La sinossi di De profundis clamabo, di Federico Maderno dice tutto:
- Bologna, 1976: i ricordi spaventosi di un bambino. Roma, 1989: le esperienze di un militare di leva. Bologna 2003: un'esistenza alla quale dare una svolta. Tre momenti della vita di un giovane uomo, apparentemente scollegati. E invece, c'è una trama inquietante che li unisce, l'intreccio di antiche e nuove vicende delle quali, sembra, ben pochi hanno davvero la chiave di lettura. E poi, una donna dal fascino disarmante, un libro che si perde nella tradizione della Medicina bolognese, ricercatori e scienziati che giocano, è possibile, su due sponde, il mistero di una conoscenza antica custodita da vecchie e nuove necropoli. Una storia a prima vista indecifrabile, dove i protagonisti non sono, forse, quello che sembrano. Una situazione dalla quale bisognerebbe prendere le distanze, tanto pericolosa che qualcuno ci perde la vita. Ma c'è, sempre, quel dannato senso di responsabilità, e quegli occhi disperati che non si riescono ad ignorare. – Ha idea di come sono certe donne, Sir? – direbbe il Dottor Francesco Ligamonti, mettendo in evidenza i suoi denti equini. – Non si riesce proprio a negar loro niente. Non si "vuole" farlo - .
È sintesi perfetta del libro, incuriosisce al punto giusto, aiutata dalle immagini di copertina, una rana, un frutto di melograno, appoggiati su una pietra, il disegno di uno spirografo, ti domandi immediatamente: perché? Quindi a soffermarsi sulla trama e sulla struttura del romanzo si rischierebbe solo di rovinare il piacere di una lettura trascinante.
Importa piuttosto il susseguirsi di emozioni e coinvolgimento, rare nella narrativa contemporanea letta di recente. Importa segnalare, ma è solo un esempio tra tanti, l'abile costruzione del personaggio protagonista, che una giovane donna chiama scioccamente “Coso”. È il bambino che rincorso dalla Storia nell'incipit diventa un giovane, militare di leva, e poi un uomo incapace di negare aiuto a chi è in difficoltà. Prova a farsi argine, come gli hanno insegnato in caserma, mettendo a rischio esistenza ed incolumità, per smascherare e fermare qualcuno e qualcosa che hanno un unico, banale ma realistico, minimo comune denominatore.
540 pagine, ma se un libro è ben scritto – per citare Jane Austen – è sempre troppo corto.
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