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Writer Officina Blog
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Vola la fantasia
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Tutto era pronto, perfino la scopa Leopolda07, era stata lucidata, per il grande giorno. Nei giorni successivi ripassò più volte la lista, ogni volta si aggiungevano i cattivi, a malincuore dovette ammettere che la generosità tra gli umani era una vera rarità, le molteplici discordanze, la mancanza di sensibilità avevano reso i loro cuori aridi, ma sperava, che con i doni, di farli cambiare. Il tanto atteso momento era arrivato, balzò dal letto; sistemò il sacco coi doni, prese la cesta per Fumé, la sua adorata gatta nera, si sistemò lo scialle sulle spalle, riassettò la sottana, infilò i suoi scarponi più comodi ma...la scopa...dov'era finita? Cercò di mantenere la calma, ma impossibile, una serie di eventi sfortunati, l' impedivano di partire, mancavano poche ore al tramonto e l'aveva smarrita. Aprì tutti gli armadi della sua casetta ma nulla, controllò in soffitta niente, di corsa scese in cantina, guardò tra gli scaffali degli spumanti, tra le ceste delle arance e mandarini, tra le mele e i fichi secchi, nei bauli dei vecchi vestiti della nonna, tra gli addobbi del Natale, nulla, non la trovava, sembrava essersi volatilizzata la sua Leopolda07, neanche l'ombra e tra sé e sé pensó: “ Se qualcuno l'avesse rubata? ” Chi avrebbe osato fare un gesto simile?” O qualche buontempone, l'avesse nascosta o addirittura rotta, cercò di ricordare dove l'aveva riposta, l'unica soluzione era quella di rivoltare di nuovo casa, cominciando dalla soffitta fino alla cantina, prima o poi sarebbe saltata fuori. Si avviò nuovamente su per le scale, riaprì la porta del solaio, trovando solo una miriade di cianfrusaglie, non ricordava di aver accumulato così tante inutili cose, sì fece coraggio entrò e... ne uscì dopo diverso tempo, aveva trovato di tutto, la vecchia Leopoldaa01, (la sua prima scopa volante, andata in pensione dopo decenni di onorato servizio), beatamente addormentata nella sua teca che aveva nascosto dietro scatoloni e scatoli di cianfrusaglie, poi trovó la famosa ciabatta porta fortuna del suo babbo, la ciotola di Fumé, i mestoli, pentole e ciarpame vario, ma della sua scopa neanche l'ombra, richiuse la porta e sempre di corsa si fiondò a mettere a soqquadro le camere, dove svuotò l'armadio, in una scatola trovò addirittura il suo vecchio vestito della comunione, quanti bei ricordi, un'altra cuccia di Fumé, il suo cappotto preferito, la sua pipa; che non aveva mai fumato ma che faceva chic, dietro le tende della finestra, sul cornicione e perfino nella canna fumaria del caminetto, nulla, della scopa neanche l'ombra, che avesse deciso di ribellarsi ? Macché, cosa le passava per la testa! Leopolda07 non avrebbe mai rinunciato a volare per i cieli del mondo, alla fine si rassegnò. All'improvviso si ricordò che giorni addietro l'aveva prestata a sua sorella Babette per andare a trovare il suo fidanzato, non è che forse l'aveva lei? Trasse la conclusione più ovvia e semplice, sicuramente era da lì. Decise di chiamarla subito e le avrebbe fatto una ramanzina che se la sarebbe ricordata per tutta la vita. Estrasse dalla tasca il nuovo cellulare, regalatogli dei suoi genitori per il Natale, mentre cercava, nella rubrica, il numero