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Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Luisa Diaco
Titolo: Otto giorni di te
Genere Narrativa
Lettori 754 2
Otto giorni di te
I miracoli esistono?
C'è stato un tempo in cui questa domanda era priva di senso, non credevo alla loro esistenza. Oggi ho la convinzione che ogni evento inspiegabile possa essere scambiato per miracolo. O forse tutto quello che è un mistero può trasformarsi in miracolo.
La via che ho seguito mi ha condotto sulla strada giusta, quella prescelta.
Sebbene abbia accettato la mia storia, mi stupisce ancora il suo evolversi; per un ordine poco naturale, ho assistito a un avvenimento incredibile. Come non desiderare di comunicarlo al mondo, all'universo tutto che solo la scienza spiega il suo esistere?
Scriverlo era la modalità più giusta, anche se è un compito complesso per me, poiché richiede una buona dose di abilità comunicative. Credevo che il disegno, la pittura potesse essere l'unica forma per esprimere tutte le emozioni e le sensazioni che ho provato e avrei vissuto. Non è così.
Sarei stata abile nel raccontarvi questa storia, quello che è accaduto in un disegno o un dipinto? Avrei dovuto eseguire almeno cinquecento disegni, o anche di più: compito arduo, ma in fondo lo scopo qual era?
Quello di farvi assaporare il cibo dei luoghi che ho visitato, l'accoglienza e la fraternità, la rabbia e la gioia in un'unica espressione? Il respiro ansimante quando feci l'amore con lui? Oppure di quel lui di cui voglio parlarvi? Avrei avuto l'abilità di farvi percepire i miei stati d'animo quando lo incontrai la prima volta? Io non credo!
Avrei pasticciato per anni interi tutte le idee e i pensieri che avevo nella testa senza arrivare ad alcuna conclusione, incapace di trasmettervi ogni attimo e istante di questa mia storia.
Parlerò con voi al presente, perché tutto sta accadendo ora, in questo momento. Non userò il passato remoto: andammo, fummo, dissi, se non in alcune occasioni e scoprirete voi stessi il motivo per cui lo farò.
Sono Lisa e non posso aggiungere altro, altrimenti rischierei di rompere il legame che vorrei costruire con voi. Iniziare un monologo sulla mia persona lo trovo alquanto irriverente e non vorrei lasciare, in chi mi legge, l'impressione di essere, in qualche modo, carente di veridicità. Sono Lisa e basta.
Lisa, della quale scoprirete ogni angolo della pelle, ogni pensiero e desiderio, ogni paura e incertezza. Lisa che oggi si trova a guardare fuori dall'oblò di un aereo mentre raggiunge una terra dimenticata da Dio, lontana dalla sua amata Roma.
Nel cuore della Lisa di oggi, il sole non accenna a voler sorgere e il vento freddo soffia il gelido inverno, che sibila e sputa aria fredda dentro l'anima.
Lisa che sta vivendo una situazione alquanto singolare.
Ma partiamo dal principio, quando cinque anni fa questa storia ebbe inizio. Lo scenario allora era del tutto diverso: ero al mare sulla riviera romagnola.

Lisa
Era l'otto agosto quando lo vidi per la prima volta. Madre natura aveva senza dubbio richiamato, dall'oltretomba, i più grandi maestri d'arte per creare quella meravigliosa creatura che emergeva dalle acque innanzi a me. Il corpo, modellato con perfezione assoluta, doveva essere stato ideato da Michelangelo e i suoi occhi dipinti da Monet: verdi con macchie azzurre che davano origine a un movimento all'interno, imprimendo la luce. I capelli erano raggi di sole scintillanti sul suo capo, corti ai lati con una ciocca che cadeva sul lato destro della fronte.
Seduta sull'arenile, lo osservavo avanzare adagio, affiorava dalle acque che lambivano le mie caviglie, con un'aria misteriosa e seducente. Sbirciai dagli occhiali da sole, o meglio sopra di essi, calati fino al naso per l'occasione. Per un attimo guardai la mia immagine, come se mi fossi staccata dalle membra: Madre natura, per me, aveva richiamato di sicuro Picasso per modellare la mia silhouette e Caravaggio per dipingere i miei occhi.
Il bel tipo si sedette vicino a me... non immaginate l'improvvisa accelerazione del mio cuore. Tutto roteò in tondo, sembrava di essere su una di quelle giostre che non finiscono mai la loro corsa. Anche la musica che proveniva dal Sirena, il ristorante sulla spiaggia, creava un'atmosfera che mi stordì. Quando mi voltai a guardarlo, mi accorsi che mi stava osservando con le labbra rivolte verso l'alto. Non osai contraccambiare. Continuò a sorridermi.
