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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |

Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |

Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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La moglie infedele
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L'Hotel Excelsior di via Nazionale a Roma, apriva le sue finestre su un mattino grigio di fine novembre. L'aria sapeva di pioggia e disinfettante e i corridoi del terzo piano, erano deserti, tappezzati da una moquette color vinaccia che smorzava ogni passo. Anna Rossi e Rossella Monti, cameriere da otto anni, spingevano il carrello delle pulizie avanti e indietro tra le porte chiuse. Erano le prime del turno, come sempre. Piaceva quel silenzio di inizio giornata, quando gli ospiti dormivano ancora e i colleghi arrivavano di corsa, con il caffè in mano. La stanza 307 era segnata in rosso sul registro. "Check-out alle nove", aveva detto la receptionist, una ragazza nuova che parlava troppo. Anna infilò la chiave magnetica nella serratura, udì il clic del meccanismo e spinse la porta con la spalla. Rossella aspettò fuori, pulendo la moquette sul corridoio. «Servizio camere!» annunciò, come d'abitudine. Nessuna risposta. Entrò. L'odore la colpì subito: dolciastro, innaturale. Un profumo mescolato a qualcosa di ferroso. Le tende erano chiuse e la luce del mattino filtrava in sottili lame pallide. La stanza sembrava ordinata, a parte una scarpa col tacco rovesciata accanto al letto e un bicchiere di vino mezzo pieno sul comodino. «Signora?» chiamò, avanzando lentamente. Fu allora che la vide. Il corpo era disteso sul tappeto, a pochi metri dal letto. Una donna, sui quarant'anni, indossava solo biancheria intima. Il suo vestito color rosso, giaceva a terra accanto al letto. Il volto era girato di lato, i capelli biondo cenere sparsi come fili d'oro sul tappeto. Gli occhi aperti. Fissi. Anna lasciò cadere il panno che aveva in mano. Il cuore le martellava nelle orecchie. Urlò. Arrivò Rossella attirata da quell'urlo, come intimorita se fosse successo qualcosa alla collega. «Mio Dio...» sussurrò Anna, arretrando di un passo. Per un attimo pensò di correre via. Poi la formazione, i protocolli, le tornate in mente tutte insieme. Corse al telefono sul comodino e compose il numero della reception con le dita che tremavano. «Pronto? Sono...sono Anna. Nella 307. C'è...una donna morta!». Un silenzio. Poi la voce del direttore, secca e autoritaria. «Non toccare nulla. Rimani lì. Arriviamo subito» disse. Quando la porta si aprì di nuovo, pochi minuti dopo, entrarono il direttore, un uomo elegante con i baffi sottili e un agente di sicurezza dell'hotel. «Santo cielo. È la signora Mariani» esclamò il direttore, fissando la scena. Si avvicinò al cadavere senza sfiorarla. «La conosceva?» chiese Anna, ancora pallida. «Ospite abituale. Sempre la stessa camera, sempre da sola» disse il direttore guardando Anna ancora scossa. L'agente fece un passo avanti, scrutando il corpo. «Meglio chiamare la polizia, signor direttore» mormorò l'agente. Il direttore esitò, poi annuì. «Si. Ma prima verifichiamo il registro. Voglio sapere chi era con lei ieri sera e se si è fermato per la notte». Anna notò qualcosa vicino al comodino: una borsa aperta, il contenuto sparso. Dentro, un telefono con la schermata accesa, un messaggio in evidenza: "non dire nulla a tuo marito". La cameriera deglutì. «Forse qualcuno l'aspettava...o era già qui» disse. Il direttore la guardò con uno sguardo che voleva dire: "Non hai visto nulla, non hai sentito nulla". «Ti consiglio di scendere al piano di sotto, Anna. Ti chiameranno per la deposizione» sussurrò il direttore. «Si, signore. Obbedisco» rispose Anna. Ma quando si voltò verso la porta, non poté fare a meno di notare un dettaglio: sul tavolo, accanto al bicchiere di vino, c'era un secondo calice vuoto. Pulito, ma con un'impronta di rossetto sul bordo. Poi uscì spingendo il carrello