di Babette, sul display all' improvviso comparve proprio la sua telefonata, quando rispose l' investí con le parole : “ Quante volte ti ho detto che quando ti presto la mia Leopolda07 me la devi restituire immediatamente ma tu niente, fai orecchie da mercante, ora non posso partire, perché tu hai la mia scopa, se fossi in te e per fortuna non lo sono, inizierei a correre fin da subito, perché se t'acchiappo ti faccio passare un brutto quarto d'ora....!” Babette era sconcertata, cosa stava blaterando Befana? Cos'era la storia della scopa? Decise di indagare e le disse: “Calmati e fammi cap ire, così cercheremo insieme di...” La frase rimase sospesa a mezz'aria, Befana aveva riagganciato, aveva deciso, che non c'era più tempo, sarebbe risalita in soffitta e avrebbe risvegliato, rigenerato, riattivato quella bisbetica intransigente della Leopolda01, facendola ritornare operativa per la consegna dei doni. Detto fatto, due secondi dopo era in soffitta, scavalcó tutto il ciarpame, che aveva tirato fuori poco prima, aprì piano la teca della vecchia scopa, guardandola con aria torva, la prese delicatamente, cominciando a chiedergli:“.........Leopolda Leopolduccia.......vedi...io....dovrei....anzi.....devo...ahemm...Leopolda01 cominciò a spazientirsi, cosa stai blaterando vecchia Befana, parla orsù o taci e lasciami riposare!” “Si, si certo,” Befana aveva soggezione della vecchia Leopolda01, perché era molto bisbetica, con l'andare degli anni, il carattere era peggiorato notevolmente. Befana tremava come una foglia, Leopolda01 era a dir poco.... arrabbiatissimissima, lo si vedeva da come si muoveva, girava in tondo come una forsennata e tutto ciò che le capitava a tiro lo scaraventa dall'altro lato della stanza. Sembrava una pazza furiosa, Befana però aveva urgente bisogno del suo aiuto. “Volevo,volevo...volevo...”....“Volevi?......Volevi?.......Volevi?” La vecchia scopa le fece eco “Parla vecchia ciabatta dei miei...miei...ecco, mi hai fatto dimenticare cosa volessi dirti!” Befana si fece coraggio e tutto d'un fiato disse: “Volevo solo chiederti se questa sera volessi accompagnarmi a consegnare i regali ai bambini, ecco, questo volevo dirti!” Una sonora risata echeggiò per la soffitta. “Rimbambita, forse è giunta l'ora che anche tu vada in pensione, visto che è da stamane che corri su e giù a cercar la tua scopetta e non ti sei accorta che l'avevi tra le mani”. Sei proprio una rimbambita! Così Leopolda01, con un balzo rientrò nella sua teca lasciando dietro di sé mucchietti di saggina. (Dovete sapere che la bisbetica ogni volta che si arrabbiava perdeva tutta la pianta, ma le ricresceva immediatamente dopo, che si fosse calmata). Befana guardava la scopa ritrovata, tra le sue mani, ma qualcosa non la convinceva, era apatica, priva di vita quasi...quasi...come se fosse assente. Scese di corsa le scale, entrò come una furia in camera sua, spostando di qua e di là, tutto quello che aveva tirato fuori dai mobili, aprì il cassetto del suo comodino estraendo il super termometro, risalì in soffitta dove la trovò esanime e le misurò la temperatura: 46°, troppo alta, come aveva fatto a raffreddarsi se da tre mesi non usciva di casa? Non c'era tempo per i ricordi, urgeva correre ai ripari, cominciò a implorare Leopolda01, di darle assistenza ma lei le rispose: “Non ci pensare neanche! Toglitelo dalla testa! IO SONO IN PENSIONE!!!”
