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Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Luca Mirabile
Titolo: God save the daddies
Genere Narrativa
Lettori 62 2 1
God save the daddies
(Dio salvi i papà).

Quella domenica lavorativa lasciò un segno profondo nella mia attività e nel mio umore. Mi sentivo “preso di mira” non mi davo pace su chi fosse riferita quella frase la “gente parla”, quindi guardavo tutti con sospetto anche se su qualcuno avevo puntato, a ragione, maggiori indizi di colpevolezza.
Questa situazione fece scattare in me una scintilla, quella di rimettermi in gioco e di valutare una nuova esperienza professionale che mi consentisse di avere maggiore tempo per me, per la mia famiglia, per i miei bambini.
Mentre io camminavo in terreni aridi la situazione di Francesca era sempre più florida, si trovava molto bene nel nuovo impiego, i colleghi erano gentili, le tutele che le venivano offerte le consentivano di avere un po' di tempo per lei e finalmente per la famiglia.
Le giornate di ferie erano effettivamente di riposo, nessuna chiamata, nessuna pressione, come il diritto alla malattia quando, in caso di assenza, non avrebbe avuto alcun dovere di dover lavorare ma i colleghi svolgevano anche le sue mansioni, cose che dovrebbero essere normali ma non lo erano assolutamente per me.
Basti pensare che una volta, durante la fase acuta di una gastroenterite, fui costretto a lavorare. Da un lato del letto avevo il pc e dall'altro il catino. Non fu assolutamente una bella giornata.
Queste situazioni, unite al fatto che la condizione per me stava diventando sempre più insostenibile, mi portarono a chiederle di rispolverare i libri e le leggi che avevamo accumulato negli anni di studio per i suoi concorsi, per provare a entrare anch'io nella pubblica amministrazione.
Tornare a studiare dopo dieci anni non era sicuramente un'impresa semplice, ma mi conoscevo e sapevo che quando mi metto in testa una cosa non mollo l'obiettivo fino a quando non lo raggiungo.

Così, dal mese di ottobre iniziai a studiare i vari manuali e le leggi, pur non avendo un obiettivo già prefissato in quanto non erano ancora usciti dei bandi di concorso a cui potevo iscrivermi, ma sapevo o almeno immaginavo che da lì a poco si sarebbero potute aprire delle opportunità, e io dovevo farmi trovare pronto.
Il fatto di avere già i testi e i commenti audio/video, insomma tutto il materiale che aveva utilizzato Francesca, mi aiutava e facilitava il lavoro. Inoltre, per diversi mesi avevo sentito, anche se indirettamente, molti argomenti di esame, e pertanto non ero proprio a digiuno delle materie.
Gli argomenti da studiare erano comunque molti e il tempo a disposizione non era tanto in quanto potevo farlo solo in orario extra lavorativo e compatibilmente con gli impegni famigliari.
Visti i trascorsi non volevo però che la situazione degenerasse come avvenuto con la nostra precedente esperienza che era diventata quasi una malattia. Decisi così di studiare un po' a tempo perso anche durante i week end, quando i bambini dormivano o se erano impegnati in altre attività, non sacrificando quindi la vita famigliare.
I primi bandi di concorso non tardarono ad arrivare e dopo circa cinque mesi furono fissate le prime prove delle selezioni a cui mi ero iscritto. Seguendo l'esempio della precedente esperienza decisi di utilizzare le prime prove come test sia per valutare la mia preparazione, sia per aprirmi delle eventuali porte nel caso in cui la mia situazione lavorativa fosse precipitata, in quanto il contesto generale stava lentamente degenerando.
La situazione “umana” non era sicuramente migliorata e non c'erano nemmeno possibilità che cambiasse. Quando si iniziano a instaurare certi rapporti poi difficilmente possono essere “raddrizzati”, ma a questo contesto patologico si aggiungeva il fatto che anche le mie mansioni furono messe in discussione.
A causa di alcune decisioni di sospendere l'attività aziendale da me gestita e la scadenza del contratto di affitto di un'altra branchia societaria, mi trovavo pertanto in un limbo.
Non solo la situazione sociale stava mutando, ma rischiavo di perdere anche il mio lavoro, non inteso come impiego (in quanto essendo assunto a tempo indeterminato non mi avrebbero potuto licenziare) ma come attività che seguivo con il rischio di essere spostato in un altro reparto che avrebbe significato dover lavorare in turni festivi e notturni, cosa assolutamente incompatibile con le mie esigenze famigliari.
La scomparsa improvvisa e prematura di una mia storica collega aveva reso la situazione ancora più pesante, inoltre le parole del marito subito dopo la sua morte: “Abbiamo fatto una vita di sacrifici ecco il risultato” mi fecero molto riflettere sul senso della vita e del denaro.
