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Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Autore: Marco Corsa
Titolo: La Leggenda della Bocca d'Oro
Genere Narrativa
Lettori 3520 40 57
La Leggenda della Bocca d'Oro
La guerra era quasi finita. L'alba del 6 giugno 1944 era stata una carneficina, ma aveva avuto gli effetti sperati.
Anche lo sbarco in Sicilia e l'operazione Corkscrew in Pantelleria erano già avvenute, ma la campagna aveva avuto un esito deludente per gli Alleati, che non erano riusciti a impedire la ritirata delle truppe italo-tedesche del generale Hans-Valentin Hube.
Gli americani e gli inglesi avevano preso possesso della Sicilia e avanzavano in Italia, mentre la HMS Ajax pattugliava l'isola di Creta e la Grecia.
L'aviazione inglese e alleata aveva una forza distruttiva tale da riuscire a inchiodare e distruggere il nemico nei propri edifici ma, mentre la guerra ormai si trascinava nei suoi ultimi strascichi, il nemico era più impegnato a ritirarsi e a raccogliere gli ultimi pezzi che non a contrattaccare e, ormai, le missioni di pattugliamento erano perlustrazioni di basi vuote e poco interessanti che era inutile bombardare. Come dice il proverbio: - ponti d'oro al nemico che fugge. -

Nota dell'autore:

Questo prologo deve solo fare capire il periodo e l'ambientazione della mia storia. Tutto il resto non vuole e non deve rispettare nessuna verità storica. Anche la geografia fisica e politica dell'isola di Gozzo non sono necessariamente rispondenti alla realtà. Neanche il dispiegamento della nave rappresenta il vero storico. È vero solo il nome.
PARTE 2 L'AVVISTAMENTO
Marco si godeva il sole e il mare era calmo. La navigazione procedeva tranquilla e un lieve odore di mare e iodio si diffondeva nell'aria. Non era bello ma era alto, bruno, e fisicamente proporzionato, quindi faceva la sua figura con la divisa della marina inglese. L'isola di Gozzo era di fronte alla nave e cominciava a essere ben definita. Un altro guardiamarina stava rientrando trafelato sottocoperta.
- Non ti sembra una base quella? - disse fermandosi di colpo.
- Dove? -
- Sulla destra. -
Marco si spostò per avere una visuale non disturbata dalle due torrette di cannoni.
- È Kastri. -
Al marinaio venne un dubbio.
- Kastri dici? Non mi pare, - disse tentando di guardare meglio.
- Forse hai ragione, - disse Marco sforzandosi di distinguere la sagoma. Mentre lo faceva e rifletteva, si mordicchiava inconsapevolmente l'interno della mano, tra pollice e indice. Quel piccolo tic lo aiutava a concentrarsi. Alla fine fu d'accordo anche lui che si trattasse di una base.
- Cosa ci fa una base in mezzo alle capre di Gozzo? - chiese l'altro.
- Siamo all'estremità dell'Europa. Di fronte all'Africa, dove c'è il nemico. Secondo me ha un senso. Segnaliamola. Al limite se ci sbagliamo passeremo qualche ora alla fonda, - disse Marco mentre accompagnava l'altro sottocoperta.
Entrarono sul ponte di comando e scattarono sull'attenti.
- Che cosa c'è? - gli disse il capitano di fregata, spingendoli a parlare.
- Abbiamo avvistato qualcosa, signor capitano. -
Il commodoro Harwood era già curvo su una cartina fisica dell'isola. Era un uomo di bell'aspetto e, quando era concentrato, come in quel momento, si accarezzava la folta barba sale e pepe.
- Abbiamo visto - rispose senza alzare lo sguardo. Poi si rivolse al suo vice, che era un giovane snello. - Ci rendiamo conto di quanto sia vicina a Kastri, poi puntiamo a ovest, ci nascondiamo dietro ai monti e chiamiamo le forze aeree. -
- Non potrebbero bastare i nostri aerei? - disse il vice.
