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Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
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Autore: Federico Maderno
Titolo: Di nuvole e d'acqua salmastra
Genere Giallo
Lettori 3213 21 22
Di nuvole e d'acqua salmastra
Porto Tolle, venerdì 7 giugno 2013.

Carissimo,
ti ho scritto, nella mia ultima di qualche giorno addietro, di quella vicenda che ha sconvolto la famiglia della vedova che mi ospita. Ho fatto qualche indagine in giro (non stupirti, sembra ormai che il mio breve destino sia quello di essere coinvolto nei problemi degli altri, più che nei miei).
In verità, sarà perché questa è una comunità piccola e le novità non sono all'ordine del giorno, la gente s'intriga volentieri di quello che è accaduto. Massimamente, se si tratta di fatti degli altri.
Dunque, ne ho parlato con qualcuno dei diretti protagonisti. Per esempio, con un sottufficiale dei Carabinieri che era allora come adesso in servizio effettivo da queste parti. È un maresciallo di origini veneziane, a giudicare dal cognome Boscolo, dalla cadenza e dall'intercalare che a volte stento a comprendere; perché credo mischi detti popolari veneziani e bolognesi così come gli capita. Il classico tipo del ficcanaso, come immagino convenga essere, del resto, a chi per ruolo deve occuparsi delle vicende del territorio.
Gira spesso insieme ad un suo sottoposto, un ragazzone atletico di nome Motta, tanto taciturno quanto invece è ciarliero il suo superiore.
Di quella notte, ricorda perfettamente le condizioni nelle quali è stato trovato il presunto omicida, vale a dire in uno stato di assoluto intontimento, ma su altri particolari mi sembra che la sua memoria sia assai meno valente.
Ad esempio, mi ha detto che il ragazzo, una volta individuato oltre il ciglio della strada (era disteso a terra con gli indumenti intrisi di sangue che si credeva suo ed era, invece, della vittima), è stato trasportato, una prima volta, sulla Campagnola dei Carabinieri; e invece, uno degli operai comunali, con il quale sono entrato un po' in confidenza, mi ha assicurato di averlo issato lui stesso, insieme ad altri paesani, sul furgone col quale gira abitualmente per il paese, anche perché asserisce di ricordare benissimo come il mezzo fosse poi imbrattato da tutto quel sangue e che dovette lavarlo con cura.
Ora, è evidente che si tratta di particolari magari insignificanti, ma mi chiedo se a volte non si celino nel banale gli elementi che possono ribaltare l'interpretazione di una storia.
Dove voglio arrivare? Nemmeno io posso saperlo.
Sono consapevole di quanto la situazione di quel ragazzo sia complicata e compromessa (dopo due gradi di giudizio entrambi sfavorevoli). E mi chiedo se davvero io non stia iniziando a diventare folle nello sperare di fare emergere una verità diversa da quella processuale.
Eppure, magari a causa di quella stessa pazzia, ho una strana sensazione addosso. Chiamala, se vuoi, solo una fantasia sovreccitata e quindi considerala, senz'altro, una proiezione alterata del mio stato di quiete apparente.
Oggi, per esempio, ho voluto vedere i luoghi di quell'omicidio, ma desideravo osservarli senza essere condizionato da uno dei testimoni di cui ti ho accennato.
Cercavo dunque chi potesse mostrarmi il punto esatto, ma non fosse nella condizione di influenzarmi altrimenti, e temevo che la mia ricerca sarebbe stata assai problematica.
Invece, chi credevo di dover scovare al prezzo di chissà quali ricerche lo avevo sotto gli occhi: sono andato sui luoghi con il piccolo Paolo Crepaldi.
È un ragazzino terribilmente sveglio. Sotto quella corazza da animaletto selvatico che si è costruito per proteggersi dalla situazione, si celano un'intelligenza viva ed un'inaspettata ironia.
Abbiamo compiuto l'avventura, un po' improvvidamente, con le nostre biciclette (con un meccanico di tale livello al seguito, mi sarei sentito di andare in capo al Mondo), partendo a metà del pomeriggio, quando il sole era ancora molto alto sull'orizzonte. Avevamo, naturalmente, il permesso della Signora Crepaldi e io le avevo assicurato che saremmo tornati, in ogni caso, prima dell'ora di cena.
Si deve passare sulla sponda destra del Po, lasciarsi alle spalle Cà Tiepolo, passare per Tolle e poi attraversare su un ponte un ramo del fiume, fino a Polesine Camerini. Da qui, la sagoma della centrale elettrica è perfettamente distinguibile, sovrastata com'è da una ciminiera che si innalza per decine di metri. Eppure, come il classico lumino notturno nelle favole... cammina, cammina, sembra che non si debba mai arrivare ad avvicinarla.
Sono insidiose, queste strade pianeggianti e infinite. L'idea di poter fare poca fatica, considerando la mancanza di salite, illude di poter divorare i chilometri con estrema facilità, ma questi rettifili non finiscono mai e basta un alzarsi di vento per far diventare i pedali pesanti come fossero di granito. Non ti nascondo che un paio di volte stavo per rinunciare. Naturalmente, il ragazzino volava sulla sua bicicletta e credo che, alla stregua di un segugio quando viene portato a spasso per i prati, nel suo precedermi e tornare indietro abbia percorso più o meno il triplo del tragitto necessario.
Avevo preventivato di impiegare un'ora, per raggiungere la meta e non mi è bastata un'ora e mezza.
La sofferenza è stata tanta. Inutile cercare alibi nella natura dei luoghi e neppure nell'afa del pomeriggio. È il fisico che fa, ormai, quello che può (poco) e si prende le sue pause quando meno uno ne avrebbe bisogno.
Finalmente, siamo arrivati nei pressi della centrale, che è un grosso complesso industriale dal quale si dipartono imponenti linee elettriche sospese sui tralicci. Bisogna aggirare l'impianto e ci si trova in faccia al mare, ma ancora separati da questo da quelle lingue di sabbia che arginando l'acqua del fiume generano un mondo intermedio, non più dolce e non ancora salino.