Una volta raggiunto l'obiettivo di avere una casa di proprietà nostra e un ricovero per la nostra nuova macchina (che avevamo da poco acquistato), quale peso dovevamo dare ancora ai soldi? Era ancora fondamentale avere qualche centinaio di euro in più al mese, oppure il tempo libero da trascorrere con i nostri bimbi era più importante?
In ogni caso, per quanto continuassi a impegnarmi nello studio con costanza, molte volte il pensiero di cambiare vita, uscire dalla mia comfort zone dopo quattordici anni, ricominciare da zero o quasi, perdere molti dei rapporti che avevo costituito in questo lungo periodo, mi spaventava.
Inoltre, anche se come detto stavo sempre di più cambiando la mia idea sul senso della vita e del denaro, era inevitabile che, ricominciando da zero, andavo a rimetterci economicamente un bel gruzzoletto tra stipendio, benefit vari (assicurazione sanitaria, buoni pasto, buoni benzina ecc.) e questo ogni tanto mi faceva, ancora, tentennare sul fatto se la scelta che stavo maturando fosse quella giusta.
Come si dice però, una volta che si è in ballo bisogna ballare. Il percorso ormai era tracciato e man mano uscivano dei bandi di concorso sempre più interessanti a cui volevo partecipare anche per esaminare il mio stato di preparazione, fare esperienza e provare ad aprirmi nuove soluzioni.
Per fare questo mi iscrissi a delle selezioni di alcuni enti Locali della mia regione che potevano essere raggiungibili tramite eventuali mezzi pubblici. Nel mese di febbraio, quindi circa cinque mesi dopo l'inizio di questo percorso, mi presentai per il primo concorso di un ente locale regionale.
Si trattava di un test a riposta multipla sulle domande classiche dei concorsi pubblici e di logica. Quest'ultima è sempre stata il mio “tallone d'Achille”. All'inizio affrontai l'attesa con molta tranquillità, ma man mano che passavano i minuti la tensione saliva e quando mi arrivò il test cominciai a sfogliare nervosamente le pagine mentre il timer del tempo diminuiva inesorabilmente.
Dopo un paio di ore dal termine della prova i risultati furono pubblicati; l'esito non fu positivo, avevo raggiunto il punteggio di venti quando il minimo per l'accesso all'orale era ventuno.
Tornai a casa con le “pive nel sacco”, con un mal di testa fotonico e con le orecchie basse. Per mesi non avevo capito il motivo per cui Francesca non passasse i concorsi e ora era toccato anche a me, non era così semplice come sembrava, quindi.
Rispetto a lei però io ho un carattere diverso e non mi arrendo alle prime difficoltà. Colsi quella sconfitta come pretesto per ripartire e migliorare oltre che come spunto per capire gli argomenti che dovevo approfondire; In fondo ero solo all'inizio di un lungo percorso.


L'occasione di riscatto arrivò poco dopo quando partecipai a un concorso di un altro ente locale dove riuscii a passare molto bene sia la prova scritta che quella orale, ottenendo il “pass” per la prima graduatoria di un concorso pubblico della mia storia di concorsista.
A questa esperienza ne seguirono altre, a un certo punto partecipavo, tra prove preselettive, scritte e orali, praticamente a un concorso ogni dieci giorni. Era diventata una droga. Furono anche belle esperienze che mi consentirono di conoscere tante persone, con alcune delle quali siamo ancora in contatto, e tante storie di vita.
In particolare, mi colpì un ragazzo della mia età, anche lui sposato con due bambine piccole. Mi confidò che voleva cambiare vita in quanto era il responsabile di alcuni punti vendita della grande distribuzione e siccome l'azienda gli aveva affidato la gestione degli store di una nota località balneare le estati le passava a lavorare e non aveva visto crescere la prima figlia che ormai aveva sei anni e non voleva che succedesse la stessa cosa con la secondogenita di due.
Questa storia, insieme a quelle di tante di donne che dovevano rientrare dalla maternità, o di persone che volevano cambiare il proprio percorso per avere maggiore tempo per loro e per la famiglia, mi colpirono molto, in quanto erano molto simili alla mia e a quanto da noi vissuto.
I mesi passavano veloci, le prove erano sempre più frequenti in quanto tutte le pubbliche amministrazioni volevano concludere le procedure avviate prima dell'estate e stavano arrivando anche gli appuntamenti più importanti che mi ero fissato: le selezioni per gli enti della mia città e per la mia regione di appartenenza.