- Preferisco una differenza di forze più cospicua. Meglio non rischiare. -
Il secondo gli porse il binocolo.
- Guardi. -
Il comandante si fece pensieroso.
- Kastri è troppo vicina. -
Non voleva rischiare degli uomini in una missione di ricognizione su un'isoletta scarsamente importante, però Kastri era troppo vicina. Bisognava capire quanti isolani erano impegnati giornalmente nella base. Stavolta erano necessarie informazioni e non si poteva intervenire solo con la forza aerea facendo un bombardamento a tappeto. Restituì il binocolo al secondo.
- Organizzi una ricognizione sotto copertura. -
Significava che sarebbero sbarcati pochi uomini, si sarebbero nascosti, o si sarebbero mischiati alla popolazione e avrebbero raccolto informazioni.
- Qualcuno che parli greco, con un accento accettabile, - aggiunse il comandante.
- Io comandante, - disse Marco.
Sapeva che con quell'affermazione si stava offrendo volontario per quella missione e aveva paura ma, visto che aveva già svolto quel tipo di missioni e, forse, era l'unico che parlasse greco sulla nave, quindi, tanto valeva fare bella figura anziché rischiare che arrivassero a lui, dopo avere spulciato le informazioni personali, magari scoprendo che era già informato, ricavandone una sonora figuraccia.
- Ha esperienza di ricognizioni? - chiese il comandante.
- Due missioni, - disse Marco pensando che con quell'ultima verità non sarebbe più riuscito a sottrarsi.
- Sta bene! Otto giorni! A mezzanotte torna con una barca. -
Il comandante non avrebbe voluto assegnare ancora una missione del genere, gli si leggeva negli occhi.
- Niente azioni personali. Sola osservazione e si torna alla base, - aggiunse.
PARTE 3 LO SBARCO
Marco era vestito di nero. Non erano abiti militari perché non bisognava portare nulla che lo identificasse. L'autogonfiabile era nello zaino e i remi erano tenuti insieme da una piccola cordicella. Arrivò alla fine della scaletta di corda e calò a mare il piccolo gommone, che si gonfiò immediatamente. Le luci di Kastri gli indicavano la direzione. Ci avrebbe messo circa due ore per arrivare a terra, giacché il mare era calmo e lui era in forma. Mentre iniziava a muoversi cercava di memorizzare la posizione da cui era partito, in modo da poterci ritornare dopo. Aveva guardato la conformazione della spiaggia ma ora si trattava di arrivarci, al buio. A un certo punto, saggiando il fondo con un sasso legato a una corda, aveva valutato una profondità di circa sette piedi. Non voleva bagnarsi completamente per non patire il freddo per il resto della notte ma, se la costa si fosse avvicinata, avrebbe dovuto buttarsi, affondare l'autogonfiabile e continuare a nuoto. A circa duecento iarde da terra aveva rigettato la corda con il sasso. Ora la profondità era poco meno di due piedi. Era il momento. Si era buttato nell'acqua che era fresca ma non gelida. Il fondo era sabbioso. Con un coltello aveva provocato un foro sotto la linea di galleggiamento dell' autogonfiabile e lo aveva spinto via, poi era arrivato a terra cercando di bagnarsi il meno possibile, si era nascosto sotto materiali di fortuna trovati in spiaggia e si era addormentato per la stanchezza.
Alle prime luci si era svegliato accorgendosi che era approdato a capo Tripiti, come previsto, lontano da Kastri e doveva avvicinarsi, almeno fino alle prime case. L'isola aveva degli alberi e le alture che aiutavano a nascondersi, comunque sapeva muoversi con molta cautela. Aveva una borraccia piena d'acqua, una volta finita quella doveva arrangiarsi. La penombra lo aiutava ma bisognava raggiungere Kastri e trovare un riparo con la giornata che prometteva di essere inclemente per il caldo.