delle pulizie verso l'ascensore. Un'ora dopo, la stanza 307 era transennata. La polizia scientifica, fotografava ogni piccolo dettaglio e l'ispettore Marco Bellandi, un uomo sulla cinquantina con lo sguardo stanco e la cravatta allentata, osservava in silenzio. Prendeva servizio nella questura di Roma. «Nessun segno di effrazione. La porta era chiusa dall'interno» affermò un agente, con voce chiara e decisa. Bellandi si chinò accanto al corpo. «Ma non c'è chiave nella toppa. E guardate il polso destro...graffiato. Come se avesse cercato di difendersi» disse l'ispettore. «Nessuna arma visibile. Ma il vino...forse avvelenato?» disse il medico legale giunto subito dopo sul posto. L'ispettore fissò i due bicchieri sul tavolo. «Forse un brindisi di addio. O di tradimento» mormorò. Poi si voltò verso la cameriera, che sedeva su una sedia vicino alla porta, un bicchiere d'acqua in mano, ancora scossa con le mani tremanti. «Signora Rossi, ha notato qualcosa di insolito prima di entrare? Rumori, persone nel corridoio?» chiese Bellandi. Anna scosse la testa. «No, signore. Solo silenzio. E quell'odore...». «Quale odore?» chiese incuriosito l'ispettore. «Come di profumo...e ferro» rispose Anna. Bellandi annuì. «Sangue e Chanel numero 5. una combinazione classica» disse. Poi annotò qualcosa sul taccuino. Quindi si alzò e guardò il direttore, che attendeva nervoso. «Voglio la lista completa dei clienti di questo piano e i filmati delle telecamere di sicurezza dalle venti in poi» ordinò Bellandi. «Certo, ispettore. Ma tenga presente che la signora Mariani...era una persona riservata. Di alto profilo. Non so se ha capito» rispose il direttore, nervoso nel vedere tanta polizia nel suo stabile. L'ispettore Bellandi lo fissò per un lungo istante. «Nessuno è troppo in alto per finire sul tappeto, direttore». Quando Anna uscì finalmente dall'hotel, il cielo si era fatto plumbeo. Le sirene si erano spente e l'odore di pioggia era tornato a coprire tutto. La cameriera si voltò un'ultima volta verso le finestre del terzo piano. L'ispettore Bellandi rimase a lungo accanto al corpo. Aveva visto decine di scene come quella, ma c'era qualcosa di diverso. Un ordine strano, quasi teatrale. Nessuna lotta apparente, nessuna traccia di furia. Solo silenzio e un'eleganza sospetta. "Questa donna non è morta per caso" mormorò tra sé. Il medico legale, una donna minuta con gli occhiali tondi, si chinò a esaminare il volto della vittima. Poi guardò l'ispettore fisso. «Rigor mortis in fase iniziale. Direi che la morte risale a circa cinque, sei ore fa. Le cause della morte lo sapremo dopo l'autopsia». «Quindi tra le tre e le quattro del mattino. E nessuno ha sentito nulla» disse Bellandi, perplesso. L'agente di sicurezza scosse la testa. «Abbiamo le telecamere ai corridoi, ma non alla 307. E' zona cieca». Bellandi sollevò il bicchiere di vino con un guanto in lattice. «E questo?» chiese. «Rosso d'annata, Chateau Margaux» rispose l'agente di sicurezza. La bottiglia era aperta, ma nessuna impronta visibile. «Interessante. Avvelenamento, forse. Oppure messa in scena» disse l'ispettore, posando il bicchiere con cautela. Poi indicò la finestra. «Aprite!». La tenda scivolò di lato, lasciando entrare la luce grigia del mattino. Sul davanzale, una lieve impronta di polvere interrotta da un segno netto: come se una mano si fosse appoggiata, o un oggetto fosse stato poggiato lì. Il tecnico della scientifica, si avvicinò per trovare eventuali impronte digitali. «Niente fibre. Ma c'è una piccola macchia di rossetto. Stesso tono di quello sul bicchiere». Bellandi si voltò verso un'altra cameriera di piano, Rossella Monti. «Signorina Monti, mi segua un momento nel corridoio». Fuori, lontano dagli sguardi della scientifica, Rossella cercava di controllare le mani che tremavano. «Non sono abituata a...queste cose» mormorò la ragazza, tremante. «Nessuno lo è, la prima volta. Si sieda qui, per favore» disse Bellandi con voce bassa, abbozzando un sorriso. Rossella obbedì, sedendo