Passavo da normative sanitarie a quelle degli enti locali a quelle regionali, la stagione calda si avvicinava, e aumentava la stanchezza generale per la situazione lavorativa e per lo studio e lo stress da concorso.

Il mese di giugno e la prima settimana di luglio in particolare rappresentavano un po' un crocevia per il mio futuro. Erano in programma, infatti, ben cinque concorsi che a loro volta si dividevano tra prove orali e scritte, e tutte in enti per i quali avevo particolare interesse a fare bene.
I tempi del warm up (riscaldamento per gli sportivi) era finito ed era arrivato il momento di competere per il risultato. La stagione calda, la stanchezza e la tensione non aiutavano sicuramente e la prima parte del mese di giugno fu parecchio pesante anche per due risultati negativi in due esami orali a cui tenevo particolarmente.
Purtroppo, succede spesso che la tensione giochi brutti scherzi, e così è stato anche per me, in particolare per un esame a cui ci tenevo molto. In realtà questo concorso era già nato male in quanto il giorno della prova scritta, che si svolgeva on-line, ero stato soggetto a un problema di gastroenterite abbastanza forte che mi aveva costretto a svolgere la prova con l'ausilio di un pannolino di Daniele.
Furono due mazzate abbastanza importanti dal punto di vista psicologico, ma dovevo rialzarmi immediatamente, in quanto c'erano ancora altri tre concorsi fondamentali e dovevo riprendere la serenità, nonostante tutto.
Con il senno di poi mi sono chiesto molte volte: “Cosa sarebbe successo se avessi passato l'esame per funzionario di categoria D in quell'ente locale?” Probabilmente, anzi sicuramente, avrei preso servizio in quella pubblica amministrazione e non avrei intrapreso le altre strade. Ma come mi sarei trovato? Sarei stato felice?
Il famoso Sliding doors: non sapremo mai perché Dio o il destino abbia voluto questo per me.
In ogni caso, a metà giugno arrivò la possibilità di riscatto con una selezione per un ente di ricerca della mia città che mi era stato segnalato da un mio compagno di squadra, ricercatore in quel contesto.

Il giorno prima dell'esame mi accorsi, rileggendo bene il bando, che si trattava di una prova selettiva per la formazione di una graduatoria a tempo determinato per dodici mesi.
Se lo avessi saputo, o meglio se avessi letto con più attenzione l'avviso, probabilmente non avrei nemmeno partecipato ma ormai avevo studiato le materie anche specifiche e quindi andai a sostenere le due prove che andarono molto bene, dopo le quali mi piazzai al secondo posto.
Gli ostacoli non erano ancora finiti, mancavano i due ultimi concorsi, uno scritto e uno orale, di questa prima tornata prima della pausa estiva. Andarono entrambi bene, in particolare la seconda prova dell'ente regionale che era il mio grande obiettivo.
La settimana precedente a quella selezione la passai al mare, da solo con i ragazzi in quanto ci eravamo divisi le settimane di ferie con mia moglie in modo da consentire loro di stare tranquilli ed evitare di “piazzarli” in qualche centro estivo. Questo mi permise di non pensare più di tanto all'esame fino al giovedì sera, quando rientrai a casa per sostenere la prova la mattina successiva.
Atteso il risultato, positivo, rientrai al mare per raggiungere la mia famiglia inconsapevole che eravamo solo all'inizio di una lunga e calda estate, dove si sarebbero dovute prendere anche delle scelte importanti.
La bella stagione era appena iniziata e mai come quest'anno avevamo messo un piano di azione di ferie alternate per gestire al meglio la “copertura” dei ragazzi durante le vacanze estive. Era un anno particolare.
Davide era arrivato molto stanco dall'inverno dove aveva concluso la sua esperienza alla scuola materna oltre ad aver partecipato a molte attività, mentre Daniele era ancora piccolo, e gli ultimi giorni all'asilo nido erano stati per lui molto pesanti a causa della stanchezza accumulata.
Francesca poteva contare su un numero abbastanza elevato di ferie, mentre io dovevo sempre gestire i miei impegni di responsabilità con le esigenze lavorative e tenendo conto che lo strumento dello smart working poteva essere utilizzato con parsimonia, come mi era stato indicato.
Per evitare problemi con la mia azienda avevo pertanto messo in atto un elaborato piano dove alternavo dei giorni di ferie a giornate di lavoro in presenza (soprattutto quando c'era la necessità di esserci fisicamente) a pochi giorni di lavoro agile.
In particolare, nei tre mesi estivi avevo fissato solo dieci giorni complessivi di smart working, garantendo la mia presenza fisica per tutto il mese di agosto, proprio per evitare chiacchere e problemi, ma questo sforzo non fu apprezzato.