L'AQUILONE FORTUNELLO
Fortunello era un piccolo aquilone e viveva nel paese di Aquilandia insieme ai suoi fratelli e a tanti amici, aveva però una particolarità, le sue dimensioni sembravano più piccole di tutti gli altri coetanei. Il medico della città, il dottor Aquilareale, gli aveva diagnosticato un problema di crescita, Fortunello era molto dispiaciuto per questo, perché non avrebbe mai potuto volare in alto come i suoi compari, i suoi voli erano sempre bassi, incerti e poco spettacolari, persino suo fratello si librava nell'aria, lanciandosi verso il sole, compiendo acrobazie spettacolari, alla fine, decise di volare meno per evitare d'essere preso in giro, così preferiva rintanarsi tra le colline osservando gli altri da lontano. Un giorno, mentre se ne stava nascosto tra le valli verdi, notò uno strano movimento tra gli alberi, strizzò gli occhi per mettere a fuoco, pensava fossero i suoi amici venuti a deriderlo, invece si rese conto che lì non c'era nessuno, a un certo punto, vide di nuovo un movimento tra gli alberi, decise quindi di avvicinarsi per controllare, a pochi metri da lui c'era un grosso cespuglio, quello delle bacche "Cocolla Pece", molto pregiate ma anche velenose, Fortunello sapeva che non bisognava neanche toccarle, servivano per creare i colori dei loro vestiti, ma dovevano essere trattate con un lungo procedimento prima di poter essere utilizzate. Si avvicinò con cautela, facendo attenzione a non sfiorarle, poi tra i rami più interni, vide una colomba bianca, era così piccola che persino lui fece fatica a notarla, notò che aveva un'ala completamente spezzata, se fosse rimasta lì, sicuramente non avrebbe avuto scampo, con delicatezza, la prese e la portò a casa, sua madre avrebbe sicuramente fatto mille storie, ma sapeva che non si sarebbe tirata indietro di fronte a un povero animale indifeso. Arrivato sistemò la colombella dentro una scatola ben foderata con morbidi scampoli di stoffa, la mamma era una sarta rinomata e cuciva vestiti per tutti gli aquiloni di Aquilandia, usando la seta più pregiata, dopodiché prese il tutto e si avviò dritto dal dottor Aquilareale. Arrivato nello studio medico, chaise di visitare la sua nuova amica. “Eh... “ disse il dottore. “Io non me ne intendo di animali, qui ci vorrebbe un veterinario, io sono solo un medico.” “Ma dottore!” Insistette Fortunello “Lei è un medico! Dovrebbe essere in grado di curare tutti!” “No, io curo solo gli aquiloni!” “Riparo le stecche, aggiusto le stoffe, ravvivo i colori... ma per questo uccellino serve qualcuno che sappia davvero cosa fare.” Fortunello uscì dallo studio affranto, non sapeva se arrabbiarsi o disperarsi. “Un medico che non sa curare un paziente! Che assurdità!” Borbottò tra sé e sé. Tornato a casa, guardò la colomba, era sempre più debole, non aveva bevuto né mangiato nulla, in effetti, a casa di Fortunello non si mangiava molto a volte qualche pezzetto di stoffa, una carotina per ottenere il colore arancione, more e fragole per il rosso e il rosa... ma quello non era certo cibo adatto a un uccellino! Come avrebbe potuto farla sopravvivere? All'improvviso gli venne un'idea, sarebbe andato dalla signora Aquiletta, la bibliotecaria di Aquilandia, sicuramente lei avrebbe saputo aiutarlo. Uscì velocemente, attraverso il grande parco della città raggiunse la grande biblioteca, attraversò la strada ed entrò nel grande ingresso dove erano appesi i quadri dei più importanti aquiloni della città. Aqulajet, Aquilacar, Aquilatir...e tanti, tanti atrial, corse per l'atrio e dopo pochi minuti, entrò nella biblioteca. “Signora Aquiletta! Signora Aquiletta, ho bisogno del suo aiuto!” “Silenzio!” Pronunciò la donna dall'alto dei suoi occhiali, squadrandolo da capo a piedi, (bisogna sapere che la signora Aquiletta era molto, molto miope, anche se portava gli occhiali, non vedeva oltre il suo naso...che, a dire il vero, non aveva affatto. Al suo posto, aveva un'enorme