Ma questo è scemo o cieco?
Si avvicinò una ragazza con un bikini appena accennato, una linea statuaria fuoriusciva impetuosa dal costume. Mi scrutò con uno sguardo strano.
«Ti ho forse visto da qualche altra parte?».
Non ebbi il tempo di rispondere, si girò scrollando le spalle.
«Ciao, Luca. Che fai, vieni con me?» disse mentre lo fissava negli occhi.
Che strafiga, pensai a bocca aperta.
«No, resto qui».
Li osservai mentre rimanevo in silenzio, spostando gli occhi da l'uno all'altra e pensai che fosse stupido... o cercava solo un po' di tranquillità?
«Volevo andare a cena fuori» esordì con vivacità attorcigliando i capelli tra le dita.
«Sarà per un'altra volta, Anna».
«Dai, Luca, andiamo a prenderci una pizza».
«No» sbuffò lui.
«Mi fai arrabbiare quando ti comporti così».
«Ti passerà» sussurrò con una smorfia stampata sulla faccia.
«Sei un bel tipo. Snob, dovrei dire».
«Pragmatico, semmai».
«Sì, vabbè, ci vediamo, allora» bisbigliò con voce rassegnata.
Sul suo viso vidi svanire tutta l'esuberanza e lasciare alla delusione la libertà di disegnare un'incurvatura sulla bocca. Lei indugiò qualche istante, mi fissò, poi si girò e senza salutare si allontanò con ritrosia.
Era stato tutto imbarazzante e lei c'era rimasta davvero parecchio male.
«Ti chiedo scusa. A volte Anna è invadente».
Si voltò e mi guardò con aria dispiaciuta. Lo esaminai alla luce del sole senza dire nulla, gli sorrisi mostrando tutti i denti come fossi una scimmia impertinente. Lui colse il sarcasmo sul mio viso.
«Hai ragione, forse ho esagerato» rispose con un lieve disagio.
Non esitai nel difendere quella ragazza.
«Credo di sì» dissi mordendomi il labbro superiore.
«Non mi piace quando qualcuno insiste. Mi infastidisce e innervosisce. Avrò pure il diritto di scegliere, no?».
«Certo, certo».
Vidi scivolare le sue gambe sull'asciugamano. Erano lunghe circa la metà della sua altezza, come la perfezione nel disegno. Lui era serio: osservava il mare senza battere ciglia. Io non sapevo cosa mi stesse accadendo: volevo fuggire ma restare, parlare ma non dire nulla. Quell'incantesimo che rese tutto surreale, si spezzò dopo un tempo che mi sembrò lunghissimo.
«Sono Luca, e tu?».
Furono la sua voce e l'espressione del volto che mi impedirono di rispondere. Cercai la forza di parlare, ma le parole uscirono afone, una a una si allontanavano come le nuvole spazzate via dal vento. Lui, o Luca come si chiamava, aspettò.
Provai di nuovo ad aprire la bocca e riuscii a dire il mio nome.
«Bellissimo nome».
«Gra-gazie».
Il sole stava scendendo impaziente sull'argine che delimitava il cielo dal mare. Un'enorme palla di fuoco si immergeva in fretta nell'abisso delle onde. Luca continuò a starmi di fianco. Mentre mi stava vicino, tornai a pensare a Carlo, il mio ex, che incontrai sulla spiaggia tempo prima. Non era di una bellezza accecante, come quella di Luca, ma si era avvicinato con la camicia bianca aperta sul torace che faceva intravedere i muscoli ben scolpiti e i jeans scoloriti, come se fosse un marinaio giunto da chissà quale isola misteriosa.
Quello mi colpì di lui.
Aveva riccioli castani che scendevano ribelli sulla fronte, gli occhi color miele e un sorriso disegnato, con la matita più scura, per tutto il perimetro della bocca. Si sedette di lato a me, con disinvoltura, alla maniera di Luca ma quel giorno non ero sola, vicino a me c'era Sabrina, la mia migliore amica. Sono passati molti anni da allora e il ricordo di quella relazione è ormai assopito nella mia mente.
All'improvviso, cercai di strizzare gli occhi e misi a fuoco l'immagine del ragazzo che mi stava fissando e che continuava a mescolarsi con quella del passato. La sua voce giunse da chissà quale remoto pianeta e avanzò come l'effetto slow-motion, a rallentatore.
Luisa Diaco
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