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Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Mauribo
Titolo: Io tra di voi: il Ritorno
Genere Romanzo
Lettori 20
Io tra di voi: il Ritorno
Mi manchi.

Si erano lasciati così, Marco e Louise.
Con uno sguardo lungo, silenzioso, pieno di tutto ciò che non avevano saputo dirsi.
Poi lui era salito su un aereo.
Era tornato in Italia.
Avevano parlato, finalmente.
Si erano trovati, davvero.
E, per un attimo, era sembrato che l'amore potesse bastare.
Non c'erano state promesse, solo distanza.
Solo silenzio.
Quel tipo di silenzio che si sente sulla pelle ogni giorno, come un'assenza.
Louise era rimasta a Londra.
La vita — quella vera — è fatta di treni da prendere, lavori da tenere, promesse che si perdono col tempo.
Passarono mesi.
Forse anni.
La vita scorre, va avanti, nonostante l'amore.
Poi, una sera qualunque, un invito a una festa di un vecchio amico:

«Vieni, ci saranno tutti!»
Marco esitò. Non usciva spesso, non più.
Eppure quella sera, disse sì.
Forse per noia. Forse per nostalgia.
La festa era iniziata da poco.
Volti familiari, la musica in sottofondo.
Un bicchiere in mano.
Marco si guardava attorno, senza cercare davvero.
Ma il cuore — quel traditore — sapeva.
E all'improvviso — eccola: Louise.
Si erano voltati nello stesso momento.
Occhi negli occhi.
E il mondo, per un attimo, si era fermato.

L'attimo dopo

Non avrebbe mai pensato di trovarla lì.
L'aveva lasciata a Londra, in un'altra vita.
Non importava chi fece il primo passo.
Forse fu solo il caso.
O il bisogno di recuperare tutto quel tempo... in un abbraccio.
Marco si ritrovò davanti a lei senza sapere come.
Louise non disse nulla, ma il suo sguardo parlava per entrambi.
Non era più lo sguardo di una ragazza: era uno sguardo adulto.
Stanco, forse, ma ancora pieno di domande mai fatte.
«Ciao!» disse lui.
La voce gli tremava appena, come se fosse uscita da un ricordo.
Louise sorrise.
Un sorriso diverso dal solito: più malinconico, più autentico.
«Ciao, Marco!»
Silenzio. Di nuovo.
Gli occhi lucidi, non lacrime, ma l'emozione di un momento.
Attorno a loro la festa continuava, indifferente.
La musica, i brindisi, le risate.
Ma per Marco esisteva solo quell'istante.
Quell'incontro sospeso nel tempo.
Lei era lì, davanti a lui, come se il tempo avesse fatto un giro immenso solo per riportarla a quel momento.
«Non pensavo che saresti venuta» disse lui, con un filo di sorpresa nella voce.
«Neanch'io!» rispose lei, con un sorriso incerto. «È stato... solo un caso.»
Marco annuì, cercando qualcosa da dire, ma un nodo in gola gli impedì di parlare.
L'emozione era troppo forte. Troppo improvvisa.
Perché, nonostante gli anni, il suo amore per Louise non era mai davvero cambiato.
Poi, come un riflesso, propose:
«Ti va di uscire un attimo?»
Louise esitò solo un secondo, poi fece un cenno con la testa.
Uscirono sul terrazzo.
La città brillava sotto di loro, illuminata dalle luci di mille vicoli.
Sullo sfondo, il mare calmo e infinito incorniciava il panorama.
La notte era fresca e silenziosa, e il cielo terso, incredibilmente stellato, sembrava abbracciare il loro momento con un senso profondo di intimità.
Il rumore della festa sembrava lontano, ovattato, come un'eco distante che non riusciva a raggiungerli.
Improvvisamente, dalla festa si alzarono le prime note della loro canzone.
Si diffusero leggere sul terrazzo, portate dal vento della sera.
Quel suono familiare, colmo di ricordi, li avvolse con dolcezza, strappando a entrambi un sorriso.
Per un attimo, tutto sembrò sospeso.
Come se la musica avesse fermato quell'istante, solo per loro.
Quella canzone, che un tempo aveva significato qualcosa di incancellabile, li riportò indietro nel passato.
A quando, ancora studenti, vivevano la loro amicizia con leggerezza, ignari del sentimento che lentamente stava crescendo tra loro.
Ripensarono a quel momento preciso — mentre ridevano per qualcosa di sciocco.
Lui le aveva preso la mano.
Un gesto spontaneo.
Sincero.
Avrebbe voluto dirle tutto.
Ma non lo fece, perché il timore del rifiuto lo trattenne.
Eppure, in quell'istante, anche Louise lo aveva desiderato.
Avrebbe voluto che Marco la baciasse...
Ma rimase lì, ferma, con il cuore in subbuglio.