Durante il percorso aveva incontrato delle pecore incustodite e si era finto il pastore, per dare meno nell'occhio, ma non aveva idea di come condurre il gregge. Capì subito che gli bastava spingere le bestie per farle andare dove voleva e si era spiegato la facilità con cui gli riusciva pensando che evidentemente fossero diversi gli uomini che le conducevano. Non aveva nessuna competenza per avere quella convinzione, se non la certezza di non avere mai condotto un gregge, ma non sapeva darsi altre spiegazioni e, in fondo, non servivano.
Era arrivato a una piccola casa in muratura, che sembrava abbandonata, si era allontanato dal gregge e le pecore avevano iniziato a pascolare nei dintorni senza andare via. Aveva forzato la serratura senza romperla ed era entrato. All'interno c'era una sola stanza e sulla destra c'era una finestra chiusa. Guardandosi intorno non riusciva a decidere se la casa fosse realmente abbandonata, poiché dentro era troppo curata. Comunque aveva altri pensieri ed era meglio affrontare un problema alla volta. Aveva ancora acqua, non aveva cibo e in casa non ce n'era, però fuori dalla casa aveva visto un pozzo, quindi l'acqua non doveva essere un problema. L'indomani avrebbe dovuto provvedere per qualcosa da mangiare. Aprì con cautela la finestra. Dal suo punto di osservazione vedeva le case di Kastri e la base, che non era deserta, ma era troppo vicina alla città. Bel problema. Doveva capire in che modo la si potesse distruggere minimizzando le perdite tra i civili e i danni al paese e, perciò, si sarebbe dovuto avvicinare per studiare il terreno, annotare le forze del nemico, capire dove tenevano le provviste, di quali armi disponevano, se i civili erano impegnati nella base e quando ce n'erano di meno. Una missione completa, in un'isola di poco conto. Non gli piaceva la situazione. Sapeva che, in quella situazione, probabilmente avrebbe dovuto accompagnare le truppe di terra e lui, in fin dei conti, la guerra l'aveva vista soprattutto dal mare.
PARTE 4 ANNA
Anna aveva poco più di vent'anni. Siccome era bella, cercava di evitare la base ed era diventata abile a nascondersi e apparire dimessa. Era una questione di vitale importanza che lei ci riuscisse, abitando su una piccola isola piena di tedeschi che, ancora, si sentivano i padroni del mondo. Anzi, sentivano di stare perdendo il mondo ed erano ancora più pericolosi. Alla fine i tedeschi non la guardavano più e lei non vedeva, ma osservava, non sentiva, ma ascoltava e non parlava mai troppo.
Il gregge non era mai andato da solo alla vecchia casa. Era strano che le pecore fossero arrivate là poiché l'erba era poca e per un lungo tratto non ce n'era, quindi qualcuno aveva portato là le pecore ma perché? Doveva essere stato Pietro - il matto - . Solo lui faceva queste cose.
Anna viveva con i genitori ed era una ragazza concreta e attenta per cui aveva subito pensato che quello non fosse il momento di dedicarsi alle pecore, perché aveva altre cose da fare, ma era un particolare che avrebbe tenuto d'occhio. Aveva finito di mettere a posto la casa, poi pensò che se Pietro - il matto - si era nascosto alla vecchia casa poteva essere successo qualcosa o, probabilmente, non significava niente ma Pietro voleva solo nascondersi e, spesso, quando succedeva, stava subendo qualcuna delle sue crisi e lei lo tirava fuori e lo calmava con una pagnotta e dell'acqua.
Attraversò il gregge di pecore tranquillizzandole e si era sedette su una pietra, a distanza dalla casa, ma in bella vista. Marco osservò quella ragazza mora e dai lunghi capelli neri che si avvicinava e decise che non era un pericolo, ma l'avrebbe osservata.
- Pietro, sono Anna. -
Aveva preso la pagnotta. Sapeva che Pietro avrebbe aperto la porta se avesse voluto farla entrare. Era un omone grande, con la faccia tonda, una forza sovrumana e un cervello da bambino. Con lei aveva sempre avuto un rapporto speciale, poiché era l'unica, a parte i suoi genitori, che riuscisse a parlarci sempre e anche a calmarlo, quando serviva.