Era una calda mattinata del mese di luglio, ero con i ragazzi a casa dove stavamo cercando di ammazzare il tempo, quando a un certo punto suonò il mio telefono di lavoro. Era il mio responsabile. Chiesi ai ragazzi di fare silenzio e risposi:
L: “Pronto?”.
R: “Buongiorno Luca, sei in ufficio”.
L: “No oggi non ci sono perché? Serve qualcosa?”.
R: “Ah sei in ferie?”.
L: “No sono in smart working oggi”.
R: “Insomma Luca, te lo avevo già detto una volta che non va bene così, io ho bisogno di te e non ci sei. Dove sei. a Grado?” (una collega molto vicina alla direzione era convinta che io andassi in questa località a trascorrere le vacanze invece che a Bibione ndr).
L: “No. Sono a casa con i bambini. Ma sto lavorando, sono qua”.
R: “Solo tu fai tutte queste storie con i bambini”.
L: “Sono in smart working solo questa settimana, poi tutto agosto ci sono in presenza, ma sto lavorando sono disponibile”.
R: “Buona giornata!”.
Rimasi impietrito e senza parole. Mi sentivo ferito come genitore e come lavoratore, a stento trattenei le lacrime e cercai di non riversare il mio nervosismo verso i ragazzi, anche perché la giornata era lunga e Francesca sarebbe tornata appena alla sera.
Verso l'ora di pranzo mi chiamò una collega per dirmi cosa bisogna fare (che poi non era altro che il motivo della chiamata da parte del mio responsabile) e mi misi subito al lavoro, così nell'arco di un paio di ore era tutto fatto e pronto, come da disposizioni ricevute.
La giornata e quelle seguenti però furono molto pesanti a livello psicologico. Ripensavo continuamente a quelle frasi e mi chiedevo perché le avesse pronunciate, dove avevo mancato nelle mie attività. Riflettevo anche su quello che mi era stato detto quando gli avevo comunicato che sarei diventato padre per la seconda volta parole che erano pienamente in contrasto con quelle pronunciate al telefono – il famoso effetto Nimby citato sopra: i figli sono belli, ma solo quando non intralciano con le nostre attività.
Non ci furono altri contatti con lui fino al venerdì sera quando mi mandò un messaggio whatsapp per chiedermi se fosse stato tutto fatto, messaggio al quale risposi in senso affermativo con le foto dei lavori svolti.
Al mio rientro in ufficio ero molto preoccupato, vivevo con l'angoscia di essere convocato da un momento all'altro per la seconda tranche del rimprovero. Ma il mese di agosto e le conseguenti vacanze, questa volta per lui, non ci fece incontrare. Quell'episodio aveva comunque lasciato uno strappo che non era facilmente sanabile.
In quel periodo mi stavano arrivando le prime chiamate dai vari concorsi che avevo sostenuto. Erano tutte proposte da enti fuori città che mi avrebbero costretto a viaggiare ogni giorno. Ero propenso a rifiutare, pertanto, queste convocazioni ma quanto accaduto mi aveva molto scosso e per più di una volta pensai di accettare le proposte ricevute.
Un po' il buon senso di non andare a trascinare la mia famiglia in certe situazioni, un po' la logica, un po' il fatto che nel frattempo si stavano aprendo altre opportunità e quindi mi rendevo conto che avrei potuto aspettare delle proposte migliorative che non tardarono ad arrivare, mi fecero desistere dalla tentazione di accettare.
In un caldo pomeriggio agostano ricevetti una e-mail da parte di un ente di ricerca della mia città per una proposta di assunzione a tempo determinato per dodici mesi rinnovabili (il famoso concorso al quale se avessi letto meglio il bando non avrei nemmeno partecipato).
Nei giorni seguenti chiamai l'ufficio personale per capire quali erano le condizioni lavorative (orario, ferie, stipendio, benefit ecc.). Una gentile funzionaria mi spiegò tutto in modo molto preciso ed esauriente, ma la mia attenzione si concentrò in particolare su un aspetto: Il contratto prevedeva la possibilità, dopo un periodo di formazione, di poter usufruire di dieci giorni al mese di smart working.
Mentre mi parlava scrivevo su un foglio le varie caratteristiche dell'offerta propostami, quando sentii quella condizione dentro di me pensai: “Dove si firma?”.
Mi presi ancora qualche giorno di tempo per reperire informazioni sull'ente e tutte le recensioni di chi aveva avuto a che fare come dipendente/collaboratore o fornitore/cliente erano assolutamente positive, così decisi di accettare la proposta che mi era stata effettuata.
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