La verità

La musica era finita.
E con essa svanì l'incanto di quel momento.
Il ritorno alla realtà fu improvviso. Inevitabile.
Louise lo guardò, gli occhi pieni di una dolce tristezza.
«Non è cambiato nulla, vero?» disse, con un filo di voce, quasi temendo la risposta.
Marco abbassò lo sguardo, il cuore pesante.
«No... non è cambiato nulla!» ammise con fatica.
«Ma la mia vita sì. Non siamo più solo io e te.»
«Vieni! Andiamo a ballare.»
Marco annuì con un cenno del capo, ma rimase a guardarla.
Lei si muoveva con grazia, seguendo il ritmo della musica.
Il suo sorriso — colmo di gioia per la presenza di Marco — la rendeva ancora più luminosa.
Snella, indossava un paio di jeans e una maglietta leggera che le donavano un'aria da giovane studentessa, mascherando con naturalezza gli anni che erano passati anche per lei.
Era trascorso molto tempo dal loro ultimo incontro, a Londra.
In quell'occasione, Marco l'aveva baciata.
Ora, quel desiderio riaffiorava potente.
Ma sapeva bene di non potersi più permettere di tradire la donna che aveva scelto.
Anche se tra loro c'erano ormai soltanto chilometri e silenzi, e un amore consumato dal tempo, lui restava fedele a quella promessa.
Louise, dal canto suo, sapeva che tutto ciò che stavano vivendo sarebbe finito lì, in quell'attimo rubato.
Il tempo di una canzone, di una sera qualsiasi, tra volti amici e bicchieri pieni.
Eppure, voleva viverla lo stesso. Fino in fondo.
Così com'era: senza progetti, senza aspettative, senza impegni.
Solo il piacere semplice e profondo di stare insieme.
E la serata finì.
Come finiscono tutte le cose che non possono durare.

Saluti

Era il momento dei saluti.
Un momento che nessuno dei due avrebbe voluto affrontare.
Un vuoto improvviso li avvolse, fatto di silenzi pesanti e sguardi carichi di parole.
«Marco...!»
«Louise!»
Le parole rimasero soffocate in gola.
Non potevano chiedere di più di quella serata — un dono raro, caduto dal cielo, fragile come un sogno al risveglio.
«È stata una serata bella e inaspettata, che mi ha riempito il cuore» disse Marco, con un sorriso malinconico.
«So che devi tornare a Londra, ma è stato un vero regalo poterti rivedere.»
Lei lo abbracciò forte, come per fermare quel momento nella memoria, senza bisogno di parole.
Sapeva, nel profondo, che non sarebbe stato facile rivedersi ancora.
«Marco!» disse infine, «sono rientrata in Italia. Ho ricevuto un'offerta dalla mia azienda per dirigere una sede quì.»
Un attimo di silenzio calò tra loro.
Marco rimase sorpreso da quella notizia, non se l'aspettava.
Avere di nuovo Louise così vicina lo turbava profondamente, risvegliando paure e desideri che credeva ormai sotto controllo.
«Sono davvero contento per te!» disse Marco, con un sorriso sincero.
Per un attimo, il silenzio tornò a farsi spazio tra loro.
Poi Marco, quasi senza pensarci, aggiunse:
«Ti va se ti accompagno a casa?»
Louise esitò. Non sapeva bene cosa rispondere.
Un misto di sorpresa, indecisione e un po' di timore la bloccava.
«Non so...» mormorò, guardandosi le mani.
«Forse è meglio di no...»
Marco la guardò con dolcezza, cercando di rassicurarla.
«Capisco. Solo se ti fa piacere, niente obblighi.»
Lei annuì lentamente, ancora incerta.
Il cuore di entrambi batteva a un ritmo nuovo, sospeso tra la voglia di riavvicinarsi e la paura di un passato che ancora pesava.
Ma il cuore — quel traditore — tradisce sempre.
«Sì. Volentieri. Grazie!» disse Louise, con un sorriso timido ma sincero.