- Ho portato il pane. Lo vuoi il pane? -
Anna aveva strappato un pezzo e lo stava mordendo, avendo buona cura che - scrocchiasse - il più possibile.
- È quello di mia madre. Ti piace il pane di mia madre! Non posso stare qua tutto il giorno. Perché non esci e mi dici cosa è successo? Non vuoi mangiare con me oggi? -
Aveva atteso qualche minuto in silenzio ma la porta non si apriva, quindi aveva preferito non entrare.
- Va bene. Lascio qua il pane. Torno dopo. -
Fece finta di allontanarsi ma nascose in un punto dal quale poteva osservare la casa senza essere vista, per cercare di capire quanto l'omone fosse agitato, se usciva per mangiare e se fosse il caso di mandare qualcuno.
L'uomo che uscì non era Pietro. Anna lo aveva guardato più volte per capire chi fosse e, visto che era un estraneo, aveva sentito un brivido di paura per il rischio che aveva corso. Poteva essere aggredita o chissà che altro ma, per fortuna, non era successo niente.
Ora, però, si poneva un altro problema: quello chi era? Soprattutto bisognava evitare disordini con i tedeschi giacché non era un soldato, quindi tornò a casa decisa a parlare con il padre. Lui poteva decidere cosa fare.
- Papà...c'è un uomo nella vecchia casa. -
Giovanni si fece attento.
- Sei sicura? -
- L'ho visto. -
- È un tedesco? -
- Non credo. -
- Se quelli se ne accorgono...sono troppo nervosi... - disse l'uomo preoccupato assumendo un'espressione grave mentre pensava sul da farsi.
- Tu stai lontana dalla casa. Andiamo con Giorgio e Pietro a dare un'occhiata. -
- Stai attento, - disse Anna.
L'uomo era uscito ed aveva percorso a passi svelti la poca strada che lo separava da casa dell'amico.
- Posso entrare? - disse dopo aver bussato.
Giorgio lo aveva fatto passare senza dire nulla.
- C'è qualcuno nella vecchia casa. -
L'uomo aveva annuito con un lieve grugnito grave, segno che aveva capito la portata di quell'affermazione.
- Vengo con te! - esordì alla fine.
- Anche Pietro, due braccia forti potrebbero servire. -
- Pietro! -
- Sì papà? -
- Dobbiamo andare alla vecchia casa. -
- Sì papà! -
- C'è uno straniero dentro! -
- Sì papà! -
- Non ti spaventerai vero? -
- No papà! -
- Non dobbiamo fare rumore ma, se succede qualcosa, colpisci. -
- Sì papà! -
- Hai capito bene? -
- Sì papà! -
- Questa cosa non si dice a nessuno. -
- Sì papà! -
I tre uomini erano arrivati alla vecchia casa e si erano sottratti alla vista mettendosi dove si era nascosta Anna.
- Io mi avvicino. Ti faccio un cenno per dirti se riesco a capire quanti sono. Se mi vedi entrare devo uscire in cinque minuti, altrimenti cerca aiuto, - disse Giovanni, il padre di Anna.
Giorgio aveva fatto un cenno di assenso con la testa.
Giovanni si era avvicinato alla casa e aveva guardato dentro, ma non aveva visto nessuno, lo segnalò agli altri, quindi decise di entrare.
Marco gli tappò la bocca appena fu fuori della visuale della porta.
- Non gridare. Ho visto i tuoi amici e posso sopraffarli. Li posso uccidere nello spiazzo prima che arrivino alla casa. È chiaro? -
Giovanni aveva fatto un cenno con la testa.
- Non sono tedesco. Sono di Creta. È chiaro? -
Giovanni aveva ripetuto il cenno con la testa.
- Non si deve fare male nessuno. Ora ti lascio la bocca. Fai entrare i tuoi amici e parliamo. -
Poi tutto era diventato buio.