bocca piena di denti affilati. Fortunello aveva sempre avuto paura di lei). “Cosa vuoi?” Chiese la bibliotecaria con voce acida. “Io... io...volevo solo sapere se nella sua grande biblioteca ci fosse un libro sugli animali...quelli veri, non gli aquiloni come noi!” Disse tutto d'un fiato senza guardare l'arcigna bibliotecaria. “Libri sugli animali?” Ripeté la signora Aquiletta con un'espressione scandalizzata. “Ma che dici, piccolo aquilone, qui non ci sono libri sugli animali, ma solo sui grandi eroi della nostra città, sulle tecniche di volo, su come costruire piccoli aquiloni...ma a cosa ti serve un libro sugli animali? Se vuoi ti posso...”Fortunello non rimase ad ascoltarla, aveva solo perso del tempo prezioso. Uscì dalla biblioteca, si sentiva sconfortato, come avrebbe potuto aiutare la piccola colomba se nessuno sapeva cosa fare? Si guardò intorno, disperato, all'improvviso vide il bar dove suo fratello andava sempre a divertirsi con gli amici, forse Aquilatom, il barista; che, al dire di suo fratello, sapeva tutto di tutto, avrebbe potuto aiutarlo. Si precipitò nel locale con tutta la foga che aveva. “Ma cosa sta succedendo?” Esclamò il barista. “Signor Aquilatom, ho bisogno del suo aiuto!” Il barista si raddrizzò, compiaciuto. Tutti in città gli chiedevano consigli: politica, economia, sport, scommesse...Sicuramente avrebbe saputo aiutare anche lui! Fortunello si sedette al bancone, tirò su la scatola che aveva portato con sé e la aprì, mostrando la piccola colomba sofferente. “Ma...ma che cos'è quella cosa?” Esclamò il barista. “È una colomba!” Rispose, sempre più indispettito, Aquilatom si grattò la testa, confuso. In quel momento, Fortunello cap che Aquilatom non era poi così saggio, anzi, forse non sapeva proprio niente. Come tutti in quella città, si dava solo delle arie, nessuno guardava oltre il proprio naso, fissò Aquilatom, nella speranza di sbagliarsi. “Volevo sapere se tu sai come aiutare questo piccolo uccellino. Sai, ha un'ala spezzata e non può volare, proprio come me.” Aquilatom assunse un'aria indispettita. “Brutto moccioso, non lo vedi che ho da fare? Non vedi che ho dei clienti?” Fortunello si guardò intorno, il locale era quasi vuoto e quei pochi clienti che erano seduti ai tavoli, sonnecchiando beatamente. “Ma... qui non c'è nessuno, tranne lei, me e quei tre clienti laggiù in fondo, che stanno dormendo!” “Come osi, screanzato!” Sbottò Aquilatom, sempre più imbarazzato. “Il locale è molto affollato, sei tu che non lo vedi perché sei piccolo.” “Signor barista!” Disse Fortunello, sempre più indispettito.“Volevo solo chiederle se sa come aiutare questa povera colomba.” Aquilatom si guardò intorno, non poteva fare la figura dell'allocco davanti a quei tre clienti, anche se dormivano. “Beh!” Azzardò. “Forse potresti... portarla dove l'hai trovata, di sicuro la sua mamma verrà a riprenderla.” Fortunello lo guardò, ormai era certo, Aquilatom non sapeva proprio niente, era solo uno che si dava delle grandi arie e suo fratello si sbagliava sul suo conto, lui era semplicemente un povero barista che si atteggiava a gran saputello. Richiuse la scatola ed uscì dal bar. Pensò al professor Sottovento, insegnava alla scuola della città, aveva letto così tanti libri da sapere tutto sul volo, così si precipitò di corsa a casa sua, bussò alla porta, pochi minuti dopo, aprì. “Guarda, guarda chi è venuto a trovarmi! Il piccolo Fortunello! Come sono contento! Sai, piccolino, io sono sempre solo da quando mia moglie non c'è più...Nessuno viene mai a tenermi compagnia. Allora, piccolo amico, in cosa posso esserti utile?” Il piccolo aquilone sfoderò il suo miglior sorriso, allungò la scatola al professore, che la prese con cautela. “Mi hai portato un dono?” Esclamò. “Oh, ma come sono contento! Vediamo...che regalo mi hai portato?” “No, professore, non è un regalo per lei, dentro c'è un povero animale che ha bisogno del suo aiuto.” “Del mio aiuto?” “Ma io non sono mica un medico!”