su una sedia posta vicino l'ascensore. «Mi racconti tutto, dall'inizio. A che ora è entrata con Anna, nella stanza?» disse l'ispettore accendendo una sigaretta. «Erano quasi le otto. Io e Anna avevamo da poco iniziato il turno di pulizie camere. Io ero sul corridoio quando Anna entrò nella stanza. Poi sentì un urlo e corsi immediatamente per vedere cosa fosse successo. Fu in quel momento che vidi la donna a terra. Scappai subito per la paura. Anna doveva rifare la stanza prima che arrivasse il turno di check-out» disse, agitata e iniziando a piangere. «Ha sentito rumori provenire dall'interno?» chiese impassibile l'ispettore Bellandi, porgendo un fazzoletto di carta per cortesia. «No. Solo silenzio». «E la porta era chiusa, non forzata. Giusto?». «Si, signore. Abbiamo la chiave magnetica per entrare». «Ha visto qualcuno nel corridoio, salendo al piano?». Rossella esitò un attimo. «C'era un uomo vicino all'ascensore. Aveva un cappotto scuro e parlava al telefono. Ma non l'ho visto in volto. Aveva la faccia rivolta verso la porta dell'ascensore». «Ha incrociato il suo sguardo?». «No. Mi pare che si sia girato dall'altra parte». Bellandi buttò fuori una nuvola di fumo, pensieroso. «Ricorda l'ora precisa?» «Mancavano qualche minuto alle otto». L'ispettore annotò ogni cosa, poi aggiunse: «Ha mai visto la signora Mariani con qualcuno, durante i suoi turni?». Rossella abbassò lo sguardo. «Si. Più volte. Ma non sempre era lo stesso uomo». «Come lo descriverebbe?». «Diversi. Uno giovane, elegante, carino, veniva la sera. Poi un altro, più anziano, che arrivava ben vestito, il pomeriggio e restava poco. Sembravano...incontri molto riservati». L'ispettore annuì lentamente. «Capisco. La signora Mariani era sposata, lo sa?». «L'ho sentito dire. Ma qui si registrava sempre da sola». «Già. Ho controllato. E ieri sera?» chiese Bellandi, spegnendo la sigaretta nel portacenere sul mobile in corridoio. «Non so, signore. Ho finito il turno alle sedici». Lui la fissò negli occhi. «Lei, insieme alla signora Anna siete le uniche ad aver trovato il corpo. Si rende conto che questo vi mette al centro dell'indagine, vero?» disse Bellandi senza mezzi termini, ma non accusando. Rossella sbiancò in volto. «Ma io non...». «Tranquilla. Non la sto accusando di nulla. Ma ogni dettaglio, anche insignificante, può salvarci tempo» disse l'ispettore con voce calma. Un silenzio pesante si posò tra loro. Poi la ragazza, disse: «C'era qualcosa di strano sul comodino». «Cosa?» chiese l'ispettore. «Una fede. D'oro. Ma era sporca di rossetto». Bellandi si immobilizzò per un attimo, poi parlò piano: «Una fede sporca di rossetto. Interessante simbolismo». Annotò poi qualcosa sul suo taccuino e si allontanò di un passo. «Ultima domanda, signorina Rossella. Quando è entrata nella stanza, dopo aver sentito il grido di Anna, la tenda era chiusa, giusto?». «Si. Tutto buio». «Allora chi ha lasciato l'impronta sul davanzale?». Rossella non rispose. Sentì un brivido salire lungo la schiena. Bellandi infilò la penna nella tasca della giacca, guardando la porta della stanza 307. Guardò la signorina Rossella ed esclamò: «Questo non è un delitto passionale qualunque. Qualcuno ha voluto mandare un messaggio. E noi dobbiamo capire a chi». Quando scese al piano terra, la cameriera Rossella, passò davanti allo specchio dell'ascensore e si vide pallida, gli occhi gonfi. Sul vetro, dietro la sua spalla, per un istante, le parve di scorgere il riflesso di un'ombra scura, un uomo con un cappotto lungo, immobile, che la fissava. Si voltò di scatto. Il corridoio era vuoto. Quella sera l'ispettore Bellandi tornò nella stanza 307 da solo. Il corpo della donna era stato portato via, ma l'odore del profumo e del vino aleggiava ancora. Si sedette sul bordo del letto e osservò la fede lasciata in un sacchetto trasparente, con il numero di repertorio 14. sul lato interno, incisa a lettere sottili, una dedica: "Per sempre tua. A." |
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