Alla fine, siamo arrivati nel punto esatto dove è stato trovato il ragazzo. Il fratello non ha dubbi al riguardo, perché rimane proprio in corrispondenza di uno slargo della strada e di un piccolo approdo per barche.
In fondo, c'era ben poco da vedere: la via costeggia una laguna salmastra che precede il mare aperto. Lo specchio dell'acqua è per lo più occupato da una distesa di canne palustri che forma una barriera inestricabile. Sono ciuffi fittissimi che escono direttamente dalla superficie liquida e quasi stagnante, alti forse tre metri e con alla sommità un pennacchio lanoso.
Il piccolo Paolo dice che quella distesa è come un labirinto e se la si prova ad attraversare con una barca e non si ha esperienza e dimestichezza con i luoghi, si stenta a cavarsene fuori. Lui sostiene che gli unici che la conoscono veramente bene sono i cacciatori di frodo, perché devono attraversarla anche di notte, con l'unico aiuto della luce lunare. Non credo che esageri.
Oltre il ciglio stradale, dalla parte della terraferma, c'è un fossato invaso dall'erba che a luglio doveva essere ancora più alta e intricata di come l'ho vista io. E in quel punto, ben visibile da chi lo cercava, c'era Vittorio Crepaldi, sostanzialmente incosciente e con gli abiti intrisi di sangue.
La carreggiata, di modeste dimensioni e certamente poco trafficata, è totalmente priva di illuminazione pubblica, dunque avranno dovuto contare unicamente sui fanali delle vetture.
Come il ragazzo ci sia arrivato e come abbia incontrato la sua vittima è davvero difficile comprenderlo. Si tratta di una zona, come ti ho detto, assolutamente marginale e periferica, usata quasi esclusivamente per la conduzione dell'impianto termoelettrico.
Immagino che di giorno possa essere meta di amanti della natura (e qualcuno lo abbiamo incontrato anche noi, in bicicletta, a correre o a fotografare), ma negli orari in cui si svolsero i fatti è difficile pensare di trovarvi anima viva. Lungo quella stessa strada, nella direzione che va alla centrale e costeggiando il canale che alimenta l'impianto, il ragazzo mi ha indicato il punto dove furono trovati, invece, il cadavere della vittima e la sua vettura.
Si tratta, in quel caso, di una gora seminascosta dalla vegetazione, a forse duecento metri dal primo luogo. Non mi stupisco, ora, del fatto che il corpo sia stato rinvenuto solo la mattina del giorno successivo, considerando la scarsa visibilità indotta dalla vegetazione e soprattutto il fatto che chi era in cerca del ragazzo non si è spinto ulteriormente lungo quella strada, ma al momento, trovato il Crepaldi, ha pensato che il più fosse compiuto.

Vero è che si trattava di una notte di luna piena (sono andato, sulla rete, a consultare le effemeridi lunari di quel giorno), ma questo sarebbe stato un elemento decisivo se i primi soccorritori fossero stati a conoscenza del delitto, mentre al principio hanno pensato che tutto quel sangue appartenesse addirittura all'omicida e fosse lui la persona ferita.
In buona sostanza, come vedi, il nostro sopralluogo è stato all'apparenza avaro di spunti. Eppure, anche quelle poche anomalie che ti ho raccontato (chiamale piuttosto singolarità, se vuoi) hanno alimentato ancora l'illusione di poter venire a capo di qualcosa, non so davvero cosa, che possa...
Non vado oltre. Non oso essere ottimista in modo così ridicolo e dunque nemmeno mi spingo a preconizzare sviluppi rivoluzionari sulla storia.
C'è poi una considerazione che desidero condividere con te. Mi riferisco a quel ragazzino scatenato in bicicletta. L'ho visto trasformarsi sotto i miei occhi, mostrare lo spirito spensierato che devono avere i suoi anni.
O forse è semplicemente venuta fuori una sua natura che l'atmosfera famigliare, inevitabilmente, tiene celata o sopita. Te ne renderò conto nei prossimi giorni.
Federico Maderno
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