- L'ho ucciso? - chiese Pietro.
Il padre lo guardò ostentando calma, poiché sapeva che Pietro era sull'orlo di una crisi di nervi, come al solito quando faceva qualcosa a qualcuno, quindi fece appello al suo autocontrollo per non istigare il figlio. Pietro non sapeva distinguere un nemico, contro il quale era giusto usare la forza, da una persona qualsiasi, che non doveva essere aggredita. Aveva solo visto Giovanni in pericolo ed era intervenuto.
- No. È solo svenuto. Sei stato bravo. -
L'omone aveva riso sollevato e iniziava a calmarsi. Giovanni si era affrettato a legare le mani e i piedi del prigioniero, come faceva con le pecore per impedirgli di farsi male quando erano ferite. Non era un'immobilizzazione comoda per un essere umano ma era efficace. Poi frugò nelle tasche dell'uomo ma non trovò nulla di rilevante.
- Che ne facciamo ora? - chiese Giorgio.
- Fammi pensare, - disse Giovanni guardando il corpo esanime come se gli potesse suggerire un'idea.
- lo teniamo qua, - concluse.
- E se è un amico dei tedeschi? -
- Se fosse amico dei tedeschi, sarebbe andato alla base. -
- Se i tedeschi lo trovano? -
- Anche se lo consegnamo, potrebbero pensare che lo abbiamo protetto. Pietro prendi un secchio d'acqua. Lo svegliamo! - disse Giovanni.
L'acqua gelata lo aveva svegliato subito ma Marco non si era mosso e non aveva aperto gli occhi perché voleva sentire i tre uomini e cercare di capire chi fossero.
- Prendi altra acqua, - disse Giovanni.
Un'altra secchiata lo aveva investito. Giorgio lo toccò con un piede.
- Sveglia! - intimò.
Marco aveva aperto gli occhi mentre Pietro lo metteva a sedere per terra nell'unica posizione che gli permetteva la maniera in cui l'avevano legato. Marco aveva già valutato la situazione. I tre uomini non erano soldati, erano paesani, si vedeva subito, l'avevano legato come si fa con le bestie ma l'immobilizzazione era serrata ed era solida.
- Chi sei? - chiese Giovanni.
- Marco Kastriokis. Vengo da Creta. -
- Come sei arrivato? -
- la mia barca è affondata vicino a Sarakiniko. -
- Quando? - lo sguardo dell'uomo si fece indagatorio.
- Ieri! -
- Non c'era mare ieri. Come sei affondato? -
- Con la guerra non ci sono neanche pezzi di ricambio e la mia barca aveva bisogno di manutenzioni ma se non andavo a mare, non mangiavo più. -
- Come sei affondato? -
- Hanno ceduto le tenute dell'albero. Se cercate la mia barca, potrebbe essere sulla spiaggia -
- Giochiamo a carte scoperte. Barche non ne abbiamo trovate, ma abbiamo trovato un gommone affondato e lo abbiamo nascosto. Un pescatore non va su un gommone. Chi sei? -
Marco era restato in silenzio per valutare la situazione.
- Perché avreste nascosto un gommone? -
- Perché se lo trovavano i tedeschi, mettono a ferro e fuoco il villaggio, - disse Giorgio.
- Mandiamolo via. Altrimenti i tedeschi diventano cattivi, - disse Pietro.
- Nessuno diventerà cattivo. Se non dice chi è lo consegniamo, - concluse Giovanni.
- Lo sai che se lo consegniamo i tedeschi perquisiranno tutta l'isola comunque, - disse Giorgio.
- Mi chiamo Marco Kastriokis, della HMS Ajax, della marina militare britannica. -
Le parole erano rimaste un attimo nell'aria e ci fu silenzio mentre Giovanni si faceva serio.
- E la nave dov'è? - chiese, pensando di dovere indagare per sapere la verità.