“Sì, professore, lo so che non è un medico... ma né il dottor Aquilareale, né la signora Aquiletta hanno saputo aiutarmi, tanto meno il barista Aquilatom, che si dà tante arie da gran sapientone.” “E così, sei venuto da me?”” Disse il professore. “Certo, professore, mio fratello dice che lei è un pozzo di scienza e chiedo consiglio a lei.” “Beh, io sarò anche un pozzo di scienza, ma so solo cose che riguardano noi aquiloni, il volo cablato, quadrato, triangolare o pentagonale...” Fortunello capì all'istante che nemmeno il professore avrebbe saputo aiutarlo, così riprese la scatola e lasciò il professore a parlare dei suoi voli. Cosa avrebbe potuto fare? Era ormai quasi ora di cena e non aveva cavato un ragno dal buco, deluso, tornò a casa. Era già passata da un pezzo l'ora stabilita e sicuramente sua madre lo stava aspettando, pronta a dargli una sonora punizione, così iniziò a correre, per aiutare la colombella si era allontanato molto da casa, arrivò, dopo quasi mezz'ora. Sulla porta, la mamma lo attendeva con un grosso manico di scopa, pronta a sgridarlo. “Mamma, mamma!” Urlò Fortunello. “Non ti arrabbiare! So che ho fatto tardi, ma era per una questione di vita o di morte!” La madre lo guardò, poi scrutò l'enorme scatola tra le sue mani. “Cosa stai blaterando, figliolo? Parla!” “Guarda, mamma! Guarda questa povera colombella...Sta male e io non so come aiutarla! L'ho trovata stamane sulla collina, dove di solito vado a vedere mio fratello volare. Era rannicchiata in un cespuglio e mi ha fatto tanta pena...era come se vedessi me stesso.... Così ho deciso di prenderla e curarla, ma pare che nessuno sappia come fare e io ho paura che questa povera colombella possa morire da un momento all'altro.” La signora Aquila Gracchiante guardò il povero uccellino, era tutto rannicchiato su sé stesso, le piume arruffate.Probabilmente non mangiava e non beveva da chissà quanto tempo. Lei, un tempo, era andata nel paese degli umani, i dottori sapevano curare anche gli animali, un giorno, mentre volava libera nel cielo, aveva visto un medico curare proprio un uccellino con un'ala spezzata. All'epoca non ci aveva fatto caso, non le interessava sapere come curare gli uccelli, gli aquiloni come lei pensavano solo a volare, ora, però, si rendeva conto che quella conoscenza avrebbe potuto aiutare non solo quel povero uccellino, con molta delicatezza, prese l'animale tra le mani, lo portò dentro e lo mise sul tavolo, poi con attenzione, gli steccò l'ala. Prese un cucchiaio e un bicchiere, andò in giardino, scavò e raccolse qualche verme, tornò dentro e con pazienza, fece mangiare la piccola colomba. “Ecco, fatto, ora bisogna solo aspettare, noi abbiamo fatto il possibile, adesso spetta a lei.” Fortunello guardò la mamma allibito, abituato a vederla urlare, dare ordini a destra e a manca, ma non l'aveva mai vista fare qualcosa di simile. “Mamma, come hai fatto?” La madre sorrise. “Devi sapere, che quando ero giovane come te andai in vacanza in una città abitata dagli umani. Un giorno, volando vicino a una finestra, vidi un medico curare un uccellino, all'epoca non ci feci caso...ma oggi capisco che non possiamo restare sempre chiusi nel nostro mondo, ce ne sono altri, possiamo imparare molto, non dobbiamo sentirci speciali solo perché sappiamo fare bene una cosa, ognuno di noi ha qualcosa da offrire.” Fortunello era sbigottito, non aveva mai sentito sua madre parlare così...o forse, non l'aveva mai ascoltata davvero. Fortunello era l'unico che aveva voluto aiutare quella colomba, l'unica, però, che l'aveva curata, era stata sua madre. Le fece un gran sorriso, raccolse la sua piccola amica, la depose nella scatola e si avviò verso la sua cameretta, quella notte non riuscì a dormire, sentiva la colombina agitarsi dentro la scatola, starà male, si chiese. Allora scese piano dal letto, si avvicinò alla scatola, la aprì e si trovò di fronte due