere che suo padre sia stato ammazzato. Io voglio capire chi è stato e lei mi deve aiutare - .
- E come? - .
- Ricorda qualcosa in particolare degli ultimi giorni? Suo padre le ha detto qualcosa, doveva vedersi con qualcuno? - .
- No, non mi sembra e nello stato di agitazione in cui mi trovo ora dubito di poterle essere d'aiuto - .
- Comprendo. Va bene, allora per adesso vada ma resti a disposizione. Potrei avere bisogno di lei nei prossimi giorni - .
- Sì, arrivederci - .
“Per oggi può bastare. Me ne torno a casa”.

- Ma è mai possibile che non riesca mai a trovare uno schifo di parcheggio vicino casa? - esclamò ad alta voce, nella sua Panda Dance 900 blu metallizzato, un cimelio di famiglia riesumato al suo rientro in patria, il vice questore in via Roma, nei pressi della Torre bizantina di Felona.
- Questa città anche in estate, quando ha dieci abitanti, è occupata da diecimila auto. Non capirò mai - .
Fece inversione, tornò nuovamente verso piazza Matteotti e poi imboccò Via Fuori Porta Garofalo. Poco oltre il bar “Il panamense” parcheggiò.
- Lidia, tesoro, son tornato - .
Vico I Duomo, al civico 3 c'era l'abitazione su due piani e due differenti accessi del vice questore aggiunto Giuseppe Calendi. Dopo gli anni settentrionali era riuscito, finalmente, a tornare a casa e aveva scelto la dimora dei nonni materni come residenza.
- Ciao amore, ben rientrato - e schioccò un bacio.
- Anche oggi ho dovuto parcheggiare oltre il bar di Pinuccio. Vabbè che non è proprio distantissimo, però mi dà fastidio dover fare sempre tutta la salita a piedi - .
- Povero. Ma almeno a lavoro è andata meglio? - .
- Sì, una meraviglia. Un morto, qui a Felona - .
- Un morto? Qui? Oh signore! - .
- Sì, ma ora non ci pensiamo - disse Calendi e cinse a sé la piccola figura di Lidia.
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