- Sono stato lasciato sull'isola per perlustrare la base, ma la questione è un'altra. Io non sono amico dei tedeschi, e voi? -
- Noi siamo amici dei tedeschi. Siamo amici di tutti quelli con le armi. Magari ti consegniamo e basta, - disse Giorgio guardandolo in maniera cattiva.
- Voi mi consegnate. Io sono fucilato e, magari, anche voi, giusto per sicurezza o per farvi stare zitti. -
- Oppure non ti consegniamo, tu sei uno di loro o quelli se ne accorgono e siamo fucilati come traditori, giusto per sicurezza, - terminò Giovanni.
- Hai ragione. Il rischio c'è. -
- Che cosa fai sull'isola? -
- Come ho detto abbiamo visto la base. Devo studiarla e riferire ai miei per poterla eliminare. -
Giorgio imprecò.
- Lo sapevo che alla fine sarebbe successo. Che facciamo? -
- Lo facciamo sparire noi. Senza che ne sappia niente nessuno. Niente rischi, - disse Giovanni.
- C'è anche un altro rischio. Io non faccio rapporto, la mia nave torna e comincia a sparare sulla base senza informazioni. Kastri è colpita o no? Quanti vostri amici e parenti muoiono? - disse Marco fissandolo negli occhi.
- E se ti ammazziamo noi? In fin dei conti non potrai parlare sia se sei un Inglese o un tedesco. Chi ti ha visto con noi? Ti ammazziamo e ti facciamo sparire, - disse Giorgio.
- In questo caso non risolveresti la questione della nave, se arrivasse. Te la senti di rischiare la vita dei tuoi? Tenetemi qui un giorno. Sorvegliate la base. Se mi verranno a cercare sono un tedesco ma, se loro non hanno idea che io sia qui... -
Giovanni stette in silenzio per pensare.
- Ho sete! - disse Marco.
- Pietro, dagli dell'acqua per favore, - disse Giovanni.
L'omone eseguì e Marco bevve. Poi guardò Giovanni.
- Decidi bene vecchio. -
- Che facciamo allora? - chiese Giorgio.
- Ho bisogno di riflettere. Facciamo come dice lui. Pietro resterà di guardia e noi pascoleremo le pecore vicino alla base. Stasera torniamo. -
- Pietro, devi restare qua, - disse Giorgio.
- Sì papà! -
- Se fa qualcosa di strano, stendilo. -
- Sì papà! -
- Non lo devi slegare per nessuna ragione. Hai capito? -
- Sì papà! -
- Per nessuna ragione! Non è un nostro amico! - rimarcò ancora l'uomo.
- Sì papà! -
- Ce la puoi fare? -
- Sì papà!"
Giorgio aveva guardato ancora Marco, come se volesse carpirne eventuali intenzioni nascoste. Poi i due uomini erano usciti. Pietro si era avvicinato alla finestra e li aveva visti andare via.
Marco, che cominciava a sentire dolore per i legacci, si stiracchiò.
- Fermo! -
Il dolore si allentò.
- Quindi, ti chiami Pietro. -
L'uomo non rispose ma Marco aveva deciso che era comunque il caso di tentare un contatto con lui, per cominciare a raccogliere informazioni.
- Andiamo... Non avrai paura? Mi avete legato. Almeno il nome me lo puoi dire. -
L'uomo non rispose.
- Devo dire che i nodi li sapete fare. Mi hai legato tu? -
- Giovanni. -
- Me lo dovevo immaginare. -
Qualcuno aveva bussato alla porta e Pietro aveva fatto uno sguardo sorpreso e spaventato quando Anna era entrata.
- Che ci fai qui? - chiese Pietro.
La ragazza si era avvicinata all'uomo senza rispondere.
- Chi sei? -
- Un pescatore. -
- Bugia! È Marco Kastriokis, della HMS Ajax, della marina militare britannica, - disse Pietro.