enormi occhi che lo fissavano. No, la colomba non stava male, anzi, sembrava proprio stare bene, certo, con quell'ala steccata aveva un'aria buffa, quasi come un animale strano e goffo. La colombella lo guardò, piccola e contenta. Fortunello richiuse la scatola e tornò nel suo letto, ma poco dopo, nuovi rumori lo svegliarono, più, più, più, gorgheggiava la colomba. Fortunello si sollevò sulle braccia. “Che vuoi, piccola!” La colomba continuava a fare strani versi con il becco, lui non capiva, non parlava il “colombese” o qualsiasi altra lingua essa usasse. Cercò di addormentarsi di nuovo, ma un pensiero fisso lo tenne sveglio tutta la notte, la mamma Il mattino seguente si svegliò riposato e felice, sua madre lo aveva fatto dormire fino a tardi, lo aveva sentito agitarsi tutta la notte, quando scese in cucina, pronto per fare colazione, suo fratello era già seduto al tavolo e si ingozzava, suo padre leggeva il giornale e sua madre, nel vederlo, gli strizzò l'occhio e gli fece un enorme sorriso, per una volta lo notava per come era davvero, un bambino bello, generoso e altruista. La colazione era pronta, latte, cereali, fragole e bacche della crescita, così gli chiese come stesse la piccola amica, le disse meglio e le svelò che l'aveva aiutato a capire chi fosse, (un giorno avrebbe imparato a camminare da solo, perché anche nel cammino si nascondevano grandi voli). Ciò che è importante è quello che abbiamo nel cuore, possiamo essere grandi, volare sempre più in alto, ma se siamo aridi dentro, non serve a nulla. Io sono piccolo e forse non crescerò mai, ma ho capito che il mio cuore è così grande...che io stesso mi sento immenso” Alla signora Aquilagracchiante vennero di nuovo le lacrime agli occhi, aveva cresciuto proprio un bravo bambino, pazienza se sarebbe rimasto piccolo per sempre. La perfezione non sta nell'imperfezione, ma in ciò che di perfetto noi siamo. Fortunello iniziò a mangiare di gusto, poi salì in camera, prese lo scatolone e scese di nuovo giù. La mamma aveva già provveduto a rifornire il bicchiere con gustosi vermetti, aprì la scatola e fece mangiare la sua nuova amica. “Mamma, mamma! Vedi? La colombella sta bene! Fa degli strani movimenti con le ali... Chissà cosa vuol dire!” La signora Aquilagracchiante diede un'occhiata, ma non sapeva cosa dire. “Vedi, piccolo mio, io non so proprio cosa fare, so che le ali degli uccelli vanno steccate, ma poi...non so cos'altro fare!” Si sedette a tavola e guardò l'uccellino che si dibatteva nella scatola, come se qualcosa d'invisibile lo stesse inseguendo, forse la sua ala era guarita, pensò, il suo istinto glielo stava dicendo, con molta cautela, iniziò a sfilare le bende e la colomba si scrollò, aprì le ali e iniziò a sbatterle, era felice. Fortunello guardò la mamma, lei era stata l'unica a stargli vicino, forse non era stata capace di aiutare del tutto la colomba, ma almeno ci aveva provato, forse nessuno sapeva nulla in quella città, ma lui ora sapeva qualcosa di molto importante, se vuoi cambiare il mondo, devi essere tu il primo a fare qualcosa. Decise che avrebbe chiesto alla mamma di accompagnarlo sulla collina per liberare la colomba; dopo colazione, i due uscirono. Arrivati aprì la scatola, prese la colomba e la depose a terra pochi istanti dopo, la colombella aprì le ali e iniziò a sbatterle, sembrava voler volare, guardò il suo salvatore, poi prese una rincorsa e spiccò un piccolo volo, basso e radente, fece piroette, capriole, sempre volando basso. La colombella gli stava insegnando che non era importante quanto in alto si volasse, l'importante era volare. Prese anche lui una rincorsa e si lanciò e per la prima volta, volò, piano piano, insieme alla sua piccola amica, iniziò a volare, sempre più in alto, sempre più su, superando anche suo fratello che lo fissava incredulo. Quel piccolo era riuscito a salire più in alto di lui. |
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