Il viaggio in auto era pieno di silenzi densi.
Qualche breve cenno al nuovo lavoro, parole appena sussurrate.
Imbarazzo nei piccoli spazi vuoti, dove domande importanti restavano inespressi.
Finalmente arrivarono sotto casa di Louise.
«Marco, grazie per il passaggio» disse lei, sorridendo.
Louise gli diede un bacio sulla guancia e uscì dall'auto.
Marco la guardò allontanarsi, con un desiderio forte ma inespresso che gli bruciava dentro.
Si chiedeva cosa lo trattenesse dal chiederle di salire da lei, di prolungare quel momento ancora un po'.
Ma, come accade per tutte le cose importanti, anche quel desiderio si spense lentamente nel suo cuore.
Il portone si chiuse dietro le spalle di Louise, portando con sé ogni speranza di rivederla.
Marco rimase lì, fermo, con il cuore appesantito da quel vuoto improvviso.
Nel silenzio dell'auto ripensava a tutto ciò che avrebbe voluto dire, ma non aveva avuto il coraggio.

Il dubbio

Marco rimase seduto in auto ancora a lungo, con le mani sul volante e lo sguardo fisso davanti a sé.
Il portone ormai chiuso sembrava diventato un confine.
Tra ciò che era stato e ciò che avrebbe potuto essere.
Il silenzio riempiva l'abitacolo, denso, quasi palpabile.
Era un silenzio diverso da quello della festa: più intimo, più avvolgente.
Un silenzio che non lasciava spazio a bugie, né a scuse.
Solo alla verità.
Non c'era rabbia, solo quella strana nostalgia che si insinua tra le costole e non ti lascia respirare del tutto.
Non era neanche tristezza piena. Era qualcosa di più sottile, più profondo.
Come il profumo che resta dopo che qualcuno se n'è andato.
Accese la radio senza ascoltarla davvero.
Le parole scorrevano vuote, come un rumore lontano.
Poi, senza sapere bene perché, sorrise amaramente.
Quante volte, in passato, aveva immaginato di ritrovarla?
Troppe.
Eppure, quando era successo davvero, non era come nei suoi pensieri.
Non c'era stato un bacio.
Nessuna promessa.
Solo una sera.
Eppure, quella sera, bastava.
Spinse piano sull'acceleratore e riprese la strada di casa.
Le luci della città scorrevano lente sul parabrezza bagnato di pioggia sottile.
Ogni lampione era un ricordo, ogni curva un pensiero che lo riportava a lei.
Arrivato davanti a casa, spense il motore ma non scese subito.
La pioggia continuava a cadere, costante, ritmica.
Chiuse gli occhi.
Per un attimo, fu di nuovo sul terrazzo con Louise, la musica in sottofondo, il cielo profondo e pieno di stelle.
Fu di nuovo in quel momento perfetto e fragile che aveva cercato per anni senza mai trovarlo davvero.
Aprì gli occhi e sospirò.
«Forse non serve sempre un lieto fine» mormorò tra sé.
«A volte basta un attimo.»
Ma il destino, si sa, ha il vizio di tornare.
E mentre saliva le scale, il telefono vibrò.
Un messaggio.
Da lei.
«Marco, grazie per stasera. È stato bello... davvero.»
Marco restò immobile, con il pollice sospeso sullo schermo e il cuore che batteva forte.
Era un messaggio semplice. Ma aveva dentro tutto: il passato, il presente e una possibilità.
Scrisse e cancellò più volte la risposta.
Poi si arrese all'unica verità che sentiva davvero:
«Anche per me.»
Premette “invia” e rimase lì, con la sensazione che qualcosa — anche se impercettibile — fosse appena cambiato.
Forse era solo un messaggio.
O forse, era l'inizio di qualcosa che non aveva mai davvero avuto fine.
Mauribo
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