- Cosa ci fai qua? -
- Stavamo di pattuglia e abbiamo notato la base tedesca. -
- E perché non vi siete allontanati e basta? -
- Non possiamo lasciare una base in attività. -
- Allora, perché non l'avete distrutta? -
- Lo avremmo fatto, se Kastri non fosse stata troppo vicina alla base. La base deve essere perlustrata. -
Marco aveva cercato una maniera gentile per non dire che presto sarebbe arrivata l'aviazione, probabilmente inglese, e avrebbe raso al suolo tutto. Non sapeva perché avesse voluto usare questo riguardo a quella ragazza, che era oltremodo ostile.
- Allora, Marco Kastriokis, della HMS Ajax, della marina militare britannica, Tu che ci fai qua? -
- Hanno mandato me perché parlo greco. -
La ragazza lo aveva guardato dubbiosa.
- Allora diciamo che le cose stanno così. O sei chi dici di essere, o sei tedesco o, comunque, non puoi andare alla base. Magari sei un disertore e stavi scappando. -
- Non ti posso aiutare a decidere. -
- Allora facciamo che sei un marinaio inglese. -
- Devi andare via. Tuo padre si arrabbierà, - disse Pietro alla ragazza.
- Se non glielo dirai, non si arrabbierà. E tu non glielo dici, vero Pietro? -
Pietro aveva tentato di eludere il suo sguardo.
- Vero Pietro? - insistette lei.
- Lo sai che non glielo dico. -
- Bravo. -
La ragazza aveva studiato l'uomo, ora che poteva tornare a concentrarsi su di lui. Aveva deciso che non era bello ma aveva un suo fascino. Poi si era distolta da quei pensieri in fin dei conti era entrata per curiosità, quindi, tanto valeva, cercare di togliersi la curiosità.
- Secondo me sei un disertore. -
- Non può essere. -
- Perché? -
- Se fossi un disertore, aveste già visto qualcuno in giro a cercarmi. -
- Può essere presto. Magari non si sono ancora accorti che sei scappato. -
- La stessa cosa hanno detto i due uomini che c'erano prima. -
- E poi? -
- E poi hanno deciso di verificare. -
- In che senso? -
- Sorveglieranno la base per vedere movimenti. -
La ragazza scattò in piedi e uscì e Marco si accorse che era visibilmente allarmata.
- Ho detto qualcosa? - chiese Marco.
- Bo? - rispose Pietro.
Anna si era preoccupata perché negli ultimi tempi aveva notato movimenti nella base. I tedeschi sembravano nervosi. L'ultima cosa che serviva era che qualcuno si facesse fucilare solo per essere passato nel posto e momento sbagliato ma non aveva detto nulla al padre delle sue preoccupazioni perché lui avrebbe cominciato a fare domande e, in quel momento, se ne era pentita.
Aveva corso come una forsennata e si era tranquillizzata solo vedendo che il gregge pascolava vicino alla base ma non era vicinissimo. Dove c'era il gregge, c'era suo padre. In fin dei conti non era uno sprovveduto pensò, mentre smetteva di correre e iniziava a camminare. Si tranquillizzò definitivamente quando vide Giovanni e Giorgio che sembravano impegnati nelle loro solite attività.
- Benedetta ragazza. Non ti voglio vicino alla base, - disse il padre tirandola in disparte.
- Neanche voi dovreste stare qua. È pericoloso! -
- Benedetta ragazza. Te ne vuoi andare? Oggi dobbiamo stare qua. L'erba che ci serve sta qua! -
Lei non aveva detto che conosceva il motivo per cui si trovavano là, altrimenti il padre si sarebbe seriamente arrabbiato.
- Me ne vado ma se non rientrate subito, lo dico alla mamma che vi siete messi qua. -
Anna sapeva che Giovanni evitava sempre di far preoccupare la moglie e aveva detto apposta quelle parole.
- Torniamo appena possibile. Ora vai via, che se ti nota qualcuno di quei tedeschi, si potrebbe inventare di fare la ronda solo per infastidirti. -
Siccome era già successo Anna sapeva che poteva essere vero.
- A pranzo a casa! Entrambi! - intimò prima di allontanarsi.
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